Pubbl. Ven, 24 Nov 2023
Per il Consiglio di Stato è necessario il permesso di costruire per il forno a legna
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Antonietta D´elia
Con la sentenza n. 8776, pubblicata il 9.10.2023, la Settima Sezione del Consiglio di Stato afferma la necessità del permesso di costruire per la realizzazione di un manufatto destinato a barbecue, tenuto conto del solo aspetto dimensionale, a prescindere da ogni aspetto funzionale dell’opera edilizia.
Sommario: 1. Il rilievo assorbente dell’aspetto strutturale e dimensionale; 2. Una mera questione di dimensioni? 3. Conclusioni.
1. Il rilievo assorbente dell’aspetto strutturale e dimensionale
Benché il d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia) individui con sufficiente precisione gli interventi edilizi e dei correlati titoli abilitativi, i contorni tra una tipologia e l’altra divengono spesso sfumati, con la conseguenza che sono proprio gli “interventi minori” ad essere protagonisti, da oltre un ventennio, nelle aule di giustizia di ogni ordine e grado.
In proposito, la giurisprudenza amministrativa ha da tempo chiarito che gli elementi caratterizzanti le pertinenze sono, da un lato, l'esiguità quantitativa del manufatto e, dall'altro, l'esistenza di un collegamento funzionale, avendo rilievo determinante non tanto il legame materiale tra pertinenza e immobile principale, quanto che la prima non abbia un’autonoma destinazione e quindi un autonomo valore di mercato, esaurendo la propria destinazione d'uso nel rapporto funzionale con l'edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico e quindi da risultare inidonea ad alterare in modo significativo l'assetto del territorio[1].
Nel caso in esame, oggetto di controversia è stato un manufatto per uso familiare che, pur essendo effettivamente di non modeste dimensioni strutturali (“m 2,08 x 1,98 x 2,04 di altezza alla gronda, e m 2,36 di altezza al colmo, con prolungamento di m 1,54 x 4,00”), risultava tuttavia privo di autonomia funzionale ed accessoria, essendo destinato ad una funzione servente rispetto ad un preesistente edificio principale ed in quanto tale inidoneo a determinare un aumento del carico urbanistico.
Secondo il Consiglio di Stato, le opere accessorie a preesistenti manufatti, pur se aventi una caratterizzazione chiaramente strumentale (nella sentenza in commento si parla espressamente di “volumi tecnici”), sono comunque assoggettate al regime edilizio di maggiore importanza (permesso di costruire) in ragione delle loro dimensioni, se di entità tale da aver “significativamente alterato l’area”.
In questo caso, diventa assorbente e decisivo il solo aspetto strutturale, prescindendosi del tutto dal profilo funzionale, integrando comunque gli estremi di una nuova costruzione ai sensi della lett. a) dell’art. 10 del TUE.
Non può dunque riconoscersi natura accessoria ad un forno a legna in muratura di rilevanti dimensioni che inevitabilmente modifica l’assetto territoriale ed occupa aree e volumi nuovi rispetto alla “res principalis”[2].
Questa l’opinione del massimo organo di giustizia amministrativa.
2. Una mera questione di dimensioni?
Ma sulla questione trattata con la sentenza che si annota non sembra esserci pacifica condivisione in giurisprudenza.
Un differente orientamento sembra affermare l’illegittimità dell’ordine di demolizione per opere edilizie libere e semilibere (recte: un pergolato in ferro o, come nel caso ad oggetto la sentenza in commento, un forno a legna), in considerazione del fatto che tali opere, per consistenza strutturale, morfologia dell’area di sedime e destinazione, obbediscano ai medesimi criteri ispirati dalla disciplina sul riordino dell’attività edilizia libera e di sedime di cui al d.lgs n. 22/2016[3].
Secondo tale diverso orientamento, le piccole o grandi dimensioni non sarebbero sempre dirimenti ai fini della ascrivibilità o meno di un manufatto alla categoria delle pertinenze[4].
Astrattamente, può essere quindi pertinenziale anche un manufatto di dimensioni non modeste rispetto all’edificio principale, assumendo rilievo e considerazione anche la conseguenzialità funzionale. Così come non può dirsi che un manufatto di grande volume non è una pertinenza (lo esclude la norma stessa, lett. e.6) TUE), parimenti non si può automaticamente associare la dimensione “modesta” alla natura pertinenziale.
La richiamata pronuncia è paradigmatica di un indirizzo secondo cui la dimensione più o meno ampia del manufatto va valutata anche in ragione della funzionalità, al di là del mero rapporto tra i volumi, sia perché non avrebbe senso porre questa differenziazione se il concetto di “pertinenza” corrispondesse sic et simpliciter a “modesta dimensione”, e “modesta dimensione” corrispondesse a volume inferiore al 20% del volume dell’edificio cui la pertinenza accede, sia perché così non avrebbe senso lo stesso art. 3, comma 1, lettera e.6) del dPR 380/2001, che ammette l’esistenza di opere pertinenziali di grandi dimensioni[5].
Ed ancora, con riferimento al concetto di “volume tecnico” richiamato nella sentenza in commento, identificante le opere edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinate ad esigenze tecnico-funzionali intrinseche della costruzione principale (come nel caso de quo), è stato ritenuto che i “volumi tecnici al servizio di edifici esistenti” sono assoggettati a denuncia di inizio attività e giammai a permesso di costruire[6].
3. Conclusioni
L’intervento in commento dei giudici del massimo organo di giustizia amministrativa non pare aver avuto un definito effetto dirimente della problematica in trattazione, continuando a rimanere assai sfumata la linea di demarcazione qualificante l’ascrivibilità ad uno piuttosto che ad un altro regime edilizio di un’opera che, pur di non trascurabili dimensioni, sia tuttavia priva di ogni autonomia funzionale.
Se l’aspetto dimensionale sembra essere criterio cardine, non può tuttavia rimanere del tutto irrilevante quello funzionale ai fini del regime edilizio applicabile.
[1] T.A.R. Emilia Romagna, Parma, I, 2.3.2016, n. 91; Cons. St., sez. VI, 4.1.2016, n. 19; Cons. St., VI, 20.5.2014, n. 3178; T.A.R Emilia Romagna, Bologna, I, 6.3.2014, n. 301; Cons. St., VI, 11.9.2013, n. 4493.
[2] In tal senso, cfr. anche Cons. St., sez. VI, 7.3.2022, n. 1605; Cons. St. sez. VI, 3.11.2022, n. 9656; T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 4.2.2020, n. 535; T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 27.11.2017, n. 5564; T.A.R. Catanzaro, sez. II, 3.5.2016, n. 977; Cons. St., sez. IV, 2.2.2012, n. 615; Cons. St., sez. VI, 16.2.2017, n. 694.
[3] Cons. St., sez. VI, 8.5.2018, n. 2743; T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 20.9.2021, n. 1964, secondo cui “le istallazioni esterne fisse, in muratura o prefabbricate (quali fioriere, fontane ornamentali, forni esterni in muratura o prefabbricati, gazebo), ove non riconducibili all’art. 6, comma 1, dPR n. 380/2001, sono ora assoggettate a previa comunicazione di inizio lavori, e, come tali, non sono in ogni caso sanzionabili con la demolizione, che si commina solo, e tuttora per gli interventi assoggettati a permesso di costruire”.
[4] T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 9.9.2020, n. 3730.
[6] T.A.R. Emilia Romagna, sez. I, 6.3.2014, n. 301.