Pubbl. Sab, 5 Ago 2023
Per la Corte costituzionale i messaggi Whatsapp e di posta elettronica rientrano nella nozione di corrispondenza
Modifica paginaEditoriale a cura di Camilla Della Giustina
Rientra nelle competenze degli organi investigativi sequestrare i ”contenitori” di dati informatici appartenenti a terzi soggetti. Tuttavia, qualora venga riscontrata la presenza di messaggi scambiati con un Parlamentare devono sospendere l´estrazione. Questo è quanto ha statuito la Corte costituzionale con la sentenza n. 170/2023.
IL CASO: con ricorso depositato l'11 maggio 2022, il Senato della Repubblica promuoveva conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Firenze. Quest'ultima, infatti, aveva acquisito agli atti del procedimento penale pendente nei confronti del Senatore Matteo Renzi una corrispondenza scritta riguardante il medesimo Senatore.
Parte ricorrente, più precisamente, evidenziava come la Procura di Firenze, procedendo al sequestro di disposizioni mobili di comunicazione appartenenti a terzi soggetti, avesse acquisito, altresì, messaggi scambiati via Whatsapp tra il Senatore, Matteo Renzi, e un altro soggetto (V.U.M.).
Alla luce di ciò, parte ricorrente sottolineava come l'attività di sequestro del materiale senza la preventiva autorizzazione del Senato sia violativa della sfera di attribuzione di quest'ultimo potere dello Stato.
La tesi sostenuta si fonda sull'art. 68 Cost. in forza del quale è necessaria l'autorizzazione della Camera di appartenenza “per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza".
I messaggi, infatti, sono stati ritenuti riconducibili alla nozione di "corrispondenza" e non di "meri documenti". La prima, infatti, ha un significato costituzionalmente rilevante la cui tutela non si esaurisce con la ricezione del messaggio da parte del destinatario ma permane fino al momento in cui il messaggio conserva carattere di attualità e interesse per gli interlocutori. In altri termini, "l’art. 68, terzo comma, Cost. tutela la corrispondenza dei membri del Parlamento – ivi compresa quella elettronica – anche dopo la ricezione da parte del destinatario, almeno fino a quando, per il decorso del tempo, essa non abbia perso ogni carattere di attualità, in rapporto all’interesse alla sua riservatezza, trasformandosi in un mero documento 'storico'".
A ciò si aggiunge la possibilità di includere nel concetto di "corrispondenza" anche messaggi Whatsapp o di posta elettronica. A tal proposito, la Consulta ha evidenziato che il concetto di " «corrispondenza» è ampiamente comprensivo, atto ad abbracciare ogni comunicazione di pensiero umano (idee, propositi, sentimenti, dati, notizie) tra due o più persone determinate, attuata in modo diverso dalla conversazione in presenza”, prescindendo dal mezzo comunicativo utilizzato. Di conseguenza, detta "garanzia si estende, quindi, ad ogni strumento che l’evoluzione tecnologica mette a disposizione a fini comunicativi, compresi quelli elettronici e informatici, ignoti al momento del varo della Carta costituzionale (..) Posta elettronica e messaggi inviati tramite l’applicazione WhatsApp (appartenente ai sistemi di cosiddetta messaggistica istantanea) rientrano, dunque, a pieno titolo nella sfera di protezione dell’art. 15 Cost., apparendo del tutto assimilabili a lettere o biglietti chiusi".
Per quanto concerne il messaggio WhatsApp, anch’esso è coperto da riservatezza poiché “accessibile solo al soggetto che abbia la disponibilità del dispositivo elettronico di destinazione, normalmente protetto anch’esso da codici di accesso o altri meccanismi di identificazione".
A questo si deve aggiungere che "la nozione di «corrispondenza» – utilizzata anche nell’art. 68, terzo comma, Cost. senza ulteriore specificazione – appare, tuttavia, sufficientemente ampia da ricomprendere le forme di scambio di pensiero a distanza che qui vengono in rilievo, costituenti altrettante “versioni contemporanee” della corrispondenza epistolare e telegrafica. Sostenere il contrario, in un momento storico nel quale la corrispondenza cartacea, trasmessa tramite il servizio postale e telegrafico, è ormai relegata, nel complesso, a un ruolo di secondo piano, significherebbe d’altronde deprimere radicalmente la valenza della prerogativa parlamentare in questione".
In conclusione, per la Corte costituzionale, gli organi investigativi sono abilitati a disporre il sequestro di "contenitori" di dati informatici appartenenti a terzi (computer, tablet, smartphone). Tuttavia, qualora venga riscontrata la presenza di messaggi intercorsi con un parlamentare devono sospendere l'estrazione di detti messaggi dalla memoria del dispositivo e chiedere l'autorizzazione alla Camera di appartenenza.
Pertanto, la Corte costituzionale ha dichiarato che non "spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Firenze acquisire agli atti del procedimento penale iscritto al n. 3745 del registro generale delle notizie di reato del 2019, sulla base di decreti di perquisizione e sequestro emessi il 20 novembre 2019, corrispondenza riguardante il senatore Matteo Renzi, costituita da messaggi di testo scambiati tramite l’applicazione WhatsApp tra il senatore Renzi e V. U. M. nei giorni 3 e 4 giugno 2018, e tra il senatore Renzi e M. C. nel periodo 12 agosto 2018-15 ottobre 2019, nonché da posta elettronica intercorsa fra quest’ultimo e il senatore Renzi, nel numero di quattro missive, tra il 1° e il 10 agosto 2018".