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Pubbl. Lun, 24 Giu 2024

Negata la delibazione della sentenza di annullamento in caso di convivenza protratta per oltre tre anni

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Claudia Migliazza
Dottorando di ricercaUniversità degli Studi di Catanzaro Magna Græcia



Il presente contributo, prendendo le mosse, senza pretesa di esaustività, dall’istituto del matrimonio in tutte le sue forme e dalle cause di invalidità dell’atto matrimoniale, ha quale scopo quello di delinare l’istituto della delibazione delle sentenze ecclesiastiche, fino a giungere alla recente pronuncia della Corte di Cassazione per cui osta alla loro delibazione l’aver convissuto come coniugi per tre anni. L’iter sarà esplicato, anche, mediante l’excursus giurisprudenziale in materia.


ENG This contribution, starting, without claiming to be exhaustive, from the institution of marriage in all its forms and from the causes of invalidity of the marriage act, has the aim of outlining the institution of the deliberation of ecclesiastical sentences, up to reach the recent ruling of the Court of Cassation according to which their having lived together as spouses for three years is precluded from their resolution. The process will also be explained through the jurisprudential excursus on the matter.

Sommario: 1. L’istituto del matrimonio: il matrimonio civile e canonico (cenni); 2. Le cause di invalidità dell’atto matrimoniale; 3. La delibazione in generale; 4. La rilevanza della convivenza coniugale in tema di delibazione delle sentenze ecclesiastiche dichiarative della nullità matrimoniale: excursus giurisprudenziale; 5. La sentenza n. 28308 del 10.10.2023: fatti in causa e motivi addotti dal ricorrente; 5.1. Considerazioni in diritto; 6. Alcune conclusioni

1.L’istituto del matrimonio: il matrimonio civile e canonico (cenni)

L’istituto del matrimonio ha origini antiche, riconducibili all’età dei romani[1]. Nel corso del tempo ha subito numerose modifiche, fino ad arrivare all’odierna concezione contenuta nell’art. 29 della Costituzione: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.

L’ordinamento giuridico, dunque, pone a fondamento della “famiglia legittima”[2] il matrimonio, nozione non contenuta nel Codice Civile.

Storicamente, il matrimonio può essere inteso in una duplice concezione: 1) matrimonium in fieri o più comunemente matrimonio come atto; 2) matrimonium in facto o più comunemente matrimonio come fatto[3].

Pertanto, affinché ci sia matrimonio, occorre il consenso espresso dei nubendi – un uomo ed una donna[4] – che dà origine ad una unione di vita coniugale, al cd. “rapporto matrimoniale”, realizzando il consortium omnis vitae.

Il vincolo matrimoniale non ha alcun, posto che l’ordinamento vieta espressamente la possibilità di stipulare matrimoni “a tempo” o soggetti a condizione risolutiva. La indeterminabilità della durata può essere interrotta mediante la separazione dei coniug e il divorzio[5] [6].

Il matrimonio, dunque, è un atto redatto dall’ufficiale di stato, a natura pubblicistica e a forma scritta ad substantiam e, affinché sia valido, prevede delle fasi preliminari, quali le pubblicazioni[7] presso la casa comunale del comune di residenza dei nubendi, in cui emergono i dati personali degli stessi, al fine di permettere eventuali opposizioni dovute, ad esempio, all’esistenza di un precedente vincolo matrimoniale o rapporto di parentela tra i futuri coniugi. Trascorsi otto giorni ed ulteriori tre al fine di permettere le eventuali opposizioni, i nubendi possono liberamente contrarre in matrimonio, alla presenza di due testimoni. 

Caratteristiche essenziali del matrimonio sono l’assoluta bilateralità, l’impatrimonialità, nonché la personalità, la solennità e la tipicità[8].

Accanto al cd. “matrimonio civile” si colloca il cd. “matrimonio concordatario”[9], celebrato dinnanzi ad un ministro del culto cattolico, al quale lo Stato riconosce, a determinate condizioni, effetti civili[10]. La peculiarità di tale rito è da ricercarsi nell’ottenimento di due risultati con un unico atto: ossia il riconoscimento come coniugi sia nell’ordinamento italiano sia per la Chiesa cattolica. Lo stesso, in quanto atto religioso, è regolato dal Codice di diritto canonico, per la cui validità è competente il tribunale ecclesiastico. La fase preliminare è analoga a quella prevista ut supra per il matrimonio civile e, successivamente, si ha la celebrazione matrimoniale di fronte al ministro del culto cattolico – il quale ha l’onere di dare lettura degli artt. 143, 144 e 147 c.c. ed alla successiva redazione dell’atto di matrimonio in duplice copia originale[11] – ed alla presenza di due testimoni[12].

Posta tale breve introduzione concernente i caratteri generali dell’istituto del matrimonio nelle forme principali previste dall’ordinamento, necessaria per inquadrare la materia di riferimento al fine di comprendere quanto si dirà nel prosieguo, appare opportuno delineare le cause di nullità e di annullamento dell’atto matrimoniale.

2. Le cause di invalidità dell’atto matrimoniale

Le cause di invalidità matrimoniali sono definite dalla legge e dalla dottrina. Storicamente, si distinguono tre principali categorie di invalidità dell’atto matrimoniale: inesistenza, annullabilità e nullità.

Il matrimonio è definito inesistente quando mancano i presupposti per lo stesso, ossia in mancanza della sua effettiva celebrazione. Tale ipotesi è l’unica che opera automaticamente, ossia anche in mancanza di apposita azione impugnativa[13].

Prima di soffermarsi sui motivi di nullità ed annullabilità dell’atto matrimoniale, pare opportuno preliminarmente sottolineare che non esiste una distinzione specifica tra le due categorie. Tale carenza è riconducibile al fatto che in diritto canonico è prevista solamente la categoria della nullità.

In generale le cause di invalidità di matrimonio, a livello civile, possono essere sintetizzate come segue: vincolo di precedente matrimonio, impedimentum criminis, interdizione giudiziale di uno dei due coniugi, incapacità naturale di uno dei due coniugi, difetto di età, vincolo di parentela, affinità o adozione, vizi del consenso[14].

Quanto affermato in materia di invalidità dell’atto matrimoniale in sede civile, non trova trasposizione in materia canonica, in quanto, per la Chiesa, il matrimonio costituisce un vincolo indissolubile. L’unica possibilità riconosciuta in diritto canonico è la previsione di dichiarazione della nullità del matrimonio. Questa opera ex tunc, considerando il matrimonio come mai esistito[15]. Il Codice di Diritto Canonico prevede specifiche ipotesi in cui non è possibile contrarre matrimonio, distinguendo impedimenti di “diritto divino” ed impedimenti di diritto positivo.

Tali impedimenti matrimoniali – che costituiscono una “proibizione” ex art. 1058 cod. can. – sono: a) età; b) impotenza coeundi; c) vincolo da precedente matrimonio; d) disparità di culto; e) ordine sacro; f) voto pubblico di castità; g) ratto a scopo di matrimonio; h) crimine di coniugicidio; i) consanguineità; l) affinità; m) pubblica onestà; n) parentela legale.

Accanto agli impedimenti che costituiscono uno dei motivi che possono comportare la dichiarazione di nullità del matrimonio canonico, il codice prevede, poi, ulteriori, specifiche e tassative ipotesi di nullità, ai sensi degli artt. 1095 ss. del codice di diritto canonico, quali: a) insufficiente uso di ragione; b) grave difetto di giudizio; c) incapacità di adempiere; d) ignoranza; e) errore; f) dolo; g) simulazione; h) violenza o timore; i) condizione; l) difetto di forma.

Tutto quanto fino a questo momento esplicato è di fondamentale importanza soprattutto per il procedimento di delibazione delle sentenze ecclesiastiche.

3. La delibazione in generale

Con il termine delibazione si intende quella speciale procedura giudiziaria tramite la quale in un determinato Stato viene accordata – a domanda di parte – efficacia giuridica ad un provvedimento di carattere giudiziario emesso dall’autorità giudiziaria di un altro Stato.

Per quanto qui di interesse, si fa riferimento, specificamente, alla delibazione delle sentenze ecclesiastiche nell’ordinamento italiano. In particolare, volendo operare un’esegesi della normativa in materia, l’art. 34 del Concordato Lateranense, nella sua prima versione, prevedeva l’accettazione della giurisdizione ecclesiastica da parte dello Stato, il quale si dichiarava privo di competenza in ordine ai giudizi sulla validità originaria dei matrimoni canonici trascritti, impegnandosi al contempo ad attribuire efficacia civile alle pronunce di nullità del vincolo emanate dai tribunali ecclesiastici[16].

Tale disposizione, pertanto, prevedeva la diretta trasmissibilità ex officio delle pronunce alla Corte di Appello competente territorialmente che, con ordinanza emessa in camera di consiglio, ne attribuiva l’efficacia civile[17]. La ratio era da ricercarsi nella volontà di assicurare l’uniformità dello status dei soggetti nei due ordinamenti.

L’entrata in vigore della Costituzione, tuttavia, determina in Italia il sorgere di discussioni, in dottrina e in giurisprudenza, in relazione a diversi punti di esposto contrasto fra le disposizioni del Concordato Lateranense ed i principi alla base del nuovo ordinamento repubblicano.

In questo contesto, si inserisce la storica pronuncia della Corte Costituzionale n. 18 del 2 febbraio 1982[18], mediante la quale è dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art.1 della legge 27 maggio 1929, n. 810, limitatamente all'esecuzione data al comma 6 dell’art. 34 del concordato, nonché dell’art.17, comma 2, della legge 27 maggio 1929, n. 847, nella parte in cui tali norme non prevedono, secondo l'interpretazione prevalente nell’arco di più decenni, prospettata nelle ordinanze di rimessione, che la Corte d'Appello, all’atto di rendere esecutiva la sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale, debba accertare che nel procedimento innanzi ai tribunali ecclesiastici sia stato assicurato alle parti il diritto di agire e resistere in giudizio a difesa dei propri diritti, e che la sentenza non contenga disposizioni contrarie all'ordine pubblico italiano, nel rispetto dei principi supremi dell’ordinamento: sovranità dello Stato nonché sua sovranità e indipendenza nei confronti della chiesa cattolica, al pari del diritto alla tutela giurisdizionale[19].

Successivamente, la legge 25 marzo 1985, n. 121[20] apportava modificazioni al Concordato Lateranense affermando testualmente che “La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e il bene del Paese”.

Alla luce di tale riforma, la Corte d’Appello competente per territorio deve accertare: a) che il giudice ecclesiastico era competente a conoscere della causa; b) che nel procedimento davanti al tribunale ecclesiastico sia stato assicurato alle parti il diritto di agire e resistere in giudizio in modo non difforme dai principi fondamentali dell’ordinamento italiano; c) che ricorrano le altre condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere. In particolare, la Corte d’Appello può negare la dichiarazione di esecutività in Italia ad una sentenza ecclesiastica di nullità di matrimonio quando la ritenga contraria ai principi del nostro ordine pubblico[21].

In sintesi, dunque, l'Accordo ed il Protocollo addizionale del 1984, pur confermando, anche se implicitamente, la giurisdizione ecclesiastica sulle controversie in materia di nullità del matrimonio celebrato secondo le norme del diritto canonico, non riserva più tale giurisdizione ai tribunali e dicasteri. Conseguentemente, sulle controversie aventi ad oggetto la nullità del matrimonio concordatario, regolarmente trascritto nei registri dello stato civile italiani, promosse dinanzi sia al giudice ecclesiastico sia al giudice civile, concorrono autonomamente la giurisdizione italiana e la giurisdizione ecclesiastica, determinandosi il rapporto tra l’una e l’altra in base al criterio della giurisdizione preventivamente adita.

A seguito della pronuncia della Corte Costituzionale e dell’entrata in vigore dell'Accordo e del Protocollo addizionale del 1984, non può più dubitarsi dell’attribuzione allo Stato italiano della piena ed effettiva giurisdizione, intesa quale indefettibile manifestazione della sua sovranità, in ordine al giudizio di delibazione delle sentenze canoniche di nullità del matrimonio, ogni questione vertendo, semmai soltanto sui cosiddetti “limiti interni” all’esercizio di tale giurisdizione, secondo la legge italiana interpretata anche alla luce dell'Accordo di Villa Madama[22].

In conclusione, quanto agli effetti della sentenza di delibazione di nullità del matrimonio canonico, facendo venir meno retroattivamente i suoi effetti civili fin dal giorno della sua celebrazione (lasciando tuttavia impregiudicati gli eventuali rapporti di filiazione e tutti gli obblighi giuridici ad essi collegati), fa venir meno anche l’esigenza della domanda di divorzio, qualora esso non sia già giudizialmente intervenuto tra le parti.

Viceversa, è possibile la delibazione della sentenza ecclesiastica anche se sia già intervenuto il divorzio, i cui effetti personali e patrimoniali già eventualmente ivi statuiti restano comunque fermi ed efficaci.

Dalla nuova disciplina concordataria resta, tuttavia, esclusa la possibilità di delibazione delle dispense pontificie per lo scioglimento del matrimonio rato e non consumato, poiché trattasi di provvedimenti graziosi e del tutto discrezionali, emessi con un procedimento di carattere amministrativo e non giudiziario, nel quale sono assenti le fondamentali garanzie giurisdizionali sancite dall’art. 24 della Costituzione.

4. La rilevanza della convivenza coniugale in tema di delibazione delle sentenze ecclesiastiche dichiarative della nullità matrimoniale: excursus giurisprudenziale

Come anticipato nei precedenti paragrafi, le sentenze ecclesiastiche di declaratoria di nullità matrimoniale canonica, dopo i Patti Lateranensi del 1929 e fino agli anni ’70, erano recepite automaticamente dallo Stato Italiano ed erano riconosciute, agli effetti civili, qualunque fosse la motivazione. Successivamente agli accordi di Villa Madama dell’84, il riconoscimento nell’ordinamento italiano delle sentenze canoniche di nullità matrimoniale emesse da un Tribunale Ecclesiastico, è possibile solo dopo che sul provvedimento canonico vi sia stato il vaglio della Corte d’Appello italiana (cd. giudizio di delibazione).

Tuttavia, si è posto in giurisprudenza il problema circa la delibazione delle sentenze di annullamento nel caso di protratta convivenza dei coniugi.

Come è noto, la protratta convivenza dei coniugi per almeno un anno, in alcuni specifici casi previsti dall’ordinamento[23], è motivo di sanatoria.

Di converso, nei casi di dichiarazione di nullità da parte del Tribunale ecclesiastico, si è posto il problema, come anticipato, della possibilità di delibare le sentenze nel caso di protratta convivenza.

Sul punto, nel 2011, vi è stato un primo forte contrasto dinnanzi alla Suprema Corte di Cassazione, in quanto da un lato, si affermava l’impossibilità di delibare la sentenza di nullità nel caso di protratta convivenza tra i coniugi[24], dall’altro, di converso, se ne affermava la delibabilità [25].

Tale contrasto è stato risolto nel 2014, dalle Sezioni Unite della Cassazione, mediante le pronunce gemelle nn. 16379 e 16380 del 17.07.2014 che hanno sancito, dopo aver preliminarmente evocato il principio di laicità dello Stato affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 203 del 1989 la quale ha sottolineato la necessaria distinzione fra l’ordine temporale e quello spirituale, che «la convivenza coniugale che si sia protratta per almeno tre anni dalla data di celebrazione del matrimonio concordatario, crea una situazione giuridica disciplinata da norme costituzionali, convenzionali e ordinarie di ordine pubblico[26] italiano che sono fonti di diritti inviolabili, di doveri inderogabili, di responsabilità, anche genitoriali, e di aspettative legittime tra i componenti della famiglia. Pertanto, non può essere dichiarata efficace nella Repubblica Italiana la sentenza definitiva di nullità di matrimonio pronunciata dal Tribunale ecclesiastico per qualsiasi vizio genetico accertato e dichiarato dal giudice ecclesiastico per contrarietà all’ordine pubblico interno italiano[27]».

Alla luce di quando dedotto dal Supremo Consesso, pertanto, tra i principi di ordine pubblico individuati come ostativi all’attribuzione di efficacia civile alle pronunce canoniche di invalidità, oltre alla buona fede del coniuge ignaro, senza colpa, dell’esclusione di elementi essenziali del matrimonio operata dall’altro coniuge, si annovera il criterio della prolungata convivenza[28]. Quanto al concetto di convivenza, si specifica che questo deve essere qualificato da particolari requisiti, quali: l’esteriorità[29] e la stabilità[30]. Tali caratteristiche esplicano la ratio di tale sentenza, che è da ricercarsi nella volontà di mettere un freno all’abuso della procedura di delibazione[31].

In altre parole, la soluzione data alla questione si giova del risalto che le norme costituzionali, convenzionali e codicistiche, valorizzando la vita familiare, presterebbero alla centralità del matrimonio-rapporto rispetto al matrimonio-atto[32].

Tale pronuncia ha sollevato non poche critiche in dottrina, la quale ha fermamente affermato che la convivenza coniugale non può essere posta come principio fondante dell’ordine pubblico, ai sensi dell’art. 123 c.c.[33] . L’articolo in narrativa, invero, prevede espressamente la possibilità che la sentenza dichiarativa di nullità intervenga a distanza di un tempo considerevole dalla celebrazione, con la conseguenza che nello stesso lasso considerevole di tempo i coniugi abbiano coabitato.

A supporto della tesi sostenuta dal Supremo Consesso, si potrebbe far riferimento al fatto che la volontà di coabitazione e l’effettività della stessa facciano sorgere in capo all’interessato una presunta rinuncia all’azione di impugnazione, sempre che al momento della celebrazione l’interessato abbia posto in essere un valido consenso[34].

Nonostante la cristallizzazione del principio operato dalle Sezioni Unite, recentemente si rilevano, ai nostri fini, decisioni apparentemente di segno contrario. Il riferimento è alla sentenza n. 17910 del 1 giugno 2022, la quale afferma che la sentenza emessa nel 2014 «atteneva alla riserva di uno dei coniugi circa il carattere indissolubile del vincolo matrimoniale, e dunque ad un’ipotesi di nullità matrimoniale tale solo per il diritto canonico, non anche invece per il diritto italiano” ed afferma che la specificazione per cui la convivenza coniugale ultratriennale va considerata ostativa al riconoscimento delle nullità canoniche “per qualsiasi vizio genetico del matrimonio-atto” non può essere in senso totalizzante “per l’elementare ragione che, se così fosse, la protrazione del rapporto coniugale finirebbe per risultare impeditiva dell'accertamento di vizi genetici (del matrimonio-atto) che rilevano come tali anche per il codice civile italiano senza rilevanza di limiti temporali alla loro deduzione: per esempio per i casi di cui agli artt. 86 e 87 c.c., relativi alla libertà di stato o all'impedimento derivato da parentela o affinità».

E, ancora, il Collegio osserva che «anche la nullità del matrimonio del bigamo o dell'incestuoso non sarebbe in assoluto pronunciabile ove vi sia stata una convivenza come coniugi per tre anni. Ed egualmente, per analoga ragione, non sarebbe suscettibile di delibazione la sentenza di nullità che nelle stesse condizioni e situazioni fosse stata pronunciata dal giudice ecclesiastico».

Sulla base di tali premesse la prima Sezione della Corte ritiene che «del principio di diritto affermato con la ripetuta sentenza delle Sezioni unite n. 16379 del 2014 si debba dare una lettura più “coerentemente restrittiva” , ravvisata nell’enunciato secondo cui “la prolungata convivenza come coniugi, dopo il matrimonio, non può rilevare come limite generale per la delibazione di sentenze ecclesiastiche che abbiano accertato ipotesi di nullità del matrimonio previste come tali anche dall'ordinamento italiano, senza termini di decadenza o fattispecie di sanatoria, o con limiti tutt'affatto distinti dalla protratta convivenza in sé. Codeste situazioni, per quanto corrispondenti a quelle eventualmente ritenute dall'ordinamento canonico, non possono tradurre la protratta convivenza in un limite (di ordine pubblico) che l'ordinamento nazionale non prevede neppure quanto alle fattispecie interamente disciplinate al proprio interno”. E dunque nel caso di specie, concernente un'ipotesi di nullità matrimoniale per errore doloso, viene enunciato il seguente principio di diritto: “la convivenza come coniugi, pur essendo elemento essenziale del ‘matrimonio-rapporto ove protrattasi per almeno tre anni dalla celebrazione del matrimonio concordatario, e pur integrando una situazione giuridica di ‘ordine pubblico italiano, non è ostativa alla dichiarazione di efficacia della sentenza di nullità pronunciata dal tribunale ecclesiastico per vizi genetici del matrimonio-atto presidiati da nullità anche nell'ordinamento italiano; in particolare non è ostativa alla delibazione di sentenza ecclesiastica che accerti la nullità del matrimonio per errore essenziale sulle qualità personali dell'altro coniuge dovuto a dolo di questi, poiché una tale nullità non è sanabile, nell'ordinamento italiano, dalla protrazione della convivenza prima della scoperta del vizio»[35].

In altre parole, nonostante la protezione già garantita dalla giurisprudenza mediante il principio della buona fede, si rende necessaria una distinzione tra la condizione psicologica di chi, al momento del matrimonio, abbia escluso proprietà o elementi essenziali del matrimonio stesso, e la situazione dell'altro coniuge, che invece è ignaro delle intenzioni escludenti dell’altro e quindi inconsapevole dei motivi di invalidità del legame. In tal caso, non si può configurare una rinuncia a far valere un difetto di consenso che non era conosciuto, né una sanatoria del vizio originario per il solo fatto che sia passato del tempo, diversamente da quanto affermato dalla Corte di Cassazione riguardo l'efficacia preclusiva della lunga convivenza matrimoniale[36].

In conclusione, la giurisprudenza, pur mancando ancora una rivisitazione del tema e, conseguente chiarificazione degli aspetti controversi, cerca di sopperire all’inerzia del legislatore. È in questo contesto frastagliato che interviene, nuovamente, la giurisprudenza, con sentenza n. 28308 del 10 ottobre 2023[37] che, unitamente alla sentenza n. 149 del 4 gennaio 2023, portano alla luce talune aporie applicative[38].

5. La sentenza n. 28308 del 10.10.2023: fatti in causa e motivi addotti dal ricorrente[39]

Come anticipato nel paragrafo che precede, nel contesto frastagliato di riferimento, si inserisce una nuova e recente pronuncia della prima sezione della Corte di Cassazione.

Nel caso di specie, la questione prende le mosse dalla sentenza emessa dalla Corte di Appello di Napoli in data 12 maggio 2021, in cui era respinta la domanda per la dichiarazione di efficacia nel territorio della Repubblica della sentenza canonica di nullità del matrimonio concordatario tra le parti, resa dal Tribunale Ecclesiastico Interdiocesiano, dichiarata esecutiva dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

La nullità era dichiarata in quanto il matrimonio non era nato con i giusti presupposti, a causa delle mancanze dell’attore che non aveva né effettuato una libera scelta, né riuscito ad adempiere gli oneri coniugali.

Avverso la sentenza della Corte, propone ricorso il soccombente, A.G., con quattro motivi di ricorso: a) nullità della sentenza in quanto differente da quella da delibare, ritenendo che la sentenza da delibare fosse quella emessa dal Tribunale di Prima Istanza del Vicariato; b) violazione e falsa applicazione degli artt. 796 e 797 c.p.c., artt. 8 n. 2 e 4 lett. b) della L. n. 121 del 25 marzo 1984, del Protocollo Addizionale dell’Accordo del 18 febbraio 1984, dell’art. 6 della L. n. 184 del 4 maggio 1983, in quanto ritenuta come rilevante la convivenza ultratriennale nonostante la stessa non fosse prevista dalla legge; c) violazione e falsa applicazione degli artt. 797 c.p.c. e art. 8 n. 2 lett. c) dell’Accordo ratificato con L. n. 121 del 25 marzo 1981, in quanto ritenuta interrotta la convivenza dopo oltre tre anni, fattispecie non corrispondente al vero; d) nullità della sentenza per ultrapetizione, ai sensi degli artt. 99, 112 c.p.c. ed altre disposizioni, avendo condannato l’istante alle spese di lite quando controparte, D. S. V., aveva richiesto unicamente la compensazione, proponendo domande riconvenzionali inammissibili.

5.1. Considerazioni in diritto[40]

Alla luce dei motivi proposti dal ricorrente, la Corte rigetta il ricorso, con conseguente condanna dello stesso alle spese di lite, enunciando la seguente massima di diritto «la convivenza come coniugi, ove protrattasi per almeno tre anni dalla celebrazione del matrimonio concordatario, integra una situazione giuridica di ordine pubblico italiano ostativa alla dichiarazione di efficacia della sentenza di nullità pronunciata dal Tribunale ecclesiastico per vizio genetico del matrimonio[41]».

Al fine di comprendere le ragioni che hanno portato la Cassazione ad enunciare tale principio di diritto, pare opportuno esaminare i motivi addotti dalla stessa.

Quanto al primo motivo addotto dal ricorrente, la Corte afferma come lo stesso risulti manifestamente infondato, in quanto trattasi di meri refusi grafici che non comportano uno scollamento con la decisione finale, che rimane inalterata. Si tratta, in sostanza, di un mero errore materiale e, pertanto, privo di qualsiasi carattere viziante afferente alla portata concettuale e sostanziale della decisione.

Quanto al secondo, la Corte ne afferma l’inammissibilità ai sensi dell’art. 360 bis n. 1 c.p.c., riportando l’excursus giurisprudenziale, relativamente alle sentenze gemelle, di cui sopra, del 2014, precisando, altresì, che «il giudice italiano è tenuto ad accertare autonomamente i profili estranei al processo canonico, in quanto in esso irrilevanti, e che, dall’altro lato, l’indagine deve essere condotta con esclusivo riferimento alla pronuncia da delibare ed agli atti del processo medesimo eventualmente acquisiti, opportunamente riesaminati e valutati, non essendovi invero luogo, in fase di delibazione, ad alcuna integrazione di attività istruttoria, e che il convincimento, espresso dal giudice di merito, sugli elementi di fatto costituisce apprezzamento al medesimo riservato e che si sottrae al sindacato di legittimità[42]».

Inoltre, la Corte ha, nuovamente, sottolineato come la convivenza coniugale non presuppone, neppure, un rapporto matrimoniale privo di screzi e contrasti[43], affermando, dunque, la coerenza della decisione della Corte di Appello con il consolidato orientamento della Cassazione.

Riguardo al terzo motivo addotto, la Corte sottolinea una erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, ponendosi al di fuori dei limiti propri del mezzo di impugnazione utilizzato.

Con riferimento, infine, al quarto motivo, la Corte ne sottolinea l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., per difetto di specificità ed autosufficienza[44].

6. Alcune conclusioni

Per quanto delineato fino a questo momento ed alla luce del lungo iter giurisprudenziale in materia, è possibile giungere a talune conclusioni.

La questione esaminata appare piuttosto controversa, anche in considerazione delle diverse pronunce, di contrario orientamento, poste dalla giurisprudenza.

In assenza di un intervento legislativo, volto all’armonizzazione della materia, la giurisprudenza è nuovamente intervenuta, invero anche successivamente all’ordinanza oggetto del presente contributo[45], affermando, ancora una volta, il principio per cui la convivenza protratta per almeno tre anni dalla celebrazione del matrimonio concordatario, integra una situazione giuridica di ordine pubblico italiano ostativa alla dichiarazione di efficacia della sentenza di nullità pronunciata dal Tribunale ecclesiastico per vizio genetico del matrimonio.

La recente pronuncia, quindi, si pone in continuità con la precedente posta dalle Sezioni Unite nel 2014, nonostante le perplessità che, all’epoca, aveva sollevato in dottrina.

Ad onor del vero, dalla pronuncia del 2014 ad oggi, anche in considerazione dei richiamati contrasti dottrinali e giurisprudenziali, il giudice di legittimità ha cercato di definire i concetti richiamati nelle pronunce, quali: ordine pubblico, buona fede, protratta convivenza, qualsiasi vizio genetico del matrimonio-atto e differenza con il matrimonio-rapporto.

Già nel 2014 le Sezioni Unite avevano precisato cosa dovesse intendersi per “qualsiasi vizio genetico del matrimonio-atto”, ripristinandone la coerenza con il rapporto di civiltà giuridica che vede nella consapevolezza e libertà del consenso degli sposi, il fondamento del matrimonio, con i principi che reggono l’istituto della convalida tacita, con la corretta relazione di distinzione – e non di prevalenza – tra matrimonio-atto e matrimonio-rapporto[46].

È, pertanto, operata una, necessaria, lettura restrittiva del principio di diritto delle Sezioni Unite, dovendo tener conto della fattispecie concreta posta in esame. Nel 2014, dunque, è stato eliminato il vulnus arrecato al principio di ordine pubblico a tutela della libertà e consapevolezza del consenso matrimoniale, restituendo la coerenza del sistema della delibazione con i principi valoriali che ispirano l’istituto della convalida[47], ovviando alla lacuna che solo il legislatore italiano poteva colmare.

Nel 2023, poi, è stato inserito un ulteriore tassello dalla giurisprudenza, ossia l’irrilevanza dell’esistenza di contrasti ed incomprensioni tra i coniugi.

Lo scopo dell’interpretazione restrittiva, pertanto, appare essere quello di limitare gli effetti delle diverse conseguenze economiche derivanti dalla nullità del vincolo, con la conseguenza di voler salvaguardare il coniuge economicamente “più debole” che, a seguito di riconoscimento della nullità matrimoniale, rischia di perdere le provvidenze economiche.

Inoltre, ciò che rileva è la separazione giurisdizionale esistente tra Stato e Chiesa, invero, quest’ultima emette unicamente pronunce circa la validità originaria del matrimonio-atto, rimanendo, poi, di competenza civile tutto ciò che ne consegue, soprattutto, relativamente al matrimonio-rapporto.

In conclusione, appare opportuno evidenziare che si è passati da un sistema che permetteva l’ingresso in sede civile, indistintamente e senza poteri di veto, di tutte le sentenze canoniche, ad un sistema che prevede il sindacato statale e conseguente impossibilità di ingresso nell’ordinamento delle sentenze di nullità matrimoniali pronunciate dopo esservi stata una convivenza ultra triennale, con tutte le problematiche a ciò conseguenti. Pertanto, appare opportuno un intervento del legislatore, non operato nemmeno mediante la Riforma Cartabia, al fine di armonizzare e porre chiarezza in materia.


Note e riferimenti bibliografici

[1] La transizione storica del matrimonio, da una prospettiva storico-sociologica, è evidente nelle opere di Lev Nikolaevič Tolstoj, Semejnoe sčastie (Felicità familiare), Anna Karenina e Krejcerova sonata (La sonata a Kreutzer). Dall’esame della trilogia è evidente l’evoluzione dell’istituto dal matrimonio di convenienza, stipulato dalle famiglie aristocratiche al fine di conservare i beni e stipulare alleanze politiche, al matrimonio borghese che in una prima fase vede un’alleanza  fondata sui sentimenti e, successivamente, la nascita del matrimonio borghese basato su una diversa interpretazione delle nozioni di amore, sessualità e vita familiare. Per maggiori approfondimenti sul tema si vd. M. ZALAMBANI, L’istituzione del matrimonio in Tolstoj. Felicità familiare, Anna Karenina, La sonata di Kreutze, Firenze University Press, 2015, 9.

[2] La famiglia è definita come una “struttura relazionale umana fondamentale attraverso la quale (con essa o contro di essa, ma comunque mai senza riferimento ad essa) ogni soggetto riceve (o, se si preferisce conquista) la sua identità soggettiva personale (…) la possibilità di essere se stesso fin dal principio, per fino contro coloro che l’hanno generato”; F. D’AGOSTINO, Linee di una filosofia della famiglia nella prospettiva della filosofia del diritto, Giuffrè, Milano, 1999, p. 188. Per un approfondimento: G. ALPA, La famiglia nel nuovo diritto, Zanichelli, Bologna, 2002; M. BESSONE, La famiglia nel nuovo diritto, Zanichelli, Bologna, 2002; C.M. BIANCA, Diritto civile. La famiglia. Le successioni, Giuffrè, Milano, 2001; G. BONILINI, Manuale di diritto di famiglia, Utet, Torino, 2002; A. D’ANGELO, La famiglia nel nuovo diritto, Zanichelli, Bologna, 2002. La famiglia legittima si distingue dalla famiglia di fatto, per cui si intende quella costituita da persone che, pur non essendo legate tra loro dal vincolo matrimoniale, con vivono come se fossero coniugati (more uxorio), insieme agli eventuali figli nati dalla loro unione.

[3] G. BONILINI, Manuale di diritto di famiglia, settima edizione, Utet Giuridica, 2016, 36.

[4] La concezione di matrimonio, così intesa, ha suscitato un notevole dibattito in dottrina e giurisprudenza, in quanto è stata ritenuta la natura discriminante dell’istituto nella parte in cui prevede che lo stesso non possa essere stipulato da persone dello stesso sesso. La stessa Corte Costituzionale, tuttavia, con la sentenza n. 138/2010 ha ritenuto infondata la questione di legittimità delle norme che non consentono il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ciò nonostante, la pronuncia del Parlamento Europeo (A3 0028/94) che, esprimendosi sulla parità dei diritti per gli omosessuali nella Comunità  allude al «matrimonio» di coppie omosessuali, o ad istituto giuridico equivalente, e al «diritto degli omosessuali di essere genitori, ovvero di adottare o avere in affidamento dei bambini»; analogamente dicasi per la risoluzione A5-0281/2003. L’Italia sul punto è ancora lontana, seppur nel 2016, mediante la cd. “Legge Cirinnà”, ha riconosciuto alle coppie omosessuali la possibilità di unirsi civilmente, creando un istituto equiparabile, negli effetti, al matrimonio.

[5] L’istituto del divorzio trova ingresso nell’ordinamento per mezzo della L. n. 898 del 1 dicembre 1970.

[6] Si distinguono tre diverse tipologie di separazione: consensuale, legale e di fatto. Quest’ultima non ha rilevanza a livello giuridico. Per approfondimenti su divorzio e separazione giudiziale si vd, tra gli altri, V. CARNEVALE, La separazione giudiziale, il divorzio contenzioso e lo scioglimento delle unioni civili, in Diritto processuale di famiglia, a cura di Graziosi, Torino, 2016; F. DANOVI, Il cumulo di separazione e divorzio: una tutela più funzionale all’autonomia dei coniugi, in Familia, 2023, fasc. 6, 858-873.

[7] Le pubblicazioni, tuttavia, non costituiscono requisito di validità del matrimonio, costituiscono una forma di pubblicità-notizia. L’omissione comporta una semplice irregolarità punita con una sanzione amministrativa pecuniaria a carico degli sposi e dell’ufficiale di stato civile, per come previsto dall’art. 134 c.c. . Si rammenta, inoltre, che in alcune specifiche ipotesi (imminente pericolo di vita) è possibile omettere le pubblicazioni, artt. 101 c.c. e 65 ord. stato civile.

[8] P. D. ROMANA, Rapporti personali tra i coniugi, in Rivista di diritto civile, 1982, fasc. 4, 403-447.

[9] Il matrimonio concordatario è regolato dall’articolo 8 della legge 25 marzo 1985, n. 121e dall’articolo 4 del Protocollo addizionale che costituisce parte integrante dell’accordo (legge 121/1985). La legge n. 847/29 è ancora vigente per la parte compatibile con le più recenti norme, così come è stata modificata dalle sentenze della Corte Costituzionale, che in relazione a un patto trattato tra due nazioni e Stati sovrani (Italia e Città del Vaticano) ha delineato i principi supremi dell’ordinamento costituzionale come parametro del giudizio di costituzionalità delle disposizioni concordatarie (sentenza 1 marzo 1971 n. 30 C. Cost., 02/02/1982, n.16, 01/03/1971 n.32). In particolare, l’istituto del matrimonio entra a fare parte dei rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica, influenzandone altresì il percorso in modo determinante, a fare data dalla stipulazione dei Patti Lateranensi, l’11 febbraio 1929. La sottoscrizione dei Patti Lateranensi da parte dello Stato italiano e della Chiesa cattolica segna, come è noto, un nuovo corso per la politica ecclesiastica italiana o, meglio, una nuova «pace religiosa»; F. MARGIOTTA BROGLIO, La ‘pace religiosa’ del 1929, in Un seco lo da porta Pia, Napoli, 1970, 297 ss. . Dopo la presa militare di Ro ma da parte dell’esercito italiano il 20 settembre del 1870 e l’emanazione della legge c.d. delle Guarentigie, il 13 maggio del 1871; A.C. JEMOLO, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino, 1971 (prima edizione 1948), 175 ss. e P. SCOPPOLA, Chiesa e Stato nella storia d’Italia, Bari, 1967, 99 ss. . La sottoscrizione dei Patti, dunque, sanciva un nuovo inizio. La raggiunta «pace religiosa» era sugellata con l’espressa riaffermazione del confessionismo di Stato. Lo strumento pattizio, formato da un Trattato e un Concordato e reso esecutivo con la legge n. 810 del 27 maggio 1929, regolava i rapporti tra le due Parti in ossequio al «nuovo» (Formalmente il principio non era nuovo ma già contenuto nell’art. 1 dello Statuto Albertino del 1848, nel frattempo caduto in desuetudine: si veda A.C. JEMOLO, La natura e la portata dell’art. 1 dello Statuto, in Riv. dir. pubbl., 1913, I, 249 ss. Più recentemente si vedano M. MA DONNA, Profili storici del diritto di libertà religiosa nell’Italia post-unitaria, Tricase (LE), 2012, 14 ss.; J. PASQUALI CERIOLI, Propaganda religiosa: la libertà silente, Torino, 2018, 4 ss.) principio confessionista contenuto nell’art. 1 del Trattato, che recitava: «L’Italia riconosce e riafferma il principio consacrato nell’art. 1 dello Statuto del Regno 4 marzo 1848, nel quale la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato»; per approfondimenti sul tema si vd. N. MARCHEI, Il giudice civile e la nullità del matrimonio canonico trascritto, Giappichelli editore, 1-7, 2021.

[10] Appare opportuno sottolineare che l’ordinamento riconosce anche la possibilità di celebrare il matrimonio anche di fronte ad un ministro di culto diverso da quello cattolico, per come disciplinato dagli artt. 83 ss c.c. e dalle leggi speciali, n. 1159 del 24 giugno 1929, il cui regolamento di attuazione è contenuto nel R.D. n. 289 del 28 febbraio 1930. 

[11] Un originale è inserito nei libri parrocchiali, l’altro, unitamente alla richiesta di trascrizione, è trasmesso all’ufficiale di stato civile del comune di celebrazione, non oltre cinque giorni dalla stessa, al fine di effettuarne la registrazione civile.

[12] Per tutto quanto detto circa il matrimonio concordatario si vd. A. TORRENTE, P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, a cura di F. ANELLI, C. GRANELLI, Giuffrè editore, ventiquattresima edizione, 2019; P. PERLINGERI, Manuale di diritto civile, Edizioni scientifiche italiane, 1004, 2017; M. BIANCA, Diritto civile, 2.1. la famiglia, sesta edizione, Giuffrè editore, 23 ss., 2017.

[13] Un tradizionale esempio di matrimonio inesistente era costituito dal matrimonio tra persone dello stesso sesso. Il quadro è ovviamente mutato per effetto della L. n. 76/2016, che ha regolato le unioni civili omosessuali. La Corte di cassazione aveva, già prima dell’entrata in vigore di quest’ultima legge, precisato (Cass. 15 marzo 2012, n. 4184) che il matrimonio contratto all’estero da due cittadini italiani dello stesso sesso, pur non potendo essere trascritto nei registri dello stato civile italiani ed essendo perciò era inidoneo a produrre effetti giuri dici nell’ordinamento italiano, ma non poteva essere ritenuto radicalmente inesistente.

[14] In questa ultima ipotesi si parla di vizio del consenso nei casi di errore, violenza, timore di eccezionale gravità,

[15] Il procedimento di dichiarazione di nullità del matrimonio canonico è stato recentemente modificato dal Pontefice in carica – Papa Francesco – con il Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus del 15 agosto 2015.

[16] M. CANONICO, La delibazione delle sentenze di nullità matrimoniale: orientamenti giurisprudenziali e nuove questioni, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, n. 23, 4, 2019.

[17] L’art. 34, dunque, non prevedeva alcun possibilità di entrare nel merito da parte del giudice civile, il quale doveva limitarsi a prendere atto dell’esistenza della dichiarazione ecclesiastica.

[18] Per note a margine alla stessa, si vd. F. DALL'ONGARO, Sulle modifiche introdotte nella legislazione matrimoniale concordataria dalla Corte costituzionale, con le sentenze nn. 16, 17 e 18 del 1982, 329-342, 1982;  G. BALDISSEROTTO, Infradiciottenni, ordine pubblico, matrimonio rato e non consumato, 342-369,  in Foro it., 1982, I, cc. 934-955, con nota di S. LARICCIA, Qualcosa di nuovo, anzi d'antico nella giurisprudenza costituzionale sul matrimonio concordatario, cc. 938-948, in Giur. cost., 1982, 138-184, con nota di R. NANIA, Il Concordato, i giudici, la Corte , 147-165,  in Giur. it., 1982, I, 1, cc. 965-987, con nota di F. FINOCCHIARO, I patti lateranensi e i "princìpi supremi dell'ordinamento costituzionale", cc. 955-966,  in Riv. dir. proc., 1982, 530-571, con nota di F. FINOCCHIARO, Giurisdizione ecclesiastica, diritto alla tutela giudiziaria e principi d'ordine pubblico davanti alla Corte costituzionale,  528-571,  in Nuove leggi civ. comm., 1982,  909-931.

[19] L. DE LUCA,  Ancora: la corte di cassazione e il matrimonio canonico tra giudice civile e giudice ecclesiastico, in Dir. eccl., fasc. 2, 345, 2000.

[20] Ratifica ed esecuzione dell’accordo con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modifiche al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede.

[21] A. TORRENTE, P. SCHLESINGER, op. cit., 1196.

[22] G. DOSI,  Delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità matrimoniale, in Lessico di Diritto di Famiglia, 2023.

[23] Tali casi specifici sono previsti nel caso in cui il matrimonio sia stato contratto per errore o nei casi di matrimonio simulato. Il matrimonio è impugnabile ma dopo la convivenza protratta per un anno è sanabile.

[24] Cass. n. 19809 del 18.07.2008, tale pronuncia operò un revirement compiutosi negli anni successivi, distinguendo tra incompatibilità con l’ordine pubblico matrimoniale assolute e relative, e riservando efficacia ostative solo alle prime, la Corte escluse la possibilità di qualificare come relative quelle riferite a “pronunce di annullamento canonico intervenute dopo molti anni di convivenza o coabitazione tra i coniugi”, in ragione del palese “favor” mostrato dall’ordine pubblico nei confronti sì, della validità del matrimonio, ma quanto in “fonte del rapporto familiare” G. PAVESI, Riconoscimento delle sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale ed (in)efficacia ostativa della convivenza coniugale in due recenti ordinanze di legittimità: lettura sinottica, in Diritto di Famiglia e delle Persone (II), fasc. 2, 490, 2023; nello stesso senso Cass. 1343 del 20.01.2011, in www.dejure.it.

[25] Cass., n. 8926 del 4.6.2012; Cass., n. 18417 del 6.8.2010; Cass., n. 2467 del 1.2.2008; Cass., n. 10796 del 10.5.2006; Cass., n. 10143 del 12.7.2002; Cass., n. 4387 del 7.4.2000; Cass., n. 3002 del 7.4.1997; Cass., n. 1405 del 11.2.1991; Cass., n. 6552 del 17.6.1990,; Cass., n. 5026 del 29.5.1990,; Cass., n. 1018 del 12.2.1990; Cass., n. 4166 del 17.10.1989; Cass., n. 3099 del 24.6.1989, in www.dejure.it.

[26] Fondamentale appare, dunque, il concetto di ordine pubblico. Lo stesso non è normativizzato (D. DONATI, Il problema delle lacune dell’ordinamento giuridico, Milano, 126 ss, 1910) , ma è suscettibile di variazioni a seconda della concezione adottata; A. LEVI, Ordine giuridico e ordine pubblico, in Scritti minori di filosofia del diritto, vol. I, 238 ss, 1957.

[27] Per approfondimenti sulla sentenza in narrativa si vd. U. ROMA, Ordine pubblico, convivenza coniugale e pronunce ecclesiastiche di nullità del matrimonio: le sezioni unite suppliscono all’inerzia legislativa con una sostanziale modifica dell’ordinamento, in Rep. Foro it, 50-61, 2014; M. CANONICO, Delibazione di sentenze ecclesiastiche, ovvero il cammello per la cruna dell’ago, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica, n. 25, 2015; E. QUADRI, Il nuovo intervento delle sezioni unite in tema di convivenza coniugale e delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale, in Nuova giurisprudenza civile, II, 47-60, 2015.

[28] M. CANONICO, Affermazioni di principio e ripensamenti in tema di ordine pubblico, in Diritto di Famiglia e delle Persone (II), fasc. 2, 475, 2023.

[29] La convivenza coniugale “deve essere esteriormente riconoscibile attraverso fatti e comportamenti che vi corrispondano in modo non equivoco e, perciò, essere anche dimostrabile in giudizio, da parte dell’interessato, mediante idonei mezzi di prova, ivi comprese le presunzioni semplici assistite dai noti requisiti di cui all’art. 2729, primo comma, c.c.”; Cass. nn. 16379 3 16380 del 17.07.2014, in www.dejure.it.

[30] “Tale qualità — pur concordemente evocata [...] dalla giurisprudenza costituzionale e delle Corti europee quale connotato che la caratterizza nell'ambito del, o fuori dal, matrimonio — non è temporalmente determinata” e, tuttavia, “appare indispensabile individuare, secondo diritto e ragionevolezza, il periodo di tempo dalla celebrazione del matrimonio, trascorso il quale dalla convivenza coniugale con dette caratteristiche può legittimamente inferirsi anche una piena ed effettiva ‘accettazione del rapporto matrimoniale', tale da implicare anche la sopravvenuta irrilevanza giuridica dei vizi genetici eventualmente inficianti l‘atto di matrimonio, che si considerano perciò ‘sanati' dall'accettazione del rapporto”. Per la determinazione di tale durata le Sezioni Unite fanno dunque riferimento in via analogica al termine triennale previsto dal legislatore all'art. 6 della legge 4 maggio 1983 n. 184 per considerare stabile il rapporto di coppia ai fini dell'adozione del minore, affermando di conseguenza che “la convivenza dei coniugi, connotata dai più volte sottolineati caratteri e protrattasi per almeno tre anni dopo la celebrazione del matrimonio, in quanto costitutiva di una situazione giuridica disciplinata e tutelata da norme costituzionali, convenzionali e ordinarie, di « ordine pubblico italiano »... osta alla dichiarazione di efficacia nella Repubblica italiana delle sentenze canoniche di nullità del matrimonio concordatario”; sul punto si vedano Cass. 28 ottobre 2021 n. 30645, Cass. 21ottobre 2021 n. 29374, Cass. 21 luglio 2021 n. 20864, Cass. 7 luglio 2021 n. 19271, Cass. 13 gennaio 2021 n. 367, Cass. 17 settembre 2020 n. 19329, Cass. 20 agosto 2020 n. 17379, Cass. 30 luglio 2020 n. 16287, Cass. 21 gennaio 2020 n. 1199, Cass. 26 novembre 2019 n. 30900, Cass. 13 agosto 2019 n. 21345, Cass. 8 ottobre 2018 n. 24729, Cass. 15 maggio 2018 n. 11808, Cass. 24 maggio 2017 n. 13120, Cass. 19 aprile 2017 n. 9925, Cass. 5 aprile 2017 n. 8800, Cass. 21 novembre 2016 n. 23640, Cass. 4 ottobre 2016 n. 19811, Cass. 1° luglio 2015 n. 13515, Cass. 28 gennaio 2015 n. 1621, Cass. 27 gennaio 2015 n. 1494.

[31] M. MORETTI, A. CARACCIOLO, La rilevanza della convivenza coniugale in tema di delibazione delle sentenze ecclesiastiche dichiarative della nullità matrimoniale, in Jus civile, fasc. 2, 91, 2018.

[32] Sul punto si vd. Cass., n. 19809del 18.7.2008, in www.dejure.it.

[33] Come è noto, l’art. 123 c.c. fa riferimento al matrimonio simulato e prevede espressamente quanto segue: “Il matrimonio può essere impugnato da ciascuno  dei  coniugi  quando  gli  sposi  abbiano  convenuto di non adempiere  agli  obblighi  e  di  non  esercitare  i  diritti da esso discendenti. L'azione   non   può   essere   proposta  decorso  un  anno  dalla celebrazione  del  matrimonio  ovvero  nel  caso  in cui i contraenti abbiano  convissuto  come  coniugi  successivamente alla celebrazione medesima”.

[34] M. CANONICO, op. cit., 53.

[35] Per tutto quanto delineato si vd. Cass. n. 17910 del 01.06.2022. Per approfondimenti si vd. nota a margine di M. PAVONE, Nullità del matrimonio concordatario tra ordine pubblico e vizi genetici del vincolo, in IlFamiliarista, Giuffrè, 2022. Ulteriore pronuncia che fa vacillare l’assunto delle Sezioni Unite del 2014 è la sentenza n. 149 del 04.01.2023, in www.dejure.it.

[36] M. CANONICO, op. cit., 479.

[37] Cass., sez. I, n. 28308 del 10.10.2023, in www.dejure.it.

[38] Tali sentenza, pur originando da fattispecie differenti, si prestano ad una lettura sinottica, iscrivendosi entrambe nell’incessante e pluridecennale sforzo con cui il Supremo Consesso sembra voler restituire al sistema matrimoniale concordatario una sua “coerente fisionomia”; F. VECCHI, Istanze neoformaliste negli orientamenti della Cassazione civile in tema di riconoscimento della nullità delle sentenze matrimoniali canoniche, in Diritto di Famiglia e delle Persone (II), fasc. 2, 1682 ss., 2023. La tendenza della Corte, dunque, è quella di operare un approccio più attento al dato normativo nell’interpretazione della clausola di ordine pubblico ha trovato ulteriore conferma sul finire del 2022, con l’intervento delle Sezioni Unite in materia di filiazione e surrogazione della maternità; Cass. sez. un., n. 38162 del 20 dicembre 2022, in www.dejure.it.

[39] Per tutto quanto si dirà in questo paragrafo si vd. Cass., sez. I, n. 28308 del 10/10/2023, “fatti in causa”, in www.dejure.it.

[40] Per tutto quanto si dirà in questo paragrafo si vd. Cass., sez. I, n. 28308 del 10/10/2023, “ragioni della decisione”, in www.dejure.it.

[41] Sulla sentenza in esame di vd. A. IEVOLELLA, Impossibile riconoscere la nullità del matrimonio ecclesiastico dopo 3 anni dalle nozze irrilevanti i contrasti e le incomprensioni emersi durante la convivenza, in Diritto & Giustizia, fasc. 175, 4, 2023.

[42] Cass. 25 giugno 2019, n. 17036; Cass. 5 marzo 2012, n. 3378; Cass. 6 marzo 2003, n. 3339, in www.dejure.it.

[43] Cass. n. 19762 del 09.08.2017; Cass. 13120 del 24.05.2017, in www.dejure.it.

[44] Come noto, infatti, il ricorrente che intende censurare la violazione o falsa applicazione di norme di diritto deve indicare e trascrivere nel ricorso, a pena di inammissibilità, anche i riferimenti di carattere fattuale in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione denunciata; plurimis, Cass. 3 maggio 2023, n. 11507; Cass. 13 maggio 2016, n. 9888; Cass. 24 luglio 2014, n. 16872; Cass. 4 aprile 2006, n. 7846, in www.dejure.it.

[45] Il riferimento è alla recentissima pronuncia del 27 maggio 2024, della prima sezione della Cassazione, in cui è enunciato un ulteriore principio per cui «nel caso in cui si debba valutare se la convivenza ultra triennale tra i coniugi osti o meno alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio pronunciata per vizio genetico del matrimonio-atto, rispondente a quelli rilevanti anche per l’ordinamento italiano, dovrà farsi riferimento al vizio in concreto accerto nella sentenza ecclesiastica e non al suo nomen iuris; e, quanto alla convivenza, accertare se ha avuto le caratteristiche rilevanti per l’ordinamento italiano e non per quello canonico». Per approfondimenti in merito si vd. F. FERRANDI, La convivenza “come coniugi” è ostativa alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, in Diritto & Giustizia, fasc. 100, 4, 2024.

[46] Le Sezioni Unite, tuttavia, riconoscono un’eccezione a tale principio, ossia nelle ipotesi in cui i coniugi chiedano il riconoscimento congiuntamente, in questo caso il principio di ordine pubblico non è ostativo alla delibazione; Cass. n. 1789 del 02.02.2015, in www.dejure.it.

[47] U. ROMA, Sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale: dopo otto anni, una nuova esegesi di Cass., sez. un., n. 16379/2014, in La nuova giurisprudenza civile commentata, Rivista bimestrale, anno XXXVII,  a cura di G. ALPA, P. ZATTI, 1263, 6/2022.