Pubbl. Mar, 16 Mag 2023
I codici civili dell´indipendenza e la specificità del sistema giuridico latinoamericano
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Davide Marino
L´articolo analizza la specificità del sistema giuridico latinoamericano prendendo come riferimento i codici civili elaborati nel XIX secolo. L´analisi prosegue evidenziando come l´unità del sistema trovi conferma nel rinvio ai “principi generali del diritto” e alla dimensione latinoamericana di essi, che in tali codici è costante, rispetto alla maggior frammentazione che ha caratterizzato l´Europa per via del nazionalismo giuridico. In conclusione, si osserva che il processo di auspicata unificazione giuridica del continente, sebbene abbia basi solide, sia stato frenato da fattori giuridici e sociopolitici che hanno impedito di raggiungere i risultati sperati.
The civil codes of independence and the specificity of the Latin American legal system
The paper analyses the specificity of the Latin American legal system taking as a reference the civil codes drawn up in the nineteenth century. The analysis goes on to show that the unity of the system is confirmed by the reference to the “general principles of law” and the Latin American dimension of them, which in these codes is constant, compared to the greater fragmentation that has characterized Europe due to the legal nationalism. In conclusion, it is noted that the process of the desired legal unification of the continent, although it has solid foundations, has been hampered by legal and socio-political factors that have prevented to achieve the desired results.Sommario: 1. Premessa; 2. I codici civili dell’indipendenza; 3. Codici civili e rinvio ai “principi generali del diritto”; 3.1. I diritti dei popoli indigeni; 4. Tentativi di unificazione del diritto privato latinoamericano; 4.1. L’esperienza dei “codici tipo”; 5. Conclusioni.
1. Premessa
Il sistema giuridico latinoamericano è un “sottosistema” del sistema giuridico romanista, come ampiamente dimostrato dalla dottrina a partire dalla fine del XIX secolo[1]: l’identificazione di numerosi elementi comuni ai singoli ordinamenti giuridici e il riconoscimento successivo della base costituita da un «blocco socio-culturale unitario romano-iberico-precolombiano» ne testimoniano la specificità[2].
Fin dall’età della conquista il diritto romano è stato recepito in America latina tramite la penisola iberica: l’“anima” romanista del sistema ha trovato poi consacrazione con le codificazioni civili elaborate all’indomani dei moti per l’indipendenza scoppiati all’inizio del XIX secolo.
L’obiettivo dell’articolo è quello di mettere in evidenza l’importanza che queste codificazioni hanno avuto nel processo di graduale creazione di un sistema giuridico contraddistinto da una propria individualità e unità, nella prospettiva di un’unificazione giuridica del continente latinoamericano, rispetto alla maggior frammentazione che ha caratterizzato l’Europa, nella quale la costante compresenza del diritto comune con il diritto nazionale ha determinato un nazionalismo giuridico che ha permeato gli ordinamenti statuali europei dalla fine del XIX secolo, solo di recente contrastato, principalmente, dalla cultura giuridica spagnola.
2. I codici civili dell’indipendenza
Con la conquista del Nuovo mondo da parte di Spagna e Portogallo, a partire dal XVI secolo il diritto europeo, nella forma del diritto luso-castigliano, si diffuse nei territori latinoamericani[3].
Come ha ben evidenziato Augustín Diaz Bialet[4], questa prima fase della transfusión[5] del diritto romano in America latina si caratterizza per l’applicazione in quei territori dello ius commune americano, costituito dal diritto in vigore nella Penisola iberica e dal c.d. diritto indiano, specificamente elaborato dalla madrepatria allo scopo di risolvere i casi particolari che via via si presentavano nei nuovi possedimenti.
Il processo di “trasfusione” del diritto romano ha trovato poi un approdo definitivo nelle codificazioni civili del XIX secolo, redatte dagli stati latinoamericani all’indomani dell’indipendenza, ottenuta pacificamente in Brasile e in modo cruento nelle colonie di lingua spagnola, e dopo aver definito un assetto istituzionale con l’approvazione delle Costituzioni nazionali.
Andrés Bello, autore del Codice civile cileno del 1855, identifica proprio nel diritto romano la «fonte della legislazione che ci regge», e aggiunge che «coloro che la guardano come una legislazione straniera sono stranieri essi stessi nella nostra»: questa affermazione di Bello, risalente al 1834, è una testimonianza forte dell’approccio che i giuristi latinoamericani hanno avuto dinnanzi al diritto romano durante l’elaborazione dei codici dell’indipendenza. Per il giurista venezuelano, come sostiene il romanista Sandro Schipani, «nel diritto non c’è una frattura analoga a quella che c’è fra il latino e il castigliano, non ci sono i confini fra le diverse “patrie”»[6]. Ed è in questa prospettiva che lo stesso Schipani individua nei codici civili del XIX secolo un legame forte con il Corpus iuris civilis e i suoi sviluppi[7].
In questo quadro, a parte i primi codici, i quali ricalcano o traducono il Code napoléon[8], per le esperienze codificatorie successive «l’ambiente latinoamericano per ciò che riguarda il diritto, ed in particolare il diritto privato e quindi i codici civili che ne racchiudono il testo fondamentale, conservò una notevole autonomia»[9], pur rimanendo costante il riferimento alle legislazioni europee, soprattutto al diritto spagnolo[10].
Autonomia che si può rinvenire, ad esempio, analizzando il lavoro compiuto da Dalmacio Vélez Sarsfield per redigere il Codice civile argentino del 1869, in cui il richiamo costante alla legislazione europea continentale non ne ha frenato gli sviluppi endogeni.
Questi codici sono essenzialmente il risultato di lavori di singoli giuristi, a partire dai codici elaborati da coloro che sono considerati i “padri fondatori” del diritto privato latinoamericano: Augusto Teixeira de Freitas per il Brasile e i già citati Andrés Bello per il Cile e Dalmacio Vélez Sarsfield per l’Argentina. Come ha sottolineato José M. Castán Vázquez, pur non mancando in America latina civilisti adatti a costituire commissioni, ciò è spiegato dal fatto che i tre giuristi in questione «godevano di un prestigio eccezionale e che in America non prevaleva all’epoca l’idea che un lavoro collettivo fosse necessariamente superiore a quello di un solo giurista»[11].
L’università rappresentò il luogo di incontro di questi giuristi romanisti, favorendo la circolazione dei codici e le influenze reciproche. In relazione a questo il comparatista brasiliano Haroldo Valladão[12] ha identificato l’esistenza di due correnti all’interno del movimento codificatorio: delle “Ande” (o del “Pacifico”) e dell’“Atlantico”. Per la prima, riconducibile ai codici civili di Cile, Ecuador, Colombia, Panama, Honduras, Nicaragua ed El Salvador, Valladão individua come base comune l’opera di Bello, mentre per la seconda, che ricomprende i codici di Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay mette in luce come i modelli di riferimento siano costituiti dalle elaborazioni di Teixeira de Freitas o di Vélez Sarsfield, o di entrambi.
La circolazione dei modelli costituisce una peculiarità del processo di codificazione latinoamericano, al contrario di quanto è avvenuto in Europa, dove il Code napoléon ha rappresentato sostanzialmente l’unico riferimento per le altre codificazioni del continente, mettendo ben presto in secondo piano gli altri due modelli dell’epoca, l’ALR prussiano del 1794 e l’ABGB austriaco del 1811[13].
3. Codici civili e rinvio ai “principi generali del diritto”
In questo contesto emerge il carattere spiccatamente universalistico del diritto privato latinoamericano che nei codici dell’indipendenza trova conferma nel rinvio costante ai “principi generali del diritto”, intesi come i principi del diritto romano codificato nel Corpus iuris civilis e dei suoi sviluppi posteriori.
Secondo Sandro Schipani «per questi codici della trasfusione del diritto romano e dell’indipendenza, per il complesso delle altre leggi e delle norme che li affiancano, il riferimento ai principi generali del diritto», volto a integrare le lacune dei diversi ordinamenti e a orientare l’interpretazione, «ha costituito e continua ininterrottamente a costituire la formulazione tecnica del riconoscimento della continuità e unitarietà del sistema»[14].
La possibilità di “eterointegrare” i codici civili attraverso il rinvio ai principi generali del diritto è stata stabilita per la prima volta nel Codice civile per gli stati di sua maestà il re di Sardegna del 1837[15]. In questo modo, sostiene sempre Schipani, «il codificatore del Regno di Sardegna ha voluto confermare che il codice, e il complesso dell’ordinamento dello stato, non veniva a costituire un universo chiuso su sé stesso, ma era strutturalmente collegato con il sistema del diritto romano nella sua totalità, individuato nei suoi “principi generali”»[16].
Il rinvio a tali principi è stato poi ripreso ampiamente nelle elaborazioni codicistiche da ambo i lati dell’oceano, ma con soluzioni contrastanti: da una parte in Europa si è assistito, soprattutto a partire dagli ultimi decenni del XIX secolo e fino alla metà del secolo scorso, a una chiusura degli ordinamenti giuridici su se stessi per via delle spinte statual-legaliste, in forza dell’affermazione degli stati nazionali che hanno “statalizzato” il diritto romano[17]; dall’altra in America latina la continuità del riferimento ai principi generali del diritto sin dalle codificazioni dell’indipendenza ha rappresentato il fondo comune attraverso il quale si è alimentata l’unità e la specificità del sistema, pur non mancando anche qui tendenze disgregatrici.
Come nel caso, ad esempio, dell’art. 2 del nuovo Codice civile argentino del 2014[18] per cui «La ley debe ser interpretada teniendo en cuenta sus palabras, sus finalidades, las leyes análogas, las disposiciones que surgen de los tratados sobre derechos humanos, los principios y los valores jurídicos, de modo coherente con todo el ordenamiento»[19].
A questo proposito David Fabio Esborraz sottolinea che nella formula conclusiva è forte l’influsso dell’art. 12 delle disposizioni preliminari al Codice civile italiano del 1942 in cui si richiamano i «principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato»[20]. In particolare rimarca che «questa apparente chiusura dell’ordinamento su sé stesso, segno della presenza forse inconsapevole di frange di statual-legalismo […] non ha precedenti nel diritto argentino»[21], sin dal codice del 1869 che rinviava espressamente ai “principi generali del diritto”.
Occorre osservare che questa formulazione del codificatore argentino contrasta con quanto raccomandato dalla dottrina argentina, la quale durante le XI Jornadas nacionales de derecho civil tenutesi a Buenos Aires nel 1987 su questo punto aveva concluso che «i codici latinoamericani impongono i principi del diritto come norme integratrici e interpretatrici delle leggi» specificando che «nel riformare l’articolo 16 del Codice civile [argentino]» si sarebbe dovuto fare esplicito rinvio ai principi generali del diritto, «preferibilmente quelli del sistema giuridico latinoamericano»[22].
Del resto l’utilità di riformare l’art. 16 del codice del 1869 facendo riferimento ai «principios del sistema jurídico latinoamericano» come strumento di unificazione del diritto affidato alla dottrina era stata ribadita dalla stessa scienza giuridica argentina anche nelle XIV Jornadas nacionales de derecho civil svoltesi a Tucumán nel 1993.
È in questa prospettiva che deve essere interpretato l’art. VIII del titolo preliminare del Codice civile del Perù del 1984: secondo Schipani con il riferimento ai principi che «que inspiran el derecho peruano»[23] il codificatore peruviano ha apportato «una grande innovazione nel quadro dei codici latinoamericani [...] ha, con tali parole, prescritto la ricerca, all’interno dei “principi generali”, di più particolari e preferibili “principi ispiratori” del diritto peruviano, e, con tale locuzione “no se refiere a [...] principios ‘nacionales’ de derecho”, bensì ha fatto oggettivamente riferimento alla specifica dimensione latinoamericana del codice stesso; alla realtà del sistema giuridico latinoamericano che si è formato, con una propria unità e specificità, all’interno del sistema romanista, e che ispira, informa i diversi ordinamenti del continente»[24].
Sempre Schipani mette in luce che «la codificazione di questa norma si pone sulla linea del principio romano di “suis legibus uti”» e in questo modo dimostra la volontà del codificatore (dottrina e legislatore) peruviano (e per questa via latinoamericano), di rafforzare la specificità del sistema[25].
Infatti, il richiamo ai principi generali del diritto, e alla dimensione latinoamericana di essi, è rilevante non solo in chiave di unificazione ed armonizzazione del diritto di quel continente, di cui si tratterà più estesamente nel paragrafo successivo, ma agisce anche in altre molteplici direzioni. In primo luogo nei Paesi latinoamericani si assiste alla formazione di un mos latinoamericanus iura legendi ac docendi[26] che si manifesta in diversi elementi che mancano, o sono sfumati, nella tradizione giuridica europea.
Tra questi, ad esempio: il riconoscimento dei diritti civili anche agli stranieri, al contrario dell’Europa in cui si è imposto il principio di reciprocità, come risultato di una cultura giuridica che contrappone cittadini e stranieri; la protezione della persona-uomo concreto, contro una legislazione europea propensa a tutelare l’uomo solo in quanto “soggetto di diritto”; e ancora, l’accoglimento, di fianco al principio della colpa, di determinate fattispecie tipiche di responsabilità extracontrattuale oggettiva e degli strumenti processuali per farla valere (come per le actiones populares), che non trovano spazio nei codici civili europei; o il favor debitoris, inteso in particolar modo come una tutela maggiore accordata alla parte più debole del rapporto giuridico.
In secondo luogo, l’individualità del sistema latinoamericano emerge attraverso la funzione attiva svolta dal già richiamato principio di suis legibus uti a supporto dei popoli indigeni, e non per il rafforzamento «di stati territoriali nazionali che spezzino l’unità del comune diritto».
Per finire, si sottolinea l’importanza che tali principi rivestono «nei rapporti, nel confronto, nelle reciproche interferenze fra i grandi sistemi giuridici contemporanei», ma affinché possano operare in modo efficace in tal senso sono necessari «strumenti scientifici e dommatici che favoriscano la resistenza» dei principi stessi all’interno del sistema giuridico, al fine di valorizzare la specificità di quest’ultimo[27].
3.1. I diritti dei popoli indigeni
Proprio con riferimento al principio di suis legibus uti e alla sua applicazione nei confronti delle comunità indigene, occorre mettere in evidenza che a partire dagli ultimi decenni del XX secolo vi è stato un ampio ripensamento della materia da parte della dottrina e della legislazione latinoamericana.
L’approccio paternalistico volto a proteggere gli indigeni in quanto “minoranze” ha lasciato il posto a una prospettiva differente nella quale il riconoscimento dei diritti di questi popoli, nel nome di un’uguaglianza sostanziale, non debba obbligatoriamente passare per una loro inclusione nella “società progredita” [28].
Un obiettivo che si è cercato di raggiungere non solo attraverso l’accoglimento di tali diritti così ripensati nei dettati costituzionali e negli stessi codici civili, ma anche attraverso l’approvazione di legislazioni speciali con le quali si è giunti «al riconoscimento delle istituzioni di origine precolombiana in ambiti personali e territoriali delimitati»[29].
In questa prospettiva il sentimento della scienza giuridica e la volontà dello stesso legislatore dell’area latinoamericana sono stati rafforzati dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni del 2007 nella quale accanto allo spazio riservato ai «diritti dei “singoli individui indigeni” anche nei confronti della loro comunità» viene accolto, all’art. 26, «il diritto collettivo “alle terre, territori e risorse che hanno tradizionalmente posseduto, o occupato o altrimenti utilizzato o acquisito”»[30].
4. Tentativi di unificazione del diritto privato latinoamericano
L’individuazione della dimensione latinoamericana dei principi generali del diritto, come anticipato nel paragrafo precedente, riveste un ruolo primario anche all’interno del processo di unificazione del diritto privato in America latina.
Un’ambizione, quest’ultima, che la scienza giuridica latinoamericana si è posta sin dagli ultimi decenni del XIX secolo attraverso l’organizzazione di congressi e giornate nazionali e internazionali, contribuendo in questo modo ad alimentare l’ideale bolivariano dell’integrazione politica e giuridica dell’America latina, manifestato dal rivoluzionario venezuelano già durante il primo Congresso panamericano svoltosi a Panama nel 1826.
Il Congresso di Lima del 1877-79, convocato dal governo peruviano con lo scopo di uniformare il diritto privato latinoamericano, divenne quindi l’occasione per proporre uno dei codici dell’indipendenza come base comune. Nonostante il fallimento della proposta del governo cileno di adottare a questo scopo il Codice civile di Bello, già adottato o preso come riferimento da molti altri stati dell’area, l’aspirazione all’unificazione giuridica fu supportata da numerose iniziative di questo tipo nei decenni successivi, soprattutto dopo la metà del XX secolo.
Infatti, se le conferenze organizzate prima del secondo conflitto mondiale ebbero risultati molto deludenti poiché si prefiggevano come fine principale di raggiungere l’integrazione giuridica coinvolgendo anche gli stati nordamericani, ambizione che si rivelò ben presto irrealizzabile, nella seconda metà del secolo i contributi della scienza giuridica hanno portato a risultati più concreti. Tra le riunioni scientifiche svoltesi in questo periodo si ricordano qui le già citate jornadas nacionales de derecho civil che si svolgono periodicamente in Argentina dal 1927, e che nel 2022 sono giunte alla ventottesima edizione.
4.1. L’esperienza dei “codici tipo”
Sulla scia di queste riunioni, a partire dagli ultimi decenni del XX secolo la dottrina giuridica latinoamericana ha prodotto anche i “códigos tipo”, dando un impulso innovatore al processo di unificazione giuridica.
Essi attingono al diritto comune del continente e rappresentano un’elaborazione articolata e chiarificatrice dei principi generali del diritto, segnatamente del diritto latinoamericano. Si tratta di modelli (realizzati non solo nell’ambito del diritto privato) destinati a ciascun legislatore, ma soprattutto affidati alla dottrina affinché, nell’interpretare i distinti ordinamenti, li possa indirizzare in modo uniforme.
A questo proposito Schipani mette in evidenza come l’esperienza dei “codici tipo”/”codici modello” sia «qualificabile come specificamente latinoamericana». L’attività di realizzazione di questi codici, avviata all’inizio degli anni sessanta, si è concretizzata nel corso degli anni settanta e ottanta con la realizzazione di codici tipo per il diritto penale, per la procedura civile, per la procedura penale e per il diritto tributario. Sono stati altresì fissati i principi per la redazione di un codice tipo di diritto del lavoro, e per quel che riguarda più in particolare la materia inerente ai codici civili, sono state gettate le basi per codici tipo in materia di persona, di impresa e di obbligazioni[31].
5. Conclusioni
Occorre però evidenziare che nonostante gli sforzi profusi, i risultati ottenuti sinora non sono stati quelli sperati e l’auspicata unificazione giuridica latinoamericana, per la cui realizzazione la lingua comune può costituire un fattore di spinta significativo, appare ancora lontana. Agli ostacoli di ordine strettamente giuridico, legati in modo particolare al dilagare delle tendenze statual-legaliste fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo che ne hanno rallentato lo sviluppo, e che peraltro sembrano mostrare ancora alcuni “rigurgiti”[32], si deve aggiungere la cronica instabilità economica e sociopolitica dell’area che inevitabilmente frena il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Sotto questo profilo i numerosi processi di integrazione regionale e sub-regionale sviluppatisi in America latina negli ultimi quarant’anni[33], attraverso i quali si è cercato di superare la tradizionale dipendenza dagli Stati Uniti d’America, hanno agito in un duplice senso: da una parte i progetti di integrazione economica e politica hanno dato impulso alle tendenze unificatrici anche nell’ambito del diritto, dall’altra le difficoltà interne e internazionali a sviluppare compiutamente queste organizzazioni hanno costituito, e costituiscono tuttora, un ostacolo per la stessa integrazione giuridica.
Né è un esempio il Mercosur, che tra gli spazi di integrazione in area latinoamericana può essere considerato tra quelli con caratteristiche più simili all’Unione europea ma che allo stato attuale, afferma Antonio Saccoccio, «non è ancora riuscito a produrre un vero e proprio diritto comunitario»[34], anche a causa dello storico protezionismo nazionalistico che impedisce la creazione di vere e proprie istituzioni sovranazionali come, al contrario, è avvenuto in Europa.
Purtuttavia, continua Saccoccio, «il diritto privato dei Paesi che formano parte del Mercosur si caratterizza già” ex se” per una comunità di concetti, principi, regole, istituti e norme (non solo nell’ambito privatistico ma anche, ad es., in quello costituzionale) che di fatto si traduce in un’armonizzazione del loro diritto». Tutto questo grazie anche alla sinergia tra l’attività del legislatore, il lavoro di ri-sistematizzazione dei giuristi e l’“attivismo” dei magistrati», spesso in comunicazione fra loro sia all’interno che verso l’esterno degli ordinamenti statuali latinoamericani, che «conduce ad una spiccata internazionalizzazione dei diritti nazionali e all’unificazione giurisprudenziale del diritto in diversi settori»[35].
“Comunicazione” che per gli aspetti sopra evidenziati, e nel rispetto dei ruoli, appare necessaria sia fra gli operatori del diritto sia tra questi e le altre componenti della vita pubblica, i decisori politici in primis, nella convinzione che solo in questo modo si possa accelerare l’auspicata unificazione giuridica e per questa via contribuire a migliorare la qualità della vita del popolo latinoamericano.
[1] La letteratura sull’esistenza del sistema giuridico latinoamericano è vasta. Per un quadro introduttivo si veda M. ROSTI, Sull’esistenza di un sistema giuridico ibero-americano. La ricostruzione di un dibattito e prospettive di ricerca, in The Cardozo Electronic Law Bulletin, www.jus.unitn.it, vol. 3, 2007 (ultimo accesso 09/05/2023).
[2] P. CATALANO, Intervento di saluto, in Dalmacio Vélez Sarsfield e il diritto latinoamericano (atti di congresso, Roma, 17-19 marzo 1986), a cura di Schipani, Padova, 1991, 8.
[3] Prima dell’indipendenza si deve distinguere fra il “diritto coloniale” vigente nei possedimenti spagnoli e quello vigente nei territori sotto il dominio portoghese, benché anche in questi ultimi la legislazione del Regno del Portogallo (Ordenaçoes alfonsinas e manuelinas) fu sostituita dal diritto castigliano tramite le Ordenaçoes filipinas durante l'unione delle monarchie spagnola e portoghese fra il 1580 e il 1640 (per diritto castigliano si intende quel sistema di norme applicate nel Regno di Castiglia in cui accanto ad alcuni elementi arcaici di età pre-romana e altomedievale, coesistevano il diritto romano-visigoto e canonico e un diritto nuovo creato dagli organi competenti, che consisteva in un adattamento del diritto comune alle esigenze del momento). Su queste norme si innestavano quelle dettate specificamente per i territori coloniali (c.d. diritto indiano), ma con una differenza di fondo, sebbene formale, che occorre evidenziare: mentre nel sistema della fonti giuridiche ispanoamericane il rinvio al diritto romano è presente principalmente come dottrina, in quelle portoghesi è diretto.
[4] Si veda A. DÍAZ BIALET, La transfusion du droit romain, in Revue internationale des droits de l’antiquité, 1971, vol. 18, 471-478.
[5] Come sottolinea Antonio Saccoccio «il concetto di “transfusión” […] mi pare, oltreché maggiormente adeguato a descrivere la realtà giuridica latinoamericana, anche più limpido di quello, attualmente circolante in Europa, di “legal transplant”: anche i trapianti giuridici, infatti, come quelli medici, danno luogo a crisi di rigetto!» (“Sistema giuridico latinoamericano” a cura di Antonio Saccoccio e Simona Cacace, intervista ad A. Saccoccio, https://www.letture.org (ultimo accesso 09/05/2023).
[6] S. SCHIPANI, Il diritto romano nel Nuovo Mondo, in Il diritto dei nuovi mondi (atti di convegno, Genova, 5-7 novembre 1992), a cura di Visintini, Padova, 1994, 55 ss.
[7] S. SCHIPANI, I codici civili nel sistema latinoamericano, in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, aggiornamento, 2010, 305.
[8] È il caso del Codice civile di Haiti approvato nel 1825, della Bolivia promulgato nel 1830 e della Repubblica dominicana che nel 1845 adottò direttamente il Codice civile francese.
[9] P. RESCIGNO, La circolazione dei modelli giuridici europei nel mondo latino-americano, in Il diritto dei nuovi mondi cit., 165 ss.
[10] In generale, i codici endogeni latinoamericani, fra i quali il Codice civile peruviano del 1852 è il primo in ordine di tempo, sono basati su molteplici modelli, ma hanno un’identità ben definita.
[11] J.M. CASTÁN VÁZQUEZ, A. HERNÁNDEZ GIL, La influencia de la literatura jurídica española en las codificaciones americanas, Madrid, 1984, 107.
[12] Si veda H. VALLADÃO, Le droit latino-américain, Paris, 1954.
[13] Il Codice prussiano (Allgemeines landrecht, ALR) è stato il primo codice nazionale a entrare in vigore (è rimasto in vigore dal 1794 al 1900); il Codice civile austriaco (Allgemeines bürgerliches gesetzbuch, ABGB) è stato promulgato nel 1811 ed è tuttora in vigore in Austria.
[14] S. SCHIPANI, Il diritto romano nel Nuovo Mondo cit., 100-102.
[15] L’art. 15 del c.d. Codice civile albertino disponeva che «Qualora una controversia non si possa decidere né dalla parola, né dal senso naturale della legge, si avrà riguardo ai casi consimili precisamente dalla legge decisi, ed ai fondamenti di altre leggi analoghe: rimanendo nondimeno il caso dubbioso, dovrà decidersi secondo i principi generali del diritto, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso».
[16] S. SCHIPANI, La codificazione del diritto romano comune, Torino, 1999, 178.
[17] Tendenza messa in dubbio solo a partire dagli ultimi decenni del XX secolo, e soprattutto dalla cultura giuridica spagnola per via del canale di comunicazione preferenziale che ha con l’America latina.
[18] L’attuale Codice civile argentino, approvato nel 2014 ed entrato in vigore nel 2015, unifica la materia civile (prima disciplinata dal Codice civile del 1869) con quella commerciale (fino a quel momento regolata dal Codice di commercio del 1889).
[19] Questo articolo sostituisce l’art. 16 del codice del 1869 che rinviava esplicitamente ai “principi generali del diritto” («Si una cuestión civil no puede resolverse, ni por las palabras, ni por el espíritu de la ley, se atenderá a los principios de leyes análogas; y si aün la cuestión fuere dudosa, se resolverá por los principios generales del derecho, teniendo en considaración las circunstancias del caso»).
[20] Schipani individua in questa formula prevista dal codificatore italiano l’apice del «nazionalismo giuridico» che ha imperversato in Europa, in particolare fra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo (S. SCHIPANI, La codificazione del diritto romano comune cit., 179).
[21] D.F. ESBORRAZ, Nuovo Codice civile e commerciale della Repubblica Argentina (circolazione del modello giuridico italiano nel), in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, decimo aggiornamento, 2016, 573.
[22] S. SCHIPANI, La codificazione del diritto romano comune cit., 191.
[23] L’art. VIII del titolo preliminare del Codice civile peruviano del 1984, attualmente in vigore, dispone che «Los jueces no pueden dejar de administrar justicia por defecto o deficiencia de la ley. En tales casos, deben aplicar los principios generales del derecho y, preferentemente, los que inspiran el derecho peruano». Il riferimento ai principi generali del diritto (con leggere differenze di formulazione) era già presente nell’art. IX del titolo preliminare del Codice civile peruviano del 1852 e nell’art. XXIII del Codice civile del 1936.
[24] S. SCHIPANI, La codificazione del diritto romano comune cit., 181.
[25] S. SCHIPANI, La codificazione del diritto romano comune cit., 183.
[26] Questa espressione è da attribuire ad A. GUZMÁN BRITO, Intervento di saluto al IX Congreso Latinoamericano de Derecho Romano, Jalapa, 1994.
[27] Le citazioni riportate utilizzate per sviluppare le direttrici lungo le quali i principi generali del diritto operano in chiave di rafforzamento dell’individualità del sistema giuridico latinoamericano sono contenute in S. SCHIPANI, La codificazione del diritto romano comune cit., 183-191, alla cui analisi si rimanda per ulteriori approfondimenti.
[28 Si veda S. LANNI, Diritti indigeni e tassonomie del sistema in America Latina, in Annuario di diritto comparato e di studi legislativi, 2013, 155-198.
[29] S. SCHIPANI, I codici civili nel sistema latinoamericano cit., in Digesto delle discipline privatistiche. Sezione civile, aggiornamento, 2010, 317.
[30 A. SOMMA, Le parole della modernizzazione latinoamericana. Centro, periferia, individuo, ordine, in Derecho privado y modernización. América Latina y Europa en la primera mitad del siglo XX, a cura di Polotto, Keiser, Duve, 2015, 33.
[31] Per ulteriori approfondimenti sull’esperienza dei codici tipo si veda S. SCHIPANI, I codici civili nel sistema latinoamericano cit., 317.
[32] Ci si riferisce in particolare al già citato art. 2 del Codice civile argentino del 2014.
[33] Per un quadro completo dei processi di integrazione in atto nell’area si veda D. CONATO, I processi d’integrazione in America latina e nei Caraibi, a cura del Centro studi di politica internazionale (CeSPI), https://www.parlamento.it, 2018 (ultimo accesso 09/05/2023).
[34] “Sistema giuridico latinoamericano” a cura di Antonio Saccoccio e Simona Cacace cit.
[35] “Sistema giuridico latinoamericano” a cura di Antonio Saccoccio e Simona Cacace cit.