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Pubbl. Mer, 30 Ago 2023

Il Consiglio di Stato sul diritto di accesso alle informazioni ambientali

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Maria Luisa Avellis
Avvocato CassazionistaUniversità degli Studi di Bari



La nozione di informazione ambientale accessibile è concetto ampio al cui interno far necessariamente confluire qualsiasi informazione relativa ad attività amministrative che rilevi, anche indirettamente, rispetto al bene giuridico ambiente che è assistito da una speciale forma di trasparenza e di pubblicità per gli atti e di provvedimenti ad esso riconducibili. L’oggetto del diritto di accesso all’informazione ambientale non può risultare limitato dalla mera invocazione di generiche esigenze di protezione di interessi di natura commerciale o industriale senza specifica individuazione di detti interessi e del connessi profili di rischio.


ENG

The Council of the State on the right of access to environmental information

The notion of accessible environmental information is a broad concept within which necessarily include any information relating to administrative activities that is relevant, even indirectly, towards the environment. This is assisted by a special form of transparency and publicity for the acts and measures attributable to it. The object of the right of access to environmental information cannot be limited by the mere invocation of general need for the protection of interests of a commercial or industrial nature without specific identification of those interests and the related risk profiles.

Sommario: 1. Il diritto di accesso in materia ambientale 2. Le fonti. 3. La disciplina dettata dal D.Lgs. 195/2005. 4. La fattispecie sottoposta all’attenzione del TAR per il Piemonte. 5. La pronuncia del Consiglio di Stato n. 6611 del 6 luglio 2023. 6. Riflessioni conclusive.

1. Il diritto di accesso in materia ambientale

Il diritto di accesso ai documenti detenuti dalla pubblica amministrazione è uno dei cardini del nostro ordinamento democratico, espressione primaria del principio di trasparenza e conoscibilità dell'attività amministrativa, presupposto imprescindibile della sindacabilità della stessa.

Nella sua prima forma, disciplinata dalla legge generale sul procedimento amministrativo n. 241/19901, si atteggia a diritto di natura prettamente difensiva: è attribuito a colui che, trovandosi in posizione qualificata e differenziata rispetto ad un determinato bene della vita, necessiti di conoscere atti ed informazioni per la migliore tutela - procedimentale prima e giudiziale poi - dei propri diritti soggettivi o interessi legittimi.

La particolarità del bene giuridico ambiente, caratterizzato dall’interesse diffuso e globale alla sua tutela, ha necessitato l'elaborazione di regole peculiari.

Per “informazioni ambientali” si intendono quelle che concernono lo stato di aria, acqua, suolo e sottosuolo, siti naturali ecc. e i fattori (energie, rumori, radiazioni, emissioni di sostanze varie ecc.) che possono incidere sull’ambiente e sulla salute e sicurezza umane.

È di immediata percezione come per le “informazioni ambientali” quell'interesse che la disciplina dell'accesso procedimentale e difensivo pretende sia “effettivo”, “tangibile”, “serio” e “non emulativo” (cfr. tra le tante TAR Campania, Napoli, n. 2486/2019) non può che essere considerato come sussistente in re ipsa per ciascun membro della popolazione.

Proprio le caratteristiche del bene giuridico “ambiente”, strumentalmente tutelato dall'accesso alle informazioni ambientali, giustificano i principi e le regole che sono stati delineati dal legislatore con il D.Lgs 195/2005, meglio descritte infra.

A rilevare è un'accezione generalissima del principio di trasparenza e di accessibilità alle informazioni poiché solo il - (quasi) totale - libero flusso delle informazioni può consentire il raggiungimento dello scopo individuato dalle fonti normative multilivello.

Tale scopo appare, invero, avere un respiro molto più ampio rispetto alla finalità dell'accesso agli atti di cui alla L. 241/90. Mentre per quest'ultimo la giurisprudenza pacificamente esclude che le istanze possano essere giustificate dal bisogno di controllo del singolo sull’attività della pubblica amministrazione, con riferimento all'accesso in materia ambientale il principale auspicio del legislatore pare essere proprio il consentire forme di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche.

La disciplina, infatti, riflette l’esigenza che le informazioni ambientali trovino massima diffusione e circolino senza restrizioni, poiché la conoscenza di questo tipo di dati – e, quindi, l’accesso alla relativa documentazione – non soddisfa semplicemente un interesse del privato istante, ma è condizione per la realizzazione dell’interesse pubblico alla tutela dell’ambiente nella più ampia accezione possibile, attraverso la partecipazione di ogni amministrato alle decisioni pubbliche che riguardino la collettività.

In altri termini, pare potersi affermare che con la disciplina dell'accesso alle informazioni ambientali il legislatore abbia voluto assicurare uno strumento di democrazia diretta ben più forte di quello assicurato con l'accesso finalizzato all'instaurazione del contraddittorio procedimentale e con l'accesso difensivo.

L’approccio, del resto (come ha avuto occasione di sottolineare la giurisprudenza amministrativa: cfr. Consiglio di Stato 22 novembre 2022 n. 10275), è ben individuato dalla direttiva n. 2003/4/CE del 28 gennaio 2003, laddove è affermato espressamente, al primo considerando, che il rafforzamento dell’accesso alle informazioni ambientali e la maggiore diffusione di tali dati “contribuiscono a sensibilizzare maggiormente il pubblico alle questioni ambientali, a favorire il libero scambio di opinioni, ad una più efficace partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia e, infine, a migliorare l'ambiente”.

Molteplici aspetti sostanziali dell'accesso alle informazioni ambientali sono rintracciabili nella disciplina dell’accesso civico dettata, nell'ordinamento interno, con il D.Lgs. 33/20132.

La normativa sull'accesso civico, tentando di introdurre nel nostro ordinamento - seppur non in maniera perfettamente sovrapponibile alle esperienze estere - l'approccio dei Freedom of Information Act (FOIA), ha introdotto un generale obbligo di pubblicità di un'ampia gamma di informazioni.

L'accesso civico, implicante l'obbligo di ostensione con legittimazione soggettiva allargata a chiunque ne faccia richiesta, costituisce, nell'equilibrio della prima stesura D.Lgs. 33/2013, una sorta di “sanzione” per la p.a. per l’omessa pubblicazione.

La novella del 2016 (ad opera del D.Lgs. 97/2016) ha introdotto un accesso civico definito come di “seconda maniera” (cfr. nota sub. 2): è ora consentito l'accesso soggettivamente generalizzato anche ad informazioni per le quali non vi è obbligo di pubblicazione, salve le esclusioni/limitazioni individuate dalla legge.

Questo accesso civico appare, dunque, somigliare moltissimo, quanto alle caratteristiche sostanziali, alle ragioni ispiratrici ed alle finalità ultime, all'accesso alle informazioni ambientali.

Dalla sintetica ricostruzione che precede può agevolmente percepirsi come, in taluni casi, non sia agevole individuare la normativa di riferimento entro cui sussumere un’istanza di accesso che sia formulata, a titolo esemplificativo, da soggetto dell'ordinamento legittimato a far valere interessi di natura diffusa oppure avente ad oggetto dati e documenti che possono essere al contempo:

- utili e/o necessari alla proposizione di un'azione giudiziaria da parte del richiedente,

- connessi, anche non direttamente, con un'informazione di natura ambientale (secondo la definizione normativamente data e di cui si vedrà infra),

- afferenti ad informazioni per le quali sussiste un obbligo generalizzato di ostensione sotto forma di accesso civico.

2. Le fonti

L’accesso in materia ambientale appare primariamente riconducibile al diritto all’informazione, senz’altro implicitamente presente nella nostra Costituzione3 e comunque espressamente sancito e riconosciuto dall’art. 10 della CEDU4.

Si tratta di previsione estensivamente interpretata dalla Corte EDU quale comprensiva non solo del diritto dei cittadini di ricevere informazioni, ove richiesto, ma anche dell'obbligo per gli Stati di informare.

Tale obbligo, se riferito alle informazioni in materia ambientale, si traduce nel dovere per gli Stati di predisporre specifiche azioni informative circa gli eventuali danni che i cittadini potrebbero subire a seguito di immissioni contaminanti nell'ambiente di cui gli Stati stessi dovessero essere a conoscenza.

Pur mancando un espresso riconoscimento del diritto all’ambiente salubre – o qualsiasi altro riferimento espresso all’ambiente – nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, la Corte EDU ha progressivamente riconosciuto un notevole grado di protezione dell’individuo a fronte dei fenomeni dell’inquinamento e del degrado ambientale, ritenendoli impattanti sul libero godimento di altri diritti invece espressamente assicurati.

É significativo, in tal senso, che la Corte EDU abbia posto l’attenzione su alcune garanzie procedurali riconosciute ai singoli individui in relazione a scelte pubbliche suscettibili di effetti sull’ambiente.

In questo solco, con diverse pronunce5, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha avuto occasione di precisare l'importanza del pubblico accesso ai risultati delle indagini, degli studi effettuati ed alle informazioni che possono consentire alle popolazioni l’autonoma valutazione del pericolo cui sono esposte. Ha, quindi, stigmatizzato ogni ostacolo alla partecipazione ai processi decisionali delle popolazioni interessate dalla realizzazione di interventi rilevanti sotto il profilo dell’impatto ambientale.

Risale al 25 giugno 1998 la firma della Convenzione di Aarhus6 che ha condotto all'adozione da parte dell'Unione Europea della direttiva 2003/4/CE del 28 gennaio 2003, attuata in Italia con il D.Lgs. 195/2005. Questa è la fonte specifica nell'ordinamento interno cui occorre riferirsi in materia di accesso ambientale, espressamente richiamata dall’art. 3sexies del codice dell’ambiente, D.Lgs. 152/2006.

3. La disciplina dettata dal D.Lgs. 195/2005

Nel solco tracciato dalla direttiva europea del 2003, infatti, il D.Lgs. 195/2005 chiarisce che il diritto d'accesso alle informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche ha connotati differenti rispetto all'accesso ad altre tipologie di atti e di informazioni quanto ai legittimati alla formulazione della relativa istanza, quanto all'oggetto dell'accesso e, conseguentemente, quanto alle limitazioni e condizioni poste.

Segnatamente, per un verso, non vi è limitazione alcuna sotto il profilo soggettivo, per altro verso, le limitazioni all'accesso di natura oggettiva, disciplinate dall'art. 5 del decreto legislativo in commento7, concernono ipotesi molto stringenti e, per espressa previsione normativa, di stretta interpretazione.

Il riferimento è, in particolare, alle richieste manifestamente irragionevoli rispetto alla finalità del diritto assicurato ovvero ai casi in cui la richiesta riguardi comunicazioni interne non ostensibili (ove in tal senso deponga il necessario bilanciamento degli interessi in rilievo).

Parimenti, viene negato l'accesso all'informazione ambientale ove vi sia la necessità di tutelare la riservatezza di informazioni commerciali o industriali ed i diritti di proprietà intellettuale.

È bene precisare, inoltre, che sebbene la genericità della richiesta figuri tra le ipotesi in cui l'accesso all'informazione ambientale dovrebbe essere negato, si tratta di una criticità che, per quanto disposto dall’art. 3 del D.Lgs. 195/2005, può essere superata. Segnatamente, nel disciplinare termini e modalità dell’accesso, la norma impone all'amministrazione, entro 30 giorni, di invitare il richiedente a specificare le informazioni e i dati richiesti.

L'accesso alle informazioni ambientali non differisce dal generale accesso defensionale disciplinato dalla L. 241/1990 quanto al termine per l'evasione della istanza (anche in tal caso indicato in 30 giorni). Tuttavia, detto termine è prorogabile dall'amministrazione, ove ciò sia giustificato dall'entità e dalla complessità della richiesta.

Non differisce neanche quanto al mezzo di tutela assicurato in caso di diniego dell'accesso o di silenzio, trovando applicazione anche in materia di accesso alle informazioni ambientali l'art. 25 L. 241/90.

Differisce, invece, chiaramente, per l'assenza di ogni necessità di giustificazione dell'interesse del privato istante che va, dunque, considerato sussistente in re ipsa.

Il D.Lgs. 195/2005, inoltre, fornisce una definizione di informazione ambientale per vero molto ampia, includendo in essa “qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale concernente: 1) lo stato degli elementi dell'ambiente, quali l'aria, l'atmosfera, l'acqua, il suolo, il territorio, i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica ed i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, e, inoltre, le interazioni tra questi elementi; 2) fattori quali le sostanze, l'energia, il rumore, le radiazioni od i rifiuti, anche quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi ed altri rilasci nell'ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell'ambiente, individuati al numero 1); 3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell'ambiente di cui ai numeri 1) e 2), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi; 4) le relazioni sull'attuazione della legislazione ambientale; 5) le analisi costi-benefici ed altre analisi ed ipotesi economiche, usate nell'ambito delle misure e delle attività di cui al numero 3); 6) lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, le condizioni della vita umana, il paesaggio, i siti e gli edifici d'interesse culturale, per quanto influenzabili dallo stato degli elementi dell'ambiente di cui al punto 1) o, attraverso tali elementi, da qualsiasi fattore di cui ai punti 2) e 3)”.

Nonostante l'accuratezza della definizione normativa - certamente dalle maglie molto larghe - è proprio sull'oggetto dell'accesso in materia ambientale che sono sorti dubbi interpretativi, come quello che è stato portato all'attenzione del Consiglio di Stato con la sentenza in commento.

4. La fattispecie sottoposta all’attenzione del TAR per il Piemonte.

La vicenda giudiziaria ha origine da un’istanza di accesso avanzata da una Onlus ambientalista ai sensi dell'art. 25 della L. 241/90 "anche in combinato disposto con il D.Lgs. 195/2005”.

Oggetto dell’istanza erano gli accordi quadro, i contratti applicativi, le convenzioni e gli accordi di collaborazione, in qualunque forma stipulati, tra gli anni 2019 e 2021, dal Politecnico di Torino con Eni S.p.a. ed altre società del settore energetico, nonché l'elenco dei corsi di laurea e post laurea finanziati in tutto in parte dalle medesime società e la documentazione attestante eventuali finanziamenti ad altro titolo erogati a favore del Politecnico di Torino.

L'associazione ambientalista, potendo articolare la propria istanza anche sotto forma di accesso procedimentale/defensionale ex art. 22 L. 241/90, ha avuto cura di precisare:

- di essere una associazione accreditata dal Ministero dell'Ambiente e quindi riconosciuta portatrice di interessi diffusi e legittimata a farli valere anche giudizialmente;

- che l'obiettivo dell'istanza era quello di poter verificare l'eventuale potere delle società finanziatrici di incidere sulle scelte didattiche, formative e, più in generale, scientifiche dell'Ateneo.

L’istanza è stata rigettata dal Politecnico di Torino sulla scorta dell'assunto per il quale le informazioni richieste non avrebbero potuto considerarsi “informazioni ambientali”, afferendo a rapporti di tipo finanziario.

Per tale ragione, l’Università ha ritenuto che non si potesse applicare il D.Lgs. 195/2005 e che, conseguentemente, dovendo applicare la L. 241/90, l'associazione ambientalista avrebbe dovuto provare la sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, imprescindibilmente connessa alla documentazione richiesta.

L'impugnazione del provvedimento di diniego da parte della Onlus è stata affidata a tre motivi di illegittimità: i) violazione della L. 241/90 in ragione della sussistenza di quella legittimazione ad agire a tutela dell'interesse diffuso che la società ambientalista aveva tenuto a precisare; ii) violazione del regolamento in materia di accesso ai documenti amministrativi che il Politecnico di Torino aveva adottato ai sensi del D.Lgs. 33/2013 (che qualifica come accessibili tutti i documenti in possesso dell'Ateneo ad eccezione di taluni, specificamente elencati nel regolamento, tra i quali certamente non rientravano gli accordi e le convenzioni richieste); iii) violazione della speciale normativa in materia di accesso alle informazioni ambientali di cui al D.Lgs. 195/2005.

Il TAR torinese, dopo aver ricordato che l'accesso defensionale ai sensi della L. 241/90 e l'accesso in materia ambientale ai sensi della speciale normativa di cui al D.Lgs. 195/2005 possono essere autonomamente e cumulativamente esercitati, ha comunque ritenuto di dover classificare la richiesta ostensiva in esame nell'ambito applicativo della normativa speciale.

Esaminando, pertanto, il terzo motivo di ricorso alla luce di un'interpretazione coerente con gli obiettivi posti dalla direttiva 2003/4/CE, ha ritenuto che il concetto di informazione ambientale non può riguardare solo i dati e i documenti immediatamente correlati con il bene ambiente. La nozione deve necessariamente comprendere anche tutte le scelte, le azioni e qualsivoglia attività amministrativa che facciano comunque riferimento, anche indirettamente, al tema della tutela dell'ambiente.

In tal modo, i Giudici di primo grado, con sentenza n. 379/2022, hanno valorizzato l'obiettivo della massima conoscibilità e trasparenza delle informazioni in materia ambientale perché funzionale a favorire la partecipazione dei cittadini ai processi latu sensu decisionali che riguardano il bene ambiente8.

5. La pronuncia del Consiglio di Stato n. 6611 del 6 luglio 2023.

La pronuncia è stata gravata sia dal Politecnico di Torino che da Eni S.p.a. cercando di variamente valorizzare i limiti che l'art. 5 del D.Lgs. 195/2005 pone all'accesso in materia ambientale.

Segnatamente, hanno addotto la necessità, per l’istante, di specificare in che modo gli accordi accademici siglati involgessero l'ambiente e la sua tutela. Hanno anche contestato la mancata considerazione del pregiudizio per la riservatezza delle informazioni commerciali ed industriali e per i diritti di proprietà intellettuale di terzi, che di contro costituiscono espressamente causa legittima di diniego all'accesso ai sensi dell’art. 5, comma 2, lettere d) ed e) del D.Lgs. 195/2005.

Al pari dei Giudici di primo grado, anche il Consiglio di Stato ha ritenuto dirimente ai fini del decidere la corretta interpretazione della nozione di “informazione ambientale accessibile” secondo la definizione recata dall'art. 2 del D.Lgs. 195/2005.

In tal senso, la condivisione della sentenza di prime cure è stata motivata partendo dal contesto fattuale nell'ambito nel quale è maturata la forma di partenariato pubblico-privato oggetto dell’istanza. Sono, invero, stati valorizzati gli obiettivi che l'Ateneo piemontese stava perseguendo con gli accordi siglati con le società che operano nel settore energetico e con ENI S.p.a. in particolare; questa, a sua volta, è società chiaramente impegnata nella ricerca di soluzioni e tecnologie innovative che possano condurre alla propria neutralità carbonica entro il 2050 (come dalla stessa ampiamente pubblicizzato).

Inoltre, il Consiglio di Stato ha ritenuto non si potesse validamente far riferimento ai casi di legittima esclusione dell'accesso ai sensi del comma 2, lettere d) ed e), dell'art. 5, posto che le esigenze di riservatezza delle informazioni commerciali e industriali erano state dalle appellanti meramente e genericamente addotte, senza individuare gli specifici rischi per il segreto industriale o commerciale che la concessione dell’accesso avrebbe comportato9.

Per tali ragioni, il Consiglio di Stato, con la pronuncia in commento, ha ritenuto infondati entrambi i gravami.

6. Riflessioni conclusive

La pronuncia appare assolutamente coerente con l'obiettivo della massima trasparenza e massima diffusione delle informazioni ambientali e con la tesi per la quale, proprio in ragione di questo obiettivo, la nozione di informazione accessibile non può che essere quanto più possibile elastica e finalisticamente orientata. Di contro, i limiti all'accesso devono essere tassativamente e restrittivamente applicati (come, peraltro, espressamente imposto dal legislatore).

Sul fronte procedimentale/processuale è interessante notare che il Consiglio di Stato non ha perso l’occasione di segnalare che la questione della riservatezza delle informazioni commerciali e industriali era stata sollevata unicamente con le difese giudiziali, così implicitamente stigmatizzando la prassi, purtroppo non infrequente, della integrazione postuma della motivazione dei provvedimenti amministrativi impugnati.


Note e riferimenti bibliografici

1Art. 22 L. 241/90: “1. Ai fini del presente capo si intende: a) per "diritto di accesso", il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi; b) per "interessati", tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale é chiesto l'accesso; c) per "controinteressati", tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza;d) per "documento amministrativo", ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale; e) per "pubblica amministrazione", tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario. 2. L'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza…..”. Dottrina e giurisprudenza oramai concordano nel ritenere che il diritto di accesso ai documenti – seppure con le limitazione legalmente poste – costituisca un diritto soggettivo indipendente dalla posizione soggettiva (che può essere di diritto soggettivo o di interesse legittimo) che strumentalmente si mira a tutelare (cfr. L. Bertonazzi, “Note sulla consistenza del cd diritto di accesso e sul suo regime sostanziale” in Dir. Proc. Amm., 2007; V. Lopilato “Manuale di diritto amministrativo”, G. Giappichelli Editore, 2007).

2Il D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicita’, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, individua la pubblicità come strumento per l’affermazione della trasparenza amministrativa: l’obbligo di pubblicità delle informazioni detenute dalla pubblica amministrazione imposto dal legislatore diviene il mezzo principale per lo svolgimento di quel controllo diffuso democratico, mentre il diritto di accesso defensionale di cui alla L.241/90 assume una posizione residuale, solo come strumento di difesa personale e individuale in tutti quei casi in cui il legislatore non ha previsto un obbligo di pubblicazione. Per quanto di interesse, l’attuale formulazione dell’art. 5 del D.Lgs. 33/2013, a valle della novella ad opera del D.Lgs. 97/2016, è così articolata: “1. L’obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione. 2. Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis…… Il primo comma enuncia l’accesso civico di c.d. “prima maniera”, il secondo comma quello di c.d. “seconda maniera”, successivo alla novella del 2016 (cfr. V. Lopilato “Manuale di diritto amministrativo”, G. Giappichelli Editore, 2007).

3Cfr. Aldo Loiodice, voce “Informazione (diritto alla)” in Enc. Dir.

4Art. 10 CEDU “Libertà di espressione”: “1. Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematografiche o televisive. 2. L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario”.

5Cfr., tra le tante, Giacomelli c. Italia 2006; Tatar c. Romania 2009; Hatton e altri c. Regno Unito 2003; Öneryldiz c. Turkia 2004; Guerra e altri c. Italia 1998.

6La Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini e l’accesso alla giustizia in materia ambientale è stata firmata ad Aarhus il 25.06.1998 da 46 Paesi e dall’Unione Europea sotto l’egida della Commissione Nazioni Unite per l’Europa. Ha costituito uno dei passaggi internazionali più importanti verso la trasparenza nei confronti dei cittadini sul tema della materia ambientale, ponendo l’obiettivo di “tutelare il diritto di ogni persona, nelle generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute il suo benessere” garantendo “il diritto all’accesso alle informazioni, di partecipazione del pubblico ai processi decisionali e di accesso alla giustizia in materia ambientale”. La Convenzione si posiziona nel solco tracciato dalla Dichiarazione di Rio nel 1992 che già, con il Principio 10, aveva posto ilriconoscimento dell’accesso dei cittadini all’informazione ambientale”. É costituita da 9 articoli e concerne le modalità di accesso alle informazioni, attraverso la definizione delle tempistiche e la gestione del rifiuto della richiesta, favorendo la trasparenza sulle fonti, la raccolta delle informazioni, la gratuità dell’accesso, la creazione di banche dati con la pubblicazione di rapporti periodici sull’inquinamento, la partecipazione del pubblico ai piani e ai programmi, la facilitazione dei ricorsi dei cittadini contro la mancanza di attuazione di provvedimenti da parte dell’ente pubblico e del privato (il testo in https://eur-lex.europa.eu/IT/legal-content/summary/access-to-information-public-participation-and-access-to-justice-in-environmental-matters-aarhus-convention.html).

7Si riporta il testo integrale dell’art. 5 D.Lgs. 195/2005 perché importante per comprendere la motivazione della pronuncia in commento: “1. L'accesso all'informazione ambientale è negato nel caso in cui: a) l'informazione richiesta non è detenuta dall'autorità pubblica alla quale è rivolta la richiesta di accesso. In tale caso l'autorità pubblica, se conosce quale autorità detiene l'informazione, trasmette rapidamente la richiesta a quest'ultima e ne informa il richiedente ovvero comunica allo stesso quale sia l'autorità pubblica dalla quale è possibile ottenere l'informazione richiesta; b) la richiesta è manifestamente irragionevole avuto riguardo alle finalità di cui all'articolo 1; c) la richiesta è espressa in termini eccessivamente generici; d) la richiesta concerne materiali, documenti o dati incompleti o in corso di completamento. In tale caso, l'autorità pubblica informa il richiedente circa l'autorità che prepara il materiale e la data approssimativa entro la quale detto materiale sarà disponibile; e) la richiesta riguarda comunicazioni interne, tenuto, in ogni caso, conto dell'interesse pubblico tutelato dal diritto di accesso. 2. L'accesso all'informazione ambientale è negato quando la divulgazione dell'informazione reca pregiudizio: a) alla riservatezza delle deliberazioni interne delle autorità pubbliche, secondo quanto stabilito dalle disposizioni vigenti in materia; b) alle relazioni internazionali, all'ordine e sicurezza pubblica o alla difesa nazionale; c) allo svolgimento di procedimenti giudiziari o alla possibilità per l'autorità pubblica di svolgere indagini per l'accertamento di illeciti; d) alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, secondo quanto stabilito dalle disposizioni vigenti in materia, per la tutela di un legittimo interesse economico e pubblico, ivi compresa la riservatezza statistica ed il segreto fiscale, nonché ai diritti di proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30; e) ai diritti di proprietà intellettuale; f) alla riservatezza dei dati personali o riguardanti una persona fisica, nel caso in cui essa non abbia acconsentito alla divulgazione dell'informazione al pubblico, tenuto conto di quanto stabilito dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196; g) agli interessi o alla protezione di chiunque abbia fornito di sua volontà le informazioni richieste, in assenza di un obbligo di legge, a meno che la persona interessata abbia acconsentito alla divulgazione delle informazioni in questione; h) alla tutela dell'ambiente e del paesaggio, cui si riferisce l'informazione, come nel caso dell'ubicazione di specie rare. 3. L'autorità pubblica applica le disposizioni dei commi 1 e 2 in modo restrittivo, effettuando, in relazione a ciascuna richiesta di accesso, una valutazione ponderata fra l'interesse pubblico all'informazione ambientale e l'interesse tutelato dall'esclusione dall'accesso. 4. Nei casi di cui al comma 2, lettere a), d), f), g) e h), la richiesta di accesso non può essere respinta qualora riguardi informazioni su emissioni nell'ambiente. 5. Nei casi di cui al comma 1, lettere d) ed e), ed al comma 2, l'autorità pubblica dispone un accesso parziale, a favore del richiedente, qualora sia possibile espungere dall'informazione richiesta le informazioni escluse dal diritto di accesso ai sensi dei citati commi 1 e 2. 6. Nei casi in cui il diritto di accesso è rifiutato in tutto o in parte, l'autorità pubblica ne informa il richiedente per iscritto o, se richiesto, in via informatica, entro i termini previsti all'articolo 3, comma 2, precisando i motivi del rifiuto ed informando il richiedente della procedura di riesame prevista all'articolo 7”.

8Cfr. Principio 10 della “Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo” del giungo 1992: “Il modo migliore di trattare le questioni ambientali è quello di assicurare la partecipazione di tutti i cittadini interessati, ai diversi livelli”: la pubblica partecipazione è il mezzo per garantire la protezione dell’ambiente e la sostenibilità dello sviluppo. La democrazia non può che passare attraverso l’assicurazione del contraddittorio con gli amministrati nel corso dei processi decisionali e “democrazia” in materia ambientale significa informare i cittadini degli interventi autorizzandi, dei fenomeni inquinanti, dei problemi e delle conseguente, sia immediate che lungolatenti, e ascoltare i bisogni e le richieste provenienti dal basso. Permettere una valida e compiuta conoscenza ai cittadini attraverso la diffusione di informazioni accurate ed attendibili è il passaggio vitale per la partecipazione consapevole della società civile alla res publica e per la più corretta (perché frutto della ponderazione di tutti gli interessi espressi) definizione delle politiche ambientali.

9La questione del rapporto tra il diritto di accesso e la riservatezza delle informazioni riferibili ai terzi controinteressati ha duramente impegnato il legislatore e gli interpreti. Nella L. 241/90 l'equo contemperamento dei confliggenti interessi è affidato all'art. 24 che pone delle esclusioni “assolute” (per i documenti coperti da segreto, per i procedimenti tributari e per l'attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione - per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano - e per i documenti contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi ai terzi), e demanda alla fonte secondaria del regolamento governativo il compito di individuare atti da sottrarre all’accesso qualora dalla loro divulgazione possa derivare una lesione, specificamente individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, all'esercizio della sovranità ed alla continuità delle relazioni internazionali, ai processi di determinazione e attuazione della politica monetaria e valutaria, nonché quando i documenti riguardino le dotazioni di mezzi e personale strumentali alla tutela dell'ordine pubblico, l'attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e, infine, quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di altri soggetti dell'ordinamento (con particolare riferimento ai c.d. interessi sensibili tra i quali quello sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale). La norma prevede, infine, una terza categoria di atti esclusi dall'accesso, la cui individuazione presuppone una valutazione comparativa da parte dell'interprete (cfr. V. Lopilato “Manuale di diritto amministrativo”, G. Giappichelli Editore, 2007). É, infatti, previsto che l'accesso debba essere comunque consentito nel caso in cui sia necessario per la difesa dei diritti e degli interessi dell'istante e, ove sia richiesto l'accesso a dati sensibili, che il bene della vita che l'istante intende perseguire o difendere debba essere di rango almeno pari a quello inciso dall'accesso. La questione giuridica del rapporto tra accesso e riservatezza si è frequentemente posta, nella casistica concreta, con riferimento all'accesso ai dati fiscali e reddituali di terzi (si pensi alle necessità probatorie nei procedimenti in materia di separazione e divorzio - sulla questione specifica si è recentemente espressa l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 19/2020) e, soprattutto, nel settore delle procedure ad evidenza pubblica, con riferimento alla ostensibilità dell'intera offerta tecnica del controinteressato. In tale ultima ipotesi, la necessità della acquisizione documentale per poter tutelare gli interessi del partecipante ad una gara non vittorioso si scontra con la possibilità che l'offerta tecnica degli altri partecipanti alla medesima procedura contenga segreti industriali o commerciali, know how aziendali, tecnologie innovative ecc. la cui indiscriminata divulgazione implicherebbe una distorsione della libera concorrenza. La giurisprudenza in materia è ormai costante nel ritenere che il diritto d'accesso non possa essere impedito da generiche ragioni di riservatezza industriale o commerciale riferite all'intera offerta tecnica poiché ciò costituirebbe una motivazione apparente, ma solo da specifiche esigenze di riservatezza relative a ben determinate informazioni contenute nel documento, informazioni che dovranno essere, quindi, escluse dall'ostensione (cfr. Adunanza Plenaria Consiglio di Stato n.4/2021 e, tra le tante, Consiglio di Stato n. 1437/2021, TAR Lombardia, Milano, n. 1526/2021 e n. 145/2022, TAR Lazio, Roma, n. 1872/2022, Consiglio di Stato n. 787/2023). Chiaramente, la questione del rapporto tra trasparenza e riservatezza si è posto a fortiori con riferimento all'accesso civico di cui al D.Lgs. 33/2013. La Corte Costituzionale è stata investita della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14 comma 1bis nella parte in cui prevede che tutti i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, devono rendere pubblici molti dati afferenti alla sfera personale relativi in particolare alla dichiarazione contenente l’indicazione dei redditi soggetti ad IRPEF, nonché i diritti reali su beni immobili e su beni mobili scritti in pubblici registri, alle azioni e partecipazioni societarie ecc…Con la decisione n. 20/2019, nell’escludere la possibilità di una pronuncia manipolativa, ha demandato al legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, l’arduo compito di individuare i dati da pubblicarsi attraverso il bilanciamento con la ratio della disposizione, che è quello di combattere la corruzione. Il bilanciamento deve, dunque, avvenire alla luce della necessaria applicazione del principio di proporzionalità. Si tratta di regole e principi che non vi è ragione di non applicare analogicamente anche con riferimento all'accesso alle informazioni ambientali ove vengano in rilievo informazioni di natura industriale o commerciale la cui divulgazione potrebbe comportare un ingiusto danno al controinteressato, come del resto ha ritenuto il Consiglio di Stato nella pronuncia in commento.