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Pubbl. Gio, 12 Mag 2016

Tutor: come fare ricorso avverso la sanzione amministrativa

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Emmanuel Luciano


Raffiche di sanzioni amministrative sono state e verranno notificate agli automobilisti che percorrono di frequente l’Autostrada A3 Napoli-Salerno. Col presente articolo si esaminano i vizi di quelle che, nell’accezione popolare, sono definite "multe"


In un tratto di autostrada con il più alto costo di percorrenza per kilometro (4 centesimi a kilometro per i 50 del tratto Napoli – Salerno, decuplicati a 40 centesimi a kilometro per  i 5 km del tratto Cava – Vietri sul Mare) con i limiti di velocità ordinari più bassi dell’intera rete autostradale dello stivale: è qui che Autostrade per l’Italia S.p.a., la società italiana coi maggiori rendimenti in borsa, sta sorprendendo molti automobilisti, i quali percorrono di frequente quel tratto autostradale e lo fanno, evidentemente, non rispettando i limiti di velocità.

Ed allora cosa fare: magari pagare nei primi cinque giorni...ma poi i punti? Ogni violazione dell’art 142, comma 8 del Codice della Strada comporta la perdita di almeno 3 punti sulla propria patente di guida. Ed ecco spiegata la pioggia di ricorsi.

Come fare ricorso

Il trasgressore o gli altri soggetti obbligati in solido al pagamento della multa possono proporre ricorso al Prefetto del luogo della commessa violazione nel termine di giorni sessanta dalla contestazione o dalla notificazione.
Il ricorso può essere presentato:

  • direttamente al Prefetto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento (in questo caso, il Prefetto trasmette il ricorso all’ufficio o comando che ha emanato la multa, corredato dei documenti allegati dal ricorrente; l’ufficio dovrà trasmettere al prefetto tutti gli elementi tecnici utili ai fini dell’istruttoria del ricorso, cioè utile a decidere se rigettare o confermare il ricorso stesso);
  • all’ufficio o comando cui appartiene l’organo accertatore (ad esempio al comando della Polizia municipale), anche a mezzo raccomandata

Unitamente al ricorso possono essere presentati i documenti ritenuti idonei ai fini dell’accoglimento e può essere richiesta l’audizione personale. Avverso il preavviso di violazione (cioè l’atto lasciato sul parabrezza dal vigile urbano) non è ammesso il ricorso immediato al Prefetto, ma l’interessato dovrà attendere la notifica del verbale di accertamento e contestazione. Dalla data di notifica decorrerà, quindi, il termine per l’eventuale ricorso al Prefetto. 

Il Prefetto esamina il ricorso ed i documenti eventualmente allegati, valuta ed esamina anche gli atti prodotti dall’ufficio o comando che ha emesso la sanzione, sente gli interessati che hanno eventualmente richiesto l’audizione e compie tutti gli atti che ritenga utili ai fini della decisione.
Se ritiene fondata e corretta la sanzione, il Prefetto emana, entro giorni 120 decorrenti dalla data di ricezione degli atti, un’ordinanza motivata con la quale obbliga il ricorrente al pagamento di una determinata somma, non inferiore al doppio del minimo per ogni singola violazione e comprensiva del pagamento delle spese. Tale ingiunzione di pagamento viene notificata all’autore della violazione nel termine di giorni 150 dalla sua adozione. Il pagamento della somma indicata deve essere effettuato, entro il termine di giorni 30 dalla notificazione, all’ufficio del registro o al diverso ufficio indicato nella stessa ingiunzione.
Se, invece, ritiene che il ricorso dell’automobilista sia fondato, giudicando, quindi, infondato l’accertamento che sta alla base della sanzione, il Prefetto, nello stesso termine di giorni 120, emette un’ordinanza motivata di archiviazione degli atti, comunicandola integralmente all’ufficio o comando cui appartiene l’organo accertatore; sarà poi quest’ultimo a darne notizia ai ricorrenti.
Decorsi detti termini senza che sia stata adottata l’ordinanza del prefetto, il ricorso si intende accolto (principio del silenzio assenso).
Avverso l’ingiunzione di pagamento emanata dal Prefetto, il cittadino può presentare ricorso al Giudice di pace entro 30 giorni dall’avvenuta notifica. 

Avverso una sanzione amministrativa è possibile, altresì, presentare ricorso al Giudice di pace competente, a condizione che non si sia già presentato ricorso al Prefetto o che l’importo della sanzione non sia già stato versato. 
Al Giudice di pace possono essere presentati:

  • i ricorsi contro le sanzioni amministrative per infrazione al codice della strada;
  • i ricorsi contro la cartella esattoriale (cioè il documento notificato quando la sanzione non viene pagata), ma solamente in caso di errori materiali della cartella o per vizi di notifica, e non possono essere proposti per contestare nel merito il verbale;
  • i ricorsi contro l’ordinanza del Prefetto che rigetta il ricorso avverso una sanzione amministrativa.
     

Il ricorso al Giudice di pace avverso il verbale di accertamento e contestazione della violazione va presentato entro giorni 30 dalla data di contestazione della sanzione o dalla data di notifica. Il ricorso avverso la cartella esattoriale va presentato entro 30 giorni dalla notifica della stessa.
Il ricorso può essere presentato personalmente presso la cancelleria del Giudice di pace o inviato a mezzo posta raccomandata, e deve contenere:

  • originale e quattro copie del ricorso;
  • originale e quattro fotocopie della cartella esattoriale o del verbale di contestazione o dell’ordinanza prefettizia;
  • una fotocopia degli eventuali documenti che si intendono allegare;
  • copia di un documento di riconoscimento valido del ricorrente;
  • marche contributo unificato.
     

Anche in tal caso, come avviene per il ricorso al Prefetto, questo non può essere presentato avverso l’avviso di violazione (lasciato, in genere, sul parabreza dell’auto), ma occorre attendere la notifica del verbale.
Inoltre, se è stata applicata anche una sanzione accessoria (ad esempio la sospensione della patente), non si può espletare ricorso in via esclusiva avverso questa sanzione, ma si deve necessariamente contestare il verbale nella sua interezza. 

Per poter presentare ricorso al Giudice di pace è necessario pagare il cosiddetto contributo unificato accompagnato da una marca da bollo da Euro 27,00, nel caso in cui la sanzone sia superiore ad Euro 1.033,00.
Il pagamento del contributo unificato può essere effettuato presso:

  • gli uffici postali utilizzando l’apposito bollettino postale;
  • le banche utilizzando il modello F23;
  • le tabaccherie

L’importo del contributo dipende dall’importo della sanzione che si contesta: per le sanzioni di importo inferiore a 1.100 euro (cioè la maggior parte), il contributo unificato è pari a Euro 43. 

Innanzitutto il Giudice di pace ordina all’autorità che ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci giorni prima dell’udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione così da poter disporre degli elementi necessari per la decisione.

Il Giudice di pace può:

  • dichiarare inammissibile il ricorso;
  • convalidare la sanzione con ordinanza se chi ha presentato ricorso non si presenti in udienza senza valido motivo (salvo che la illegittimità della sanzione risulti dalla documentazione allegata dal ricorrente);
  • annullare in tutto o in parte la sanzione, accogliendo, pertanto, l’opposizione del ricorrente;
  • rigettare il ricorso determinando a carico del ricorrente una sanzione di importo ricompreso tra il minimo e il massimo stabilito dalla legge per la violazione accertata.
     

In quest’ultimo caso, il pagamento della somma deve avvenire entro 30 giorni dalla notificazione della sentenza e deve essere effettuato a vantaggio dell’amministrazione cui appartiene l’organo accertatore, con le modalità di pagamento da questa determinate.
La sentenza del Giudice di pace può essere oggetto d’appello presso il Tribunale.

Di seguito alcuni motivi per cui lo scrivente ritiene che il ricorso avverso la sanzione amministrativa per violazione dell’art 142, comma 8 del Codice della strada sia fondato.

- apparecchiatura rilevatrice della velocità non sottoposta a taratura e controllo della funzionalità metrica.

Per quanto riguarda l’accertamento delle violazioni dell’art. 142 Codice della Strada mediante apparecchiature SICVe, illuminante risulta la recente sentenza della Corte Costituzionale (sent. n° 113 del 18.06.2015), la quale giunge a conclusioni che pongono un punto fermo e contrario a decenni di opposto intendimento. Si riporta in forma diretta e sintetica il contenuto della citata sentenza: “…l’assenza di verifiche periodiche di funzionamento e di taratura è suscettibile di pregiudicare – secondo la prospettazione del rimettente – l’affidabilità metrologica a prescindere dalle modalità di impiego delle apparecchiature destinate a rilevare la velocità. Non risolutivo appare in proposito quanto è previsto nella direttiva del Ministero dell’interno 14 agosto 2009, laddove si afferma che la rilevazione della cattiva funzionalità sarebbe garantita dalle apparecchiature «dotate di un sistema di autodiagnosi dei guasti che avvisano l’operatore del loro cattivo funzionamento». È evidente che il mantenimento nel tempo dell’affidabilità metrologica delle apparecchiature è un profilo che interessa – secondo la richiamata prospettazione del giudice a quo – anche i meccanismi di autodiagnosi che appaiono suscettibili, come le altre parti delle apparecchiature, di obsolescenza e di deterioramento...” e pertanto “…l’art. 45, comma 6, del d.lgs. n. 285 del 1992 – come interpretato dalla consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione – deve essere dichiarato incostituzionale in riferimento all’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura.”.

Appare evidente, a giudizio della Corte, che qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, è soggetto a variazioni delle sue caratteristiche e quindi a variazioni dei valori misurati dovute ad invecchiamento delle proprie componenti e ad eventi quali urti, vibrazioni, shock meccanici e termici, variazioni della tensione di alimentazione. Si tratta di una tendenza disfunzionale naturale direttamente proporzionata all’elemento temporale. L’esonero da verifiche periodiche, o successive ad eventi di manutenzione, appare per i suddetti motivi intrinsecamente irragionevole.

I fenomeni di obsolescenza e deterioramento possono pregiudicare non solo l’affidabilità delle apparecchiature, ma anche la fede pubblica che si ripone in un settore di significativa rilevanza sociale, quale quello della sicurezza stradale.

Un controllo di conformità alle prescrizioni tecniche ha senso solo se esteso all’intero arco temporale di utilizzazione degli strumenti di misura, poiché la finalità dello stesso è strettamente diretta a garantire che il funzionamento e la precisione nelle misurazioni siano contestuali al momento in cui la velocità viene rilevata, momento che potrebbe essere distanziato in modo significativo dalla data di omologazione e di taratura.

Consegue, in forza della cogenza interpretativa del Giudice delle Leggi, che a far data dal deposito della predetta sentenza, debbano e ritenuti viziati da illegittimità costituzionale e, quindi, dichiaratamente nulli, tutti gli accertamenti avvenuti con apparecchiature rilevatrici della velocità non sottoposte periodicamente a taratura e controllo della funzionalità metrica, allo stesso modo come appunto già da anni avveniva ed avviene per gli etilometri in uso per l’accertamento del tasso alcolemico nel sangue ed in dotazione alle forze di polizia stradale.

La sanzione amministrativa che viene notificata all’automobilista non reca alcuna indicazione relativamente alla taratura annuale né l’Ente accertatore  fornisce la documentazione probatoria conseguente.

Si cita, a fronte di una giurisprudenza largheggiante, il Giudice di Pace di Vasto, il quale, conformandosi ai dicta della Corte, afferma che:  "Deve essere accolta l’opposizione a sanzione amministrativa per l’infrazione al codice della strada consistente nell’eccesso di velocità rilevata dall’apparecchio elettronico laddove la Corte costituzionale con la sentenza 113/15 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 45 comma 6 C.d.S. così come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, laddove non prevede i controlli periodici per gli apparecchi elettronici che rilevano il superamento dei limiti di velocità sulle strade e nella specie l’ente impositore non ha dato prova di aver richiesto la taratura dell’apparecchio che in base ai documenti agli atti non risulta essere stato revisionato presso il sistema nazionale di taratura".

Va precisato, per inciso, che l’opposizione a sanzione amministrativa pur formalmente strutturata come giudizio di impugnazione, sostanzialmente tende all’accertamento negativo della pretesa sanzionatoria e, pertanto, il giudizio di merito così instaurato impone all’amministrazione irrogante - sostanzialmente in veste di attore - di dare rigorosa prova in merito a ciascuna delle contestazioni che, col presente ricorso, vengono mosse.

Dalla mancata produzione, da parte della Pubblica Amministrazione, della richiamata documentazione ne deriva l’accoglimento del ricorso dell’automobilista. A questo proposito vale la pena ricordare il “fondamentale principio di diritto secondo il quale, quando si contesta una contravvenzione e si sostiene che l’apparecchiatura utilizzata può non essere perfettamente funzionante, è il resistente – quindi la Pubblica Amministrazione – che deve portare la prova del corretto funzionamento, mediante deposito di idonea documentazione” (ex plurimis Gdp Martina Franca 127/07). 

Violazione di legge: L. N. 273/1991, NORMA UNI 30012.

Un altro punto di contestazione è rappresentato dalla violazione della legge n. 273/1991 e della norma UNI 30012

La prima ha istituito il Sistema Nazionale di taratura, mentre la seconda ha regolato la cd. riferibilità della misura, definendola come «proprietà del risultato di una misurazione consistente nel poterlo riferire a campioni appropriati, generalmente Nazionali od Internazionali attraverso una catena ininterrotta di confronti».

Le disposizioni contenute in tale ultimo documento normativo sono immediatamente applicabili in quanto - così recita il testo - "Alla presente norma europea deve essere attribuito lo status di norma nazionale, o mediante pubblicazione di un testo identico o mediante notifica di adozione, entro aprile 1994, e le norme nazionali in contrasto devono essere ritirate entro aprile 1994".

Dal disposto delle due norme appena riportate si evince, secondo quanto ribadito dalla giurisprudenza, quanto segue:

a) uno strumento di misura, per essere attendibile, deve essere tarato con riferimento a campioni nazionali, inizialmente e periodicamente;

b) nessuna tolleranza forfettaria (cioè il 5% stabilito dalla legge) può sostituire la taratura, unica operazione in grado di rivelare e correggere eventuali errori sistematici e di confermare la conformità dello strumento alle caratteristiche metrologiche richieste;

c) non può esistere alcun sistema di autocontrollo in grado di sostituire la taratura rispetto a campioni nazionali;

d) in tema di determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità, non possono essere considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature solamente omologate, ma è necessario che tali risultanze siano riferibili a strumenti la cui funzionalità ed affidabilità siano previamente e periodicamente certificate e documentate dagli enti preposti a tali controlli al fine di eliminare qualsiasi dubbio sulla certezza ed attendibilità della misurazione;

e) tale preventivo controllo risulta ancor più indispensabile se si considera che la misurazione della velocità costituisce accertamento irripetibile: in assenza di idonea procedura di taratura, la misurazione della velocità risulta assolutamente inattendibile e non idonea a provare la fondatezza dell’accertamento amministrativo.

Ovviamente, queste conclusioni devono essere applicate a qualsiasi modello di strumento di rilevazione elettronica della velocità.

Inoltre, l’attività di taratura degli strumenti, come di seguito si specifica, è demandata, secondo il dettato della legge 273/1991, ad appositi Centri SIT, preposti sia a tarare detti strumenti sia ad emettere i relativi Certificati di Taratura (Certificati SIT).

Al riguardo la giurisprudenza ha avuto modo di affermare chiaramente che "In tema di taratura, la legge 273/91, recante “Istituzione del Sistema nazionale di taratura”, individua specifici istituti metrologici nazionali (IMP): Istituto di Metrologia G. Colonnelli del CNR, Istituto Elettrotecnico Nazionale G. Ferraris ed ENEA, ciascuno dei quali, nel proprio campo di competenze, così come definite dalla legge, realizza e conserva i campioni nazionali delle varie grandezze metrologiche, individuati nel DM 30 novembre 1993, n. 591, e dissemina le unità del Sistema internazionale (SI) con essi realizzate direttamente o tramite Centri di taratura convenzionati di idonea valenza tecnica ed organizzativa, denominati dagli IMP “Centri di taratura del Servizio di taratura in Italia (SIT)”. […] il procedimento di taratura, per essere opponibile ai terzi, che contestano la validità della taratura stessa, deve essere effettuato secondo i dettami normativi".

La taratura dell’apparecchiatura deve essere certificata da appositi centri SIT, come previsto dalla L. 273/1991. Solo tali centri sono autorizzati al rilascio di un apposito Certificato di taratura che deve contenere, secondo le norme UNI 30012:

  • i dati completi identificativi dell’ente che emette il certificato;
  • i dati completi identificativi dello strumento tarato (marca, modello, numero di matricola e descrizione);
  • l’identificazione univoca (per esempio mediante numeri di serie) di ogni certificato e data di emissione;
  • i dettagli ambientali (Temperatura ed Umidità);
  • i campioni di riferimento utilizzati per eseguire la taratura e loro riferibilità ai Campioni Nazionali;
  • il risultato della conferma metrologica (cioè le misure fatte);
  • l’intervallo di conferma metrologica (tempo che deve intercorrere fino alla prossima taratura, ad esempio 1 anno);
  • l’errore massimo ammesso per ogni misura;
  • le incertezze coinvolte nella taratura dell’apparecchiatura;
  • l’identificazione della persona che esegue la conferma metrologica, e l’identificazione della persona responsabile per la correttezza delle informazioni registrate» (Così su tutte, Giudice di Pace di Lecce, sent. n. 1220/2005).

Illegittimità della omologazione.

Tale contestazione si basa sull’assunto che il modello di velocità tipo SICV, in quanto strumento di misura di valenza legale, non è stato omologato dal Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, direzione Generale per l’armonizzazione e la tutela di mercato, Divisione V Ufficio Centrale Metrico pesi e misure, secondo quanto prescritto dal Decreto del PdR, 12.08.1982, n. 798 “Attuazione delle direttiva CEE n. 71/316 relativa alle disposizioni comuni agli strumenti di misura ed ai metodi di controllo metrologico.”

L’Ufficio Centrale Medico è l’unico ente competente in materia di omologazione di strumenti di misura che può approvare la validità tecnica degli strumenti di misura.

In mancanza di tale omologazione, un qualsiasi strumento di misura non può essere utilizzato per rilievi di carattere metrico-legale.

Nullità per cartello stradale privo di estremi dell’ordinanza.

Il cartello stradale, con cui si è dato avviso agli automobilisti del limite di velocità consentito sul tratto di strada percorso, è carente degli estremi dell’ordinanza di apposizione.

L’art. 77, co. 7, DPR 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada), dettando norme generali sulla segnaletica verticale, dispone che sui segnali di prescrizione (precedenza, divieto, obbligo), ad eccezione di quelli utilizzati nei cantieri stradali, devono essere riportati, sul retro, gli estremi dell’ordinanza di apposizione.

Si tratta di una norma importante che viene troppo spesso disattesa e non applicata dagli enti proprietari delle strade.

Pertanto, tale decreto doveva essere espressamente indicato per ogni tratto della strada a cui lo stesso fa riferimento, oltre ad essere ripetuto ogniqualvolta vi è ripetuto il relativo segnale verticale di divieto (Giudice di Pace di Roma, sez. IV, sentenza del 26.02.2004).

E’ necessario, quindi, che a monte esista un provvedimento che attribuisca efficacia prescrittiva ad un segnale che, altrimenti, resterebbe incapace di spiegare i propri effetti.

Di pari gravità risulta, inoltre, l’operato degli agenti della Polizia Stradale laddove elevino verbali senza preventivamente verificare la regolarità della segnaletica.

Errata e/o falsa applicazione della riduzione del 5%.

Non potendo il sistema tutor e/o sicve essere considerato apparecchiatura autovelox dal momento che la rilevazione dell’eccesso di velocità non è immediata ma effettuata in relazione alla media di velocità percorsa tra due postazioni, è esclusa l’applicazione della "franchigia" di errore pari al 5% contemplata dal d.m. 29 ottobre 1997. In assenza di specifica disposizione di legge, infatti, è più corretto applicare la "franchigia" del 15% prevista dal comma 3 dell’art. 345 del regolamento al codice della strada, stabilita per gli accertamenti effettuati con strumenti diversi dagli autovelox. In tal senso, per tutte, la sentenza del Giudice di Pace di Viterbo in data 6.10.2008.

Per completezza si cita Giudice di Pace di Civitacastellana, il quale, con sentenza del 12/01/2011, ha precisato che “è nullo il verbale elevato per violazione dell’art. 142 comma 8 c. strad., per aver superato il limite di velocità su tratto autostradale, qualora alla velocità, accertata con sistema Tutor, sia stata applicata la riduzione forfettaria del 5% e non quella del 15%, ai sensi dell’art. 345 comma 3 reg. cod.strada.”.

In ogni caso nessuna tolleranza forfetaria può sostituire la taratura, unica operazione in grado di rivelare e correggere eventuali errori sistematici e di confermare la conformità dello strumento alle caratteristiche metrologiche richieste.

Illegittimità della pena accessoria della decurtazione di 3 punti

La sanzione amministrativa de qua ha carattere schiettamente personale ed efficacia afflittiva, incidendo sulla legittimazione alla guida del soggetto che ne è il titolare; rispetto ad essa non è applicabile il principio generale di solidarietà posto dagli art. 6 l. n. 689 del 1981 e 196 d.lg. n. 285 del 1992. Consegue, pertanto, che tale sanzione non può essere irrogata al proprietario del veicolo con il quale è stata commessa la violazione, qualora non risulti dimostrato, in sede di irrogazione della sanzione, che questi fosse alla guida del mezzo al momento del fatto.

L’art. 126-bis, comma 2, del codice della strada, nella parte in cui assoggetta il proprietario del veicolo alla decurtazione dei punti della patente quando ometta di comunicare all’Autorità amministrativa procedente le generalità del conducente che abbia commesso l’infrazione alle regole della circolazione stradale, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo (Corte Cost. 24.01.2005 n°27).

Cari automobilisti e lettori, a voi la scelta: pagamento e detrazione dei punti o ricorso al Prefetto od al Giudice di Pace?

Il Vostro caro scrivente vi consiglia vivamente la seconda scelta.