Pubbl. Mar, 4 Apr 2023
Ergastolo ostativo: profili di incostituzionalità tra giurisprudenza costituzionale e Corte Edu
Modifica pagina
Claudia Migliazza
In questo contributo andremo ad esaminare nel dettaglio quella che è stata l’evoluzione giurisprudenziale italiana e sovrannazionale in tema di incostituzionalità e contrasto con le leggi europee ed internazionali dell’ergastolo ostativo, con particolare riguardo al divieto di concessione di benefici e il principio di risocializzazione del condannato. Si farà riferimento al susseguirsi delle pronunce della Corte Costituzionale, fino ad arrivare alla recentissima sentenza n. 97/2021, nonché alle modifiche operate dal legislatore.
Life imprisonment: profiles of unconstitutionality between constitutional jurisprudence and the ecthr
In this contribution we will examine in detail what has been the Italian and supranational jurisprudential evolution in terms of unconstitutionality and contrast with the European and international laws of impedimental life imprisonment, with particular regard to the prohibition of granting benefits and the principle of resocialization of the convict. Reference will be made to the succession of rulings by the Constitutional Court, up to the very recent ruling no. 97/2021, as well as the changes made by the legislator.Sommario: 1. Premessa: profili di incostituzionalità; 2. La giurisprudenza costituzionale; 2.1. La sentenza 135/2003; 2.2. La successiva giurisprudenza di legittimità; 2.3. La sentenza 253/2019; 2.4. La sentenza 263/2019; 2.5. L’ordinanza n. 18518/2020; 2.6. La sentenza 97/2021; 3. Ergastolo senza liberazione condizionale: una questione sovranazionale; 3.1. La giurisprudenza della Corte Edu: premessa; 4. La sentenza Kafkaris c. Cipro; 5. La sentenza Vinter e altri c. Regno Unito; 6. Altre sentenze; 7. La sentenza Viola c. Italia; 8. Legge 30 dicembre, n. 199: la riforma dell’ergastolo ostativo; 9. Alcune conclusioni.
1. Premessa: profili di incostituzionalità
Prima di addentrarci nel complesso groviglio giurisprudenziale che ha interessato l’ergastolo ostativo è opportuno ricordare i dubbi di costituzionalità tra l’ergastolo ostativo, o meglio tra il divieto di concessione di benefici, e il principio di risocializzazione del detenuto, ex art. 27 Costituzione.
Il soggetto sottoposto alla pena dell’ergastolo per i delitti contemplati nell’art. 4-bis ord. pen., ove non collabori con la giustizia, è destinato a scontare interamente nell’istituto penitenziario la pena[1]. Ciò in quanto il sistema si basa su una presunzione assoluta di pericolosità sociale, sottraendo al magistrato di sorveglianza il potere di valutare[2].
È opportuno ricordare l’art. 176 c.p. ai fini dell’accesso alla liberazione condizionale che richiede il sicuro ravvedimento dell’ergastolano ostativo: valutazione impedita per lo stesso che non collabori con la giustizia[3].
Alla luce di questo brevissimo excursus si compendia il “paradosso giuridico” dell’ergastolo[4], che sopravvive nel sistema ed è conforme a Costituzione alla sola condizione che sia di fatto un “non ergastolo”[5].
Oggi, l’ergastolo non è più sinonimo di “fine pena mai” ma ha un significato simbolico[6]. Il problema di costituzionalità dell’ergastolo ostativo, a questo punto, è di facile comprensione: si rischia di trasformare la pena dell’ergastolo in una sanzione, de jure e de facto, perpetua[7].
L’ergastolo ostativo, oltre a contrastare con la nostra Costituzione, cozza con le fonti internazionali ed europee – in particolare con l’art. 3 della Cedu – che vietano la tortura e «pena o trattamenti inumani o degradanti»[8].
2. La giurisprudenza costituzionale
La compatibilità dell’ergastolo con l’ordinamento costituzionale italiano trova le sue radici nella legge n. 1634 del 1962 recante “Modificazioni alle norme del Codice Penale relative all’ergastolo e liberazione condizionale”, stabilendo che la liberazione condizionale potesse essere accordata anche all’ergastolano dopo aver scontato 28 anni di pena. Tale riferimento aveva condotto la giurisprudenza maggioritaria a negare la concessione del beneficio ai condannati alla pena perpetua. Tuttavia, la Corte, con sentenza n. 264/1974[9], ha ritenuto infondata la questione della compatibilità tra l’art. 22 c.p. e l’art. 27 co. 3 Costituzione.
Successivamente, la liberazione condizionale è stata estesa anche ai condannati all’ergastolo.
Nel 1983, poi, la Corte, con sentenza n. 274[10], ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 54 ord. pen. nella parte in cui prevedeva la possibilità di concedere anche all’ergastolano le detrazioni di pena previste dalle norme[11].
In seguito, con l. n. 663/1986[12] è stato modificato il co. 3 dell’art. 176 c.p. - riducendo a 26 anni la soglia minima di pena eseguita a carico del soggetto detento – e l’ultimo comma dell’art. 54 ord. pen. – specificando che la regola di equivalenza all’esecuzione effettiva si applica pure ai condannati all’ergastolo[13].
Possiamo sottolineare come, già con la sentenza n. 264/1974, la Corte abbia voluto valorizzare le disposizioni premiali dell’ordinamento penitenziario, azzerando il carattere perpetuo dell’ergastolo[14].
Nel 1997, con sentenza n. 161[15], la Corte Costituzionale dichiara illegittimo il divieto di reiterabilità della richiesta di liberazione condizionale a seguito di un provvedimento di revoca subito dal detenuto, in quanto si escluderebbero, in modo permanente, i condannati all’ergastolo dal processo rieducativo e di reinserimento sociale[16]. Di converso, alle stesse condizioni, la perpetuità dell’ergastolo non può autorizzare una preclusione assoluta dell’ottenimento di un nuovo beneficio, sempre che sussista il presupposto del ravvedimento[17]. La Corte, inoltre, ha escluso il contrasto con il principio rieducativo della pena nel caso di preclusione assoluta di accesso alla liberazione condizionale per detenuti non collaborativi, affermando che, in capo al soggetto, vi è una scelta: collaborare o non collaborare con la giustizia[18].
Dal susseguirsi di tali pronunce emerge la volontà della Corte e del legislatore di “salvare l’istituto dell’ergastolo, “giustificando” gli evidenti profili di incostituzionalità.
Le pronunce non si fermano al 1997 ma continuano a susseguirsi negli anni e, vista la rilevanza delle prossime sentenze, le stesse verranno trattate singolarmente.
2.1. La sentenza 135/2003
La sentenza 135/2003[19] si inserisce nel contesto delle preclusioni predisposte dall’art. 4-bis ord. pen., incidendo sui delicati rapporti tra liberazione condizionale, ex art. 176 c.p., e la pena dell’ergastolo[20]. In tale sentenza, il Giudice delle leggi rileva come la disciplina risulti «significativamente volta ad escludere qualsiasi automatismo degli effetti nel caso in cui la mancata collaborazione non possa essere imputata ad una libera scelta del condannato» in quanto vengono fatte salve le ipotesi di collaborazione impossibile, irrilevante o effettivamente inesigibile[21].
La sentenza in esame nasce da una questione di legittimità sollevata dal Tribunale di sorveglianza di Firenze sulla base del fatto che la preclusione contenuta nell’art. 4-bis ord. pen., negando all’ergastolano non collaborante l’accesso alla liberazione condizionale, renderebbe perpetua la sanzione penale violando il principio di rieducazione, ex art. 27 co. 3 Cost.[22].
Il Tribunale di Firenze equipara l’ipotesi del divieto di concessione della liberazione condizionale al detenuto ergastolano che non collabora con la giustizia. Secondo il giudice a quo, infatti, «la disciplina impugnata determinerebbe una situazione del tutto analoga a quella scrutinata dalla Corte con la sentenza n. 161 del 1997, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 177, primo comma, ultimo periodo del c.p., nella parte in cui non prevede che il soggetto sottoposto alla pena dell’ergastolo, cui sia stata revocata la liberazione condizionale, possa essere nuovamente ammesso a fruire del beneficio ove ne sussistano i relativi presupposti, perché tale disciplina determinava appunto una esclusione permanente e assoluta del processo rieducativo, in violazione dell’art. 27, terzo comma, Costituzione»[23]. Tuttavia, la Corte Costituzionale rigetta la questione di legittimità ritenendo non contrastante con la Costituzione l’art. 4-bis ord. pen. nella parte in cui rende necessario il requisito della collaborazione con la giustizia ai fini della concessione della liberazione condizionale al all’ergastolano.
La Corte Costituzionale, dunque, con tale sentenza conferma i precedenti orientamenti in materia di liberazione condizionale, dove è centrale la collaborazione “oggettivamente esigibile” in un’ottica di reinserimento sociale del reo.
2.2. La successiva giurisprudenza di legittimità
Successivamente all’emanazione della sentenza n. 135/2003, numerose sono state le pronunce della Cassazione. In particolare, emerge la sentenza 33018/2012[24] che ha dichiarato manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 c.p. in relazione all’art. 27 affermando che «a seguito della legge 25 novembre 1962, n. 1634 e dell’entrata in vigore dell’ordinamento penitenziario, ha cessato di essere una pena perpetua, quindi, non può dirsi contraria al senso di umanità, inoltre, non è compatibile con la grazia e con possibilità di un reinserimento incondizionato del condannato nella società libera».
Di particolare importanza, poi, risulta la sentenza n. 18206 del 2014 della Corte di Cassazione[25] che fa specifico riferimento all’ergastolo ostativo. La vicenda muove da un’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Napoli, la quale aveva rigettato il reclamo proposto da un ergastolano avverso il provvedimento della magistratura di sorveglianza di Santa Maria di Capua Vetere, dichiarando inammissibile la domanda di permesso premio dallo stesso proposta.
Le condanne ricevute riguardavano reati associativi di prima fascia, inclusi nell’elenco dell’art. 4-bis ord. pen. e, dunque, in assenza di collaborazione con la giustizia, ex art. 58-ter ord. pen,, non poteva essere concesso il beneficio. Questa era l’ordinanza contro cui ricorreva il detenuto adducendo l’illegittimità costituzionale per contrasto con l’art. 27 co. 3 Costituzione.
La Corte di Cassazione rigetta le questioni qualificandole come non fondate e rinviando alla sentenza n. 135/2003.
Da questa sentenza emerge il rifiuto della Corte di Cassazione di riconoscere nell’ordinamento giuridico un autonomo tipo di pena qualificabile come «ergastolo ostativo»[26].
2.3. La sentenza 253/2019
La sentenza 253/2019 della Corte Costituzionale[27] rappresenta un’innovativa evoluzione rispetto ai propri precedenti, fornendo una lettura dinamica del nucleo duro dell’art. 4-bis ord. pen. .
La pronuncia – additiva e di accoglimento – apre una breccia nel regime ostativo penitenziario.
In sostanza, la sentenza dichiara illegittimo l’art. 4-bis ord. pen., nella parte in cui escludeva la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia di detenuti per delitti di associazione mafiosa o contesto mafioso, qualora venissero acquisiti elementi tali da escludere l’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata e il pericolo del ripristino di tali collegamenti.
La pronuncia risulta di fondamentale importanza in quanto va a sviluppare quelli che sono i capisaldi dell’esecuzione penale, quali: «recupero del reo alla vita sociale quale vincolo teleologico non sacrificabile ad altre finalità della pena; principio di progressività trattamentale e di flessibilità della sanzione in attuazione del canone costituzionale del finalismo rieducativo penale; separazione tra le esigenze investigativo – processuale e quelle proprie del momento dell’esecuzione penale»[28].
La centralità della pronuncia è da rilevare, in primo luogo, nell’ambito in cui si muove, in quanto non riguarda esclusivamente i condannati all’ergastolo ostativo, bensì chiunque abbia subito una condanna per uno dei reati inclusi nella black list del co. 1 dell’art. 4-bis ord. pen.[29]. Inoltre, nonostante la pronuncia nasca per gli specifici reati ostativi di “delitti di partecipazione ad associazione mafiosa” e “contesto mafioso”, finisce per investire tutti i reati previsti dal co. 1 dell’art. 4-bis ord. pen. . Infine, la sentenza rimuove dal regime ostativo il solo beneficio del “permesso premio” in quanto la Corte solo su questo è stata chiamata a decidere, rimanendo operante l’ostatività per tutte le altre misure alternative[30].
Alla luce di queste prime considerazioni è possibile affermare che la sentenza non concerne direttamente la disciplina dell’ergastolo ostativo bensì alcuni suoi profili. La sua ratio «fa perno sulla presunzione legislativa di pericolosità sociale e mancata emenda che regge il regime di ostatività penitenziaria: la necessità di una collaborazione utile ed esigibile con la giustizia, in assenza della quale ogni beneficio penitenziario è automaticamente precluso per il detenuto»[31].
Il contrasto è con gli artt. 3 e 27 co. 3 Costituzione, non per la presunzione in se ma per il «carattere assoluto» della presunzione che rende insuperabile con qualunque prova contraria[32].
Pertanto, l’art. 4-bis ord. pen. è incostituzionale nella parte in cui “non prevede” la possibilità per il giudice di concedere permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia[33]. Con la pronuncia cade l’ostatività sanzionatoria[34] e si ripristina un «habeas corpus penitenziario», limitatamente alla concessione del beneficio del permesso premio[35].
In conclusione, la Corte Costituzionale muta la natura della presunzione legislativa da assoluta a relativa e precisa «i criteri di particolare rigore» necessari per superarla nonché il relativo regime probatorio, indicando gli oneri gravanti sul giudice di sorveglianza[36] e sul detenuto richiedente il beneficio penitenziario[37].
2.4. La sentenza 263/2019
Con sentenza n. 263/2019 la Corte Costituzionale[38] dichiara costituzionalmente illegittimo l’art. 2 comma 3 del d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 121, recante «Disciplina dell’esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni, in attuazione della delega di cui all’art. 1 commi 82, 83 e 85, lettera p, della legge 23 giugno 2017, n. 103.
La sentenza afferma che «la disciplina prevista dall’art. 4-bis co. 1 ord. pen., per i reati “ostativi” non può applicarsi con riguardo alla concessione delle misure penali di comunità e dei permessi premio nei confronti dei condannati minorenni»[39]. La disposizione censurata, prevedendo l’accesso alle misure alternative e premiali solo attraverso la collaborazione con la giustizia, è ritenuta contrastante con gli artt. 76[40], 27 co. 3 e 31 co. 2 Costituzione[41].
Le censure muovono dal Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria «a fronte della presentazione di un’istanza di concessione della detenzione domiciliare da parte di un detenuto che, condannato a cinque anni di detenzione per il delitto di cui all’art. 416-bis c.p. e reati in materia di armi commessi quando era minorenne, doveva scontare una pena residua pari ad un anno, cinque mesi e quattordici giorni di reclusione. Trattandosi di un soggetto che non aveva collaborato con la giustizia, tuttavia, la possibilità di ammetterlo alle misure di comunità appariva legalmente preclusa»[42].
Il giudice costituzionale considera fondata la questione sollevata con riferimento all’art. 76 Cost. mettendo in luce come il d.lgs. n. 121 del 2018 costituisca «l’approdo di un processo evolutivo che si snoda nel corso di alcuni decenni» e sottolineando che la norma censurata si poneva in «aperta distonia non solo rispetto al senso complessivo dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale in tema di esecuzione minorile, ma anche con le direttive impartite dal legislatore delegante»[43].
Inoltre, considera, altresì, fondata la questione di legittimità concernente gli artt. 27 co. 3 e 31 co. 2 Cost. affermando che «l’operatività della preclusione di cui all’art. 4-bis co. 1 ord. pen. determinava la prevalenza delle finalità di prevenzione generale e di difesa sociale su quelle di educazione e risocializzazione, con conseguente violazione dei principi di proporzionalità e individualizzazione della pena che presiedono al nuovo ordinamento penitenziario minorile»[44].
Alla luce delle considerazioni poste dalla Corte e della fondatezza della questione viene, dunque, sancita l’illegittimità della norma in esame e, oggi, nel nostro ordinamento, è integralmente venuta meno la possibilità di applicare la disciplina dell’art. 4-bis co. 1 ord. pen. nel caso in cui i reati ostativi siano stati commessi da minori.
In conclusione, occorre sottolineare che la pronuncia di cui sopra segue, di pochi giorni, la precedente sentenza n. 235/2019, pertanto, è opportuno sottolineare alcuni aspetti.
Con la sentenza n. 253/2019, la Corte ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell’art. 4-bis co. 1 ord. pen., nella parte in cui configura una preclusione assoluta all’accesso ai permessi premio per i condannati per reati ostativi non collaboranti. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto necessario trasformare la presunzione di pericolosità sottostante alla disciplina di cui all’art. 4-bis co. 1 ord. pen. da assoluta a relativa, mentre, nella pronuncia oggetto di questo paragrafo, l’intervento della Corte è ancora più pervasivo, infatti, nei confronti dei condannati minorenni la presunzione viene integralmente caducata, facendo venir meno la preclusione con riguardo a tutte le misure alternative premiali previste dal d.lgs. 121/2018[45].
2.5. Ordinanza n. 18518/2020
L’ordinanza n.18518/2020[46] segna una svolta epocale nell’ordinamento italiano, in quanto la sezione I della Cassazione ha sollevato la questione di legittimità costituzionale con gli artt. 3, 27, 117 della Cost., degli artt. 4-bis co.1 e 58-ter della legge n. 354/1975 e dell’art. 2 del d.l. n. 152/1991, convertito con modificazioni in l. 203/1991, nella parte in cui escludono che il soggetto sottoposto alla pena dell’ergastolo, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416-bis ord. pen. ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni ivi previste, che non abbia collaborato con la giustizia, possa essere ammesso alla liberazione condizionale[47].
L’ordinanza nasce dal ricorso proposto da S. F. Pezzino avverso l’ordinanza del 17 settembre 2019 del Tribunale di sorveglianza dell’Aquila e si conclude con l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale. Di seguito vengono riportati i punti salienti della pronuncia e le motivazioni che hanno indotto il Tribunale a rimettere la questione alla Corte.
Salvatore Francesco Pezzino, sottoposto alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, richiedeva la concessione della liberazione condizionale che gli veniva negata dal Tribunale di sorveglianza dell’Aquila, adducendo che il soggetto non avesse prestato collaborazione con la giustizia, necessaria ai fini della concessione del beneficio[48].
Alla luce di tale ordinanza, Pezzino propone ricorso, per tramite del suo rappresentante, adducendo la violazione di legge[49] e difetto di motivazione[50] e ricordando che, già in passato, lo stesso Tribunale aveva rigettato varie istanze del ricorrente. Tuttavia, il detenuto, in quest’ultima istanza, ha affermato «di aver preso parte in modo proficuo all’opera di rieducazione […]; di essersi avvalso con profitto della possibilità di lavoro e di studio offerte dai programmi di trattamento operativi nei vari Istituti di detenzione […][51]». Ha dato, inoltre, «atto della rivisitazione critica del suo vissuto e dell’avvenuto riconoscimento degli errori commessi, con parziale ammissione delle proprie responsabilità e con l’espressione della volontà di allontanamento dal contesto mafioso»[52]. Il ricorrente, dunque, sottolinea il suo ravvedimento.
Preso atto delle dichiarazioni del Pezzino è innegabile la rilevanza della questione di costituzionalità, in quanto l’inammissibilità della richiesta è stata addotta in applicazione dell’art. 2 del d.l. 152/1991, convertito con modificazioni in l. 203/1991[53]. Oltre che rilevante, la questione è non manifestatamente infondata, infatti, di recente la Corte Edu ha escluso la compatibilità dell’ergastolo ostativo con i principi convenzionali.
Alla luce della giurisprudenza costituzionale – di cui sopra – e di quella sovrannazionale – oggetto di successiva disamina - la questione risulta rilevante e non manifestatamente infondata con riferimento agli articoli di cui si è detto ad apertura del presente paragrafo[54].
2.6. L’ordinanza n. 97/2021
Il complesso quadro poc’anzi delineato ci porta alla questione di costituzionalità recentemente sollevata dalla I sezione penale della Corte di Cassazione, pubblicata il 18 giugno 2020, e riferita, specificamente, ai detenuti per reati di mafia e contesto mafioso. Con l’ordinanza 18518/2020, infatti, la Corte di Cassazione ripropone la questione «in relazione, questa volta, non ai condannati all’ergastolo per qualsiasi reato compreso nell’elenco di cui all’art. 4-bis co. 1 ord. pen., bensì, specificamente, ai condannati per reati di mafia e contesto mafioso: reati che rappresentano il nucleo di una categoria che […] è andata progressivamente ampliandosi nelle direzioni più svariate, perdendo ogni connotato di coerenza interna»[55].
Come visto nei precedenti paragrafi, la Cassazione censura gli artt. 4-bis co. 1 ord. pen., 58-ter L. 354/1975, 2 d.l. n. 152/1991, convertito con modificazioni in L. 203/1991, in riferimento agli artt. 3, 27 co. 3 e 117 co. 1 della Costituzione, nella parte in cui escludono la possibilità di accesso alla liberazione condizionale del soggetto sottoposto all’ergastolo non collaborante. Ciò comporta, anche alla luce della sentenza n. 253/2019 della Corte Costituzionale e Viola c. Italia della Corte Edu, la trasformazione della pena perpetua da de jure a de facto. Con la sentenza n. 135/2003, poi, si era esclusa l’incostituzionalità della presunzione assoluta di pericolosità dell’ergastolo ostativo.
Tuttavia, i recenti approdi della giurisprudenza nazionale e sovrannazionale sembrano protendere verso il superamento dei precedenti costrutti e, affinchè ciò sia possibile, il Giudice delle Leggi opera una preliminare e dettagliatissima ricostruzione dei precedenti conferenti al caso di specie[56]. Con ordinanza 11 maggio 2021, n. 97, la Corte Costituzionale risponde alla Corte di Cassazione rinviando la trattazione a maggio 2022 «dando al Parlamento un congruo tempo per affrontare la materia»[57]. La Corte, dando una risposta diametralmente opposta a quella del 2003, muove da questa premessa: «la disciplina vigente dell’ergastolo ostativo prevede a chi non abbia utilmente collaborato con la giustizia la possibilità di chiedere la liberazione condizionale»[58]. Muovendo dalla presunzione assoluta di persistenza di collegamenti con la criminalità organizzata. I punti 3 – 7 del “considerato in diritto” dell’ordinanza in commento sono volti a dimostrare come il carattere assoluto di tale presunzione si ponga in contrasto con la funzione rieducativa della pena, ex art. 27 co. 3 della Costituzione[59].
Nella precedente giurisprudenza, la Corte aveva già affermato che la scelta di non collaborare non è libera ma è frutto di «una sorta di scambio tra informazioni utili a fini investigativi e conseguente possibilità per il detenuto di trattamento penitenziario»[60].
Nell’ordinanza 97/2021, la Corte osserva come «per il condannato all’ergastolo a seguito di un reato ostativo, lo scambio in questione può assumere una portata drammatica, allorché lo obbliga a scegliere tra la possibilità di riacquistare la libertà e il suo contrario, cioè un destino di reclusione senza fine. In casi limite può trattarsi di una “scelta tragica”: tra la propria (eventuale) libertà, che può tuttavia comportare rischi per la sicurezza dei propri cari, e la rinuncia a essa, per preservarli dai pericoli»[61]. Il punto cruciale dell’ordinanza della Corte è da rinvenire nella parte in cui sottolinea il diverso ruolo svolto dalla liberazione condizionale – che segna un definitivo riacquisto della libertà – e i permessi premio – che, d’altro canto, segna una breve sospensione della carcerazione[62].
D’altra parte, la Corte afferma che, in base ad una valutazione di “giustizia”, non può essere equiparato il soggetto sottoposto ad ergastolo ostativo non collaborante a quello collaborante. Per tali motivi, la Corte rimette la questione al legislatore affermando che la questione «appartiene alla discrezionalità legislativa, e non già a questa Corte, decidere quali ulteriori scelte risultino opportune per distinguere» tra la condizione dell’uno e dell’altro ergastolano[63]. Tra gli argomenti addotti dalla Corte a sostegno del rinvio al legislatore vi è anche la «disarmonia che sarebbe derivata, nell’art. 4-bis co. 1 ord. pen., tra condannati all’ergastolo per reati di mafia o di contesto mafioso […] e condannati all’ergastolo per altri reati di prima fascia del 4-bis, che nulla hanno a che fare con la mafia»[64]. Alla luce di tale ordinanza sono molteplici le perplessità sollevate dalla dottrina, da ultimo ci si interroga se questi radicali cambiamenti abbiano un effetto positivo sulla credibilità della legge e delle pronunce della giurisprudenza o, piuttosto, intacchino quella che è la certezza del diritto[65].
Da ultimo, non possiamo non sottolineare il bizzarro modus operandi della Corte Costituzionale che, ancora una volta[66], utilizza la tecnica dell’ordinanza di rinvio a nuovo ruolo[67]. Tale nuova tecnica è stata inquadrata nel genus delle ordinanze interlocutorie, evidenziandone le peculiarità ed i tratti patologici[68].
3. Ergastolo senza liberazione condizionale: una questione sovranazionale
Nei paragrafi precedenti, e fino a questo momento, il tema oggetto di disamina è stato incentrato sulla legislazione e sulle pronunce nazionali. Tuttavia, la questione ha interessato, anche e soprattutto, la giurisprudenza della Corte Edu. Per tale motivo, verrà affrontata la questione dal punto di vista sovrannazionale.
È bene sottolineare che, in ambito sovrannazionale, non esiste una disciplina sovrapponibile all’“ergastolo ostativo” italiano, tuttavia, esiste una problematica analoga per quei casi di “ergastolo pericoloso” che vieta l’accesso alle misure simili alla liberazione anticipata e/o condizionale[69]. Storicamente, infatti, gli Stati nazionali hanno adottato approcci tra loro differenti rispetto all’impostazione e all’esecuzione della pena dell’ergastolo[70]. Per tali motivi, non possiamo esimerci dal trattare quella che è la presunta violazione della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo[71], in particolare dell’art. 3 che prevede il divieto di pene o trattamenti inumani o degradanti. La discussione, quindi, verte su un importante interrogativo, ossia se una pena indeterminata, destinata a durare quanto la vita del detenuto, può essere ricondotta al concetto di trattamenti inumani o degradanti[72].
Partendo da questo quesito possiamo vedere come l’attenzione della Corte si è soffermata su due distinti profili: il primo concernente la violazione dell’art. 3 CEDU nel caso in cui la condanna all’ergastolo non sia accompagnata dalla possibilità della liberazione condizionale o anticipata[73]; il secondo, sulla legittimità convenzionale dell’estradizione[74] di soggetti che nello Stato richiedente potrebbero essere sottoposti a trattamenti contrari all’art. 3 CEDU, con particolare riferimento alla pena perpetua[75]. Sotto quest’ultimo profilo, i trattati di estradizione possono fornire un quadro entro cui comporre differenti discipline nazionali in tema di ergastolo[76].
3.1. La giurisprudenza della Corte Edu: premessa
Prima di addentrarci nella complessa giurisprudenza della Corte Edu, occorre, preliminarmente e brevemente, accennare all’importanza che la CEDU ha nell’ordinamento italiano: un’importanza fondamentale. La CEDU, infatti, - quale trattato internazionale stipulato all’interno del Consiglio d’Europa – è una convenzione firmata a Roma il 4 novembre 1950 da 12 Stati, in vigore dal 3 settembre 1953. In Italia, la Convenzione è stata ratificata con L. n. 848 del 4 agosto 1955 e, pertanto, ex art. 11 della Costituzione, ritenuta vincolante.
La particolare delicatezza del tema dell’ergastolo ostativo, e il suo accostamento al tema della civilizzazione, ha posto grandi interrogativi in ordine alla coerenza di tale misura con i diritti fondamentali[77]. La questione ha determinato un acceso dibattito tra le Corti, nazionali e sovrannazionali: da un lato, la Corte Costituzionale – seppur vincolata da esigenze di “consensualismo” – deve affidarsi ad un’interpretazione dinamica in sintonia con i valori sociali; dall’altro, la Corte Europea dei diritti dell’uomo che, in virtù del divieto di trattamenti inumani e degradanti, si pone in contrasto con il concetto di carcere perpetuo[78].
Il contesto confuso nel quale operiamo, sottolineato in precedenza in relazione alle numerose pronunce della Corte Costituzionale e di Cassazione, ci impone di rivalutare i precedenti canoni ermeneutici in tema di benefici penitenziari e di ripercussioni sanzionatorie per i delitti a stampo mafioso[79].
Al fine di redimere la questione è intervenuta, più volte, la Corte Edu, attraverso varie pronunce – che saranno oggetto di studio dei prossimi paragrafi – quali: Ocalan c. Turchia, Kafkaris c. Cipro, Harkins ed Edwards c. Regno Unito, Vinter e altri c. Regno Unito, Trablesi c. Belgio e Viola c. Italia.
4. La sentenza Kafkaris c. Cipro
Leading case in materia è rappresentato dalla sentenza Kafkaris c. Cipro[80].
La controversia[81] ha origine dal ricorso presentato da un cittadino cipriota, sottoposto alla misura dell’ergastolo dalla Corte d’Assise di Limissol, il 10 maggio 1989, per tre omicidi commessi nel luglio 1987[82]. Il ricorso, presentato il 3 giugno 2004, per presunta violazione degli artt. 3,5,7 e 14 della CEDU, era stato deferito alla Grande Chambre il 31 agosto 2006[83]. Secondo il ricorrente, nel valutare il suo caso, occorre distinguere tra la situazione normativa esistente all’epoca della sua condanna (1989) – contemplante la possibilità di liberazione dopo 20 anni di reclusione – da quella esistente a seguito della dichiarazione di incostituzionalità da parte della Corte Suprema (1992) del regolamento penitenziario con conseguente abolizione dello stesso[84].
Il Governo, tuttavia, non accoglie la ricostruzione operata dal ricorrente e confuta la sua tesi basandosi sugli artt. 53 co. 4 della Costituzione cipriota[85] e 14 della legge sulle prigioni del 1996[86].
Alla luce di questa breve ricostruzione, la Corte ha dichiarato che l’ergastolo senza possibilità di liberazione anticipata è compatibile con il divieto di trattamenti inumani o degradanti purché vi sia la possibilità per il detenuto di riacquistare, un giorno, la libertà. La scappatoia trovata dalla Corte per scongiurare l’incostituzionalità è legata alla previsione per cui vi è l’eventualità che il Presidente della Repubblica possa concedere la grazia[87]. Infatti, tra le motivazioni addotte dalla Corte spicca la parte in cui afferma che l’art. 3 CEDU può considerarsi violato soltanto quando ci si trova di fronte ad una pena che sia assolutamente irriducibile, de jure e de facto[88]. Tuttavia, la Corte precisa che la Convenzione non conferisce un generale diritto alla liberazione condizionale né a una revisione della pena per effetto di un provvedimento di un’autorità nazionale.
A sostegno di tale tesi troviamo la concurring opinion del giudice britannico Nicolas Bratza che, concordando pienamente con la decisione presa dalla Corte, ha sottolineato come, altrimenti, la Corte, in linea di principio, dovrebbe sempre affermare l’incompatibilità dell’ergastolo con l’art. 3 CEDU[89].
Occorre precisare che quattro giudici della Corte presentarono una dissenting opinion, ritenendo che non si potesse escludere, nel caso di specie, il contrasto con l’art. 3 della CEDU per i seguenti motivi: 1) il provvedimento di grazia è rimesso alla piena ed assoluta discrezionalità del Presidente[90], 2) vi è la completa assenza di garanzie procedurali contro l’uso arbitrario della sua prerogativa, 3) il dato statistico dell’esigua applicazione della grazia presidenziale nell’ordinamento cipriota[91].
In conclusione, per quanto attiene il motivo di ricorso per la presunta violazione dell’art. 3 della CEDU, possiamo evidenziare come, nel caso di specie, la Corte adotti un’interpretazione molto restrittiva del principio enucleato dall’art. 3 della CEDU, poiché la possibilità remota di rilascio anticipato viene considerata conforme alla Convenzione, senza necessità di richiedere il meccanismo di revisione della situazione dell’ergastolano.
Per quanto concerne, invece, gli ulteriori motivi addotti, ossia la presunta violazione dell’art. 5 co. 1 – diritto alla libertà e garanzie legali in caso di privazione – art. 7 – principi di riserva di legge e di irretroattività in diritto penale – e art. 14 – divieto di discriminazione – la Corte ne esclude la violazione, mentre, in riferimento al co. 4 dell’art. 5 afferma che il motivo di ricorso esula il campo di azione della Grande Chambre in quanto sollevato per la prima volta davanti ad essa e, quindi, sottoposto nel 2006 al vaglio di ricevibilità[92].
5. La sentenza Vinter e altri c. Regno Unito
Successivamente alla pronuncia Kafkaris c. Cipro, in tema di compatibilità dell’ergastolo senza liberazione condizionale con l’art. 3 CEDU, la Corte Edu prende in esame il caso Vinter e altri c. Regno Unito[93] che costituisce il punto di riferimento obbligato di ogni discussione sulla pena dell’ergastolo.
Il caso, trattato in due diversi gradi di giudizio[94], porta a due soluzioni che muovono da differenti considerazioni.
La questione trova origine nel ricorso presentato da tre soggetti – Vinter, Bamber e Moore - condannati all’ergastolo ostativo (whole life order), per presunta violazione degli artt. 3 e 5 co. 4 CEDU.
La Corte, per redimere la questione, muove dalla sentenza Kafkaris c. Cipro e dalle fonti in materia di diritto europeo ed internazionale. L’analisi, dunque, viene integrata ponendo una sintesi di diritto comparato dei sistemi vigenti negli Stati contraenti, tra cui Germania ed Italia, non trascurando un rapido excursus concernente gli altri Paesi[95].
Con la prima sentenza del 17 gennaio 2012, la IV sezione riprende, integralmente, la sentenza Kafkaris c. Cipro, ponendo alcune, doverose, integrazioni ispirate all’ordinamento anglosassone. Infatti, nel Regno Unito, dopo l’abrogazione della pena di morte avvenuta nel 1865, viene previsto che, in caso di condanna per omicidio (murder), il giudice debba, necessariamente, applicare la pena dell’ergastolo (mandatory sentence of life imprisonment), indicando – in base al Criminal Justice Act del 2003 – il periodo minimo di carcerazione, trascorso il quale si potrà procedere alla discussione sull’eventuale liberazione anticipata.
Tuttavia, nei casi più gravi (tassativamente stabiliti dalla legge), il giudice può stabilire che la pena dell’ergastolo sia perpetua, ossia corrisponda a tutta la vita del detenuto: cd. whole life order[96]. In questo specifico caso, il Segretario di Stato può optare per il rilascio del detenuto solo in casi eccezionali, come, ad esempio, gravissime condizioni di salute del detenuto accompagnate dall’assenza di pericolosità sociale (power to release life prisoners on compassionate grounds)[97].
Dopo queste doverose premesse ci addentriamo, ora, in quello che è l’effettivo contenuto della sentenza.
La Corte Edu procede nell’analisi dei tre ricorsi presentanti da Vinter, Bamber e Moore e, alla fine, arriva – con una maggioranza di 4 giudici su 7 – ad escludere la violazione dell’art. 3 CEDU, seguendo le argomentazioni prodotte dai giudici della Court of Appeal e della House of Lord. Il giudizio di merito operato dalla Corte si snoda in due fasi: la fase dell’inflizione – in cui si basa sulla sentenza Wellington[98], la quale prevede che la pena senza possibilità di liberazione anticipata non viola, di per sé, l’art. 3 CEDU a meno che non sia gravemente sproporzionata rispetto al fatto – e la fase esecutiva – in cui aderisce ai principi enunciati dalla Court of Appeal nel caso Bieber[99].
La Corte, in relazione alla prima fase, conclude, per tutti e tre i casi, che nessuno dei ricorrenti aveva dimostrato la sproporzione tra pena inflitta e fatto commesso e, in relazione alla seconda, che nessuno di loro aveva dimostrato che non vi fosse alcuna possibilità, de jure e de facto, di liberazione anticipata, optando, quindi, per la non violazione. Tale decisione, tuttavia, non venne accolta in dottrina, in quanto il detenuto veniva spogliato di qualsiasi diritto di fronte al potere discrezionale dello Stato[100]. Infatti, non a caso, l’anno dopo – il 9 luglio 2013 - la decisione della IV sezione è stata completamente ribaltata – con la maggioranza di 6 giudici contro 1 -, ravvisando una violazione con l’art. 3 della CEDU nella parte in cui non vi era la previsione di una pena all’ergastolo che comportasse la liberazione condizionale. La mancanza di un’opportunità di scarcerazione è qualificabile come trattamento inumano e degradante per il detenuto in via definitiva[101]. La Corte, quindi, in seconda istanza, ha accolto il ricorso presentato dai tre detenuti.
Possiamo, dunque, vedere come la Corte parte dalla sua precedente pronuncia Kafkaris c. Cipro ma successivamente – ponendo una valutazione basata sui concetti di dignità e rieducazione – la supera; infatti, a rigor di logica e in base al suo stesso precedente, avrebbe dovuto affermare che la possibilità prevista di rivolgersi al Segretario di Stato costituisse la clausola di salvezza al fine di evitare una pronuncia di violazione della CEDU[102].
In particolare, la Corte ha affermato che «non si possono privare i detenuti condannati a vita della speranza di ottenere la liberazione. Innanzitutto, perché non si può ragionevolmente sostenere che tutti i condannati a vita resteranno sempre pericolosi per la società. In secondo luogo, perché la detenzione di persone che non hanno alcuna speranza di essere liberate pone gravi problemi di gestione. […] Una persona condannata all’ergastolo senza alcuna prospettiva di liberazione né possibilità di far riesaminare la sua pena perpetua rischia di non potersi mai riscattare: qualsiasi cosa faccia in carcere, per quanto eccezionali possano essere i suoi progressi per correggersi, la sua pena rimane immutabile e non soggetta a controllo. La punizione, del resto, rischia di appesantirsi ancora di più con il passare del tempo: quanto più vive il detenuto, tanto più lunga sarà la sua pena. In tal modo, anche quando l’ergastolo è una punizione meritata alla data in cui viene inflitta, col passare del tempo esso non garantisce più una sanzione giusta e proporzionata»[103].
In conclusione, particolare rilevanza assume la concurring opinion avanzata dal giudice irlandese Ann Power – Forde, il quale sostiene che, attraverso la sua pronuncia, la Corte Edu ha implicitamente affermato l’esistenza di un diritto alla speranza[104]. Il giudice afferma, testualmente, «la sentenza riconosce, implicitamente, che la speranza è un aspetto importante e costitutivo della persona umana. Gli autori degli atti più odiosi ed estremi che infliggono ad altri sofferenze indescrivibili conservano comunque la loro umanità fondamentale e hanno la capacità intrinseca di cambiare. Per quanto lunghe e meritate siano le pene detentive inflitte loro, essi conservano la speranza che, un giorno, potranno riscattarsi per gli errori commessi»[105].
6. Altre sentenze
Per completezza è opportuno porre l’attenzione su alcune pronunce della Corte Edu rilevanti in materia.
Infatti, il 18 marzo 2014, ad un anno dalla pronuncia Vinter e altri c. Regno Unito, la Corte conferma il nuovo orientamento con la sentenza Öcalan c. Turchia[106]. La questione prende le mosse dal ricorso operato, per presunta violazione dell’art. 3 CEDU, dal fondatore e leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan, movimento politico armato di stampo terroristico[107]. Le perplessità del ricorrente muovevano dalla sua particolare condizione detentiva che prevedeva, da un lato, l’isolamento e, dall’altro, una condanna all’ergastolo senza prospettiva di libertà totale o parziale tramite misure premiali o benefici penitenziari[108].
La Corte Edu, pronunciandosi sulla questione, ricalca i principi già enunciati nella sentenza Vinter e altri c. Regno Unito, secondo i quali la pena perpetua non è ex se compatibile con la CEDU ma lo diventa nel momento in cui la legge non prevede un meccanismo di revisione della pena. Con questi motivi la Corte dichiara, all’unanimità, la violazione dell’art. 3 CEDU, in quanto, nel caso concreto, i giudici ritengono insufficiente la previsione di un rilascio immediato o differito da parte del Presidente della Repubblica in caso di malattia o età avanzata[109].
Da questa breve ricostruzione possiamo vedere come la pronuncia abbia una particolare risonanza, ai fini del nostro studio, vista l’analisi di una disciplina del tutto simile all’ergastolo ostativo presente in Italia.
Di particolare rilevanza, poi, questa volta in materia di estradizione risulta la pronuncia emanata contestualmente alla sentenza Vinter c. Regno Unito, il 17 gennaio 2012, in cui la Corte di Strasburgo si pronuncia sul caso Harkins e Edwards c. Regno Unito[110]. La vicenda viene sollevata da due cittadini, uno britannico e l’altro statunitense, estradati dal Governo inglese negli Stati Uniti, dove sarebbero stati esposti al rischio di subire una condanna all’ergastolo senza possibilità di liberazione anticipata (life imprisonment without parole)[111].
In particolare, il primo ricorrente Harkins era stato accusato di omicidio involontario commesso in Florida nel 1999 ai danni di un ventiduenne in esecuzione di una rapina (felony murder). Questi, in prima battuta, era stato arrestato negli Stati Uniti, rilasciato su cauzione nel 2002, e, successivamente, arrestato nuovamente nel Regno Unito per aver ucciso una donna a seguito di un incidente automobilistico. A questo punto, gli Stati Uniti chiedono l’estradizione per condannarlo all’ergastolo without parole. Il secondo ricorrente Edwards, invece, era stato accusato di omicidio volontario in Maryland all’età di diciannove anni. Per l’ordinamento del Maryland la pena da infliggere era l’ergastolo without parole.
Per il primo ricorrente la Corte esclude una sproporzione macroscopica della pena, in quanto, anche se si tratta di omicidio involontario, il ricorrente aveva utilizzato la pistola carica per commettere una rapina. Anche per il secondo ricorrente la Corte esclude che la pena sia gravemente sproporzionata.
Il caso in esame presenta la peculiarità di concernere la materia dell’estradizione – e, quindi, la compatibilità della stessa con l’art. 3 CEDU – di un detenuto estradato in uno Stato non parte della Convenzione e, dunque, ci si chiede se sussista un diritto a non essere estradato in presenza di un rischio reale per il soggetto di essere sottoposto a trattamenti contrari al senso di umanità[112].
La Corte Edu rigetta le richieste dei ricorrenti in quanto non è certo che, in futuro, l’esecuzione delle loro pene non potrà più giustificarsi in relazione agli scopi legittimi della pena, ritenendo, inoltre, che non vi sia violazione dell’art. 3 CEDU, in quanto non è certo che i governatori di Florida e Maryland non faranno uso del potere discrezionale della grazia per liberare anticipatamente gli ergastolani[113].
Un anno dopo, il 4 settembre 2014, la Corte Edu torna ad occuparsi dei rapporti tra estradizione ed ergastolo ostativo, nel caso Trablesi c. Belgio[114], sovvertendo, completamente, la sua precedente pronuncia.
La vicenda prende le mosse dall’arresto di Nizar Trablesi, cittadino tunisino accusato di trovarsi illegalmente in possesso di armi ed esplosivi a fini terroristici, sottoposto, nel 2003, a dieci anni di reclusione per aver progettato l’esplosione di una base militare[115]. Nel 2008, a seguito del ritrovamento di una mappa dettagliata dell’ambasciata statunitense a Parigi nella sua abitazione, gli Stati Uniti chiedono l’estradizione del soggetto ed il Belgio la concede. A questo punto, il ricorrente decide di fare appello, visto il rischio di una condanna all’ergastolo senza previsione di liberazione anticipata, sostenendo una presunta violazione dell’art. 3 CEDU da parte del Belgio.
Successivamente, nel 2011, Trablesi richiede la sospensione del procedimento di estradizione che viene accolto dalla Corte Edu, tuttavia, il Belgio, non rispettando la decisione della Corte, nel 2013 estrada Trablesi.
La Corte, allora, dichiara che l’estradizione del ricorrente viola l’art. 3 CEDU, ritenendo insufficienti le rassicurazioni del governo statunitense secondo cui la pena dell’ergastolo non è obbligatoria per questi casi ed è, comunque, possibile la concessione della grazia del Presidente degli Stati Uniti. Ancora una volta, dunque, la Corte poggia sulla sua precedente decisione oggetto del caso Vinter e altri c. Regno Unito, ritenendo, nel caso di specie, le possibilità di liberazione anticipata esigue.
Tutte queste considerazioni portano ad una svolta storica per l’Italia in tema di ergastolo ostativo con la pronuncia Viola c. Italia, oggetto del prossimo paragrafo.
7. La sentenza Viola c. Italia
La sentenza Viola c. Italia[116] segna una svolta definitiva nel sistema italiano in tema di ergastolo ostativo, sancendo la non conformità dello stesso con l’art. 3 CEDU.
La vicenda prende le mosse dal ricorso presentato da Marcello Viola, detenuto italiano in carcere, ininterrottamente, dal 1992. Il ricorrente, sottoposto, una prima volta, a 12 anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso, aggravata dalla qualità di promotore ed organizzatore, viene, in seconda istanza, ad ergastolo in quanto colpevole dei reati di omicidio con aggravante mafiosa[117].
La sentenza diviene definitiva nel 2004. Viola, nel 2011 e nel 2013, formula domanda di permesso premio non ottenendo il risultato sperato ma ammesso a liberazione anticipata. Nel 2015, chiede, al tribunale di sorveglianza, la liberazione condizionale affermando l’impossibilità, in quelle condizioni, di porre in essere collaborazione con la giustizia e sollevando la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis co. 1 ord. pen. per violazione del principio di rieducazione, ex art. 27 co. 3 Cost. e dell’art. 3 CEDU. È opportuno sottolineare che Marcello Viola si è sempre ritenuto innocente, tuttavia, il tribunale di sorveglianza – e la Corte di Cassazione investista, anch’essa, della questione - dichiara infondata la questione di legittimità e rifiuta l’istanza nel merito[118].
Il ricorrente, non avendo ottenuto il risultato sperato nonostante i molteplici rimedi esperiti, si rivolge alla Corte Edu con ricorso depositato il 12 dicembre 2016. Viola asserisce la presunta violazione degli artt. 3[119], 5 par. 4[120], 6 par. 2[121], 8[122] della Convenzione e la Corte accoglie il ricorso in relazione alle doglianze relative agli artt. 3 e 8 e, di converso, ritiene inammissibili quelle relative agli artt. 5 par. 4 e 6 par. 2. In un secondo rilievo, viene affermata la violazione della dignità umana[123] e, in terzo luogo, viene censurata la valenza della collaborazione con la giustizia di cui all’art. 58-ter ord. pen., in quanto non attiene ad una valutazione di fatti antecedenti alla condanna, senza alcuna attinenza all’evoluzione della personalità del sottoposto al regime di 4-bis[124]. È solo il 13 giugno del 2019 che la Corte di Strasburgo accoglie il ricorso di Marcello Viola, individuando quattro punti di contrasto dell’ergastolo ostativo con l’art. 3 CEDU[125]. I quattro punti – 1) l’ergastolo ostativo è una pena de jure e de facto “irriducibile”, ex art. 3 CEDU; 2) l’ordinamento italiano non offre all’ergastolano ostativo una concreta possibilità di liberazione e/o una possibilità di riesame della detenzione al fine di verificare se essa sia ancora giustificata se essa sia ancora giustificata da un punto di vista patologico; 3) la possibilità di ridurre la pena perpetua solo tramite il meccanismo della collaborazione con la giustizia non soddisfa i criteri stabiliti dalla giurisprudenza europea; 4) l’ergastolo ostativo non consente la risocializzazione del detenuto - sono legati da un fil rouge rappresentato dal richiamo al valore preminente assegnato alla Convenzione europea alla protezione della dignità umana[126].
La Corte ritiene la previsione di accedere ai benefici a seguito di collaborazione con la giustizia troppo limitativa ai fini del recupero della libertà per il soggetto[127]. In particolare, «l’ergastolo ostativo, fondato su una presunzione di pericolosità nascente dall’assenza di collaborazione con la giustizia, integra una pena de facto irriducibile, poiché sottratta a qualsiasi riesame nel merito sulla base di elementi – diversi dalla positiva collaborazione con la giustizia – che possano provare il ravvedimento e la progressione trattamentale del detenuto. Il carattere “irriducibile” della pena si pone, infatti, in flagrante contrasto con il principio di tutela della dignità umana protetta dalla Convenzione che “impedisce di privare una persona della libertà con la costrizione senza operare, al contempo, per il suo reinserimento e senza fornirgli una possibilità di recuperare un giorno tale libertà”[128]».
In definitiva, Strasburgo ha espresso un endorsement per un intervento di natura legislativa che potesse garantire la possibilità di un riesame della pena, affidato all’autorità pubblica, stabilendo che «la natura della violazione accertata ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione impone allo Stato di attuare, di preferenza per iniziativa legislativa, una riforma del regime della reclusione dell’ergastolo, che garantisca la possibilità di riesame della pena; cosa che permetterebbe alle autorità di determinare se, nel corso dell’esecuzione della pena, vi è stata un’evoluzione del detenuto e se è progredito nel percorso di cambiamento, al punto che nessun motivo legittimo di ordine penologico giustifichi più la detenzione. Inoltre, la riforma deve garantire la possibilità per il detenuto di beneficiare del diritto di sapere cosa deve fare perché la sua liberazione sia possibile e quali siano le condizioni applicabili.
La Corte, pur ammettendo che lo Stato possa pretendere la dimostrazione della “dissociazione” dall’ambiente mafioso, considera che questa rottura possa esprimersi con strumenti diversi dalla collaborazione con la giustizia e dall’automatismo legislativo attualmente in vigore»[129].
L’Italia, dunque, a distanza di anni, viene condannata per violazione dell’art. 3 della CEDU, relativamente agli artt. 4-bis co. 1 ord. pen., 58-ter L. 354/1975, 2 d.l. n. 152/1991, convertito con modificazioni in L. 203/1991, nonché, internamente, in riferimento agli artt. 3, 27 co. 3 e 117 co. 1 della Costituzione, nella parte in cui escludono la possibilità di accesso alla liberazione condizionale del soggetto sottoposto alla pena dell’ergastolo non collaborante, rimettendo la questione al legislatore.
8. Legge 30 dicembre 2022, n. 199: la riforma dell’ergastolo ostativo
Alla luce dell’excursus giurisprudenziale delineato nei precedenti paragrafi, giungiamo ora alla riforma al vaglio del legislatore.
La legge n. 2574 è stata presentata, su iniziativa parlamentare, in data 01 aprile 2022 ed annunciata nella seduta n. 422 del 05 aprile 2022, recante “Modifiche in materia di divieto di concessione dei benefìci penitenziari nei confronti dei detenuti o internatiche non collaborano con la giustizia”.
Successivamente, la legge 30 dicembre 2022, n. 199 ha convertito, con modificazioni, il decreto legge 31 ottobre 2022, n. 162 recante “Misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonché in materia di termini di applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, e di disposizioni relative a controversie della giustizia sportiva, nonché di obblighi di vaccinazione anti SARS-CoV-2, di attuazione del Piano nazionale contro una pandemia influenzale e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali”.
Tale decisione nasce dall’esaminata ordinanza n. 97/2021 della Corte Costituzionale che, dapprima, aveva rinviato la decisione al 10 maggio 2022 e, successivamente, all’8 novembre 2022 relativamente alle questioni di legittimità costituzionale degli articoli 4-bis, comma 1, e 58-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), e dell’art. 2 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa), come convertito.
Il decreto legge n. 162/2022, convertito con modificazioni in legge n. 199/2022, ha modificato le norme oggetto della decisione della Corte Costituzionale, con particolare riferimento al co. 1 dell’art. 4-bis che, pur rimanendo fermo nella sua formulazione, è stato arricchito con ulteriori commi che completano il quadro.
In particolare, il nuovo comma 1-bis prevede che i benefici previsti dal comma 1 possano essere concessi anche in assenza di collaborazione con la giustizia, purché i detenuti e/o internati “dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento e alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile”.
Ulteriore apertura è data dal comma 1-bis.1 il quale prevede che “con il provvedimento di concessione dei benefìci di cui al comma 1 possono essere stabilite prescrizioni volte a impedire il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva o che impediscano ai condannati di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati o al ripristino di rapporti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva. A tal fine il giudice può disporre che il condannato non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un comune determinato”.
Per quanto attiene le ulteriori modifiche, non si può omettere di ricordare il nuovo comma 2 dell’art. 4-bis ord. pen., il quale, nella seconda parte, prevede testualmente che “nei casi di cui ai commi 1-bis e 1-bis.1, il giudice acquisisce, anche al fine di verificare la fondatezza degli elementi offerti dall'istante, dettagliate informazioni in merito al perdurare dell'operatività del sodalizio criminale di appartenenza o del contesto criminale nel quale il reato è stato consumato, al profilo criminale del detenuto o dell'internato e alla sua posizione all'interno dell'associazione, alle eventuali nuove imputazioni o misure cautelari o di prevenzione sopravvenute a suo carico e, ove significative, alle infrazioni disciplinari commesse durante la detenzione.
Il giudice chiede altresì il parere del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado o, se si tratta di condanne per i delitti indicati all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove è stata pronunciata la sentenza di primo grado e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, acquisisce informazioni dalla direzione dell'istituto ove l'istante è detenuto o internato e dispone, nei confronti del medesimo, degli appartenenti al suo nucleo familiare e delle persone ad esso collegate, accertamenti in ordine alle condizioni reddituali e patrimoniali, al tenore di vita, alle attività economiche eventualmente svolte e alla pendenza o definitività di misure di prevenzione personali o patrimoniali.
I pareri, le informazioni e gli esiti degli accertamenti di cui al quinto periodo sono trasmessi entro sessanta giorni dalla richiesta. Il termine può essere prorogato di ulteriori trenta giorni in ragione della complessità degli accertamenti.
Decorso il termine, il giudice decide anche in assenza dei pareri, delle informazioni e degli esiti degli accertamenti richiesti. Quando dall'istruttoria svolta emergono indizi dell'attuale sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva o con il contesto nel quale il reato è stato commesso, ovvero del pericolo di ripristino di tali collegamenti, è onere del detenuto fornire, entro un congruo termine, idonei elementi di prova contraria.
In ogni caso, nel provvedimento con cui decide sull'istanza di concessione dei benefici il giudice indica specificamente le ragioni dell'accoglimento o del rigetto dell'istanza medesima, tenuto conto dei pareri acquisiti ai sensi del quinto periodo. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi al detenuto o internato sottoposto a regime speciale di detenzione previsto dall'articolo 41-bis solamente dopo che il provvedimento applicativo di tale regime speciale sia stato revocato o non prorogato”.
Inoltre, la nuova legge n. 199/2022 interviene anche sull’art. 2 del d.l. n. 152/1991 prevedendo che i condannati per i delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell’articolo 4-bis della legge 354/1975 “non possono comunque essere ammessi alla liberazione condizionale se non hanno scontato almeno due terzi della pena temporanea o almeno trenta anni di pena, quando vi è stata condanna all’ergastolo per taluno dei delitti indicati nel comma 1 dell’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354. In tal caso, la pena dell’ergastolo rimane estinta e le misure di sicurezza personali ordinate dal giudice con la sentenza di condanna o con provvedimento successivo sono revocate (…) decorsi dieci anni dalla data del provvedimento di liberazione condizionale e la libertà vigilata (…) comporta sempre per il condannato il divieto di incontrare o mantenere comunque contatti con soggetti condannati per i reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale o sottoposti a misura di prevenzione ai sensi delle lettere a), b), d), e), f) e g) del comma 1 dell’articolo 4 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, o condannati per alcuno dei reati indicati nelle citate lettere”.
9. Alcune conclusioni
Attraverso la ricostruzione giurisprudenziale interna ed europea, si è cercato di verificare la legittimità costituzionale dell’ergastolo ostativo.
Una simile disciplina pone non pochi problemi in relazione a due diversi profili di rilevanza costituzionale: il principio rieducativo sancito dalla Costituzione e il divieto di pene o trattamenti inumani o degradanti sancito dalla CEDU. Per quanto attiene la compatibilità dell’ergastolo ostativo con il principio rieducativo sono state analizzate le più importanti sentenze della Corte Costituzionale e della giurisprudenza di merito. In particolare, molto discussa è stata la sentenza 135/2003 che poneva al centro del dibattito sull’ergastolo ostativo la collaborazione di giustizia. Tuttavia, il contenuto del principio rieducativo non può ridursi all’equazione collaborazione uguale rieducazione.
Ciò che è emerso rispetto al principio rieducativo è che se nella maggioranza dei casi la mancata collaborazione è indice di una scelta di permanere nell’associazione, in altri casi, che non possono essere trascurati, la mancata collaborazione potrebbe convivere con il distacco dall’associazione criminale di provenienza, frutto di una reale idoneità del soggetto sottoposto alla pena dell’ergastolo ostativo di recidere per sempre rapporti di appartenenza.
D’altro canto, tale impostazione è stata superata, dapprima, dalla sentenza della Corte Edu nel caso Viola c. Italia e, successivamente, dalla Corte Costituzionale con le sentenze 253/2019, 263/2019 e, da ultimo, dall’ordinanza 97/2020 che ha rimesso la questione al legislatore. In particolare, nella sentenza 253/2019, si ribadisce che la tensione con i principi costituzionali consiste unicamente nel carattere assoluto della presunzione. Ancora una volta, dunque, la Corte di Strasburgo, questa volta aggredendo le norme in tema di reati di stampo mafioso, condanna l’Italia.
La Corte ha ammonito un sistema normativo creato dall’esperienza e dalle grandi rivoluzioni affrontate al fine di trasformare l’omertà in opportunità di combattere le mafie. La sentenza Viola, dunque, ha incoraggiato molteplici riflessioni sul modo di concepire la pena e la sua esecuzione. La scelta è quella di spronare il legislatore a cercare strumenti, oltre alla collaborazione di giustizia, per accedere ai permessi premio, escludendo definitivamente ogni presunzione assoluta.
Tuttavia, la Corte Costituzionale nella recentissima sentenza del 2020 non ha dichiarato quella che sembrava una scontata pronuncia di incostituzionalità bensì ha rinviato la decisione al maggio 2022, concedendo al Parlamento un congruo termine per affrontare la materia. «La decisione di procrastinare l’intervento demolitorio produce un’ulteriore distorsione che mira direttamente al cuore del modello incidentale di giustizia costituzionale. […]
Si tratta di un’ipotesi di denegata giustizia che solo il legislatore potrà rimuovere, ancorché il contegno fino ad ora tenuto dal Parlamento – inadempiente già rispetto alla sentenza Viola – difficilmente lasci presagire un epilogo diverso da quello dell’inerzia ulteriormente protratta»[130] . Occorre, infine, opportuno sottolineare che la pronuncia di incostituzionalità non è sinonimo di un «tana libera tutti» per gli ergastolani sottoposti ad ergastolo ostativo. Inoltre, la vera forza dello Stato dovrebbe consistere nell’eliminare le pene di dubbia compatibilità con il contesto costituzionale e, in particolare, in questo specifico ambito affermare l’incompatibilità dell’ergastolo ostativo con il principio di rieducazione del soggetto, con il senso di umanità, con i principi di individualizzazione e proporzionalità della pena, nonché con i concetti enunciati dalla giurisprudenza europea.
Difatti, la recente riforma formulata sul tema va ad integrare gli aspetti ritenuti incostituzionali dalla Corte Europea, inserendo riferimenti che comportano la concessione di benefici anche in assenza di collaborazione con la giustizia da parte dell’ergastolano.
[1] A. LOLLO, L’ergastolo ostativo alla luce dell’ordinanza n. 97/2021 della Corte Costituzionale, in Critica del diritto: rassegna di dottrina, giurisprudenza, legislazione e vita giudiziaria, Edizioni Scientifiche Italiane, Luglio – Dicembre 2021, n. 2, 24.
[2] A. LOLLO, L’ergastolo ostativo alla luce dell’ordinanza n. 97/2021 della Corte Costituzionale, in Critica del diritto: rassegna di dottrina, giurisprudenza, legislazione e vita giudiziaria, Edizioni Scientifiche Italiane, Luglio – Dicembre 2021, n. 2, 25.
[3] A. LOLLO, L’ergastolo ostativo alla luce dell’ordinanza n. 97/2021 della Corte Costituzionale, in Critica del diritto: rassegna di dottrina, giurisprudenza, legislazione e vita giudiziaria, Edizioni Scientifiche Italiane, Luglio – Dicembre 2021, n. 2, 25.
[4] A. PUGIOTTO, La versione della Consulta. Gli ergastolani nella giurisprudenza costituzionale, in AA. VV., Contro gli ergastoli. Perché il carcere a vita «non è la soluzione ma il problema da risolvere», (a cura di) S. ANASTASIA, F. CORLEONE, A. PUGIOTTO, Roma, 2021, 44.
[5] L. FERRAJOLI, Ergastolo e delitti fondamentali, in Dei delitti e delle pene, 1992, p. 79; G. M. FLICK, Ergastolo: perché ho cambiato idea, in www.rivistaaic.it, 2015, 8 ss.
[6] D. PULITANÒ, Diritto penale, Torino, Giappichelli Editore, 2021, 566.
[7] G. M. FLICK, Ergastolo: perché ho cambiato idea, in www.rivistaaic.it, 2015, 3.
[8] M. LAMANUZZI, L’ergastolo ostativo. Una pena in contrasto con la dignità, in Dignitas percorsi di carcere e giustizia, 2015,2.
[9] Corte Costituzionale, 22/11/1974, (ud. 07/11/1974, dep. 22/11/1974), n.264, in www.dejure.it.
[10] Corte Costituzionale, 27/09/1983, (ud. 21/09/1983, dep. 27/09/1983), n.274, in www.dejure.it.
[11] A. LOLLO, L’ergastolo ostativo alla luce dell’ordinanza n. 97/2021 della Corte Costituzionale, in Critica del diritto: rassegna di dottrina, giurisprudenza, legislazione e vita giudiziaria, Edizioni Scientifiche Italiane, Luglio – Dicembre 2021, n. 2, 27-28.
[12] Recante «Modifiche alla legge sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà».
[13] A. LOLLO, L’ergastolo ostativo alla luce dell’ordinanza n. 97/2021 della Corte Costituzionale, in Critica del diritto: rassegna di dottrina, giurisprudenza, legislazione e vita giudiziaria, Edizioni Scientifiche Italiane, Luglio – Dicembre 2021, n. 2, 28.
[14] A. LOLLO, L’ergastolo ostativo alla luce dell’ordinanza n. 97/2021 della Corte Costituzionale, in Critica del diritto: rassegna di dottrina, giurisprudenza, legislazione e vita giudiziaria, Edizioni Scientifiche Italiane, Luglio – Dicembre 2021, n. 2, 28.
[15] Corte Costituzionale, 04/06/1997, (ud. 02/06/1997, dep. 04/06/1997), n.161, in www.dejure.it.
[16] A. LOLLO, L’ergastolo ostativo alla luce dell’ordinanza n. 97/2021 della Corte Costituzionale, in Critica del diritto: rassegna di dottrina, giurisprudenza, legislazione e vita giudiziaria, Edizioni Scientifiche Italiane, Luglio – Dicembre 2021, n. 2, 29.
[17] Corte Cost. sent n. 161/1997, punto 6 del Considerazioni in diritto, in dejure.it .
[18] A. LOLLO, L’ergastolo ostativo alla luce dell’ordinanza n. 97/2021 della Corte Costituzionale, in Critica del diritto: rassegna di dottrina, giurisprudenza, legislazione e vita giudiziaria, Edizioni Scientifiche Italiane, Luglio – Dicembre 2021, n. 2, 29.
[19] Corte Costituzionale, 24/04/2003, (ud. 09/04/2003, dep. 24/04/2003), n.135, in www.dejure.it.
[20] Corte Cost. 24 aprile 2003 con nota di A. MORRONE, Liberazione condizionale e limiti posti dall’art. 4-bis ord. pen., in Diritto penale e processo, 11/2014, 1351.
[21] Corte Cost. sentenza n. 135/2003 punto 4 delle Considerazioni in diritto, in dejure.it.
[22] Corte Cost., sentenza 24 aprile 2003, n. 135 con nota di A. MORRONE, Liberazione condizionale e limiti posti dall’art. 4-bis ord. pen., in Diritto penale e processo, 11/2014, 1354.
[23] Corte Costituzionale, 04/06/1997, (ud. 02/06/1997, dep. 04/06/1997), n.161, in www.dejure.it.
[24] Cassazione penale sez. I, 29 marzo 2012 n. 33018, in www.dejure.it.
[25] Cassazione penale sez. I, 04/03/2014, (ud. 04/03/2014, dep. 30/04/2014), n.18206, in www.dejure.it.
[26] Cass. pen., Sez. I, 30 Aprile 2014, n. 18206, in dejure.it..
[27] Corte Costituzionale, 04/12/2019, (ud. 23/10/2019, dep. 04/12/2019), n. 253, in www.dejure.it.
[28] A. PUGIOTTO, La sentenza n. 253/2019 della Corte Costituzionale: una breccia nel muro dell’ostatività penitenziaria, in Forum di Quaderni Costituzionali, 1/2020, 160-174 e in Stadium Iuris, 4/2020, 399-406.
[29] A. PUGIOTTO, La sentenza n. 253/2019 della Corte Costituzionale: una breccia nel muro dell’ostatività penitenziaria, in Forum di Quaderni Costituzionali, 1/2020, 160-174 e in Stadium Iuris, 4/2020, 399-406.
[30] Con la sola eccezione della liberazione condizionale in A. PUGIOTTO, op. cit., 82.
[31] A. PUGIOTTO, La sentenza n. 253/2019 della Corte Costituzionale: una breccia nel muro dell’ostatività penitenziaria, in Forum di Quaderni Costituzionali, 1/2020, 120.
[32] A. PUGIOTTO, La sentenza n. 253/2019 della Corte Costituzionale: una breccia nel muro dell’ostatività penitenziaria, in Forum di Quaderni Costituzionali, 1/2020, 120.
[33] A. PUGIOTTO, La sentenza n. 253/2019 della Corte Costituzionale: una breccia nel muro dell’ostatività penitenziaria, in Forum di Quaderni Costituzionali, 1/2020, 121.
[34] D. PULITANÒ, Problemi dell’ostatività sanzionatoria. Rilevanza nel tempo e diritti della persona, in G. BRUNELLI, A. PUGIOTTO, P. VERONESI (a cura di), Per sempre dietro le sbarre?, 155.
[35] S. CARNEVALE, Diritto al giudice e habeas corpus penitenziario: l’insostenibilità delle presunzioni assolute sui percorsi individuali, in amicus curiae, 2019, 61.
[36] Ferma restando la sua autonomia valutativa deciderà sulla base non solo delle relazioni fornite dalle autorità penitenziarie, ma anche dalle dettagliate informazioni acquisite da altre autorità competenti: Procura nazionale antimafia, Procura Distrettuale, Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza. In A. PUGIOTTO, La sentenza n. 253/2019 della Corte Costituzionale: una breccia nel muro dell’ostatività penitenziaria, in Forum di Quaderni Costituzionali, 1/2020, 121.
[37] Sul quale grava «l’onere di specificare allegazioni idonee a escludere collegamenti, attuali e futuri, con il sodalizio criminale. Un onere che, secondo la Corte, deve tradursi nell’obbligo di fornire veri e propri elementi di prova a sostegno della richiesta, quando contro di essa si è pronunciata la Procura antimafia, d’ufficio o su segnalazione del competente comitato Provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. A. PUGIOTTO, La sentenza n. 253/2019 della Corte Costituzionale: una breccia nel muro dell’ostatività penitenziaria, in Forum di Quaderni Costituzionali, 1/2020, 122.
[38] Corte Costituzionale, 06/12/2019, (ud. 05/11/2019, dep. 06/12/2019), n. 263, in www.dejure.it.
[39] S. BERNARDI, L’ostatività dei benefici penitenziari non può operare nei confronti dei condannati minorenni: costituzionalmente illegittimo l’art. 2 comma 3 d. lgs. 2 ottobre 2018, n. 121, 29 gennaio 2020, 1-2, in www.sistemapenale.it.
[40] Recante «l’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti»; il giudice a quo riteneva che la norma contrastasse con i principi direttivi posti dall’art. 85, lett. p, nn. 5 e 6 della legge-delega n. 103 del 2017, infatti, «la riforma organica del sistema di esecuzione penale minorile doveva perseguire gli obiettivi di «ampliamento dei criteri per l'accesso alle misure alternative alla detenzione» e di «eliminazione di ogni automatismo e preclusione per la revoca o per la concessione dei benefici penitenziari, in contrasto con la funzione rieducativa della pena e con il principio dell'individuazione del trattamento»; in S. BERNARDI, L’ostatività dei benefici penitenziari non può operare nei confronti dei condannati minorenni: costituzionalmente illegittimo l’art. 2 comma 3 d. lgs. 2 ottobre 2018, n. 121, 29 gennaio 2020, 3, in www.sistemapenale.it.
[41] Recante «la Repubblica […] protegge la maternità e l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo».
[42] S. BERNARDI, L’ostatività dei benefici penitenziari non può operare nei confronti dei condannati minorenni: costituzionalmente illegittimo l’art. 2 comma 3 d. lgs. 2 ottobre 2018, n. 121, 29 gennaio 2020, 3, in www.sistemapenale.it.
[43] S. BERNARDI, L’ostatività dei benefici penitenziari non può operare nei confronti dei condannati minorenni: costituzionalmente illegittimo l’art. 2 comma 3 d. lgs. 2 ottobre 2018, n. 121, 29 gennaio 2020, 4, in www.sistemapenale.it.
[44] S. BERNARDI, L’ostatività dei benefici penitenziari non può operare nei confronti dei condannati minorenni: costituzionalmente illegittimo l’art. 2 comma 3 d. lgs. 2 ottobre 2018, n. 121, 29 gennaio 2020, 5, in www.sistemapenale.it.
[45] S. BERNARDI, L’ostatività dei benefici penitenziari non può operare nei confronti dei condannati minorenni: costituzionalmente illegittimo l’art. 2 comma 3 d. lgs. 2 ottobre 2018, n. 121, 29 gennaio 2020, 2, in www.sistemapenale.it.
[46] Cassazione penale, sez. I, ord, n. 18518 del 18 giugno 2020, in www.dejure.it.
[47] Cass., sez. I, ord. 3 giugno 2020 (dep. 18 giugno 2020), n. 18518, Pres. Mazzei, Est. Santalucia, ric. Pezzino, in www.sistemapenale.it.
[48] Corte di Cassazione, Prima sezione penale, ord. n. 18518/2020, 215, in dejure.it..
[49] Trascurando la giurisprudenza sovrannazionale che sancisce l’illegittimità della pena perpetua in assenza di una concreta possibilità di liberazione; Corte di Cassazione, Prima sezione penale, ord. n. 18518/2020, in dejure.it.
[50] In quanto il giudice ha omesso di pronunciarsi nel merito; Corte di Cassazione, Prima sezione penale, ord. n. 18518/2020, 216, in dejure.it.
[51] Corte di Cassazione, Prima sezione penale, ord. n. 18518/2020, in www.sistemapenale.it.
[52] Corte di Cassazione, Prima sezione penale, ord. n. 18518/2020, in www.sistemapenale.it.
[53] Corte di Cassazione, Prima sezione penale, ord. n. 18518/2020, in www.sistemapenale.it.
[54] Corte di Cassazione, Prima sezione penale, ord. n. 18518/2020, in www.sistemapenale.it.
[55] E. DOLCINI, L’ordinanza della Corte Costituzionale n. 97 del 2021: eufonie, dissonanze, prospettive inquietanti, in www.sistemapenale.it, 25 maggio 2021, 1.
[56] A. LOLLO, L’ergastolo ostativo alla luce dell’ordinanza n. 97/2021 della Corte Costituzionale, in Critica del diritto: rassegna di dottrina, giurisprudenza, legislazione e vita giudiziaria, Edizioni Scientifiche Italiane, Luglio – Dicembre 2021, n. 36-37.
[57] Punto 11 del “considerato in diritto”.
[58] E. DOLCINI, L’ordinanza della Corte Costituzionale n. 97 del 2021: eufonie, dissonanze, prospettive inquietanti, in www.sistemapenale.it, 25 maggio 2021, 2.
[59] E. DOLCINI, L’ordinanza della Corte Costituzionale n. 97 del 2021: eufonie, dissonanze, prospettive inquietanti, in www.sistemapenale.it, 25 maggio 2021, 2.
[60] Sentenza 135/2003.
[61] E. DOLCINI, L’ordinanza della Corte Costituzionale n. 97 del 2021: eufonie, dissonanze, prospettive inquietanti, in www.sistemapenale.it, 25 maggio 2021, 3.
[62] E. DOLCINI, L’ordinanza della Corte Costituzionale n. 97 del 2021: eufonie, dissonanze, prospettive inquietanti, in www.sistemapenale.it, 25 maggio 2021, 4.
[63] E. DOLCINI, L’ordinanza della Corte Costituzionale n. 97 del 2021: eufonie, dissonanze, prospettive inquietanti, in www.sistemapenale.it, 25 maggio 2021, 4.
[64] E. DOLCINI, L’ordinanza della Corte Costituzionale n. 97 del 2021: eufonie, dissonanze, prospettive inquietanti, in www.sistemapenale.it, 25 maggio 2021, 6.
[65] A. CAFORIO , Fine pena mai, più. Le declinazioni del fenomeno mafioso al tempo del diritto alla speranza, in Diritto penale, Key editore, 2021, 94.
[66] In precedenza, la tecnica del rinvio a nuovo ruolo era stata utilizzata nelle ordinanze nn. 207/2018 (Caso Cappato) e 132/2020 (sul trattamento sanzionato della diffamazione a mezzo stampa, ex art. 595 co. 3 c.p.).
[67] Occorre sottolineare che nelle precedenti occasioni la tecnica del rinvio è stata disattesa dal legislatore, costringendo la Corte ad intervenire nuovamente dichiarando l’incostituzionalità della disciplina censurata; A. LOLLO, L’ergastolo ostativo alla luce dell’ordinanza n. 97/2021 della Corte Costituzionale, in Critica del diritto: rassegna di dottrina, giurisprudenza, legislazione e vita giudiziaria, Edizioni Scientifiche Italiane, Luglio – Dicembre 2021, n. 2, 38.
[68] In tali ordinanze, infatti, la motivazione non è succinta, somigliando ad una sentenza e non ad un’ordinanza vera e propria. Inoltre, l’udienza al nuovo ruolo viene fissata dal Collegio e non dal Presidente. Infine, la normativa sub judice non viene espunta dall’ordinamento con la conseguenza che la stessa disciplina rimane applicabile; A. LOLLO, L’ergastolo ostativo alla luce dell’ordinanza n. 97/2021 della Corte Costituzionale, in Critica del diritto: rassegna di dottrina, giurisprudenza, legislazione e vita giudiziaria, Edizioni Scientifiche Italiane, Luglio – Dicembre 2021, n. 2, 38 – 39.
[69] R. CASIRAGHI – S. ZIRILLA, Monitoraggio Corte Edu marzo 2014, b) art. 3 CEDU, in dirittopenalecontemporaneo.it, 2014.
[70] D. V. ZYL SMIT, La pena dell’ergastolo in un mondo globalizzato, in Criminalia: annuario di scienze penalistiche, Edizioni ETS, 2014, traduzione (a cura di) A. CORDA, 59.
[71] Da questo momento in poi “Cedu”.
[72] M. PISANO, “La pena dell’ergastolo”, in Riv.it dir. proc. pen,, 2016, 620.
[73] A. SCARCELLA, “Fine pena mai”: viola la CEDU, in Cass. pen. n. 12/2013, 4662.
[74] Corte Edu, sez. IV, 17 gennaio 2012, Harkins e Edwards c. Regno Unito.
[75] F. VIGANÒ, Ergastolo senza speranza di liberazione condizionale e art. 3 CEDU: (poche) luci e (molte) ombre in due recenti sentenze della Corte di Strasburgo, in www.penalecontemporaneo.it, 4 luglio 2012.
[76] D. V. ZYL SMIT, La pena dell’ergastolo in un mondo globalizzato, in Criminalia: annuario di scienze penalistiche, Edizioni ETS, 2014, traduzione (a cura di) A. CORDA, 61-63.
[77] A. CAFORIO , Fine pena mai, più. Le declinazioni del fenomeno mafioso al tempo del diritto alla speranza, in Diritto penale, Key editore, 2021, 48.
[78] A. CAFORIO , Fine pena mai, più. Le declinazioni del fenomeno mafioso al tempo del diritto alla speranza, in Diritto penale, Key editore, 2021, 48.
[79] A. CAFORIO , Fine pena mai, più. Le declinazioni del fenomeno mafioso al tempo del diritto alla speranza, in Diritto penale, Key editore, 2021, 49.
[80] Corte EDU, grande camera, sent. 12 febbraio 2008, ric. n. 21906/04, Kafkaris c. Cipro, in dirittopenalecontemporaneo.it.
[81] Grande Chambre, requete 21906/04.
[82] M.R. DONNARUMMA, La funzione rieducativa della pena e l’ergastolo “ostativo”, in Giurisprudenzapenale.it, 2020, 9.
[83] M.R. DONNARUMMA, La funzione rieducativa della pena e l’ergastolo “ostativo”, in Giurisprudenzapenale.it, 2020, 9.
[84] M.R. DONNARUMMA, La funzione rieducativa della pena e l’ergastolo “ostativo”, in Giurisprudenzapenale.it, 2020, 9.
[85] Questo conferisce al presidente della Repubblica la facoltà, su raccomandazione dell’Attorney General, di rimettere, sospendere o commutare le pene; M.R. DONNARUMMA, La funzione rieducativa della pena e l’ergastolo “ostativo”, in Giurisprudenzapenale.it, 2020,. 9- 10.
[86] Questo afferma che il presidente può, in ogni momento, ordinare la liberazione condizionale del detenuto con l’assenso dell’Attorney General; M.R. DONNARUMMA, La funzione rieducativa della pena e l’ergastolo “ostativo”, in Giurisprudenzapenale.it, 2020, 10.
[87] R. NUZZO, Ergastolo ostativo: prospettive di riforma e recenti orientamenti della giurisprudenza europea, in Dir. pen. cont., 3/2015, 49.
[88] D. GALLIANI, Il diritto di sperare, la pena dell’ergastolo dinnanzi alla Corte di Strasburgo, in Costituzionalismo.it, 3/2013, 7.
[89] Corte Edu, Grande Camera, 12 febbraio 2008, Kafkaris c. Cipro.
[90] M. PISANO, “La pena dell’ergastolo”, in Riv.it dir. proc. pen,, 2016, 620.
[91] F. VIGANÒ, Ergastolo senza speranza di liberazione condizionale e art. 3 CEDU: (poche) luci e (molte) ombre in due recenti sentenze della Corte di Strasburgo, in www.penalecontemporaneo.it, 4 luglio 2012, 3.
[92] M.R. DONNARUMMA, La funzione rieducativa della pena e l’ergastolo “ostativo”, in Giurisprudenzapenale.it, 2020, 10-11.
[93] Corte EDU, 9 luglio 2013, n. 3896, caso Vinter e altri c. Regno Unito, in giurisprudenzapenale.com.
[94] Dapprima la sentenza del 17 gennaio 2012 emessa dalla IV sezione e, in un secondo momento (a seguito del ricorso dei soccombenti), la sentenza 9 luglio 2013.
[95] M.R. DONNARUMMA, La funzione rieducativa della pena e l’ergastolo “ostativo”, in Giurisprudenzapenale.it, 2020, 7.
[96] R. NUZZO, Ergastolo ostativo: prospettive di riforma e recenti orientamenti della giurisprudenza europea, in Dir. pen. cont., 3/2015, 49.
[97] R. NUZZO, Ergastolo ostativo: prospettive di riforma e recenti orientamenti della giurisprudenza europea, in Dir. pen. cont., 3/2015, 49.
[98] Wellington v. Secretary of State fro the Home Department [2008], UKHL, 72.
[99] R. v. Bieber [2008] 1 WRL 223.
[100] F. VIGANÒ, Ergastolo senza speranza di liberazione condizionale e art. 3 CEDU: (poche) luci e (molte) ombre in due recenti sentenze della Corte di Strasburgo, in www.penalecontemporaneo.it, 4 luglio 2012, 13.
[101] R. NUZZO, Ergastolo ostativo: prospettive di riforma e recenti orientamenti della giurisprudenza europea, in Dir. pen. cont., 3/2015, 49.
[102] D. GALLIANI, Il diritto di sperare, la pena dell’ergastolo dinnanzi alla Corte di Strasburgo, in Costituzionalismo.it, 3/2013, 13-14.
[103] Sul punto, M. PISANO, “La pena dell’ergastolo”, in Riv.it dir. proc. pen,, 2016, 623-624.
[104] D. GALLIANI, Il diritto di sperare, la pena dell’ergastolo dinnanzi alla Corte di Strasburgo, in Costituzionalismo.it, 3/2013, 18.
[105] In Corte Edu, Grande Camera, 9 luglio 2013, Vinter e altri c. Regno Unito.
[106] Corte Europea dei diritti dell’uomo, 18 marzo 2014 Öcalan contro Turchia, Ric. nn. 24069/03, 197/04, 6201/06 e 10464/07, in giurisprudenzapenale.com.
[107] Meglio conosciuto PKK e considerato come un’organizzazione terroristica da Unione Europea, Stati Uniti, Turchia ed Iran.
[108] R. CASIRAGHI – S. ZIRILLA, Monitoraggio Corte Edu marzo 2014, b) art. 3 CEDU, in dirittopenalecontemporaneo.it, 2014.
[109] Corte Edu, Sez. II, 18 marzo 2014, Öcalan c. Turchia (n. 2).
[110] Sez. IV, Harkins e Edwards c. Regno Unito, sent. 17 gennaio 2012, ric. n. 9146/07 e 32650/07.
[111] Tale tipologia di ergastolo era prevista in numerosi ordinamenti statunitensi; F. VIGANÒ, Ergastolo senza speranza di liberazione condizionale e art. 3 CEDU: (poche) luci e (molte) ombre in due recenti sentenze della Corte di Strasburgo, in www.penalecontemporaneo.it, 4 luglio 2012, 7 ss.
[112] D. FALCINELLI, L’Umanesimo della Pena dell’Ergastolo. Ideologia e tecnica del diritto dell’uomo ad una pena proporzionatamente rieducativa, 2013, in federalismi.it, 4.
[113] F. VIGANÒ, Ergastolo senza speranza di liberazione condizionale e art. 3 CEDU: (poche) luci e (molte) ombre in due recenti sentenze della Corte di Strasburgo, in www.penalecontemporaneo.it, 4 luglio 2012, 10.
[114] Sentenza della Corte EDU (Quinta Sezione) 4 settembre 2014, rich. n. 140/2010, Trabelsi c. Belgio.
[115] C. PARODI, Ergastolo senza liberazione anticipata, estradizione e art. 3 CEDU, 3 novembre 2014, in www.penalecontemporaneo.it; Corte Edu, sez. IV, 4 settembre 2014, Trablesi c. Belgio.
[116] Corte EDU, sez. I, ricorso n. 77633/16 del 12 dicembre 2016, Marcello Viola c. Italia, accolto il 13 giugno 2019.
[117] F. FIORENTIN, Il caso Viola n. 2. L’ergastolo ostativo e la tutela della dignità umana,. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e l’impatto nell’ordinamento interno (2016-2020), a cura di A. DI STASI, Cedam – Wolters Kluwer, Padova, 2020, 71.
[118] F. FIORENTIN, Il caso Viola n. 2. L’ergastolo ostativo e la tutela della dignità umana,. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e l’impatto nell’ordinamento interno (2016-2020), a cura di A. DI STASI, Cedam – Wolters Kluwer, Padova, 2020, 71.
[119] Ritenendo che «il fatto di non aver positivamente collaborato con la giustizia ai sensi dell’art. 58-ter ord. pen. ha comportato il mancato esame nel merito dell’istanza di liberazione condizionale; F. FIORENTIN, Il caso Viola n. 2. L’ergastolo ostativo e la tutela della dignità umana,. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e l’impatto nell’ordinamento interno (2016-2020), a cura di A. DI STASI, Cedam – Wolters Kluwer, Padova, 2020, 72.
[120] Ritenendo che «la detenzione non è mai stata considerata “lawful”, ovvero legittima, sulla base di una valutazione nel merito; F. FIORENTIN, Il caso Viola n. 2. L’ergastolo ostativo e la tutela della dignità umana,. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e l’impatto nell’ordinamento interno (2016-2020), a cura di A. DI STASI, Cedam – Wolters Kluwer, Padova, 2020, 72.
[121] Ritenendo che «il “diritto al silenzio” è un corollario della presunzione di innocenza»; F. FIORENTIN, Il caso Viola n. 2. L’ergastolo ostativo e la tutela della dignità umana,. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e l’impatto nell’ordinamento interno (2016-2020), a cura di A. DI STASI, Cedam – Wolters Kluwer, Padova, 2020, 72.
[122] Ritenendo che «l’onere di collaborazione con la giustizia viola l’integrità morale della persona e la pone in perenne conflitto con la propria coscienza»; F. FIORENTIN, Il caso Viola n. 2. L’ergastolo ostativo e la tutela della dignità umana,. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e l’impatto nell’ordinamento interno (2016-2020), a cura di A. DI STASI, Cedam – Wolters Kluwer, Padova, 2020, 72.
[123] Nella sentenza 17 settembre 2009, la Corte Edu, nel caso Enea c. Italia afferma, a tal proposito, che «la giustizia non deve fermarsi alle porte delle carceri».
[124] F. FIORENTIN, Il caso Viola n. 2. L’ergastolo ostativo e la tutela della dignità umana,. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e l’impatto nell’ordinamento interno (2016-2020), a cura di A. DI STASI, Cedam – Wolters Kluwer, Padova, 2020, 72.
[125] Corte europea dei diritti dell’uomo, sent. 13 giugno 2019, Viola c. Italia, in Guida dir., 2019, n. 44, 14 ss. con nota di F. FIORENTIN e in Arch. Pen., 2019, n. 2, con osservazioni di V. MANCA, Le declinazioni della tutela dei diritti fondamentali dei detenuti nel dialogo delle Corti: da Viola c. Italia all’attesa della Corte costituzionale, in Archivio Penale, fasc. 2, maggio-agosto 2019.
[126] F. FIORENTIN, Il caso Viola n. 2. L’ergastolo ostativo e la tutela della dignità umana,. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e l’impatto nell’ordinamento interno (2016-2020), a cura di A. DI STASI, Cedam – Wolters Kluwer, Padova, 2020, 76.
[127] F. FIORENTIN, Il caso Viola n. 2. L’ergastolo ostativo e la tutela della dignità umana,. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e l’impatto nell’ordinamento interno (2016-2020), a cura di A. DI STASI, Cedam – Wolters Kluwer, Padova, 2020, 76.
[128] F. FIORENTIN, Il caso Viola n. 2. L’ergastolo ostativo e la tutela della dignità umana,. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e l’impatto nell’ordinamento interno (2016-2020), a cura di A. DI STASI, Cedam – Wolters Kluwer, Padova, 2020, 72; «il valore della dignità umana è un principio fondante dell’Unione Europea ed è affermato come tale dalle Corti europee di Strasburgo e di Lussemburgo». Per quest’ultima, si veda, in particolare, A. DI STASI, Brevi considerazioni intorno all’uso giurisprudenziale della nozione di dignità umana da parte della Corte di giustizia dell’Unione Europea, in AA. VV., Temi e questioni di diritto dell’unione europea – Scritti offerti a Claudia Morviducci, Bari, 2019, 861 ss. .
[129] F. FIORENTIN, Il caso Viola n. 2. L’ergastolo ostativo e la tutela della dignità umana,. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e l’impatto nell’ordinamento interno (2016-2020), a cura di A. DI STASI, Cedam – Wolters Kluwer, Padova, 2020, 78.
[130] A. LOLLO, L’ergastolo ostativo alla luce dell’ordinanza n. 97/2021 della Corte Costituzionale, in Critica del diritto: rassegna di dottrina, giurisprudenza, legislazione e vita giudiziaria, Edizioni Scientifiche Italiane, Luglio – Dicembre 2021, n. 2, 39.