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Pubbl. Dom, 23 Apr 2023

La Corte di Giustizia dell´Unione Europea sulla proroga delle concessioni demaniali

Editoriale a cura di Camilla Della Giustina



Le disposizioni della cd. Direttiva Bolkestein si applicano a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo.


Con sentenza pubblicata il 20 aprile 2023 nella causa C-348/22, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato dei principi di cruciale importanza per quanto attiene all’efficacia dell’art. 12 della Direttiva “Servizi” (Direttiva 2006/123/CE) e sulla sua applicazione alla materia delle concessioni demaniali marittime.

Con sentenza pubblicata il 20 aprile 2023 nella causa C-348/22, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato dei principi di cruciale importanza per quanto attiene all’efficacia dell’art. 12 della Direttiva “Servizi” (Direttiva 2006/123/CE) e sulla sua applicazione alla materia delle concessioni demaniali marittime.

Con questa sentenza è stato chiarito che la Direttiva in questione si applica a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo a prescindere dal fatto che esse siano connotate da un interesse transfrontaliero determinato o i cui elementi siano confinati all’interno di uno solo Stato membro.

La Corte di Giustizia ha altresì precisato che le disposizioni dell’art. 12, par. 1 e 2 della Direttiva sono produttive di effetti diretti poiché enunciate in modo incondizionato. Più precisamente, in primis, il riferimento va all’obbligo degli Stati membri di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali. A ciò si aggiunge il divieto di rinnovare, in modo automatico, un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività.

Sempre per quanto attiene l’efficacia dei paragrafi 1 e 2 dell’art. 12, si legge nella sentenza che “la circostanza che tale obbligo e tale divieto si applichino solo nel caso in cui il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali utilizzabili, le quali devono essere determinate in relazione ad una situazione di fatto valutata dall’amministrazione competente sotto il controllo di un giudice nazionale, non può rimettere in discussione l’effetto diretto”.

La valutazione circa l’effetto diretto sancito sia per l’obbligo che per il divieto poc’anzi menzionati incombe sia sui giudici nazionali sia sulle autorità amministrative, comprese quelle comunali. Entrambi questi soggetti hanno l’obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali che risultino essere contrarie all’ordinamento dell’Unione Europea e, nel caso di specie, tutte le disposizioni nazionali che prevedono una proroga generalizzata di tutte le concessioni demaniali in essere.

La stessa Corte di Giustizia, in merito all’interpretazione dell’art. 12 par. 1 nella parte in cui conferisce discrezionalità agli Stati membri nella scelta dei criteri applicativi e nella valutazione delle risorse naturali, va a precisare il perimetro di detta discrezionalità. Quest’ultimo può condurre gli Stati membri “a preferire una valutazione generale e astratta, valida per tutto il territorio nazionale, ma anche, al contrario, a privilegiare un approccio caso per caso, che ponga l’accento sulla situazione esistente nel territorio costiero di un comune o dell’autorità amministrativa competente, o addirittura a combinare tali due approcci”. Viene aggiunto che “a combinazione di un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e di un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione, risulta equilibrata e, pertanto, idonea a garantire il rispetto di obiettivi di sfruttamento economico delle coste che possono essere definiti a livello nazionale, assicurando al contempo l’appropriatezza dell’attuazione concreta di tali obiettivi nel territorio costiero di un comune”. Tuttavia, l’elemento cui non si può prescindere è dato dall’adozione di criteri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati nell’attività di valutazione circa la scarsità delle risorse naturali utilizzabili.

Infine, si deve precisare che rimane irrisolto l’interrogativo relativo alle conseguenze che l’effetto diretto, sempre dell’art. 12, par. 1 e 2, può produrre. La questione prospettata alla Corte di Giustizia è se tutte le opere inamovibili costruite dal concessionario sul terreno affidatogli in concessione restano acquisite al concedente, senza alcun compenso o rimborso e, di conseguenza, se la disapplicazione di detta normativa sia compatibile con l’art. 17 della Carta dei Diritti fondamentali. Sul punto, la Corte si avvale della facoltà di non statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale. Ciò è possibile quando appaia, in modo manifesto, “che l’interpretazione o il giudizio di validità del diritto dell’Unione che si richiede non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte”.

La controversia oggetto del procedimento principale, infatti, è da riferire alla proroga delle concessioni, non al diritto del concessionario di ottenere, alla scadenza delle concessioni, un compenso, di qualsiasi natura esso sia, per le opere inamovibili che egli abbia, nel frattempo, costruito sul terreno affidatogli in concessione.


Note e riferimenti bibliografici