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Pubbl. Mer, 13 Mar 2024

La premeditazione dell´omicidio e la sua rilevanza processuale

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Luca Montanelli
StudenteUniversità Cattolica del Sacro Cuore



Il presente contributo mira a fornire un quadro generale sulla circostanza aggravante della premeditazione dell’omicidio di cui all’art. 577 c.p., con particolare attenzione alla sua determinante rilevanza processuale. In particolare, al fine di comprendere l’argomento, in un primo momento ci si soffermerà sull’evoluzione storica dell’istituto e sulle problematiche derivanti dalla mancanza di una definizione legislativa, fino ad approdare alle più recenti pronunce giurisprudenziali sul tema.


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The murder´s premeditation and its procedural relevance

The purpose of this article is to provide a general explanation on the premeditation of murder in Italy, with particular attention to its procedural relevance. In particular, in order to understand the subject, this article put its initial focus on the historical evolution of the institute and on the problems arising from the lack of a legislative definition, up to analyze the most recent judgements on this subject.

Sommario: 1. Evoluzione storica e aspetti definitori; 2. La circostanza aggravante vigente; 3. Elemento ideologico ed elemento cronologico in giurisprudenza; 4. Premeditazione omicidiaria e disturbi psichici; 5. L’ipotetica estensione dell’aggravante al concorrente; 6. Premeditazione e tipologie di omicidi; 7. Conclusioni.

1. Evoluzione storica e aspetti definitori

Il concetto di premeditazione deriva dal verbo transitivo premeditare il quale affonda le radici nel termine latino praemeditari, composto dall’unione di prae (pre) e meditari (riflettere). L’espressione vuole significare un’elaborazione effettuata mediante il pensiero di qualcosa che si vuole eseguire in un secondo momento, collocato nel futuro[1]. Dal punto di vista giuridico la premeditazione rappresenta una riflessione operata da un soggetto con il fine di commettere un determinato reato[2].

Fin dall’inizio del 1800 era evidente la problematica giuridica relativa ad individuare quali fossero gli elementi che in concreto integrassero la premeditazione. Nell’art. 297 del Codice dei Delitti e delle Pene per il Regno d’Italia del 1811[3], approvato con Decreto del 12 novembre 1810 n. 254 ed entrato in vigore nel gennaio 1811, era contenuta una definizione di premeditazione secondo la quale essa consisteva nel «disegno formato, prima dell’azione, di attentare alla persona di un determinato individuo, ovvero di chi si sarà trovato od incontrato, quand’anche un tale disegno fosse dipendente da qualche circostanza o da qualche condizione»[4].

Analizzando l’art. 296, che descriveva il reato di omicidio, si può anche notare come il legislatore dell’epoca avesse qualificato la premeditazione come una delle due modalità mediante le quali si potesse commettere un omicidio dal momento che la norma, oltre che a sanzionare tale reato con la pena capitale, qualificava come assassinio «ogni omicidio commesso con premeditazione o con insidie»[5].

Se, come si è visto, la definizione di premeditazione era collocata all’art. 297, quella di insidie si trovava all’art. 298 e veniva puntualmente qualificata come la condotta di “aspettare per maggiore o minor tempo, in uno o più luoghi, una persona, o per ucciderla, o per esercitare contro di essa atti di violenza”[6].

Nel Codice Zanardelli del 1889 si decise invece di non definire il concetto di premeditazione e di non individuare gli elementi che lo costituiscono, in quanto la dottrina dell’epoca non aveva trovato una definizione univoca di premeditazione poiché vi era chi sosteneva che essa fosse qualificata da una forma di dolo più intensa rispetto a quella delle comuni azioni volontarie[7] e chi invece concentrava l’attenzione dei propri studi sulla premeditazione sul momento della riflessione e della preordinazione dei mezzi più idonei al raggiungimento dell’obiettivo criminale[8].

In seguito ai contrasti dottrinali sul tema, il legislatore di fine ‘800 decise quindi di non definire il concetto di premeditazione, limitandosi ad individuarla all’art. 366 co.1 n.2 come una circostanza aggravante del reato di omicidio comportante la pena dell’ergastolo[9].

2. La circostanza aggravante vigente

Tale previsione - che come si è visto risale ad un codice oggi non più in vigore dato che nel 1930 il Codice Zanardelli fu sostituito dal Codice Rocco ancor oggi vigente - è sopravvissuta ai cambiamenti del tempo. Nel Codice penale odierno, infatti, non troviamo una definizione di premeditazione, ma troviamo questo concetto enucleato come circostanza aggravante del reato di omicidio volontario e del reato di lesioni personali volontarie.

Per quanto concerne il delitto di omicidio, l’art. 577 c.p. prevede delle circostanze aggravanti che comportano la pena dell’ergastolo, rispetto alla reclusione non inferiore ad anni ventuno prevista all’art. 575 c.p. quale pena base dell’omicidio volontario. Tra queste circostanze aggravanti è presente anche la premeditazione dell’omicidio volontario all’art. 577 co.1 n.3 c.p.

3. Elemento ideologico ed elemento cronologico in giurisprudenza

Sebbene sotto il profilo legislativo la situazione sembri alquanto semplice, non si può dire lo stesso per la giurisprudenza che, negli anni, si è dovuta confrontare con casi di specie di particolare delicatezza e con l’assenza di una definizione codicistica della premeditazione. 

Ad esempio, in una recente sentenza[10], la Corte d’Assise di Busto Arsizio ha escluso la sussistenza della premeditazione in un caso di omicidio commesso da un uomo nei confronti della propria ex fidanzata rilevando che l’imputato era indubbiamente innamorato della vittima, come risultava anche dalla testimonianza di una conoscente e da alcuni messaggi inviati dall’imputato alla vittima nel periodo antecedente al delitto. Secondo i giudici di Busto Arsizio, un siffatto innamoramento consentirebbe di escludere la premeditazione del delitto dato che la vittima permetteva al reo «di continuare a vivere in modo per lui finalmente pieno e gratificante» e dunque, agli occhi della Corte d’Assise, «appare poco credibile la premeditazione». Sul punto non risulta chiaro però, sotto il profilo empirico, il motivo per cui un innamoramento che porta ad una vita gratificante sia valutato dai giudici come un elemento comportante l’esclusione della premeditazione, in quanto è bene ricordare la problematica inerente al fatto che gli operatori del diritto sono sprovvisti delle conoscenze professionali scientifiche e psicologiche necessarie per giungere ad una simile conclusione e sono esclusivamente dotati della c.d. scienza privata derivante dal proprio bagaglio culturale[11].

La Corte ha anche precisato che qualora l’imputato avesse voluto premeditare il delitto avrebbe potuto realizzarlo in momenti antecedenti ed avrebbe strutturato, in un momento antecedente rispetto al tempus commissi delicti, un piano sia per costruirsi un solido alibi sia per occultare il cadavere, come invece avrebbe fatto un assassino lucido ed organizzato[12]. I giudici di Busto Arsizio, nel caso di specie, prendendo atto della mancanza del concetto di premeditazione sul piano codicistico, hanno sostenuto che l’art. 577 co.1 n.3 c.p. richiede due elementi: «un elemento ideologico o psicologico, consistente nel perdurare, nell’animo del soggetto, di una risoluzione criminosa ferma e irrevocabile; l’altro, cronologico, rappresentato dal trascorrere di un intervallo di tempo apprezzabile fra l’insorgenza e l’attuazione di tale proposito»[13].

Per ciò che concerne l’elemento ideologico va osservato che, secondo la giurisprudenza, il concetto di premeditazione è distinto da quello di preordinazione del delitto in quanto la preordinazione riguarda l’organizzazione dei mezzi minimi indispensabili alla commissione del reato in un momento immediatamente antecedente a quest’ultimo[14].

Per converso, la premeditazione necessita del radicamento e della costante persistenza del proposito omicidiario nella mente del soggetto agente[15]. In merito all’elemento cronologico, ai fini della configurazione della premeditazione è invece necessario che il lasso temporale tra l’insorgenza del proposito criminale e il tempus commissi delicti risulti essere abbastanza dilatato[16] sia da poter consentire al reo di riflettere interiormente sull’azione criminosa che vuole intraprendere sia da permettere l’attivazione della c.d. controspinta inibitoria, caratterizzata dalla capacità razionale dell’individuo di recedere dal proposito delittuoso[17]

Si rileva comunque che questo orientamento è diverso rispetto al passato dato che, negli anni ‘80, la Cassazione aveva sostenuto che il distacco temporale tra l’insorgenza del proposito delittuoso e l’esecuzione dello stesso non necessariamente dovesse essere troppo lungo per configurare l’aggravante della premeditazione[18]

L’obiettivo dell’istituto giuridico della premeditazione, infatti, è proprio quello di aggravare il trattamento sanzionatorio nei confronti dei soggetti che decidono di commettere il delitto dopo aver riflettuto a lungo sull’opportunità di commissione dello stesso[19] e si ritiene che per il riconoscimento della premeditazione sia quindi sufficiente la presenza dell’elemento cronologico congiuntamente all’elemento ideologico[20]

È inoltre sempre bene tenere a mente che, anche in merito alle circostanze aggravanti, la responsabilità deve sempre essere accertata dal giudice in maniera fedele alla regola penalistica dell’oltre ogni ragionevole dubbio[21].

4. Premeditazione omicidiaria e disturbi psichici

È bene anche constatare come, secondo la giurisprudenza, l’aggravante della premeditazione possa risultare incompatibile con la presenza del vizio parziale di mente che fa scemare grandemente la capacità di intendere e volere ai sensi dell’art. 89 c.p. solo allorquando la premeditazione stessa consiste in una manifestazione dell’infermità psichica del reo. In una siffatta situazione, il proposito delittuoso coincide dunque con un’idea fissa ossessiva caratterizzante quello specifico disturbo della personalità e non può quindi essere considerata vera e propria premeditazione[22]

È stata ad esempio esclusa la sussistenza della premeditazione in un caso di omicidio del c.d. rivale in amore, nel quale i colpi di pistola sparati dall’assassino sono stati ritenuti dai giudici sintomatici di un “delirio di gelosia” sufficiente ad integrare un vizio parziale di mente[23].

5. L’ipotetica estensione dell’aggravante al concorrente

Una questione che sorge spontanea è quella inerente alla possibilità di estendere l’aggravante di cui all’art. 577 co.1 n.3 c.p. al concorrente ex art. 110 c.p. ed, in merito a ciò, la giurisprudenza ha sostenuto che l’aggravante della premeditazione possa essere estesa al concorrente nel reato qualora questo abbia avuto piena consapevolezza della premeditazione del reo in un momento anche successivo rispetto a quello della deliberazione volitiva originaria, ma comunque anteriore a quello in cui il concorrente stesso ha fornito il proprio contributo causale al delitto[24]

La dottrina sul punto però è cauta[25]. Essa ritiene infatti che non sia possibile far propria la premeditazione altrui perché l’atto di partecipazione al delitto premeditato da altri, nella piena conoscenza dell’altrui premeditazione maturata prima dell’apporto del proprio contribuito causale all’evento dannoso, difetta dei tempi tecnici relativi all’elemento cronologico per sostenere che il correo abbia anch’egli premeditato[26]

6. Premeditazione e tipologie di omicidi

La giurisprudenza negli anni è stata chiamata a valutare la sussistenza della premeditazione in ordine a diverse tipologie di omicidi, elaborando delle massime che riguardano i campi più disparati. Si pensi, ad esempio, alla questione relativa al mandato ad uccidere affidato dal vertice di un’associazione mafiosa ad alcuni propri affiliati: in questo caso si ritiene che questa tipologia di mandato sia sufficientemente idonea ad integrare gli elementi che costituiscono l’aggravante della premeditazione rinevinibili negli elementi ideologico e cronologico[27]

In merito, invece, agli incontri casuali con la vittima la giurisprudenza ha ritenuto che l’omicidio volontario commesso in seguito ad un incontro occasionale con la stessa di per sé non è sufficiente ad escludere la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 577 co.1 n.3 c.p.[28].

Un tema ancora oggi dibattuto è quello attinente alla sussistenza della premeditazione nel caso in cui si verifichi un agguato, il quale consisterebbe in una imboscata che preveda un appostamento che si protragga nel tempo in attesa della vittima e utilizzando delle modalità che non lascino spazio a dubbi in merito alla finalità dell’insidia stessa[29]. In tal caso anche un tempo d’attesa breve sarebbe sufficiente a configurare sia l’elemento cronologico che l’elemento ideologico caratterizzanti la premeditazione[30]. Sul punto, una sentenza del 2015 della Corte di Cassazione ha ritenuto che l’agguato sia un indice sintomatico della premeditazione dell’omicidio in quanto contiene un’indole di natura programmatoria[31]. La questione non risulta però essere pacifica dato che nel 2016 la stessa Corte ha sostenuto che l’agguato concerne esclusivamente la sfera relativa al modus operandi del reato e non è quindi da solo sufficiente a dimostrare la premeditazione, la quale va piuttosto ricercata negli elementi ideologico e cronologico dell’agire del reo[32].

7. Conclusioni

La circostanza aggravante di cui all’art. 577 co.1 n.3 ha infine una rilevanza determinante sul piano processuale penale poiché, quando essa è contestata dalla pubblica accusa - senza che sia necessaria una specifica formula ai fini della contestazione della stessa[33] - la pena prevista per il reato di omicidio si aggrava da quella prevista all’art. 575[34]c.p. alla pena dell’ergastolo. Tra i c.d. procedimenti speciali all’interno del panorama processuale penale italiano, ne esiste uno – il rito abbreviato – connotato da natura premiale che permette all’imputato di ottenere uno sconto di pena pari ad un terzo della pena in concreto applicabile qualora vi richieda di accedervi accettando di essere giudicato nell’udienza preliminare, sulla base degli atti contenuti all’interno del fascicolo delle indagini preliminari[35]

Fino al 2019 questo rito speciale poteva essere richiesto anche per i reati puniti con l’ergastolo - e dunque anche in caso di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione - ma il legislatore sul punto è intervenuto con Legge 12 Aprile 2019 n. 33, la quale ha introdotto il co.1 bis all’art. 438 c.p.p. prevedendo esplicitamente il divieto di accesso a tale rito per chi risulta essere imputato per un reato punito con la pena dell’ergastolo[36]. Oggi quindi non è più possibile richiedere il rito comportante uno sconto di pena per un soggetto contro il quale è stata esercitata l’azione penale per il reato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. 

Una riforma di questo tipo, come rileva un’autorevole dottrina, risulta essere connotata dalla finalità politico-criminale di aumentare la pressione punitiva per i fatti di reato più gravi, in particolare favorendo la pronuncia di un numero più elevato di condanne alla pena dell’ergastolo[37] oltre che ad assicurare un processo pubblico e collegiale per l’accertamento di fatti caratterizzati da un maggior disvalore[38]

La Corte Costituzionale, chiamata a valutare la legittimità dell’art. 438 co. 1 bis c.p.p., ha però ritenuto infondate o inammissibili le questioni ad essa sollevate da alcuni giudici di merito, i quali ritenevano che tale comma violasse gli artt. 3, 24, 27 co.2, 111 co. 1 e 2 e 117 co.1 Cost. in relazione agli artt. 6 e 7 C.E.D.U.[39]. A seguito di questa sentenza, la Consulta è stata nuovamente chiamata a confrontarsi con la disciplina relativa alla preclusione del rito abbreviato per i soggetti imputati di un reato punito con la pena dell’ergastolo, questa volta però per decidere se tale preclusione operasse anche nei confronti del soggetto non imputabile. Nel caso di specie il G.U.P. presso il tribunale di Rimini aveva sollevato con una ordinanza[40] la questione di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 438 co. 1 bis c.p.p. nella parte in cui non prevedeva che un soggetto incapace di intendere e di volere al momento del fatto - con una perizia effettuata in sede di incidente probatorio - imputato per un delitto punibile astrattamente con l’ergastolo potesse richiedere di essere giudicato con il rito abbreviato[41]

Sul punto la dottrina ha sostenuto che, dinanzi alla constatazione dell'esistenza di una discrezionalità legislativa, vi sono margini risicati per giungere ad una declaratoria di incostituzionalità[42] ed infatti la Corte Costituzionale ha ritenuto, anche in questo caso, infondate le questioni di legittimità costituzionale mosse dal G.U.P. di Rimini nei confronti dell’art. 438 co. 1 bis c.p.p.[43]. Dunque, nel caso in cui un imputato per reato punito con pena dell’ergastolo - come l’omicidio volontario aggravato ex art. 577 co.1 n.3 c.p. - effettui una richiesta di accesso al rito abbreviato, il giudice dovrà verificare esclusivamente la qualificazione giuridica del fatto e, accertata questa, pronunciare una ordinanza di inammissibilità[44].


Note e riferimenti bibliografici

[1] Da “premeditare” in vocabolario Treccani.

[2] Da “premeditazione” in vocabolario Treccani.

[3] Cfr. Codice dei Delitti e delle Pene pel regno d’Italia (1811) con scritti di A. CADOPPI, M.A. CATTANEO, A. CAVANNA, F. COLAO, M. DA PASSANO, E. DEZZA, J.L. HALPERIN, S. VINCIGUERRA raccolti da S. VINCIGUERRA, Padova, 2001.

[4] Art. 297 Codice dei Delitti e delle Pene per il Regno d’Italia del 1811.

[5] Art. 296 Codice dei Delitti e delle Pene per il Regno d’Italia del 1811.

[6] Art. 298 Codice dei Delitti e delle Pene per il Regno d’Italia del 1811.

[7] N. ARMELLINI, Istituzioni del diritto penale, Napoli, 1837, vol. I, 39 ss.

[8] L. MAJNO, Commento al codice penale italiano, Verona, 1890, P. II, 508.

[9] Art. 366 co.1 n.2 Codice Zanardelli: «Si applica la pena dell’ergastolo se il delitto preveduto nell’articolo 364 sia commesso con premeditazione». L’art. 364 del Codice Zanardelli puniva con la reclusione da anni diciotto ad anni ventuno chiunque al fine di uccidere avesse cagionato la morte di una persona.

[10] Corte d’Assise Busto Arsizio, sentenza n. 1, 5 luglio 2023. Per un’analisi più approfondita del caso di specie cfr. A. IEVOLELLA, Uccise a colpi di martello l’ex compagna: escluse premeditazione, crudeltà e motivo abbietto, in www.dirittoegiustizia.it, 2023.

[11] In dottrina il giudice è stato infatti definito «profano» in merito alla comprensione delle leggi scientifiche in quanto di per sé sprovvisto delle necessarie competenze professionali. Sul punto si veda P. GIANNITI, La valutazione della prova penale, Torino, 2005, 196.

[12] Corte d’Assise Busto Arsizio, sentenza n. 1, 5 luglio 2023.

[13] Ibidem.

[14] Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 5219, 22 settembre 2020; Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 34536, 1 aprile 2022; Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 37825, 29 aprile 2022.

[15] Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 53323, 4 luglio 2017; Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 34536, 1 aprile 2022.

[16] Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 36592, 5 maggio 2016 in proposito parla di “lunga riflessione” del soggetto agente.

[17] Corte d’Appello Napoli Sez. VI, sentenza n. 6003, 1 agosto 2023. Tale tesi è stata sostenuta anche in dottrina da A. UBALDI, La preordinazione del delitto non è mai premeditazione, in www.dirittoegiustizia.it, 2022. Sul punto si veda anche Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 18922, 30 aprile 2013, la quale sostiene che una sola ora di tempo non è sufficiente ad integrare l’elemento cronologico della premeditazione.

[18] Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 6646, 14 luglio 1983; contra Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 9761, 5 agosto 1977 che sosteneva fosse sufficiente un intervallo di tempo di un’ora e mezza ai fini della configurazione dell’aggravante della premeditazione.

[19] Cfr. A. UBALDI, op. cit., 7.

[20] Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 27706, 9 settembre 2020.

[21] Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 27050, 9 maggio 2017.

[22] Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 8351, 27 ottobre 2021; Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 36323, 17 maggio 2022.

[23] Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 20487, 24 giugno 2020.

[24] Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 44851, 27 aprile 2017; Cass. Pen. Sez. VI, sentenza n. 56956, 21 settembre 2017.

[25] Sul punto si veda F. BASILE, L’enorme potere delle circostanze sul reato; l’enorme potere dei giudici sulle circostanze, Riv. it. dir. e proc. pen. 2015, fasc. 4, 1743 nella parte in cui afferma che «l’aggravante della premeditazione – in quanto relativa all’intensità del dolo – sembrerebbe rientrare nel novero delle circostanze non estendibili».

[26] Così L. MESSORI, La comunicabilità delle circostanze al correo: una lettura costituzionalmente imposta dell’art. 118 c.p., in Archivio Penale 2021, n.3, 15. L’autrice richiama anche una sentenza della Cassazione del 2005 in cui è stata ritenuta sussistente la premeditazione, ma esclusivamente perché nel caso di specie il correo era pienamente consapevole dell’altrui premeditazione in quanto aveva preso parte alla progettazione omicidiaria.

[27] Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 28567, 7 aprile 2022.

[28] Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 16142, 24 gennaio 2017.

[29] Cfr. S. OCCHIPINTI, Omicidio Tramontano: preordinazione vs premeditazione, in www.altalex.com, 2023.

[30] Cass Pen. Sez. V, sentenza n. 26406, 11 marzo 2014.

[31] Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 864, 23 settembre 2015.

[32] Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 49577, 19 aprile 2016.

[33] Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 51260, 8 febbraio 2017.

[34] Ex art. 575 c.p. l’omicidio volontario è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.

[35] O. DOMINONI, P. CORSO, A. GAITO, G. SPANGHER, N GALANTINI, L. FILIPPI, G. GARUTI, O. MAZZA, G. VARRASO, D. VIGONI, Procedura penale, Torino, 2021, 530.

[36] Ivi, 531.

[37] Così G. LEO, L’esclusione del giudizio abbreviato per i delitti puniti con l’ergastolo: infondate o inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, in www.sistemapenale.it, 2020. 

[38] G. PADUA, Giudizio abbreviato nel caso di reati puniti con l’ergastolo: la Corte costituzionale chiamata a decidere se la preclusione è giustificata anche per il soggetto non imputabile, in www.sistemapenale.it, 2021. In dottrina tale riforma è stata tacciata di «populismo penale» da G. DI CHIARA, Giudizio abbreviato, reati da ergastolo, populismo penale e Stato di diritto, in Proc. pen. e giust., 2019, n.5, 1037. Per un’altra critica alla riforma cfr. R. PILLONI, Giustizia penale negoziata e divieto di giudizio abbreviato per i delitti puniti con l’ergastolo, in Archivio Penale 2020, n.1.

[39] Corte Cost., sentenza n. 260, 18 novembre 2020.

[40] G.U.P. tribunale di Rimini, ordinanza 19 gennaio 2021.

[41] Cfr. G. PADUA, op. cit.

[42] Ibidem.

[43] Corte Cost., sentenza n. 207, 6 ottobre 2022.

[44] Cfr. F. BARBERO, L’inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo. Brevi note a caldo, in www.giurisprudenzapenale.com, 2019.