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Pubbl. Mer, 23 Dic 2015

Servitù per destinazione del padre di famiglia.

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Ilaria Ferrara


Corte di Cassazione, II Sezione Civile, 24853/2015. Elementi costitutivi, impliciti o espliciti.


L'art. 1062 del codice civile ha ad oggetto un particolare modo di acquisto, a titolo originario, della servitù, che è quella c.d. di "destinazione del padre di famiglia". Questa ha luogo quando si provi, in qualsiasi modo, che due fondi divisi siano stati posseduti dal medesimo proprietario, il quale ha posto o lasciato le cose in uno stato dal quale risulti la servitù.

Al comma secondo, la norma chiarisce che se i fondi cessano di appartenere allo stesso proprietario, se non vi è alcuna disposizione relativa alla servitù, questa è da intendersi costituita attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno dei fondi separati.

Già nel 2014, con sentenza n. 3806, la seconda sezione della Corte di Cassazione stabiliva che, ai fini della costituzione della servitù, non deve risultare espressamente una volontà contraria del proprietario dei fondi al momento della loro separazione. Il silenzio, dunque, si configura come elemento della fattispecie costitutiva. Infatti, la manifestazione contraria di volontà può essere contenuta in una clausola negoziale specifica (con cui espressamente si esclude il sorgere della servitù) o desunta da un'altra clausola, indirettamente, il cui contenuto sia incompatibile con la volontà di lasciare immutata la situazione di fatto che verrebbe a determinare la nascita della servitù.

Recentemente, la Corte di Cassazione con sentenza n. 24853, del 9 dicembre 2015, ha ribadito il principio, già in precedenza espresso, per cui la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia non deve necessariamente intervenire contestualmente alla divisione del fondo stesso, ben potendo essere effettuata in un momento anteriore ed anche in maniera implicita, purché sia resa nota o conoscibile all'acquirente.