Pubbl. Gio, 16 Giu 2016
L'arbitro di calcio
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Saverio Setti
Breve inquadramento regolamentare e giuridico della figura del direttore di gara
Introduzione
“Io proverò sempre tenerezza per quei giovani che ancora oggi vanno ad arbitrare. Giovani che rinunciano alla gita fuoriporta o al cinema per dare inizio, in perfetto orario, a quel rito laico, che ci fa gioire o essere tristi. Senza arbitro non avrebbe senso [il calcio]: è possibile giocare senza libero o senza un titolare, non senza quell'uomo sempre lì impalato senza mai poter toccare la palla. Senza segnare mai un gol. E poter ricevere, almeno una volta, un applauso sincero. Un applauso lungo. Un applauso da far venire i brividi”[1].
Così D. Pastorin tratteggia la figura dell’arbitro nel suo «Lettera a mio figlio sul calcio». Ebbene la maggior parte di noi, segua o meno il calcio, ha un’idea vaga di chi sia l’arbitro. Chi ha giocato a calcio in un campionato regolare, bene che vada, non ne alcun ricordo, male che vada prova odio e nell’id quod plerumque accidit gli rivolge un pensiero infastidito, se proprio deve.
Poi c’è chi l’arbitro lo ha fatto e si sente in dovere di delinearne i contorni, stante la sedes materiae soprattutto giuridici, soprattutto nella considerazione che il gioco del calcio, in quasi ogni serie o categoria, è sempre più pervaso e circondato da obbligazioni di natura patrimoniale di ogni genere: si pensi ai premi partita ai calciatori, alle sponsorizzazioni, alle scommesse eccetera. Dunque una figura astrattamente in grado di influire sul risultato di una gara[2] merita un approfondimento.
L’arbitro dominus del gioco
Importante è, in primis, chiarire che qui la nostra fonte primaria è il «Regolamento del giuoco del calcio» nell’edizione 2016, nella traduzione italiana autorizzata dall’International Football Association Board (IFAB), parte della FIFA (Federation Internationale de Football Association). Parte integrante del regolamento sono anche le “Decisioni dell’IFAB”, una elencazione di casistiche, la cui soluzione ha lo stesso valore vincolante delle regole.
Ebbene la figura dell’arbitro è introdotto nell’incipit della regola 5: “Ogni gara si disputa sotto il controllo di un arbitro, al quale è conferita tutta l’autorità necessaria per far osservare le Regole del Gioco nell’ambito della gara che è chiamato a dirigere.”
L’arbitro è il capo degli ufficiali di gara, poiché (nella massima conformazione del collegio giudicante) dirige i due assistenti[3], il quarto ufficiale di gara e gli arbitri addizionali d’area.
Posto che su tutto il collegio grava il compito di garantire il rispetto delle regole del gioco, e che è data facoltà all’arbitro di meglio definire i compiti degli ufficiali di gara, i compiti di ciascuno possono essere così schematizzati.
L’arbitro addizionale d’area deve vigilare su quanto accade nell’area di rigore[4], dunque segnalare all’arbitro l’avvenuta segnatura di una rete (c.d. gol), segnalare la commissione di un fallo punibile con provvedimento tecnico del calcio di rigore, controllare la condotta dei calciatori durante l’esecuzione di un calcio di rigore e segnalare all’arbitro ogni altro fatto che egli ritiene rilevante. È prevista la designazione di questo ufficiale di gara per le manifestazioni di punta della UEFA, ovvero la Champions League, la Europa League e la Supercoppa d’Europa. È lasciata libertà di designazione alle singole federazioni nazionali.
Il quarto ufficiale di gara[5] è chiamato a coadiuvare l’arbitro in tutti gli atti di carteggio precedenti, concomitanti e successivi alla gara. Si pensi, ad es, al controllo delle distinte che precede il riscaldamento, all’appunto di ogni fatto rilevante avvenuto durante il gioco unitamente al minuto in cui si è realizzato, ad es. nel caso di una ammonizione sarà necessario appuntare il numero del calciatore ammonito, il minuto di gioco, la frazione di gioco[6] e la sommaria motivazione che ha necessitato l’adozione del provvedimento disciplinare[7]. Al termine della gara il quarto ufficiale coadiuverà l’arbitro nella stesura del referto di gara, cioè il documento che completa il mandato arbitrale; dovrà quindi essere una vera fotografia della gara: ciò che è accaduto prima, durante e dopo l’incontro. Pertanto è di essenziale importanza e costituisce il primo elemento probatorio dei fatti avvenuti prima durante e dopo una gara. Tra i compiti del quarto ufficiale rientra anche il controllo della condotta di quanto siedono in panchina e di quanti occupano il campo per destinazione[8], la segnalazione mediante tabellone dei cambi effettuati e del periodo di recupero accordato dall’arbitro, il controllo su cori e striscioni che potrebbero riportare affermazioni discriminatorie di natura razziale o territoriale o comunque lesivi della dignità e del decoro e coadiuvare l’arbitro e gli assistenti nella repressione delle condotte violente. È previsto[9] che il quarto ufficiale possa sostituire l’arbitro in caso di infortunio immediatamente precedente l’inizio della gara e durante la stessa. La sostituzione (che può operare anche nei confronti degli assistenti) è definitiva. È prevista la designazione di questa figura in tutte le competizioni internazionali ed in tutte le gare interne professionistiche[10].
Molteplici sono le attribuzioni degli assistenti dell’arbitro, definite dalla regola 6. Oltre ai compiti delegati dall’arbitro, gli assistenti dovranno vigilare sul fuorigioco, sul permanere del pallone all’interno del terreno di gioco, sulle sostituzioni e, generalmente, sul controllo del rispetto delle regole del gioco. Si deve rilevare come possa accadere che l’assistente si avveda, ad es., di un fallo di cui l’arbitro non abbia avuto contezza. Ebbene in questo caso egli dovrà segnalare detta condotta al direttore di gara, ma sarà solo quest’ultimo a decidere in ordine all’interruzione del gioco ed all’adozione di un provvedimento. È prevista la designazione degli assistenti per tutte le gare che si svolgono sotto l’egida della FIGC, tranne per le categorie provinciali e regionali del settore giovanile e scolastico e per la Terza, Seconda e Prima Categoria, salvo eccezioni[11]. In questi casi opererà un assistente di parte, solitamente un dirigente di una delle due squadre, che avrà l’unico compito di segnalare il superamento delle linee perimetrali da parte del pallone.
L’arbitro governa il gioco durante la gara essendone il vero dominus ed è responsabile del controllo di tutti coloro che operano nell’intero campo di gioco. Le decisioni dell’arbitro sono inapellabili, tuttavia egli può cambiare una sua decisione soltanto se si rende conto che la stessa è errata o, a sua discrezione, a seguito della segnalazione di un assistente o del quarto ufficiale, sempre che il gioco non sia stato ripreso o la gara non sia terminata. È in suo potere non solo l’adozione di ogni provvedimento tecnico o disciplinare che egli ritenga opportuno, ma anche ogni decisione in ordine alla eventuale sospensione della gara o al suo inizio (in particolare alle condizioni di agibilità del terreno di gioco). Al termine della gara invia alle autorità competenti un rapporto con le informazioni relative a tutti i provvedimenti disciplinari adottati nei confronti dei calciatori e/o dirigenti (inclusi allenatori, medici, operatori sanitari e collaboratori in genere), e a tutti gli altri incidenti eventualmente accaduti prima, durante e dopo la gara.
Al fine di garantire all’arbitro la massima serenità di giudizio, la imparzialità e la terzietà, questi è designato secondo un criterio territoriale che ne assicura l’indipendenza di giudizio. Alla ricezione della designazione egli può, ricorrendo gravi motivi di convenienza, rifiutare la direzione della gara per incompatibilità. Si pensi, nel caso del settore giovanile, ai casi di amicizia o frequentazione della stessa classe scolastica tra arbitro e calciatore, ovvero, in altri casi, a rapporti di cointeressenza economico finanziario intercorrenti tra arbitro e dirigenti di una o entrambe le squadre. Sempre nell’ottica della assicurazione della serenità di giudizio l’arbitro (o nel caso un assistente o il quarto ufficiale) non può essere ritenuto responsabile per:
• alcun infortunio subito da un calciatore, da un dirigente (inclusi allenatori, medici, operatori sanitari e collaboratori in genere) o da uno spettatore;
• alcun danno materiale di qualunque genere;
• alcun danno subito da una persona fisica, da una Società sportiva o non, da una impresa, da un’associazione o da qualunque altro organismo che sia imputabile ad una decisione presa in base alle Regole del Gioco o alle normali procedure previste per organizzare una gara, disputarla o dirigerla[12]. In sostanza, con questa regola[13] si è assicurato che, ad es, nulla abbia a che pretendere dall’arbitro chi subisca una lesione da un fallo di gioco. Naturalmente questa limitazione non è operante nel caso in cui l’arbitro non si attenga alle regole del gioco.
Si deve, poi, rilevare che è dovere dell’arbitro, informare senza indugio la Federazione di atti o fatti, compiuti da parte di chiunque, contro i principi della lealtà e della probità sportiva e che comunque non siano compatibili con le esigenze agonistiche e la regolarità delle competizioni sportive o con la dignità, il decoro ed il prestigio della Federazione.
Particolare protezione è data dal regolamento alla tutela, anche fisica, dell’arbitro. Questi può decidere di non iniziare ovvero di interrompere la gara se decide che non ci siano le condizioni di sicurezza tali da assicurare il sereno svolgimento del gioco anche per uno solo dei partecipanti ad esso o degli ufficiali di gara. Le Società devono curare che gli ufficiali di gara siano rispettati, impedendo ogni comportamento che possa lederne l’autorità ed il prestigio. Devono inoltre proteggerli prima, durante e dopo la gara per consentire loro di svolgere la funzione in completa sicurezza. Importante è sottolineare che in caso di incidenti avvenuto all’interno del campo di gioco è fatto obbligo ai tutti i calciatori di dare protezione agli ufficiali di gara.
La designazione di un arbitro è necessaria in tutte le gare federali, a partire dalla categoria Esordienti.
Queste designazioni avvengono a cura di un ente ancillare alla Federcalcio, l’Associazione Italiana Arbitri, ramificata sul territorio che cura il reclutamento, la formazione, la designazione ed i profili di carriera di tutti gli ufficiali di gara.
Chi è l’arbitro di calcio?
Molto si è dibattuto in ordine alla qualifica che le norme statuali italiane conferiscono all’arbitro. In effetti rilevanti poteri certificativi e riconoscitivi. Con riferimento ai primi si evidenzia che il referto di gara è spesso acquisito sia dagli organi federali che dalle assicurazioni per avere un documento che possa fedelmente riportare i fatti della gara. In secondo luogo non sfugge che, nel contesto dell’appello pre gara, l’arbitro procede al riconoscimento dei calciatori mediante un documento personale.
L’insieme di questi poteri decisori ha spinto taluni ad attribuire all’arbitro una qualifica di natura pubblicistica.
Nel 1935[14], nel corso di una gara dell’odierna Lega Pro, tra una squadra piemontese e una laziale, a seguito della concessione di un calcio di rigore un calciatore colpiva l’arbitro in maniera sì forte da cagionarne il ricovero in ospedale con prognosi di sette giorni. Dimesso, l’arbitro querelò per lesioni il calciatore ed il pretore di Cassino, nella sentenza di condanna, scrisse: «deve considerarsi Pubblico Ufficiale ai sensi dell’art. 357 c.p., l’arbitro di una partita di calcio quando ad esercitare tale pubblica funzione sia stato incaricato dal segretario del CONI che è un Ente Pubblico». Questa posizione giurisprudenziale fu poi fatta propria anche dalla dottrina[15], nella considerazione del fatto che egli agisce come proiezione della F.I.G.C., incardinata in un ente pubblico. Fino alla metà degli anni Sessante c’era una sostanziale concordanza, dunque, nell’attribuzione della qualifica di pubblico ufficiale all’arbitro. Scrive il giudice di Velletri[16]: «ai fini della qualificazione giuridica, osserva il Collegio oche non può disconoscersi che l’arbitro federale di calcio sia un pubblico ufficiale ai sensi, quanto medo, del disposto di cui al n. 2 dell’art. 357 c.p.». Nessun dubbio in merito aveva il pretore di Castelfranco[17] che staffilava: «l’arbitro federale di calcio è pubblico ufficiale ai sensi della legge penale».
Verso la fine degli anni Sessanta l’interpretazione mutò, venendo nell’arbitro un incaricato di pubblico servizio, a condizione che la sia attività certificativa inerisse una gara connessa a scommesse o giochi riconosciuti o controllati dallo Stato[18].
Dalla metà degli anni Settanta in poi si iniziò a negare l’attribuzione di una qualifica pubblicistica all’ufficiale di gara. Questa interpretazione fu accolta anche dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione che ha argomentato come segue. Se è vero che lo Stato ha interesse al regolare svolgimento delle attività sportive, è altrettanto vero che l’arbitro è giudice dei fatti sportivi, dunque la prestazione resa dai direttori di gara assume rilevanza nell'ordinamento sportivo in quanto comportamento rilevante sul piano disciplinare. L’arbitro è legato all’A.I.A., che è parte della F.I.G.C., legata al C.O.N.I enti connessi da un rapporto intersoggettivo esterno, nel senso che questi restano autonomi l'uno dall'altro e non vi è confluenza degli interessi e delle funzioni[19]. In sostanza l’arbitro non agisce direttamente per la cura di un interesse pubblico, non è legato a rapporto di lavoro con la P.A. e la sua funzione non è disciplinata da norme autoritative di diritto pubblico; egli è chiamato a dirigere e valutare tecnicamente un evento sportivo[20]. Dunque l’arbitro non è, dalla giurisprudenza considerato un pubblico ufficiale dunque non produce atti pubblici. Una parte della dottrina è, tutt’oggi, però disposta a difendere la posizione di pubblico ufficiale del direttore di gara[21].
Si deve, però, rilevare che il dovere di lealtà e probità sportiva dell’arbitro è non solo assicurato sul piano rigorosamente morale e regolamentare, ma anche dall’art. 1 della l. 401/1989 c he punisce i partecipanti alla gara sportiva che con atti fraudolenti (offrendo o accettando denaro o altra utilità) vogliano conseguire un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della gara.
Qual è, allora, il rapporto giuridico che lega l’arbitro al mondo del calcio? Ebbene, recentemente la Cassazione ha escluso che, anche ai più alti livelli, si possa trattare di un professionismo di fatto[22]. Dunque essi sono, giuridicamente, associati all’A.I.A. da cui ricevono un rimborso spese per la direzione della gara[23].
Terminando questa agile disamina della posizione dell’arbitro manca solo un punto di vista: quello interno dell’arbitro.
La domanda di molti è “perché fare l’arbitro?”. Non certo per imperare o comandare. Scrive Collina: «Non vivo il rigore o l'espulsione come gratificazione. L'arbitro non è felice quando espelle un giocatore. L'espulsione è una piccola sconfitta. Non c'è nessuna libido nel tirare fuori il cartellino rosso». Per alcuni è lo spirito di giustizia del gioco, per altri l’amore per il gioco del calcio (quello “vero”), per altri ancora è una prova di coraggio, per altri un modo particolare di cercare un raggiungimento personale.
E probabilmente una delle più profonde soddisfazioni di un arbitro di calcio non è la designazione per la finale di un torneo, per una “sfida salvezza”, per la categoria superiore. Forse il suo miglior premio lo raccoglie in un anonimo campaccio di Seconda categoria, o di Esordienti provinciali, quando, senza assistenti, fischia un difficile fuorigioco e dagli spalti popolati da pochi parenti e amici dei calciatori si sente un leggero applauso e qualcuno sussurra: “però! Era difficile! Questo è uno bravo”.
Note e riferimenti bibliografici
[1] Darwin Pastorin, Lettera a mio figlio sul calcio, Mondadori, 2002, p. 43.
[2] Così tecnicamente si chiama la c.d. partita di calcio.
[3] Volgarmente detti “guardalinee”.
[4] Zona rettangolare del terreno di gioco antistante la porta e comprendente al suo interno l’area di porta.
[5] Volgarmente detto “quarto uomo”.
[6] Il gioco è ordinariamente suddiviso in due tempi da 45 minuti, sicché si dovrà riportare, ad es., “35’ del II tempo” e non “80 minuto” giacché quest’ultima dicitura, oltreché formalmente scorretta, non tiene conto dell’eventuale periodo di recupero.
[7] I provvedimenti dell’arbitro possono suddividersi in “tecnici”, ad es. un calcio di punizione, e “disciplinari”, l’ammonizione, l’espulsione e l’allontanamento.
[8] Una fascia di terra, dello stesso materiale del terreno di gioco, estesa per almeno un metro e mezzo oltre le linee perimetrali.
[9] P. 189 del regolamento.
[10] Serie A, Serie B, Lega Pro Prima e Seconda Divisione, oltre a tutte le gare di Coppa Italia.
[11] Di solito nelle gare di playoff e playout.
[12] Decisione IFAB 1 nella regola 6.
[13] Avente natura privatistica, giacché quanti partecipano al gioco la accettano. In merito, quindi si deve ritenere applicabile l’art. 1229 cc, anche se pare difficile ipotizzare una responsabilità oggettiva di natura civilistica per dolo o colpa grave gravante sull’arbitro.
[14] Il fatto è riportato in G. Menegali e E. Sasso, L’arbitro di calcio, manuale tecnic-pratico, Roma, Edizioni Mediterranee, 1984, p. 20 e segg.
[15] F. Chiarotti, L’arbitro di una partita di calcio è pubblico ufficiale?, Riv. Dir. Sport.,1963, p. 104.
[16] Trib. Velletri, 2 novembre 1977, in ND, 1978, p. 239.
[17] In data 29 novembre 1985, in GM, p. 363. Altre pronunce concordi Trib. Napoli 16 marzo 1967 e Trib. Ivrea 6 maggio 1969.
[18] Pret. Genova, 10 giugno 1961 in Giur. It., 1962, II, 162.
[19] Cass. Pen., 02 agosto 2000, n. 8727, inedita.
[20] Il tutto è confermato dalle sentenze della Cassazione nelle date del 17 novembre 1971, 8 maggio 1973 e, più recentemente, dalla Corte dei Conti della Campani, sent. n. 2040 del 5 dicembre 2011, disponibile su http://www.respamm.it/120110204034-1-giurisdizione-campania/.
[21] L. Cantamessa, G. Riccio, G. Sciancalepore Lineamenti di diritto sportivo, Milano, Giuffrè, 2008, p. 387 e segg.
[22] Molto interessante è il testo della sentenza cui si rinvia, Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 12/05/2009 n° 10867, con nota di G. Nicolella, disponibile su http://www.altalex.com/documents/news/2011/12/12/arbitri-di-calcio-un-duro-colpo-della-cassazione-al-professionismo-di-fatto.
[23] Per approfondire De Silvestri, “Il contenzioso tra pariordinati nella Federazione Italiana Gioco Calcio”, in Riv. Dir. Sport., 2000, p. 520 ss.