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Pubbl. Mar, 24 Dic 2024

L´annullamento in autotutela di un permesso a costruire per intervenuta comunicazione antimafia

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Lorenzo La Via
Praticante AvvocatoUniversità degli Studi di Enna Kore



L´annullamento in autotutela di un permesso a costruire per intervenuta informativa antimafia rappresenta un atto vincolato che riafferma la centralità dell’interesse pubblico nella prevenzione delle infiltrazioni mafiose. La sentenza del TAR Campania n. 5036/2024 evidenzia che, in presenza di un’informativa antimafia ostativa, l’amministrazione è obbligata a revocare i titoli abilitativi, indipendentemente dall´avanzamento dei lavori o dagli investimenti sostenuti. Tale intervento, pur incidendo sui diritti del privato, è giustificato dalla necessità di tutelare l’ordine pubblico e la sicurezza economica, allineandosi ai principi di legalità e proporzionalità sanciti dal diritto dell’Unione Europea.


ENG

The self-defense cancellation of a building permit due to anti-mafia communication

The annulment of a building permit in self-remedy due to an antimafia notice constitutes a binding act that reaffirms the primacy of public interest in preventing mafia infiltration. The TAR Campania judgment n. 5036/2024 emphasizes that, when faced with an antimafia prohibitory notice, the administration is obliged to revoke authorizations, regardless of the progress of construction or investments made. This intervention, while affecting private rights, is justified by the need to safeguard public order and economic security, aligning with the principles of legality and proportionality upheld by European Union law.

Sommario: 1. Introduzione; 2. La questione giurisprudenziale; 3. Il potere in autotutela della p.A.;  4. L’autotutela nel diritto europeo; 5. La natura giuridica del potere in autotutela 6. La posizione della giurisprudenza; 7. Conclusioni.

1. Introduzione 

Nel 2024, il TAR della Campania si è pronunciato su una questione di grande rilevanza, riguardante la necessità di prevenire le infiltrazioni mafiose nel settore edilizio. Tale esigenza, con il tempo, è diventata sempre più centrale sia a livello nazionale che comunitario, per garantire un trattamento equo tra gli operatori e un uso corretto delle risorse pubbliche.

La vicenda è scaturita dalla decisione di un Comune di annullare d’ufficio un permesso di costruire precedentemente concesso a una società privata, in seguito alla notifica di un’informativa antimafia ostativa. Quest’ultima è stata considerata incompatibile con la prosecuzione dell’attività imprenditoriale della società.

A fronte di tale provvedimento, la società ha presentato ricorso, che è stato respinto dal TAR. Il tribunale amministrativo ha infatti ribadito che la Pubblica Amministrazione ha il potere di revocare i titoli abilitativi già rilasciati, indipendentemente dallo stato di avanzamento del progetto, qualora sia presente un’interdittiva antimafia.

I giudici hanno sottolineato la priorità della tutela dell’ordine pubblico rispetto all’interesse del singolo nel portare a termine l’attività economica o commerciale. In questo contesto, l’annullamento del permesso non è stato configurato come un atto discrezionale, ma come un provvedimento vincolato che certifica l’incapacità giuridica temporanea del soggetto a intrattenere rapporti con la Pubblica Amministrazione.

L’annullamento disposto dal Comune, pertanto, si qualifica come un atto obbligato, non soggetto a margini di discrezionalità, laddove sussista il rischio concreto di infiltrazioni mafiose a carico della controparte.

2. La questione giurisprudenziale

Nel 2022, un Comune campano ha annullato in autotutela il permesso di costruire rilasciato cinque anni prima a una società edile, determinando anche la decadenza della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) e dei relativi effetti giuridici. Il progetto riguardava la demolizione e la ricostruzione di un complesso residenziale.

L’annullamento è stato motivato da alcune violazioni urbanistiche, tra cui il mancato rispetto dei parametri di densità edilizia, delle distanze dai confini e della volumetria consentita. Tuttavia, la ragione determinante è stata la presenza di un’informativa antimafia ostativa, che precludeva alla società ogni possibilità di ottenere o mantenere rapporti con la Pubblica Amministrazione, incluso il rilascio o la conservazione di titoli autorizzativi.

Il provvedimento è stato adottato in una fase avanzata dei lavori, quando i manufatti esistenti erano già stati demoliti. La società, ritenendo il provvedimento illegittimo e lesivo del proprio diritto di affidamento e della libertà di iniziativa economica, ha deciso di impugnarlo.

Con la sentenza n. 5036 del 18 settembre 2024, il TAR ha respinto il ricorso, confermando la legittimità dell’annullamento. Il tribunale ha stabilito che l’informativa antimafia ostativa rappresentava una causa sufficiente per giustificare l’annullamento, rendendo superflua l’analisi delle ulteriori violazioni urbanistiche contestate. La sentenza ha ribadito il principio secondo cui, in presenza di un’interdittiva antimafia, l’Amministrazione è obbligata a revocare i titoli abilitativi già concessi per tutelare l’interesse generale.

Il TAR ha sottolineato come la protezione dell’ordine pubblico e della sicurezza economica debba prevalere sugli interessi del singolo, specialmente in situazioni legate alla minaccia rappresentata dalle organizzazioni mafiose. La decisione giurisprudenziale ha quindi riaffermato la priorità del contrasto alla criminalità organizzata rispetto alla tutela dell’affidamento e dell’iniziativa economica privata.

3. Il potere in autotutela della p.A.

L’annullamento in autotutela è lo strumento attraverso cui la Pubblica Amministrazione revoca o annulla un proprio provvedimento precedentemente adottato. La finalità principale di tale istituto è eliminare gli effetti di un atto che si è successivamente rivelato illegittimo o pregiudizievole per l’interesse pubblico. L’autotutela permette all’Amministrazione di intervenire autonomamente, senza necessità di ricorrere al giudice, garantendo un’azione correttiva rapida ed efficace.

Attraverso l’esercizio dell’autotutela, la P.A. può correggere errori e adeguare i propri atti alle mutate esigenze dell’interesse pubblico. Questo potere speciale consente l’adozione di un contrarius actus, ossia un provvedimento che annulla o revoca quello precedente, con effetti diretti sulle posizioni giuridiche del privato.

L’annullamento in autotutela non si limita necessariamente alla rilevazione di illegittimità originarie dell’atto, ma può anche derivare dalla sopravvenienza di nuovi elementi di fatto o di diritto, o da una diversa valutazione dell’interesse pubblico. In quest’ultimo caso, l’Amministrazione ha il dovere di motivare adeguatamente la propria decisione, dimostrando la prevalenza del nuovo interesse pubblico rispetto a quello del privato.

In alcune circostanze, l’esercizio dell’autotutela può generare il diritto del privato a un indennizzo, qualora la lesione subita sia particolarmente rilevante. Sebbene l’autotutela non sia soggetta a limiti temporali, salvo diversa disposizione normativa, essa deve essere esercitata entro un termine ragionevole, nel rispetto dei principi di buona fede e certezza del diritto.

Nel caso specifico, l’autotutela è stata esercitata nel rispetto del principio di ragionevolezza, poiché l’annullamento del permesso di costruire è stato disposto poco dopo l’acquisizione dell’informativa antimafia ostativa. Tale tempestività è compatibile con i canoni di correttezza e diligenza, anche se si potrebbe osservare che le violazioni urbanistiche rilevate avrebbero potuto essere accertate con maggiore celerità. Tuttavia, il rispetto complessivo dei tempi risulta conforme al principio della ragionevolezza.

Va sottolineato che l’autotutela non si limita a contrastare violazioni normative preesistenti, ma costituisce uno strumento utile anche per fronteggiare situazioni di fatto sopravvenute. Nel caso in esame, l’interdittiva antimafia è stata emessa successivamente al rilascio del permesso di costruire, giustificando pienamente l’intervento della P.A. per la revoca dei titoli abilitativi già concessi. L’interdittiva, infatti, ha reso incompatibile la prosecuzione del rapporto con gli obiettivi di trasparenza e legalità perseguiti dall’Amministrazione.

Infine, l’annullamento in autotutela, in questa vicenda, prescinde dall’esigenza di valutare i presupposti di affidamento del privato o il decorso del tempo previsti dall’art. 21-nonies della legge n. 241/1990. La presenza di un’informativa antimafia impone infatti un obbligo giuridico per l’Amministrazione di revocare i titoli concessi, senza alcun margine di discrezionalità, al fine di tutelare l’interesse pubblico e prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose.

4. L’autotutela nel diritto europeo

L’esercizio dell’autotutela nei casi in cui venga emessa un’interdittiva antimafia si conforma pienamente ai principi del diritto europeo, in particolare al principio di legalità, che impone il rispetto delle leggi nell’azione amministrativa. Si allinea inoltre ai principi fondamentali di proporzionalità e buon andamento, garantendo che i provvedimenti amministrativi siano adeguati, necessari e proporzionati allo scopo perseguito. Questi principi assicurano al cittadino un’amministrazione equa, imparziale e tempestiva, valori che trovano applicazione anche nell’ambito dell’autotutela, dove le Pubbliche Amministrazioni devono bilanciare con attenzione l’interesse pubblico e i diritti dei privati.

L’Unione Europea incoraggia gli Stati membri ad adottare misure preventive per contrastare fenomeni come la corruzione, la criminalità organizzata e il riciclaggio di denaro. Sebbene l’interdittiva antimafia non sia disciplinata direttamente dal diritto europeo, risulta perfettamente compatibile con gli obiettivi comunitari. Questo strumento assicura, infatti, che le risorse pubbliche non siano affidate a soggetti legati alla criminalità organizzata, contribuendo così a preservare la trasparenza e l’integrità dell’attività amministrativa.

Anche la giurisprudenza europea ha più volte riconosciuto la legittimità del potere delle amministrazioni di adottare misure volte a escludere soggetti legati alla criminalità organizzata dai procedimenti di appalto pubblico. Questi interventi, oltre a garantire la tutela dell’interesse generale, si pongono in linea con gli obiettivi dell’Unione volti a promuovere la sicurezza, l’equità e la legalità negli appalti pubblici.

5. La natura giuridica del potere in autotutela

In relazione alla natura del potere di autotutela esercitato dall’Ente comunale, il TAR ha chiarito che l'annullamento del permesso di costruire costituisce un atto di ritiro vincolato. In presenza di un’informativa antimafia, infatti, l’Amministrazione non dispone di margini di discrezionalità. Di conseguenza, la revoca dei titoli edilizi è esonerata dalla verifica dei presupposti e dei limiti previsti dalla legge n. 241 del 1990. L’informativa antimafia rende l’annullamento un atto obbligato, in quanto impedisce al soggetto destinatario di ottenere o mantenere provvedimenti amministrativi ampliativi, come il permesso di costruire.

In sostanza, qualora il contraente con cui la Pubblica Amministrazione instaura una relazione giuridica risulti coinvolto in procedimenti legati a organizzazioni mafiose, l’Amministrazione non può decidere se proseguire o meno il rapporto sulla base di una valutazione discrezionale. Essa è vincolata a emettere il provvedimento di annullamento. L’interdittiva antimafia, infatti, determina una temporanea incapacità giuridica del destinatario a svolgere attività economiche. Tale preclusione, sebbene limitata nel tempo, incide in modo significativo sull’operatività dell’impresa, impedendole di ottenere o mantenere titoli abilitativi necessari per lo svolgimento delle sue attività.

Il TAR ha inoltre evidenziato l’incompatibilità sostanziale tra l’esistenza di un’informativa antimafia e il rilascio o la conservazione di autorizzazioni per attività imprenditoriali. In presenza di un’informativa ostativa, la Pubblica Amministrazione è obbligata non solo a negare il rilascio di nuovi titoli, ma anche a revocare quelli già concessi. Questa misura mira a impedire che soggetti legati a organizzazioni criminali possano continuare a operare, soprattutto in settori strategici e sensibili come l’edilizia. Tale principio si inserisce in una più ampia strategia di prevenzione delle infiltrazioni mafiose nell’economia legale.

Il punto centrale della decisione è che l’Amministrazione non può discostarsi dalle prescrizioni imposte dalla normativa antimafia. L’obbligo giuridico di ritirare i titoli già concessi deriva dall’incompatibilità di questi ultimi con lo status del soggetto destinatario di un’interdittiva antimafia. Questo rende il provvedimento non solo legittimo, ma anche indispensabile, a prescindere dallo stato di avanzamento del progetto edilizio o dagli investimenti già effettuati dall’impresa.

6. La posizione della giurisprudenza

Nonostante il richiamo al principio di affidamento, il Consiglio di Stato ha ripetutamente affermato che, in presenza di un’informativa antimafia ostativa, tale principio non può prevalere sull’interesse pubblico primario alla prevenzione del rischio di infiltrazioni mafiose. La motivazione del provvedimento di ritiro, pur non richiedendo una confutazione analitica delle osservazioni presentate dal privato, deve comunque considerare le risultanze complessive del procedimento amministrativo.

Ai sensi della legge n. 241 del 1990, il ritiro in autotutela di atti amministrativi illegittimi deve avvenire entro un termine ragionevole. Tuttavia, nei casi legati a interdittive antimafia, il termine ordinario di 18 mesi può essere superato, data l’eccezionale rilevanza dell’interesse pubblico alla prevenzione delle infiltrazioni criminali.

A seguito della comunicazione antimafia, la Pubblica Amministrazione è preclusa dal rilascio di qualsiasi titolo che legittimi lo svolgimento di attività economiche o commerciali. Inoltre, risulta inevitabile il ritiro dei titoli già concessi, poiché essi sono sostanzialmente incompatibili con la condizione giuridica del destinatario di un’interdittiva antimafia.

7. Conclusioni 

La sentenza n. 5036/2024 del TAR della Campania stabilisce un rigoroso equilibrio tra l’interesse pubblico e i diritti privati, riconoscendo la prevalenza della necessità di prevenire le infiltrazioni mafiose su diritti costituzionalmente garantiti, come la libertà di iniziativa economica. L’interdittiva antimafia si configura come uno strumento essenziale per assicurare la legalità nel sistema economico e proteggere le istituzioni pubbliche dall’influenza della criminalità organizzata. Di conseguenza, in presenza di un’informativa antimafia ostativa, l’amministrazione non dispone di margini di discrezionalità, e il ritiro dei titoli autorizzativi diventa un atto vincolato e obbligatorio.

La qualificazione dell’annullamento del permesso di costruire come atto vincolato rappresenta un aspetto centrale, in quanto si discosta dai consueti parametri previsti dalla legge n. 241/1990. In questi casi, infatti, non è necessario procedere a un bilanciamento tra gli interessi coinvolti: l’informativa antimafia, di per sé, costituisce un presupposto sufficiente per giustificare il ritiro del titolo. Né lo stato di avanzamento dei lavori né gli investimenti già sostenuti dal privato possono influire su tale decisione, poiché l’obiettivo primario è impedire ogni forma di contatto tra la criminalità organizzata e le amministrazioni pubbliche.

Pur non essendo direttamente disciplinate dal diritto dell’Unione Europea, le interdittive antimafia risultano perfettamente in linea con i principi fondamentali europei, tra cui la legalità, la proporzionalità e il buon andamento dell’amministrazione. La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE ha più volte confermato la legittimità di misure preventive volte a contrastare la criminalità organizzata, in particolare nel contesto degli appalti pubblici.

L’autotutela, in questo contesto, determina una temporanea incapacità giuridica, impedendo ai destinatari di ottenere o mantenere autorizzazioni amministrative. Questo sacrificio è considerato proporzionato e necessario per tutelare la legalità e prevenire infiltrazioni mafiose nell’economia, garantendo così la trasparenza e l’integrità dei rapporti tra pubblico e privato.


Note e riferimenti bibliografici

[1] A. TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, G. Giappichelli Editore, 2021.

[2] C. TURCO, Interesse negativo e responsabilità precontrattuale, Milano, 1990.

[3] F. CARINGELLA, Manuale ragionato di diritto amministrativo, 2020.

[4] F. G. SCOCA, Diritto amministrativo, 2011.

[5] M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, Il Mulino, 2019.

[6] M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, Il Mulino, 2019.

[7] M. SANDULLI, Principi e regole dell’azione amministrativa, Giuffré Francis Lefebvre, 2020.

[8] V. CERULLI IRELLI, Proprietà pubblica e diritti collettivi, Padova 1983.

[9] Cons. Stato, Adunanza Plenaria n. 3 del 6 aprile 2018.

[10] Cons. Stato, A.P., n. 5 del 4 maggio 2018.

[11] Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sezione V, sentenza C-402 del 4 maggio 2019.

[12] Cons. Stato, Adunanza Plenaria n. 23 del 23 ottobre 2020.

[13] Cons. Stato, Sez. III, n. 2751 del 15 aprile 2021.

[14] TAR Lombardia, sez. I, n. 510 del 4 giugno 2021.

[15] TAR Lombardia, sez. I, n. 634 del 7 luglio 2021.

[16] Cons. Stato, Adunanza Plenaria n. 14 del 6 agosto 2021.

[17] TAR Campania, Napoli, sez. II, n. 5036 18 settembre 2024.

[18] Cons. Stato, Sez. III, n. 7810 del 22 novembre 2021.