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Pensione di reversibilità e unioni omoaffettive: le Sezioni Unite sollevano la questione alla Corte costituzionale
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Pubbl. Gio, 24 Lug 2025

Pensione di reversibilità e unioni omoaffettive: le Sezioni Unite sollevano la questione alla Corte costituzionale

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Editoriale a cura di Giorgia Ferraro



L’ordinanza in commento, emessa dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, il 15 luglio 2025, solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 13 del r.d.l. n. 636/1939, nella parte in cui esclude dalla pensione di reversibilità il partner superstite di una coppia omoaffettiva, formalmente unita all’estero prima della legge Cirinnà del 2016. La Corte ha ritenuto non manifestamente infondata tale esclusione, prospettando un possibile contrasto con gli artt. 2, 36 e 38 della Costituzione. L’intervento della Corte costituzionale è ora atteso per chiarire se la nozione di “coniuge” debba estendersi, in chiave costituzionalmente orientata, anche a legami affettivi stabili non riconosciuti in Italia al momento del decesso.


ENG

Survivor´s Pension and Same-Sex Relationships: The Joint Sections Raise the Issue to the Constitutional Court

The order in question, issued by the United Sections of the Court of Cassation on July 15, 2025, raises the question of the constitutionality of Article 13 of Royal Decree-Law No. 636/1939, insofar as it excludes from the survivor´s pension the surviving partner of a same-sex couple formally united abroad before the 2016 Cirinnà Law. The Court found this exclusion not manifestly unfounded, raising the possibility of a conflict with Articles 2, 36, and 38 of the Constitution. The Constitutional Court is now expected to intervene to clarify whether the definition of ”spouse” should be extended, in a constitutionally oriented manner, to include stable emotional ties not recognized in Italy at the time of death.

Le Sezioni Unite civili, con ordinanza n. 19596/2025, hanno ritenuto di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 13 del regio decreto-legge n. 636 del 1939, nella parte in cui non riconosce al partner superstite di una coppia omosessuale unita civilmente all’estero, prima dell’entrata in vigore della legge n. 76 del 2016, il diritto alla pensione di reversibilità.

La questione è stata ritenuta rilevante in quanto il diritto richiesto dalla ricorrente – la pensione di reversibilità – è stato negato esclusivamente per effetto della norma censurata, la quale limita espressamente l’attribuzione del trattamento previdenziale al solo coniuge. Il giudizio a quo, pertanto, non potrebbe essere definito se non mediante applicazione della disposizione oggetto di censura, la quale si pone come unico ostacolo all’accoglimento della domanda, dal momento che nel caso concreto è risultata provata l’esistenza di una relazione affettiva stabile, formalmente riconosciuta in uno Stato estero e antecedente al decesso del partner. Il diniego del beneficio previdenziale, dunque, discende unicamente dall’impossibilità di qualificare la ricorrente come “coniuge” alla luce della disciplina interna vigente ratione temporis.

Quanto alla non manifesta infondatezza, la Corte ha evidenziato come la norma in questione si ponga in potenziale contrasto con molteplici parametri costituzionali. Anzitutto, è stata richiamata la violazione dell’art. 2 Cost., nella parte in cui la norma non riconosce e non tutela adeguatamente i diritti della persona nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità, tra le quali devono rientrare anche le unioni omosessuali formalmente costituite all’estero. Le Sezioni Unite hanno inoltre sottolineato la possibile violazione dell’art. 3 Cost., nella sua declinazione del principio di eguaglianza sostanziale, evidenziando come appaia irragionevole la disparità di trattamento tra soggetti che abbiano contratto matrimonio o unione civile in Italia e quelli che abbiano invece costituito una relazione omosessuale formalizzata all’estero, del tutto assimilabile quanto a stabilità, responsabilità reciproche e pubblicità. È stata poi prospettata una violazione degli artt. 36 e 38 Cost., nella parte in cui la norma impedisce l’accesso alla tutela previdenziale non per carenza di requisiti contributivi o relazionali, ma esclusivamente per una ragione di ordine formalistico, ossia la mancanza di un istituto giuridico riconducibile al matrimonio o all’unione civile secondo l’ordinamento italiano, pur in presenza di una relazione riconosciuta all’estero e conforme ai valori costituzionali.

Infine, le Sezioni Unite hanno evidenziato anche il possibile contrasto con gli artt. 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ricordando come la Corte EDU abbia più volte affermato che gli Stati non possono adottare misure discriminatorie nei confronti delle coppie omosessuali formalmente riconosciute, in particolare con riguardo al godimento di diritti sociali e previdenziali. Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha ritenuto che la questione sollevata non fosse manifestamente infondata e ha pertanto disposto la rimessione alla Corte costituzionale.


Note e riferimenti bibliografici