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Pubbl. Mer, 18 Gen 2023

Sinistro causato da uno solo dei conducenti: esclusa la responsabilità concorrente

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Jacopo Alcini
AvvocatoUniversità degli Studi di Perugia



Secondo Cass. civ. Sez. III, Sent., ud. 26/10/2022, dep. 28/11/2022, n. 34895, la regola posta dall´art. 2054 c. 2 c.c., vale a dire la presunzione di corresponsabilità dei conducenti nella causazione del sinistro, può essere vinta dalla prova liberatoria ”ad personam”, così come indicato, nel solco di un consolidato orientamento tralatizio, dai giudici di legittimità. Ripercorrendo i profili della responsabilità speciale da circolazione di veicoli senza guida di rotaie, il contributo vuole analizzare i risvolti problematici dell´istituto


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Accident caused by only one of the drivers: concurrent liability excluded

In according to Cass. civ. Sez. III, Sent., ud. 26/10/2022, dep. 28/11/2022, n. 34895, the rule posed by article 2054 c. 2 of Civil Code, that is the presumption of co-responsability in the causation of the accident, can be overcome by ”ad personam” liberating evidence, as indicated, in the wake of a well-established tralativist orientation, by judges of legitimacy. Reviewing the contours of special liability for driving vehicles without rail guide, the contribution wants to analyze the problematic implications of the institution

Sommario: 1. I fatti di causa; 2. Il danno ex art. 2054 c.c.; 3. Il concorso del fatto colposo del danneggiato; 4. Sul concetto di «circolazione stradale» in particolare; 5. Conclusioni.

1. I fatti di causa

La Suprema Corte con una recente pronuncia (sentenza 28 novembre 2022 n. 34895) ha confermato il principio di diritto, già ribadito in più occasioni negli ultimi decenni[1], secondo il quale la prova liberatoria dalla presunzione di corresponsabilità ex art. 2054 c. 2 c.c. e quindi l’accertamento della colpa esclusiva a carico di uno solo dei conducenti, può essere diretta (attraverso la dimostrazione della conformità alle regole della circolazione stradale), ma anche indiretta (tramite il riscontro del nesso di causalità esclusivo tra l’altro vettore e l’evento dannoso). Se la dottrina[2] è apparsa ancora convinta del contrario, la giurisprudenza si è mostrata, invece, sempre più risoluta nell’ampliare le maglie della disposizione codicistica in questione.

Tanto premesso, giova ripercorrere brevemente i fatti oggetto del contenzioso, al fine di avere contezza della fattispecie concreta.

Un’autovettura, nonostante il divieto per la presenza della striscia continua nella mezzeria, aveva effettuato un’inversione di marcia in un tratto di strada, urtando un motoveicolo proveniente in senso contrario. La Corte d’appello di Napoli aveva riconosciuto la concorrente responsabilità di entrambi i conducenti nella misura del 50% ciascuno, rideterminando la somma dovuta a titolo di risarcimento. I giudici di legittimità hanno ribaltato le conclusioni della corte di merito e riconosciuto la responsabilità esclusiva in capo all’altro conducente, dichiarando inammissibile il ricorso incidentale contenuto nel controricorso proposto dalle altre vittime riflesse. Avverso l’ordinanza della Cassazione i ricorrenti incidentali hanno proposto la revocazione, accolta dalla decisione in commento per errore di fatto. In questa occasione, i giudici di piazza Cavour hanno ribadito che il criterio di imputazione di cui all’art. 2054 c. 2 c.c. è sussidiario e residuale, applicandosi soltanto se risulti impossibile individuare le dinamiche effettive del sinistro. E’, infatti, possibile superare la presunzione di colpa codicistica, fornendo la prova contraria all’asserita pari responsabilità dei conducenti. Di conseguenza, è necessario dimostrare non solo che il fatto dannoso è stato causato esclusivamente dalla condotta colposa di un solo vettore, ma anche che l’altro si è attenuto al rispetto delle prescrizioni in materia di circolazione stradale, oltre a quelle di comune prudenza.

2. Il danno ex art. 2054 c.c.

Non sembra ultroneo a questo punto precisare le caratteristiche e le peculiarità del danno derivante da circolazione di veicoli[3].

Il c. 1 dell’art. 2054 c.c. collega la responsabilità speciale del vettore ai danni occorsi durante la circolazione stradale, dovendo lo stesso garantire l’incolumità dei terzi e degli eventuali trasportati. Il conducente è il soggetto che ha il controllo stabile del mezzo di trasporto, compresi i relativi comandi di manovra[4].

L’elemento costitutivo della responsabilità in argomento è il concetto di custodia[5], che viene interpretato in modo ampio, ricomprendendovi ogni forma di relazione di fatto o di diritto con il veicolo. Così devono ritenersi responsabili in solido con il conducente, anche il proprietario[6], l’usufruttuario, il compratore con patto di riservato dominio (art. 2054 c.3 c.c.) ed il concedente nel contratto di leasing. Questi ultimi possono esimersi dalla responsabilità soltanto dimostrando il corretto esercizio dei propri poteri sul veicolo al fine di impedirne la circolazione, provando la sequenza interruttiva del nesso causale, ovvero la sussistenza di un atto lecito con cui è avvenuta la cessione della disponibilità del bene. Tuttavia, il conducente risponde comunque se dai fatti oggetto di indagine risulta che il danno derivi da una serie causale costante e prevedibile, tale da poter essere evitato[7].

Normalmente la prova liberatoria implica l’evidenza di un comportamento incolpevole conforme alle regole stradali[8] ovvero che l’evento dannoso non sia dipeso dalla propria condotta.

Tale responsabilità è soggetta alla prescrizione breve di due anni[9] ex art. 2947 c. 2 c.c.

Quanto alla natura giuridica, alcuni autori ritengono che il modello adottato dal codice rispecchi quello della responsabilità presunta basato sul semplice fatto della produzione del danno, potendo accedere alla prova liberatoria, intesa come inversione del relativo onere[10]. La responsabilità del conducente è stata ricostruita sul modello della colpa presunta e del rischio, qualora ponga in essere una condotta negligente, imprudente o sprezzante delle comuni regole tecniche di circolazione[11]. Secondo altra dottrina, occorre distinguere due momenti: l’elemento costitutivo del danno (elemento oggettivo) e la dimostrazione di aver fatto tutto il possibile per evitarlo (elemento soggettivo)[12]. Ulteriore orientamento, invece, ritiene la fattispecie una ipotesi particolare di responsabilità oggettiva, secondo cui il conducente risponde del danno a prescindere dall’elemento soggettivo, salvo che provi il caso fortuito o la forza maggiore[13].

In sede processuale[14], in effetti, l’attore-danneggiato è tenuto a provare il fatto, il danno ed il nesso di causalità, fatta eccezione della colpa del convenuto-danneggiante, il quale ha un onere più gravoso rispetto a quello previsto dall’art. 2043 c.c.

L’art. 2054 c. 2 c.c. impone una presunzione di colpa a carico di entrambi i conducenti nella causazione del danno[15], laddove non sia possibile attribuire diversamente la responsabilità del sinistro. La nozione di scontro comprende l’urto o la collisione sia frontale che laterale o posteriore, purché almeno uno dei due veicoli sia in movimento, senza distinguere tra investitore ed investito[16]. Si applica, dunque, il disposto di cui all’art. 1227 c.c. in materia di concorso del fatto colposo del creditore[17]. Come noto, in questa ipotesi, il risarcimento è diminuito in relazione alla mancata diligenza del soggetto attivo del rapporto obbligatorio. Mutuando la regola nell’ambito dell’illecito civile, si ripropone la medesima regola in riferimento al danneggiante (debitore) ed al danneggiato (creditore). Pertanto, il danno deve essere risarcito in ragione del 50% ciascuno, in modo reciproco[18]. La presunzione de quo opera sia qualora resti incerto l’atto generatore del danno, che nell’ipotesi di certezza eziologica, anche senza accertamento del grado di colpa. Tuttavia, la citata regola non esime il danneggiato dall’onere di provare una circostanza idonea ad escludere il nesso di causalità, onde evitare di risarcire danni alieni, derivanti dal comportamento della vittima[19] ovvero da altre circostanze.

L’accertamento del nesso eziologico si uniforma agli artt. 40 e 41 c.p.[20], in base ai quali la condotta deve essere un antecedente logico-necessario del fatto, tale da risultare una conseguenza normale di quest’ultimo, nonché la mancata sopravvenienza di un altro fatto idoneo a determinare l’evento[21]. In caso contrario, il danneggiante deve rispondere per intero.

In caso di investimento di una persona fisica, invece, la responsabilità del conducente si presume esclusiva, a meno che quest’ultimo dimostri che il primo abbia costituito una concausa dell’evento ovvero condotta efficiente equiparabile al caso fortuito (ad esempio, il comportamento imprudente e pericoloso del pedone)[22].

Chiaramente, in assenza di una responsabilità esclusiva, non è automatica l’applicazione di quella concorrente, essendo necessario sempre verificare prima le concrete responsabilità dei veicoli. Solo ove tale indagine non sia possibile, potrà operare la presunzione di corresponsabilità[23]. Sotto questo aspetto, la sentenza in commento appare coerente, perché, riconoscendo il carattere sussidiario dell’art. 2054 c. 2 c.c., proclama l’accertamento in concreto del grado di colpa di ciascun conducente coinvolto nel sinistro.

La prova liberatoria non deve necessariamente essere diretta, bensì anche indiretta[24], id est tramite la riconduzione del nesso eziologico esclusivamente alla condotta dell’altro conducente. Per questa ragione potrebbe essere definita “ad personam”, poiché strettamente individuale e vòlta a scrollare l’imputabilità soggettiva a scapito della controparte. Occorre comunque una valutazione complessiva di tutti gli elementi che possano aver costituito un antecedente causale alla verificazione dell’evento dannoso[25]. Se si riesce a provare il caso fortuito quale unica causa determinante il sinistro (quindi qualora non costituisca una concausa), viene meno la presunzione di colpa[26].

Controversa è la natura giuridica della disposizione in questione. Secondo un orientamento si tratterebbe di responsabilità oggettiva, anche se non mancano le posizioni a favore della imputazione per colpa peculiare[27] (c.d. semi oggettiva[28] o aggravata[29]) rispetto alla regola generale sancita dall’art. 2043 c.c.

Secondo l’approccio giuseconomico di Guido Calabresi[30], tuttavia, il danno dovrebbe ricadere su colui che sia in grado di effettuare, sulla base di criteri guida affidabili, un’analisi preventiva dei costi e dei benefici e, conseguentemente, effettuare la scelta migliore in termini di prevenzione, qualora il sinistro sia evitabile.

È con le scelte politiche – prosegue l’Autore - che si stabilisce collettivamente quali siano le attività meritevoli o meno, id est quali siano i costi ed il quantum da sostenere[31]. Questa impostazione ha una diversa incidenza a seconda del sistema extracontrattuale di riferimento, vale a dire colpa o responsabilità oggettiva. Nel primo caso, è necessario conoscere il livello di prevenzione socialmente dovuto ed il livello di prevenzione effettivamente tenuto, mentre la responsabilità oggettiva richiede di conoscere solamente l’entità del danno[32].

Un’ulteriore ipotesi si evince dall’ultimo comma dell’art. 2054 c.c. Il conducente, il proprietario, l’usufruttuario o l’acquirente con patto di riservato dominio sono responsabili dei danni derivanti da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo. Tuttavia, la norma non considera le ipotesi in cui il difetto sia ascrivibile esclusivamente al produttore dell’automobile[33]. Nella vicenda in commento, non è noto se vi sia stato un vizio originario del veicolo ovvero il sinistro sia del tutto imputabile al conducente che ha effettuato la manovra.

3. Il concorso del fatto colposo del danneggiato

L’art. 1227 c.c.  riveste un ruolo rilevante per il fatto illecito, in virtù del richiamo di cui all’art. 2056 c.c. Il fatto colposo del danneggiato-creditore si concreta in un comportamento umano negligente[34] (controverso se si tratti di obbligo ovvero onere[35]) e non di colpa in senso stretto, poiché quest’ultima, dal punto di vista giuridico, non si identifica con il fatto dannoso[36]. La conseguenza è la riduzione del quantum dovuto a titolo risarcitorio in proporzione al contegno accertato.

Si tratta di un principio generale ex art- 2 Cost., suscettibile di amplia applicazione[37]. In particolare, il primo comma contempla la produzione del danno, disciplinando il comportamento causale del corresponsabile. Il secondo comma, invece, presuppone che l’evento sia già avvenuto, individuandone le conseguenze ulteriori che il danneggiato avrebbe potuto evitare se avesse tenuto una condotta diligente[38], dovendo ricompresi nell’ambito diligenza qualificata de quo quelle attività non straordinarie né abnormi, tali da comportare eccessivi esborsi[39]. Di conseguenza, il danneggiato, in virtù del buon senso economico, ha l’onere di individuare il mezzo riparatore più opportuno per la vettura[40]. Infatti, la funzione della disposizione è quella di escludere la risarcibilità delle riparazioni eccedenti il limite dei costi obiettivi mediamente praticati sul mercato. D’altro canto, le spese che superino lo stesso valore del bene danneggiato, comporterebbe, se non un arricchimento ingiustificato, sicuramente una sproporzione ontologica. In particolare, essendo l’autoveicolo un bene fungibile, la riparazione integrale che permetta al proprietario il ripristino dello stato antecedente al sinistro, sarebbe di gran lunga più elevato rispetto alla mera sostituzione dello stesso con un modello equivalente ovvero al pagamento di una somma di denaro rapportata al valore venale[41].

In base ad un primo orientamento, il danno è riconducibile direttamente all’azione o all’omissione del danneggiato, innestandosi nel decorso causale tra condotta del danneggiante e sinistro[42]. In altri termini, è strettamente necessario valutare l’incidenza causale delle rispettive condotte al fine di ridurre il risarcimento liquidabile.

Secondo altra opinione, invece, è necessario invocare il principio di autoresponsabilità[43], in base al quale si inducono i consociati ad agire in modo tale da prevenire ripercussioni negative, tramite la minaccia di una sanzione (una sorta di funzione general-preventiva di penalistica memoria). In effetti, il fatto del danneggiato consisterebbe in un comportamento[44] commissivo od omissivo caratterizzato dall’elemento soggettivo della colpa. In questo senso, la provocazione, oltre che come circostanza attenuante ai fini penali, rileverebbe come concausa dell’evento ai fini civili[45].

Opinando le due tesi menzionate, un’ulteriore posizione mediana ritiene che il principio di autoresponsabilità non escluderebbe la riconducibilità della condotta al profilo causale in base all’ordinario modo di operare delle regole eziologiche sull’imputazione della colpa[46].

Le conseguenze in punto di liquidazione, viene adeguato il risarcimento effettivamente subito dal danneggiato, senza addossare al danneggiante un obbligo eccessivo rispetto al segmento fattuale in relazione al quale sia emersa la propria responsabilità[47], secondo il principio della riparazione integrale del danno[48].

Ci si domanda se il risarcimento possa essere ridimensionato nell’ipotesi in cui sia possibile da parte del danneggiato un recupero dell’integrità fisica[49], ovvero, non essendo obbligato a trattamenti sanitari se non per disposizione di legge (art. 32 c. 2 Cost.), possa essere addebitata allo stesso la parte di maggior danno non evitato né ridotto mediante intervento medico-chirurgico[50]. La risposta della dottrina in generale è negativa[51], in quanto il diritto costituzionalmente garantito in questione non può essere compresso né condizionato. Pertanto, i costi ulteriori graveranno sul danneggiante soltanto nell’ipotesi di rifiuto irragionevole[52].

4. Sul concetto di «circolazione stradale» in particolare

Al fine di sciogliere il nodo gordiano che avvince la questione sottesa alla pronuncia in esame, occorre soffermarsi sulla nozione di circolazione stradale[53]. L’art. 2054 c.c. non fornisce una nozione di circolazione dei veicoli, anche se, specificando le caratteristiche meccaniche «senza guida di rotaie», lascia intendere che lo spazio interessato sia quello calpestato dalle autovetture su gomma e tutti i mezzi adibiti alla locomozione terrestre. In particolare, dalle fonti europee (art. 1 della direttiva CEE del 6 febbraio 1970 n. 156 ed art. 1 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 marzo 2002 n. 24) si desume che l’autoveicolo è qualsiasi veicolo a motore destinato a circolare su strada, completo o incompleto, munito di almeno quattro ruote, capace di una velocità di progetto massima superiore a 25 km/h, e i suoi rimorchi, esclusi i veicoli che circolano su rotaie, i trattori agricoli e forestali, tutti i macchinari mobili e veicoli commerciali pesanti ovvero qualsiasi veicolo a motore a due o tre ruote, gemellate o no, destinato a muoversi su strada.

La circolazione riguarda la condotta di qualunque soggetto che utilizzi il veicolo in qualsiasi modo, determinando l’ingombro della sede stradale e condizionandone l’utenza. Devono ricomprendersi nella nozione anche la sosta e la fermata, in quanto sussiste comunque per il conducente l’obbligo di non nuocere[54]. La sosta e la fermata integrano ipotesi di circolazione statica, in quanto collegate al moto circolatorio in senso proprio di altri veicoli[55]. Di conseguenza, occorre verificare le eventuali connessioni causali tra la forma statica ed il moto dinamico, quando, ad esempio si verifichi l’incendio del veicolo in sosta[56] ovvero lo scontro di un veicolo in movimento con uno fermo[57].

Deve ricomprendersi nella nozione anche il parcheggio, vale a dire una sosta lecita ed atipica, effettuata in zone all’uopo destinate. In tal senso, la sosta (intesa ex art. 157 d. lgs. 30 aprile 1992, n. 285 come attività di sospensione della marcia del veicolo protratta nel tempo, con possibilità di allontanamento da parte del conducente) è un elemento costitutivo del parcheggio, ove quest’ultimo indica il luogo pubblico o privato posto al di fuori della carreggiata[58]. Solitamente le operazioni di parcheggio sono connesse ad un contratto di posteggio tra il gestore ed il conducente che fruisce del servizio[59], comportando generalmente la custodia del veicolo immesso nell’apposita area.

I luoghi deputati alla circolazione, in base all’art. 1 c. 1 l. 24 dicembre 1969 n. 990 ed al d.p.r. 24 novembre 1970 n. 973, sono le strade pubbliche ovvero le aree ad esse equiparate, essendo irrilevante la natura pubblica o privata delle stesse, ma soltanto l’uso pubblico a cui sono adibite, vale a dire la possibilità di accedervi da parte di un numero indeterminato di persone[60]. Le aree equiparate sono quelle in cui una quantità indeterminata di soggetti distinti dai titolari di diritti sulle stesse, possono accedere[61]. Altre ricostruzioni hanno ristretto tali aree ai soli spazi in cui una cerchia indeterminata di persone abbia facoltà di accedere in base alla legge, ad un contratto ovvero su qualsiasi altro titolo che legittimi l’accesso da parte dei titolari[62]. Secondo ulteriore dottrina[63], inoltre, devono includersi in siffatte aree anche gli spazi in cui la circolazione non sia impedita dal titolare. La giurisprudenza[64] ha rideterminato la nozione stessa, qualificando le aree equiparate come spazi dove il veicolo può essere utilizzato in conformità con la sua funzione abituale.

In realtà, l’art. 2054 c.c. non pone alcuna limitazione in riferimento al luogo di verificazione del sinistro. Pertanto, sarebbe rilevante un traffico veicolare o pedonale anche nell’ambito di un’area privata[65]. La casistica giurisprudenziale sul punto è giunta a considerare spazi privati aperti alla circolazione ad esempio le aree di rifornimento carburante[66] ed il parcheggio di un supermercato[67]. Di conseguenza, sarebbero escluse dall’ambito applicativo della norma soltanto i luoghi circoscritti in cui avviene un mero spostamento di veicoli (ad esempio, aree condominiali, fondi agricoli, parcheggi sotterranei di centri commerciali ecc.)[68], anche se, parte della dottrina ritiene che lo spostamento sia una species riconducibile al genus circolazione[69].

Chiariti gli aspetti definitori e tornando alla vicenda oggetto della pronuncia in questione, la Cassazione in sede di revocazione, non si è potuta pronunciare sul fatto storico accertato dal giudice di merito. Invero, nella specie il conducente ha effettuato una «manovra ad U» attraverso l’uso della retromarcia e l’omissione dell’obbligo di dare precedenza. Il che non è sussumibile con sicurezza nel concetto di circolazione e spostamento. Né potrebbe dirsi che il veicolo fosse stato parcheggiato o in sosta temporanea. Pertanto, in virtù del carattere ibrido della condotta pare doversi concludere a favore del permanere di una responsabilità concorrente, non essendo state dedotte prove né dirette né indirette c.d. ad personam, volte cioè a delineare il contegno di guida e la velocità impressa al motociclo.

5. Conclusioni

Gli istituti analizzati ed il provvedimento in commento necessitano di essere riletti in una prospettiva costituzionalmente orientata, nel quadro del diritto italo-europeo delle fonti[70].

In base all’art. 21 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ogni cittadino ha diritto di circolare liberamente (chiaramente anche a mezzo di autoveicolo) nel territorio degli Stati membri.

Il Parlamento europeo, a tal riguardo, con la risoluzione del 16 gennaio 2014 sul rispetto del diritto fondamentale alla libera circolazione, ha invitato gli Stati membri a rispettare le disposizioni del trattato ed a garantire il rispetto del principio di uguaglianza.

La circolazione a mezzo di veicolo, inoltre, pare concretizzare ictu oculi una delle modalità di realizzazione della libertà sancita dall’art. 16 Cost. In realtà, a giudizio della Corte costituzionale, nell’ambito di tale norma è necessario distinguere la libertà di movimento, quale diritto fondamentale della persona ed il diritto strumentale al libero uso delle strade pubbliche[71], non ricomprendendo nella nozione i mezzi di locomozione. Piuttosto, l’utilizzo di veicoli privati deve essere ricondotto all’art. 23 Cost., in quanto condizionato alla stipulazione obbligatoria del contratto di assicurazione ai sensi della già menzionata l. 24 dicembre 1969 n. 990[72]. Tali orientamenti devono, inoltre, essere letti in combinato disposto con il principio solidarista di cui all’art. 2 Cost., nonché con il principio di precauzione (art. 191 TFUE)[73], che in tal caso impone ai conducenti di tenere un contegno protettivo e responsabile nei confronti di tutti i protagonisti della circolazione stradale.

Pertanto, può dirsi che la «manovra ad U» di un veicolo, nonostante l’innesto della retromarcia in posizione ferma, debba essere ricondotta al concetto di circolazione «in fieri» o in divenire ed il risarcimento del danno potrebbe essere dosato dal giudice di merito considerando le singole condotte de due conducenti. In ipotesi, non è da escludere, in virtù della riconosciuta pluralità funzionale dell’illecito civile[74], che la funzione compensativa riconosciuta al danneggiato si accompagni a quella sanzionatoria nei confronti di quest’ultimo, con conseguente riduzione del quantum dovuto, ove fosse riconosciuta una concorrente responsabilità.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Fra le altre cfr. Cass., 15 settembre 2020, n. 19115, in Danno resp., 2021, p. 358. Cass., 22 settembre 2015, n. 18631, in Arch. giur. circ., 2016, p. 146. Cass., 6 dicembre 2011, n. 26004, in Arch. giur. circ., 2012, p. 555. Cass., 19 dicembre 2008, n. 29883, in Arch. giur. circ., 2009, p. 421. Cass., 12 dicembre 2007, in Arch. giur. circ., 2008, p. 416. Cass., 10 marzo 2006, n. 5226, in Arch. giur. circ., 2006, p. 819. Cass., 16 luglio 2003, n. 11143, in Arch. giur. circ., 2004, p. 170. Cass., 18 ottobre 2001, n. 12751, in Giur. it., 2002, p. 1609.

[2] F. Galgano, Trattato di diritto civile, III, Padova, 2015, p. 230-231.

[3] Cfr. C. Salvi, La responsabilità civile, Milano, 2019, p. 215 ss. C. Castronovo, Responsabilità civile, Milano, 2018, p. 754. C. G. Terranova, La responsabilità da circolazione di veicoli, in Dig. disc. priv. Sez. civ., XVII, Torino, 1998, p. 90 ss.

[4] F. Bonvincini, La responsabilità civile, II, Milano, 1971, p. 642.

[5] Cass., 19 dicembre 2006 n. 27168, in Giust. civ. Mass., 2006, p. 12.

[6] R. Scognamiglio, Responsabilità civile e danno, Torino, 2010, p. 72 ss.

[7] M. Franzoni, Dei fatti illeciti, Bologna-Roma, 1990, p. 663.

[8] J. Sica, Circolazione di veicoli, responsabilità e prova liberatoria, in Nuova giur. civ. comm., 2007, p. 218 ss. Cfr. anche Cass. Sez. Un., 29 aprile 2015, n. 8620, in Danno resp., 2015, p. 745 ss.

[9] A. Alibrandi, La prescrizione del diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli, in Riv. giur. circ. trasp., 2002, p. 161.

[10] P. Forchielli, La colpa lievissima, in Riv. dir. civ., 1963, p. 206.

[11] C. M. Bianca, Diritto civile, V, Milano, 2021, p. 725.

[12] F. Peccenini, La responsabilità civile per la circolazione dei veicoli, Torino, 1998, p. 634.

[13] C. Scognamiglio, Responsabilità civile, in Noviss. Dig. it., XV, Torino, 1976, p. 647. R. Scognamiglio, Responsabilità civile e danno, cit., p. 127 ss.

[14] G. Spina, L’accertamento della responsabilità da sinistro stradale nella recente giurisprudenza. Profili sostanziali e processuali, in Resp. civ. prev., 2014, p. 1806 ss.

[15] F. Agnino, Scontro tra veicoli, accertamento della responsabilità dei conducenti e presunzione di colpa ex art. 2054 c.c., in Danno resp., 2001, p. 624.

[16] Cass., 24 luglio 1959, n. 2392, in Giust. civ. Mass., 1959, p. 815.

[17] C. Salvi, Responsabilità extracontrattuale (dir. vig.), in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, p. 1248. L. Corsaro, Responsabilità civile (dir. civ.), in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991, p. 31.

[18] A tal proposito, è intervenuta la Corte costituzionale, con sentenza 29 dicembre 1972, n. 205, in Giur. it., 1973, p. 708, dichiarando l’illegittimità costituzionale del c. 2 nella parte in cui esclude che la presunzione operi anche se uno dei veicoli non abbia riportato danni.

[19] Cass. 29 febbraio 2008, n. 5505, in Corr. giur., 2008, p. 470.

[20] Cass., 29 settembre 2011, n. 19871, in Arch. giur. circ., 2012, p. 332.

[21] Cfr. A. Massaro, La responsabilità colposa per omesso impedimento di un fatto illecito altrui, Napoli, 2013, p. 257 ss.

[22] Cfr. M. D’Auria, Investimento del pedone e prevedibilità in concreto dell’evento dannoso, in Giur. it., 2017, p. 472 ss.

[23] M. Serra, La circolazione dei veicoli, Padova, 2012, p. 970 ss. Cass., 12 giugno 2012, n. 9528, in Giust. civ. Mass., 2012, p. 776.

[24] Cass., 22 aprile 2009, n. 9550, in Resp. civ. prev., 2009, p. 659.

[25] Cass. 12 ottobre 2012, n. 17407, in Arch giur. circ., 2013, p. 18.

[26] Cass., 6 settembre 2012, n. 14959, in Giust. civ. Mass., 2012, p. 1094.

[27] C. Castronovo, La nuova responsabilità civile, Milano, 2006, p. 433. Cfr. anche Cass., 25 novembre 2008, n. 28062, in Guida dir., 2009, p. 66.  

[28] F. D. Busnelli, S. Patti, Danno e responsabilità civile, Torino, 2013, p. 159 ss. M. Fortino, I danni ingiusti alla persona, Padova, 2009, p. 47.

[29] C. M. Bianca, Diritto civile, V, cit., p. 730. G. Belli, La responsabilità oggettiva, in Resp. civ., 2011, p. 373 ss.

[30] G. Calabresi, Costo degli incidenti e responsabilità civile, Milano, 1975, p. 179.

[31] G. Calabresi, Costo degli incidenti e responsabilità civile, cit., p. 321 ss.

[32] G. Frezza, G. Parisi, Responsabilità civile ed analisi economica, Milano, 2006, p. 48.

[33] E. Al Mureden, Sicurezza ragionevole degli autoveicoli e responsabilità del produttore nell’ordinamento italiano e negli Stati Uniti, in Contr. impr., 2012, p. 1506 ss.

[34] V. Caredda, Concorso del fatto colposo del creditore, Milano, 2015, p. 43 ss.

[35] C. Rossello, Il danno evitabile, Padova, 1990, p. 40 ss.

[36] N. Di Prisco, Concorso di colpa e responsabilità civile, Napoli, 1973, p. 62.

[37] P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale, IV, Napoli, 2020, p. 388.

[38] M. C. Traverso, Il concorso di colpa del danneggiato, in G. Visintini (a cura di), I fatti illeciti, III, Padova, 1999, p. 105 ss.

[39] M. Dassio, Il criterio dell’evitabilità delle conseguenze dannose, in G. Visintini (a cura di), I fatti illeciti, III, cit., p. 256 ss.

[40] Cass., 7 febbraio 1996, n. 970, in Danno resp., 1996, p. 651 ss.

[41] A. D’Adda, Il risarcimento in forma specifica, Padova, 2002, p. 126 ss.

[42] A. De Cupis, Il danno, I, Milano, 1979, p. 215 ss. R. Pucella, La causalità incerta, Torino, 2007, p. 172 ss.

[43] G. Villa, Inadempimento e responsabilità del debitore, in G. Amadio, F. Macario (a cura di), Diritto civile, II, Bologna, 2014, p. 430 ss. R. Calvo, Diritto civile, I, Bologna, 2015, p. 218 ss.

[44] A. Falzea, Ricerche di teorie generale del diritto e di dogmatica giuridica, II, Milano, 1997, p. 607 ss.

[45] G. Cattaneo, Il concorso di colpa del danneggiato, in Riv. dir. civ., 1967, p. 473 ss.

[46] P. Cendon, Il dolo nella responsabilità extracontrattuale, Padova, 1976, p. 93.

[47] M. Franzoni, Dei fatti illeciti, cit., p. 770.

[48] Cass., 26 maggio 2011, n. 11609, in Rass. giur. san., 2011, p. 329 ss.

[49] P. Rescigno, Libertà del trattamento sanitario e diligenza del danneggiato, in Studi in onore di Alberto Asquini, IV, Padova, 1965, p. 1639 ss.

[50] F. Cafaggi, Profili di relazionalità della colpa, Padova, 1996, p. 554 ss.

[51] C. Rossello, Il danno evitabile, cit., p. 171 ss.

[52] F. Cafaggi, Profili di relazionalità della colpa, cit., p. 555.

[53] G. Gallone, Il danno derivante dalla circolazione dei veicoli e il danno derivante dai veicoli in circolazione, in Giur. it., 1998, p. 1122 ss.

[54] Corte cost., 14 aprile 1969, n. 82, in Giur. it., 1969, p. 1219. Cass., 13 luglio 2011, n. 15392, in Guida dir., 45, 2011, p. 60.

[55] G. Gallone, La circolazione dei veicoli, Milano, 1996, p. 49.

[56] F. Giazzi, Incendio di veicoli in sosta e danni ai terzi: quale forma di responsabilità?, in Danno resp., 2005, p. 846.

[57] Cass., 14 gennaio 1985, n. 30, in Riv. giur. edil., 1985, p. 429.

[58] M. Annunziata, I parcheggi privati nel diritto urbanistico e civile, Padova, 1991, p. 3.

[59] A. Fusaro, Parcheggio, in Dig. Disc. priv. Sez. civ., XIII, Torino, 1995, p. 253.

[60] Cass., 12 febbraio 1996, n. 1062, in Arch. giur. circ., 1996, p. 748.

[61] Cass., 18 dicembre 2019, n. 33675, in Foro it., 2020, c. 3243. Cass., 11 febbraio 2010, n. 3108, in Foro it., 2010, c. 2109.

[62] M. Rossetti, Il diritto delle assicurazioni, III, Milano, 2013, p. 157 ss.

[63] G. Gallone, L’ambiente della circolazione veicolare e l’azione diretta, in Resp. civ. prev., 2001, p. 379.

[64] Cass., Sez. Un., 30 luglio 2021, n. 21983, in Resp. civ. prev., 2021, p. 1862. Cfr., sul punto, R. Lobianco, F. Stradella, La nozione di circolazione stradale ai fini della responsabilità civile e del risarcimento del danno, in Resp. civ. prev., 2022, p. 57 ss.

[65] Cass., 26 luglio 1997, n. 7015, in Giust. civ. Mass., 1997, p. 1283.

[66] Cass., 3 marzo 2011, n. 5111, in Resp. civ. prev., 2011, p. 1392.

[67] Cass., 23 luglio 2009, n. 17279, in Corr. giur., 2010, p. 636.

[68] Cass., 9 febbraio 1998, n. 1321, in Giust. civ. Mass., 1998, p. 282.

[69] G. Gallone, L’ambiente della circolazione veicolare e l’azione diretta, cit., p. 375.

[70] P. Perlingieri, Scuole civilistiche e dibattito ideologico: introduzione allo studio del diritto privato in Italia, in Riv. dir. civ., 1978, p. 414 ss. Id., Scuole, tendenze e metodi, Napoli, 1989, p. 73 ss. Id., Norme costituzionali e rapporti di diritto civile, in Rass. dir. civ., 1980, p. 95 ss. Id., Profili del diritto civile, Napoli, 1994, p. 18 ss.

[71] Corte cost., 12 marzo 1965, n. 12, in Giur. cost., 1965, p. 106.

[72] Corte cost., 19 giungo 1998, n. 215, in Giur. cost., 1998, p. 1701 ss.

[73] P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale, IV, cit., p. 327-328.

[74] P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale, IV, cit., p. 324.