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Pubbl. Lun, 17 Mar 2025

Il danno da trattamento sanitario obbligatorio illegittimo

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Francesco Gabriele
Laurea in GiurisprudenzaAlma mater studiorum - Università di Bologna



Con la pronuncia Cass. civ., Sez. III, Ord., ud. 24/10/2024, dep. 19/12/2024, n. 33290, la Suprema Corte di Cassazione tratta la risarcibilità del danno non patrimoniale su persona fragile che si configura in seguito ad un trattamento sanitario obbligatorio rivelatosi illegittimo.


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The damage caused by unlawful Compulsory Health Treatment

The Supreme Court n. 33290/2024 deals with the possibility of compensation for non-pecuniary damage to a fragile person that is caused by compulsory healt treatment which has proved to be unlawful.

Sommario: 1. Il caso; 2. Alle radici giuridiche del trattamento sanitario obbligatorio; 2.1. Dall'ordinamento manicomiale...; 2.2. ...all'ordinamento costituzionale: la persona al centro della cura; 3. Quando un trattamento sanitario è (il)legittimo; 4. Risarcibilità e prova del danno; la soluzione della Corte.

1. Il caso

Con l’ordinanza n. 33290 del 19 dicembre 2024[1], i giudici di Piazza Cavour hanno affrontato il tema della risarcibilità del danno non patrimoniale causato da un trattamento sanitario obbligatorio rivelatosi illegittimo.

La ricorrente agiva in primo grado per il risarcimento del danno non patrimoniale derivante dall'illegittima e prolungata sottoposizione a un trattamento sanitario dichiarato giudizialmente illegittimo, e all'uopo conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Ancona, tra l'altro, il Sindaco in qualità di autorità sanitaria locale e il personale sanitario in servizio presso l'ospedale in cui era stata sottoposta al TSO.

Il Giudice di prime cure rigettava la domanda. In particolare, riconosceva che l'accertata illegittimità del trattamento sanitario non comportasse automaticamente un diritto risarcitorio, non potendo mai configurarsi un danno non patrimoniale in re ipsa. La ricorrente, infatti, non aveva adempiuto all'onere probatorio generalmente richiesto all'attore in giudizio.

Il quadro generale fissato in primo grado veniva confermato in appello. La Corte di merito confermeva il rigetto della domanda proprio per mancanza di prova del danno conseguenza, in quanto non si è ritenuto provato che i farmaci forzatamente somministrati alla ricorrente le avessero causato danni alla salute. Chiariscono i giudici che l'annullamento del TSO, disposto all'esito di differente giudizio, non poteva spiegare alcuna efficacia di giudicato nel giudizio risarcitorio. Inoltre, circa la sfera dinamico-relazionale, i giudici d’appello evidenziano come la ricorrente vivesse già in una condizione di disagio psichico prima della sottoposizione al trattamento illegittimo, tale da rendere impossibile apprezzare se le sue condizioni psicofisiche e la sua immagine-credibilità sociale fossero peggiorate proprio in conseguenza della sottoposizione al TSO.

La sentenza d'appello veniva impugnata innanzi alla Suprema Corte di Cassazione. Dinanzi ai giudici di Piazza Cavour, la ricorrente evidenziava, innanzitutto, di non aver formulato solo domanda risarcitoria per il pregiudizio subito sotto il profilo del danno alla salute, ma di aver lamentato, altresì, il danno non patrimoniale conseguente all'illegittima privazione della libertà personale, in tutte le sue componenti, della sofferenza vera e propria e del danno dinamico relazionale. La ricorrente non contesta, dunque, il punto della sentenza in cui il giudice rigetta la domanda per mancanza di prova del danno alla salute, ma la ingiustificata inammissibilità di alcune evidenze probatorie che avrebbero, a sua detta, provato il danno lamentato.

2. Alle radici giuridiche del trattamento sanitario obbligatorio 

Per una più compiuta analisi della pronuncia in commento, appare opportuno passare brevemente in rassegna l'evoluzione legislativa del trattamento sanitario obbligatorio, che trova una sua prima fonte normativa in una legge di inizio Novecento, la legge n. 36/1904, anche detta "legge manicomiale".

 2.1. Dall’ordinamento manicomiale…  

La legge n. 36/1904[2] riconosceva all’istituto del trattamento sanitario obbligatorio una funzione di tutela dell’ordine pubblico, più che di riabilitazione e terapia del soggetto, data la prevalenza della logica custodiale che faceva risultare preminente l’esigenza di proteggere la società da tali soggetti, in quanto considerati socialmente pericolosi, rispetto alla cura dell'individuo stesso[3].

Tale assetto si basava sulla centralità dell’ospedale psichiatrico[4] che privava il paziente sottoposto a trattamento obbligatorio della capacità di agire in ogni ambito[5]. A quest'ultimo era concessa un richiesta di ricovero volontario, con la quale egli si assoggettava intenzionalmente, piuttosto che coattamente al manicomio[6].  

L’ordinamento manicomiale prevedeva tre presupposti per l’internamento dei soggetti affetti da alienazione mentale, ossia, in alternativa, la pericolosità per sé o per altri, il pubblico scandalo derivante da un'azione da egli compiuta ovvero l’impossibilità di custodia e cura fuorché in un manicomio[7].

 2.2. …all’ordinamento costituzionale: la persona al centro della cura

Con l’avvento della Costituzione repubblicana, la centralità della persona all’interno della nuova società designata dal legislatore costituente si sostituisce alla concezione estremamente stato-centrica allor vigente, rimettendo in discussione la disciplina della salute e dei luoghi di cura del malato. 

In particolare, l'art. 32 Cost. sancedo che "nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge", riconosce il diritto del singolo al rifiuto delle cure. Il diritto al rifiuto dei trattamenti sanitari costituisce un diriitto inviolabile della persona, riconosciuto e garantito dall'art. 2 Cost., posto a tutela della diginità umana [8]. Di fronte al dissenso alle cure[9], si rende, tuttavia, necessario un bilanciamento tra opposti interessi[10], non potendo il diritto all'autodeterminazione prevalere in senso assoluto sugli altri diritti costituzionali di pari rango.

Sulla scorta dell’indicazioni dell’Assemblea costituente, il legislatore ha provveduto a recuperare al malato la propria dignità umana, con la legge “Basaglia”[11], poi confluita nella norma che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale[12], che chiarisce già all’art. 1 che i trattamenti obbligatori debbano essere corrisposti nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla carta costituzionale. 

Si evince, dunque, il carattere eccezionale del T.S.O, che può essere disposto solo in presenza di alterazioni psichiche che sfociano in gesti pericolosi[13], come tentativi di suicidio, tali da richiedere urgenti interventi terapeutici[14]. Lo spirito della legge Basaglia è proprio quello di considerare il paziente non già come un corpo-oggetto in balia dell’amministrazione sanitaria, come da prerogative dell’ormai cessato ordinamento manicomiale, ma come soggetto che gode delle libertà costituzionalmente garantite in quanto uomo e individuo[15].

3. Quando un trattamento sanitario è (il)legittimo 

Il trattamento sanitario obbligatorio si caratterizza per l’ingerenza dell’autorità statale nella decisione sanitaria, che impedisce l'esercizio del rifiuto alle cure mediche[16]. Affinché un trattamento sanitario obbligatorio possa dirsi legittimo, proprio perché limitativo del diritto di autodeterminazione terapeutica tutelato dall’art. 32 Cost., è, dunque, necessario che il trattamento sia imposto per la tutela della salute non solo del singolo ma anche della collettività

E' possibile distinguere trattamenti in senso stretto, cioè quelli che esortano il consenso terapeutico senza coartarlo, e trattamenti coercitivi, ovvero quelli che giustificano la forza utilizzata sul corpo del destinatario[17]. Si suole distinguere le due tipologie sopra citate anche in base ai limiti imposti dalla fonte normativa da cui attingono, dato che i trattamenti in senso stretto sono limitati esclusivamente dalle garanzie di riserva di legge relativa e rinforzata ex art. 32 Cost. anche in merito alle restrizioni imposte dal rispetto della persona e della dignità umana; invece, i trattamenti coercitivi devono rispettare non solo i tetti previsti per i trattamenti in senso stretto, ma anche i requisiti prescritti dall’art. 13 Cost., che impone una riserva di legge e di giurisdizione assoluta[18].

Ne discende che solo il legislatore è competente a stabilire quali trattamenti possono essere obbligatori, proprio perché esclusivamente la legge può determinare una compressione dell’autodeterminazione dell’individuo, principio fondamentale costituzionalmente garantito[19].

La Suprema Corte, nella pronuncia in commento, ha chiarito che il trattamento sanitario obbligatorio può essere disposto anche senza il consenso informato del paziente, qualora non sia possibile adottare tempestive e idonee misure sanitarie extra-ospedaliere e il paziente rifiuti gli interventi proposti.

Il consenso informato, inteso come la manifestazione di volontà che esprime il paziente in maniera libera e non mediata sulla somministrazione di una determinata pratica sanitaria dopo aver ricevuto tutte le informazioni riguardante quest’ultima[20], come le modalità di esecuzione, i benefici ed i rischi[21], ha, invero, ricevuto un’attenzione crescente negli ultimi anni da parte della giurisprdenza [22].

Come confermato anche dalla pronuncia della Cassazione in esame[23], nelle pratiche riguardanti T.S.O, dato il particolare interesse che si persegue di tutela non solo del singolo, ma anche della collettività[24], non è richiesta né una valutazione della capacità di prestare il consenso dell’interessato[25]né, di conseguenza, il consenso stesso[26], ma ciò non può, in ogni caso, giustificare un abusivo esercizio del potere di elargire trattamenti obbligatori che potrebbero derivare da un’omissione di una completa informazione al paziente, in quanto si configurerebbe un danno aquiliano ingiusto[27].

Circa la legittimità del trattamento, si è più volte espressa la Corte costituzionale[28] (e non solo[29]), con maggior frequenza su alcuni vaccini obbligatori[30], stabilendo generalmente che non si ha incompatibilità con l’art. 32 Cost. se il trattamento è volto alla tutela della salute come interesse della collettività[31]; non incide negativamente sullo status del soggetto a cui è rivolto, se non per quelle sole conseguenze che appaiono normali, quindi tollerabili, in ogni intervento sanitario[32]; e, in caso di danni biologici all’individuo, è previsto un equo indennizzo in favore del danneggiato[33].

4. Risarcibilità e prova del danno; la soluzione della Corte.

Nel caso sottoposto al vaglio della Cassazione, il riconoscimento del danno evento, ossia dell’illecita sottoposizione a trattamento sanitario obbligatorio, concretizzatasi nella privazione della libertà personale e nella sottoposizione a medicinali antipsicotici, è pacifico e incontestato [34]. Ciò premesso, ritiene la Corte "è in sé corretta l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, in base alla quale l’annullamento della ordinanza del Sindaco (...) non implica, di per sé, che il destinatario del provvedimento dichiarato illegittimo sia esonerato dal dover dimostrare l’esistenza del danno ingiusto come conseguenza del trattamento subito".

Ciò che, però, va puntualizzato è che "la illegittima privazione della libertà personale e la sottoposizione contro la propria volontà a trattamenti sanitari non consentiti ed indesiderati, consistendo in una ingiustificata compressione del diritto inviolabile alla libertà personale costituzionalmente tutelato, può essere causa di danno risarcibile anche a prescindere dal fatto che essa si associ ad un apprezzabile danno alla salute della persona"[35].

Di fatto, la ricorrente ha agito non solo per il risarcimento del danno alla salute, ma anche e soprattuto per il risarcimento del danno non patrimoniale da illegittima privazione della libertà personale, in tutte le sue componenti consistenti sia nella sofferenza legata alla vicenda in sé, che nel danno dinamico-relazionale derivante dall’episodio che ha portato al suo ricovero.

Ciò ha portato i giudici cassazionisti ad interrogarsi in riferimento alla disciplina applicabile, vista l’impossibilità di sottoporre il giudizio risarcitorio alla diversa disciplina dettata per l'indennizzo da ingiusta detenzione, tesi avallata correttamente anche dalla Corte d’Appello[36]. Ammesso pacificamente che il danno non è in re ipsa, come nessun danno risarcibile, la Cassazione censura la sentenza per il fatto che i giudici di merito hanno negato l’ingresso di prove testimoniali e di una consulenza tecnica a sostegno della tesi attorea senza alcun percorso logico convincente.

La Corte di Cassazione rammenta che la domanda di risarcimento danni, eventualmente da valutare e liquidare in maniera equitativa, deve essere esaminata per intero e non può essere rigettata per difetto di prova del danno, senza dare spazio all’attività istruttoria, senza verificare l’utilizzo legittimo del ragionamento presuntivo e, in caso di rigetto, senza motivare adeguatamente[37].

Infine, la condizione di eventuale fragilità del danneggiato, già in cura con psicofarmaci e con uno stato mentale altalenante, è rilevante solo sotto il profilo della maggior complessità dell’accertamento, e non incide nel giudizio di ammissibilità del pregiudizio, perché ogni persona ha il diritto di non essere coinvolta in episodi che danneggino (più di quanto già non lo siano) la loro reputazione ed il loro equilibrio. Affermare il contrario equivarrebbe a sostenere l’ammissibilità di qualunque trattamento su persona fragile, magari al margine della società, dato che non si configura alcun tipo di danno; questione non giustificabile in un ordinamento che fa della centralità della persona il suo elemento principale[38].

Pertanto, la Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, con rinvio per un nuovo esame nel merito.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Cass., 19 dicembre 2024, n. 33290, in Dir. gius., 2024, p. 4. 

[2] L., 14 febbraio 1904, n. 36, “Disposizioni e regolamenti sui manicomi e sugli alienati”; seguita poi dal regolamento di esecuzione, r.d., 16 agosto 1909, n. 615. 

[3] A. VENCHIARUTTI, Profili della salute mentale nel diritto privato, in Dir. fam., 1998, 3, p. 1243. 

[4] Ivi., p. 1244. 

[5] S. ROSSI, La salute mentale tra libertà e dignità, Milano, 2015, p. 194. Il paziente era privato di capacità dell’agire civile, del diritto pubblico e (ovviamente) del potere di disporre della scelta di sottopozione a trattamenti sanitari. 

[6] Art. 53, r.d., 16 agosto 1909, n. 615. 

[7] Art. 1, L., 14 febbraio 1904, n. 36. 

[8] Tramite un’interpretazione costituzionalmente orientata, la dignità umana è ricompresa nell’alveo delle situazioni tutelate dall’art. 2 Cost. quale sfera intangibile e inviolabile da parte degli altri individui. Un riscontro puntuale lo si ritrova anche in alcuni fonti comunitarie, come nell’art.1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea di Nizza, che sancisce l’inviolabilità e la tutela per la dignità umana. Cfr. P. ZATTI, Il diritto a scegliere la propria salute (in margine al caso S. Raffaele), in Nuova giur. civ. comm., 2000, 1, pp. 1-12. 

[9] Corte Cost., 18 luglio 2024, n. 135, in Riv. it. dir. proc. pen., 2024, 3, p. 1071. La Consulta ricorda che il rifiuto del paziente verso qualsiasi trattamento sanitario, compresi quelli vitali le cui conseguenze potrebbero portare al decesso, è un diritto fondamentale ed inviolabile dell'individuo.

[10] G. GLIATTA, La dignità e la salute del paziente ed il trattamento in assenza di consenso, in Resp. civ., 2010, 11, pp. 786-787. 

[11] L., 13 maggio 1978, n. 180, “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”. Cfr. P. CENDON, Variazioni sulla fragilità umana, in Dir. fam. pers., 2024, 2, p. 806 ss.  Secondo la dottrina più autorevole, lo stesso Franco Basaglia, psichiatra e principale ispiratore e promotore della riforma del sistema psichiatrico ospedaliero da cui poi prenderà il nome la L. 180, non era felicissimo della disciplina relativa al T.S.O, in quanto la riteneva rigida, burocratica e assente di un progetto riabilitativo valido, alla stregua di una visione di reinserimento del soggetto fragile nella società del Basaglia. 

[12] L., 23 dicembre 1978, n. 833, “Istituzione del servizio sanitario nazionale”. Si rimanda a sedi più opportune per approfondire il SSN, B. PRIMICERIO, Il servizio sanitario nazionale. Struttura, organizzazione e modelli gestionali, Roma, 2011, pp. 21-137. 

[13] Così Cass., 20 giugno 2008, n. 16803, in Giust. civ. mass., 2008, 6, p. 994. 

[14] In aggiunta, la previsione di un trattamento obbligatorio nei casi di urgenti emotrasfusioni sanguinee aveva fatto discutere in dottrina, date le previsioni costituzionali di libertà religiosa che accentuavano la possibilità di rifiuto di alcuni trattamenti per convinzioni religiose. Cfr. G. MARCACCIO, Appartenenza religiosa e dissenso preventivo al trattamento sanitario: dat e pianificazione condivisa delle cure come volano di libertà del paziente-fedele, in Resp. civ. prev., 2021, 1, p. 332 ss. 

[15] G. MANDARELLI, R. TATARELLI, S. FERRACUTI, A. SIRACUSANO, Il consenso informato e il trattamento sanitario obbligatorio, in Noos, 2012, 1, pp. 43-56. 

[16] S. CACACE, Autodeterminazione in salute, Torino, 2017, pp. 27-34. L’autrice, in una compiuta analisi degli spigoli costituzionali che incontra un trattamento di tal tipo, svilisce alcune opinioni comuni per le quali l’uso della forza ovvero il perseguimento dell’interesse collettivo sono i reali tratti distintivi del T.S.O, visto che la centralità in tali trattamenti la assume la deroga al diritto di rifiutarsi da ogni cura medica, che è l’aspetto che rileva maggiormente per la Costituzione.

[17] F. DALLA BALLA, Vecchi e nuovi trattamenti obbligatori: dalla legge n. 833/1978 all’amministrazione di sostegno, in Resp. civ. prev., 2022, 3, pp. 1030-1031. L’autore descrive i vari effetti che comporta un T.S.O, dall’erogazione di una pena pecuniaria alla limitazione, o addirittura alla perdita, della libertà personale. 

[18] Ivi., p. 1032. 

[19] La questione maggiormente controversa si ha in ambito vaccinale, ove l’introduzione di trattamenti vaccinali obbligatori ha sollevato non pochi dubbi. A tal proposito, cfr. S. P. PANUNZIO, Trattamenti sanitari obbligatori e Costituzione (a proposito della disciplina delle vaccinazioni), in Dir. soc., 1979, 1, p. 900 ss.  

[20] Per un riscontro puntuale, si rimanda a P. FRATI, A. CAMPOLONGO, R. LA RUSSA, M. SCOPETTI, V. FINESCHI, Violazione del consenso informato: codifichiamo nozioni, significati e risarcibilità dei danni alla luce della pronuncia n. 28985/2019 della Suprema Corte di Cassazione, in Resp. civ. prev., 2020, 4, p. 1364 ss. 

[21] Anche i rischi statisticamente meno probabili devono essere oggetto del consenso, come stabilito da Cass., 12 giugno 2023, n. 16633, in Giust. civ. mass., 2023. 

[22] Si pensi ad esempio all’evoluzione della giurisprudenza e della legislazione sull’inadempimento del sanitario dell’obbligo di consenso informato. Cfr. A. CLEMENTONI CHERUBINI, Il consenso informato nei più recenti orientamenti della Cassazione, in Riv. it. med. leg., 2020, 1, p. 309 ss.; M. FLORENA, La responsabilità del medico: focus sui danni risarcibili in caso di inadempimento dell’obbligo di assunzione del consenso informato, in Dir. fam. pers., 2021, 3, p. 1021 ss.; P. PALEARI, Il consenso informato e la sua omessa informazione: danni risarcibili, in Dir. gius., 2021, p. 4 ss.; A. CASA’, Danno risarcibile, nesso causale e onere della prova nella responsabilità del sanitario per mancata acquisizione del consenso informato, in Resp. civ. prev., 2017, 4, p. 1308 ss. 

[23] Cit. Cass., 19 dicembre 2024, n. 33290 (par. 6.1). 

[24] T. RUMI, Consenso informato e danni da vaccinazioni “consigliate”, in Contr. impr., 2022, 1, p. 95. 

[25] G. MANDARELLI, R. TATARELLI, S. FERRACUTI, A. SIRACUSANO, Il consenso informato e il trattamento sanitario obbligatorio, cit., p. 49. La disciplina in questione qualifica il rifiuto e l’accettazione eventuale del trattamento come meri elementi di fatto, che il medico rendiconta nella cartella clinica, senza alcun riferimento alla capacità di intendere e di volere.

[26] M. QUARGNOLO, Trattamento sanitario obbligatorio illegittimo e danno non patrimoniale, in Resp. civ., 2007, 3, p. 244. Oltretutto, parte della dottrina sostiene che il medico non può considerarsi esonerato dall’obbligo informativo neanche nel caso di trattamento obbligatorio, dato che deve per lo meno tentare di ottenere il consenso.  

[27] Ibidem.  

[28] Corte Cost., 23 giugno 1994, n. 258, in Foro it., 1995, 1, c. 1451; Corte Cost., 18 aprile 1996, n. 118, in Foro it., 1996, 1, c. 2326, con nota di G. COMANDE’, Diritto alla salute tra sicurezza sociale e responsabilità civile, in Danno resp., 1996, 1, p. 573 ss.

[29] T.A.R. Toscana, Firenze, 27 novembre 2006, n. 6022, in Corr. mer., 2007, 2, p. 258; T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, 30 aprile 2009, n. 583, cit. A tal proposito, la giustizia amministrativa ha stabilito che la posizione soggettiva del destinatario del T.S.O è di diritto soggettivo che non può affievolirsi dinanzi al potere dell’autorità amministrativa; quindi, la controversia, in quanto non tratta un interesse legittimo, deve essere devoluta alla cognizione del giudice ordinario, non al T.A.R. 

[30] Cfr. C. VIDETTA, Corte costituzionale e indennizzo per lesioni alla salute conseguenti a trattamenti vaccinali. Nuove prospettive, in Resp. civ. prev., 2013, 2, pp. 1030-1043.

[31] Corte Cost., 14 dicembre 2017, n. 268, in Giur. cost., 2018, 1, p. 374 ss., con nota di L. PRINCIPATO, La parabola dell’indennizzo, dalla vaccinazione obbligatoria al trattamento sanitario raccomandato

[32] Corte Cost., 18 gennaio 2018, n. 5, in Dir. gius., 2018, p. 4 ss., con nota di G. MARINO, Vaccini: obbligo o raccomandazione è il legislatore che decide

[33] Tra le tante, Corte Cost., 22 giugno 1990, n. 307, in Resp. civ. prev., 1991, p. 73. Qui, la Consulta ha bocciato un trattamento obbligatorio nella parte in cui non prevedeva un indennizzo per eventuali incidenti vaccinali, atteso che non operi la responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. nell’ipotesi previste dalle fattispecie di cui sopra. 

[34] Cit. Cass., 19 dicembre 2024, n. 33290, (par. 6.3). 

[35] Ivi., (par. 6.6).

[36] Ivi., (par. 6.4). 

[37] Ivi., (par. 6.5). 

[38] A. DE SENA, Risarcimento per TSO illegittimo su persona “fragile”, in Dir. gius., 2024, p. 6.