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La proprietà temporanea tra autonomia privata e funzione sociale
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Pubbl. Ven, 14 Nov 2025

La proprietà temporanea tra autonomia privata e funzione sociale

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Sebastiano Cascio
NotaioUniversità della Campania Luigi Vanvitelli



L’articolo analizza la figura della proprietà temporanea, intesa come diritto dominicale non immanente, valutandone l’assoggettabilità a termine o condizione risolutiva. Partendo dall’impostazione classica del diritto di proprietà nel codice civile e nel dettato costituzionale, l’indagine affronta i profili teorici, i limiti dogmatici e di sistema, e le prospettive applicative dell’istituto. Viene evidenziato come la temporaneità della proprietà, pur tradizionalmente ritenuta incompatibile con la pienezza del diritto dominicale, possa oggi essere non peregrina proprio alla luce del principio di autonomia privata (art. 1322 c.c.) e della funzione sociale della proprietà (art. 42 Cost.).


Sommario: 1. Premessa e contesto concettuale; 2. Natura giuridica e compatibilità sistematica; 3. Autonomia privata e tipicità flessibile dei diritti reali; 4. Ambiti applicativi; 5. Conclusioni.

1. Premessa e contesto concettuale

Il diritto di proprietà rappresenta, nell’impianto codicistico nazionale, il vertice dei diritti reali estrinsecandosi in un potere pieno ed esclusivo sul bene, che consente al titolare di goderne e disporne in modo illimitato[1].

La proprietà è dunque il diritto reale, laddove da latino reale è da intendersi su cosa, più ampio tra i diritti reali codificati.

L’art.832 c.c. difatti recita che: “Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico”.

Emerge espressamente già solo dalla lettura della norma come tale diritto sia stato, dal legislatore, pensato come contrapposto ai diritti reali limitati, quali ad esempio i diritti reali su cosa altrui, ovvero, ad esempio la servitù, la quale attribuisce sì al titolare un diritto su una data res, ma a tale diritto sono riconnesse facoltà limitate rispetto alle facoltà del proprietario sul bene in proprietà.

Volendo con altre parole chiarire il concetto emerge come, in caso di proprietà vi sia una relazione immediata, assorbente ed esclusiva tra bene e titolare del diritto, laddove invece in caso di diritto reale minore, la relazione tra titolare e bene è sì immediata ma limitata ad una porzione del bene medesimo oltreché ad una o più facoltà specifiche.

L’esser proprietari esclusivi di un bene è tautologico escluda che altri soggetti possano esser titolari dello stesso bene, l’esser titolari di una servitù o di un usufrutto su di un dato bene non esclude affatto, ed anzi postula, che residui uno spazio a che terzi possano esserne proprietari, sebbene, coi limiti che sussistono in caso di coesistenza tra diritti reali diversi sul medesimo bene.
Con riferimento alla pienezza, secondo la tradizione romanistica e ottocentesca, la stessa si traduce in una caratteristica di perpetuità, che distingue la proprietà da diritti reali limitati come ad esempio è l’usufrutto [2], essendo proprio detto diritto decisamente più ampio del diritto di usufrutto che è sì diritto reale, ma, naturalmente a termine[3].

Il primo rilievo sul punto è difatti che, da un lato il diritto di usufrutto è un diritto ontologicamente a termine, dall’altro detto termine non sussiste, codicisticamente, per il diritto di proprietà.

Eppure, l’evoluzione del diritto privato contemporaneo, sempre più orientato a una logica funzionale e solidaristica, ha incrinato questa visione statica o almeno ha aperto spazio ad interrogativi circa la necessaria connotazione del requisito della perpetuità riconnesso al diritto stesso.

La dogmatica giuridica deve interrogarsi oggi, come si interroga, circa l’idea di una proprietà a tempo determinato, in cui la titolarità dominicale si estingue automaticamente al decorso di un termine o al verificarsi di una condizione.

È venuta meno, o almeno in parte la percezione del concetto di proprietà a termine come una mera anomalia sistematica, e piuttosto trova spazio la teoria per cui proprio una proprietà anche temporanea, sia un possibile sviluppo del diritto coerente con i principi costituzionali e con le esigenze di circolazione dei beni[4].

In questa prospettiva, la proprietà temporanea diviene una lente attraverso cui rileggere il diritto di proprietà in chiave dinamica e relazionale, ponendo l’accento non più sulla perpetuità del diritto, ma sulla funzione che esso è chiamato a svolgere nell’ordinamento[5].

L’idea di fondo da cui l’analisi deve partire è il comprendere se proprio la perpetuità sia elemento essenziale a che possa parlarsi di diritto di proprietà o sia, invece, un connotato tipico ma solo eventuale del diritto stesso.

L’interprete deve pertanto domandarsi se possa ancora parlarsi di proprietà sganciandola dalla visione classica che riconnette il diritto alla permanenza dello stesso in seno al proprietario.

Provocatoriamente potrebbe dirsi che, a seguito della recente giurisprudenza in tema proprio di rinunzia alla proprietà[6] il concetto di imperiturità e perpetuità del diritto stesso dovrebbe essere rivisto, o almeno considerato non più attuale.

Se è vero che la rinunzia alla proprietà estingue il diritto[7] vero è che il diritto, per definizione non è perpetuo, anzi, a semplice manifestazione di volontà del proprietario è estinguibile, pertanto, diritto, astrattamente imperituro ed immanente, ma concretamente anche estinguibile e diritto dunque a termine ex voluntate domini, ovvero, diritto, potenzialmente precario.

È del tutto evidente poi come questo esempio voglia essere solo un parallelismo paradigmatico, spunto per riflessione più approfondita.

2. Natura giuridica e compatibilità sistematica

Come già accennato, l’art. 832 c.c. definisce la proprietà come il diritto di godere e disporre della cosa in modo “pieno ed esclusivo”.

Già solo dalla lettura del dispositivo della norma emerge come, nella stessa, nessun riferimento sia fatto alla durata del diritto, e tradizionalmente si è desunto da tale silenzio un principio implicito di perpetuità. Tuttavia, una parte della dottrina, già in tempi non recenti ha sostenuto che tale qualità non costituisca un elemento essenziale, quanto piuttosto un tratto tipico del diritto, dunque derogabile in forza del noto principio dell’autonomia negoziale[8].

Questo ultimo punto deve essere esplicato, la derogabilità della norma sta a significare che, salvo una diversa previsione delle parti, il diritto è potenzialmente perpetuo, ma, ove diversamente volesse disporsi, ben potrebbe il diritto, per volontà delle parti essere strutturato come a termine finale e quindi, limitato nel tempo.

Se questo è vero sarebbe confermato che la perpetuità non è elemento essenziale del diritto quanto piuttosto elemento solo eventuale del diritto stesso.

Occorre ora comprendere se un diritto di proprietà a termine sia o meno un diritto reale tipico (e pertanto sia il medesimo diritto di proprietà cui all’art 832 c.c. con un connotato diverso) oppure se, ipotizzando la proprietà come temporanea si è in presenza di un diritto reale atipico in spregio al principio del numero chiuso dei diritti reali[9].

In virtù del principio del numero chiuso dei diritti reali, ovvero del principio per cui i diritti reali non possono essere generati dalla volontà delle parti del contratto trovando gli stessi la loro fonte solo nella legge, laddove dovesse ritenersi esistente un binomio inscindibile tra proprietà e perpetuità dovrebbe concludersi nel senso che la proprietà temporanea, non essendo codificata espressamente, nulla altro sarebbe se non eccezione al diritto di proprietà, e come tale assolutamente illegittima posto che in violazione del principio del numero chiuso dei diritti reali.

Viceversa, laddove invece dovesse ritenersi che il diritto di proprietà possa prescindere dal connotato della perpetuità e quindi possa sposare il connotato della temporaneità, la proprietà temporanea ben potrebbe esser sussunta alla generale categoria del diritto di proprietà cui all’art.832 c.c.

Leggendo la norma sopra menzionata si ribadisce poi come in nessun punto la stessa menzioni, quale requisito essenziale del diritto, la sua immanenza, ed anzi la norma colora e descrive il diritto a mezzo riferimenti ad altre circostanze, tra cui la pienezza e l’esclusività.

Se questo non vale ad affermare che la proprietà può esser temporanea non può non esser argomento per valutare che se non altro, ad opera del legislatore, non vi è, ad oggi, nella codicistica una presa di posizione circa la perpetuità del diritto.

Circa l’interprete, e soprattutto le parti del contratto, la possibilità di strutturare il diritto di proprietà come temporaneo può essere effettuata attraverso almeno due principali modalità operative e pertanto: da un lato il risultato è realizzabile mediante espressa apposizione di un termine finale inserito nell’atto costitutivo o traslativo della proprietà, con effetto estintivo automatico, dall’altro, il risultato può essere raggiunto anche attraverso apposizione di una condizione risolutiva del diritto (preferibilmente non retroattiva) legata al verificarsi di un evento futuro e incerto.

In entrambi i casi, la conseguenza giuridica, o dello spirare del termine o dell’avverarsi dell’evento dedotto in condizione è che il bene ritorna nella sfera giuridica del precedente titolare o di un terzo beneficiario designato, senza la necessità di atti dispositivi ulteriori per realizzare il medesimo risultato.

Tale dinamica presenta analogie con l’usufrutto, ma se ne distingue per il contenuto del diritto, postulandosi in caso di proprietà la titolarità piena ed esclusiva del diritto fino al momento della cessazione dello stesso[10].

La giurisprudenza si è mostrata oscillante. Varie pronunzie della Cassazione hanno escluso la validità di una clausola di proprietà temporanea su immobile, non essendo giuridicamente configurabile che più soggetti siano proprietari esclusivi dello stesso bene[11] .

Se questo è da un lato vero tuttavia nella ricostruzione della Corte vi è un punto che non si condivide.

Dalle sentenze citate emerge la impossibilità a che sullo stesso bene, vi siano due o più proprietari esclusivi, orbene tale affermazione non può non essere condivisa anche dallo scrivente.

Se è vero che la proprietà è temporanea vero è anche che la stessa è esclusiva nella sua manenza, e con questo occorre un chiarimento.

Il proprietario temporaneo è proprietario, al termine del suo diritto rivivrà il diritto precedente di proprietà (sopito) o al massimo ne sorgerà uno ulteriore a favore di terzi a seconda del titolo, nessuno postula la coesistenza sul medesimo bene di una pluralità di domini contestuali.

3. Autonomia privata e tipicità flessibile dei diritti reali

Il fondamento teorico e forse anche pratico della proprietà temporanea si rinviene nell’art. 1322 c.c., che riconosce alle parti la libertà di determinare, con lo strumento del contratto, il contenuto dei propri rapporti, nei limiti del rispetto della legge, dell’ordine pubblico e purché le pattuizioni dei contratti siano corrispondenti ad interessi meritevoli di tutela.
Il principio, applicato ai diritti reali, consente di individuare una “tipicità flessibile” degli stessi, intesa non come rigidità assoluta, ma come apertura del sistema a figure nuove, purché compatibili con la struttura del diritto reale e soprattutto coerenti col testo costituzionale[12].

La ricostruzione in temini di tipicità flessibile ha come postulato il concetto del numero chiuso, e pertanto il presupposto logico di partenza è che la proprietà temporanea non sia una nuova proprietà distinta dalla proprietà cui all’art.832 c.c., quanto piuttosto una sua declinazione in chiave moderna, che meglio si adegua alle esigenze delle parti in determinati ambiti della vita economica dei soggetti.

In questa logica, la temporaneità non altera l’essenza della proprietà, ma ne rappresenta una modalità di esercizio ed estrinsecazione della stessa. Il proprietario rimane tale, ma il suo potere è destinato a cessare nel tempo per ragioni di tipo contrattuale o di politica economica o comunque per motivazioni delle parti rispondenti ad interessi meritevoli di tutela.

Dato comune alla cessazione del diritto, tuttavia, resta sempre la volontà delle parti, le quali, ben potrebbero contrarre e stipulare in senso diametralmente opposto.

La temporaneità, lungi dall’essere una limitazione arbitraria, potrebbe poi essere intesa come uno strumento di realizzazione della solidarietà e dell’interesse collettivo in contrapposizione alla concentrazione dei beni nei patrimoni di pochi in conseguenza del principio della perpetuità, concetto questo che parrebbe allineato al dettato cui all’art.42 del testo costituzionale laddove vi è espresso riferimento alla funzione sociale della proprietà.

Con questa ultima affermazione non si tende a voler scardinare il concetto di proprietà tentando di ricondurlo necessariamente nell’alveo della temporaneità, semplicemente si vuole evidenziare come, una proprietà temporanea ben si concilia ad un godimento pieno ed esclusivo in capo a soggetti di taluni beni senza che occorra un vincolo perpetuo sotteso.

4. Ambiti applicativi

Il campo più fertile di applicazione della proprietà temporanea è quello immobiliare.
Nella prassi, il meccanismo è utilizzato per agevolare operazioni di rigenerazione urbana, concessioni di uso sociale e progetti di edilizia sostenibile[13]. In tali casi, la temporaneità consente di bilanciare l’interesse pubblico alla disponibilità futura dei beni con quello privato alla valorizzazione economica nel breve periodo.

La proprietà pubblica a termine, disciplinata da alcune leggi regionali e piani di edilizia convenzionata, rappresenta un laboratorio normativo interessante: il bene è trasferito temporaneamente al soggetto attuatore, che ne conserva la titolarità fino al completamento dell’intervento, con successivo ritorno alla collettività.

In tal caso la proprietà trasferita è la proprietà superficiaria del bene o proprio il diritto di superficie, per un tempo limitato, allo scadere del quale, estinguendosi il diritto, si ha reviviscenza del diritto di proprietà pubblica sul bene.

Nel contesto della economia digitale e delle nuove proprietà, la proprietà temporanea assume nuove forme, specialmente nei rapporti legati alla blockchain e ai token non fungibili (NFT).
Il titolare può disporre di un diritto di godimento o di sfruttamento limitato nel tempo, automaticamente estinguibile tramite smart contract[14].
Tali modelli, di evidente derivazione anglosassone, seppur distanti dai paradigmi civilistici tradizionali nostrani, mostrano una tendenza a configurare la proprietà come istituto programmabile, con durata e contenuto variabili e quindi anche e soprattutto possibilmente ancorché non necessariamente temporanea.

Un ulteriore ambito applicativo si rinviene come accennato, nella gestione dei beni pubblici e collettivi, dove l’esigenza di garantire il ritorno del bene alla disponibilità generale giustifica l’attribuzione di diritti dominicali a tempo determinato come sopra evidenziato, e pertanto, si pensi al principio di rotatività sotteso alla edilizia residenziale pubblica.

5. Conclusioni

La temporalità, nella prospettiva civilistica, introduce una dimensione dinamica nel diritto di proprietà, tradizionalmente concepito come diritto statico e perpetuo, rappresentando dunque una rottura con gli schemi del passato con conseguente evoluzione del diritto di proprietà stesso.
Il diritto civile contemporaneo, tende sempre più a riconoscere che la funzione propria e la causa concreta del diritto e del contratto prevalgano sulla sua struttura ed a riconoscere la prevalenza della sostanza sulla forma.
In questo senso, la proprietà temporanea rappresenta l’espressione più evidente di una razionalizzazione ed adeguamento del dominio alle mutate esigenze sociali della attuale società moderna.

La velocità dei traffici commerciali, evidentemente diversa da quella vigente quando il codice civile veniva emanato nell’anno 1942, impone una riflessione in merito alla rivisitazione degli istituti in esso contenuti.

La temporaneità della proprietà consentirebbe inoltre di evitare fenomeni di concentrazione patrimoniale e di favorire la circolazione dei beni, rispondendo anche a logiche economiche di efficienza e di uso razionale delle risorse oltreché alla rotazione delle risorse stesse.

La proprietà temporanea in tale ottica non sarebbe dunque una figura eversiva del sistema, ma un adattamento evolutivo del modello codicistico alle esigenze del XXI secolo.
La sfida per la dottrina e per il legislatore consiste nel riconoscere la legittimità di tali forme senza compromettere la certezza dei traffici giuridici e senza alterare il sopra esposto principio cardine del numero tipico dei diritti reali.

La funzione sociale della proprietà, lungi dall’essere un limite esterno, diventa così il fondamento interno di una proprietà che si misura con il tempo, la sostenibilità e la collettività.
In questa prospettiva, la proprietà temporanea può essere considerata una delle più significative espressioni del passaggio da un diritto statico e individualistico a un diritto relazionale e sostenibile, senza che occorra sdoppiare il diritto stesso potendo lo stesso esser sussunto nella fattispecie astratta cui all’art.832 c.c.

Infine una considerazione conclusiva, enunciativa di un principio fondamentale del nostro ordinamento è quella per cui, i limiti all’autonomia privata delle parti devono essere specifici e risultare espressamente da norme positive.

Se questo è vero, vero è anche che un espresso divieto alla proprietà temporanea, nel nostro ordinamento, non esiste, pertanto introdurlo surrettiziamente in virtù di ricostruzioni dogmatiche forse è non legittimo.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Invero, ex art.42 della Costituzione la proprietà subisce i limiti imposti dall’ordinamento giuridico, anche circa il diritto a disporre del diritto stesso, attraverso un rinvio semplice alla legge ordinaria che stabilisce, di volta in volta, i limiti nel caso concreto.

[2] P. Rescigno, La proprietà nel diritto civile, Napoli, Jovene, 1967, p. 42 ss.

[3] Circa l’usufrutto, l’art. 979 c.c. dispone che lo stesso non possa eccedere o la vita della persona fisica o, se a favore di persona giuridica la durata di anni trenta.

[4] M. Bianca, Diritto civile, III, Milano, Giuffrè, 2020, p. 148 ss.

[5] G. Oppo, Proprietà e possesso, Milano, Giuffrè, 1988, p. 215 ss.

[6] Cass., Sez. Un., 11 ago. 2025, n. 23093 sulla possibilità alla rinunzia, da parte del proprietario, al diritto di proprietà su beni immobili.

[7] Sul punto, Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 216-2014/C – La rinunzia alla proprietà e ai diritti reali di godimento, Roma, 27 ottobre 2014.

[8] C. M. Bianca, Autonomia privata e tipicità dei diritti reali, in Riv. dir. civ., 2019, p. 421 ss.

[9] Sul principio di tipicità e sul correlato numero chiuso dei diritti reali, v. A. Falzea, Il contenuto del diritto di proprietà, in Enciclopedia del diritto, vol. XXXVI, Milano, Giuffrè, 1987, p. 203 ss., il quale evidenzia come la delimitazione legale dei diritti reali risponda all’esigenza di garantire certezza nei traffici giuridici e coerenza sistematica, impedendo la creazione negoziale di figure atipiche opponibili erga omnes; in senso conforme P. Rescigno, La proprietà nel diritto civile, Napoli, Jovene, 1967, p. 42 ss., che sottolinea la funzione ordinatrice del principio di tipicità, volto a contenere l’autonomia privata entro i confini della legalità formale.

[10] A. Falzea, op. citata.

[11] cfr. Cass. n. 12911 del 2002; Cass. n. 20692 del 2016.

[12] Sul punto, v. P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, ESI, 2001, p. 321 ss., il quale interpreta i principi di tipicità e di numero chiuso dei diritti reali in chiave costituzionale, evidenziando che essi non costituiscono limiti formali all’autonomia privata, ma strumenti funzionali alla realizzazione dei valori di solidarietà e della funzione sociale della proprietà di cui agli artt. 2 e 42 Cost.

[13] L. Morbidelli, Proprietà pubblica e beni comuni, Torino, Giappichelli, 2016, p. 87 ss.

[14] Per approfondimento sul punto: Blockchain and smart contracts: the missing link in copyright licensing? B. Bodó, International Journal of Law and Information Technology, 26(4), 311–336 (2018); Non‑Fungible Tokens (NFT): A Systematic Review, H. Taherdoost, Information, 14(1), 26 (2023).