Pubbl. Gio, 12 Gen 2023
Minaccia l´amico della moglie su Facebook: giusta la condanna per stalking
Modifica pagina
Andrei Mihai Pop
La presente nota a sentenza analizza la pronuncia della Corte di Cassazione, sez. V, n. 42874 del 11/10/2022 (dep. 10/11/2022). Gli Ermellini, in questa sede, hanno ripercorso alcuni snodi fondamentali dell´articolo 612-bis c.p. ribadendo certi punti fermi. In particolare, ci riferiamo alla modalità di prova degli eventi delittuosi, alla potenziale alternatività e non necessaria cumulabilità degli eventi stessi per il perfezionamento del reato ed alla distinzione tra il suddetto delitto e la contravvenzione di cui all´articolo 660 c.p.
Sommario: 1. Inquadramento generale del reato; 2. Il ricorso in Cassazione; 3. Le questioni affrontate dalla Corte di Cassazione penale, sez. V, con la sentenza n. 42874 del 11/10/2022 (dep. 10/11/2022); 4. Conclusioni.
1. Inquadramento generale del reato
L’articolo 612-bis c.p., ossia i c.d. "Atti persecutori" (o comunemente chiamati stalking con un termine anglofono), è una fattispecie introdotta nel nostro ordinamento con l’articolo 7 del d.lgs. n. 11/2009 poi convertito con la L. n. 38/2009. In tal modo, l’Italia si è allineata con la normativa dei principali altri stati dell’UE.
Prima di tale innovazione, il nostro sistema penale soffriva di un vulnus di tutela importante per tutte quelle persone che, a causa di comportamenti seriali (spesso ossessivi), subivano veri e propri tormenti all’interno della loro vita e psiche. La giurisprudenza era costretta a ricorrere ad altre figure delittuose per punire queste condotte; tuttavia, esse avevano scarsa efficacia rispetto alle necessità di “punire-prevenire” tali fenomeni[1].
Risulta quindi fondamentale analizzare i tratti principali della norma in esame e gli attuali (e più discussi) orientamenti della dottrina e della giurisprudenza nella interpretazione ed applicazione di tale articolo.
In primo luogo, il testo dell’articolo esordisce con una clausola di riserva, la quale esclude chiaramente ed espressamente che i reati più gravi siano assorbiti da tale norma. Ad esempio, la violenza sessuale oppure il sequestro di persona concorrono con il 612-bis c.p.[2]
D’altro canto, tale clausola, se letta al contrario, va ad affermare che tutti i reati (anche aggravati) legati alle condotte di minaccia, molestie, o disturbo delle persone – e con una pena inferiore – sono assorbiti. A titolo esemplificativo, l’articolo 612 c.p., il 660 c.p., oppure la violazione di domicilio (semplice).
Proseguendo nell’analisi, il delitto ex 612-bis c.p. è realizzabile da “chiunque”, poiché non è richiesta una particolare e intima connessione-relazione tra il soggetto attivo ed il bene giuridico tutelato[3]. Dunque, si tratta di un reato comune.
Circa il profilo dell’elemento oggettivo, il fatto tipico di reato consiste nella reiterazione[4] di condotte di minaccia (promettere un male ingiusto) o di molestia (atto che altera lo stato psicologico della vittima) nei confronti del medesimo soggetto. Tuttavia, tali condotte devono produrre, secondo una linea interpretativa non ancora sconfessata, tre eventi, i quali però non devono verificarsi cumulativamente, bensì possono presentarsi anche in alternanza tra di loro[5].
Questi eventi, per comodità espositiva, possono essere suddivisi in due categorie: “evento della psiche”; “evento materiale”. Soffermiamoci su tali due categorizzazioni.
“L’evento della psiche” implica che, a seguito della condotta del soggetto attivo, la vittima percepisca un perdurante e grave[6] stato di ansia o di paura, ovvero di timore. Invece, con “evento materiale” si intende qui quella alterazione delle proprie abitudini di vita a seguito sempre della condotta dell’agente[7].
Va fin da subito precisato che questi eventi, benché compiutamente individuati (almeno in apparenza) dalla norma, risultano essere non di facile accertamento processuale (specialmente quelli legati alla psiche che, per ovvie ragioni, non hanno spesso una netta “manifestazione materiale”). Invero, alcuni esponenti della dottrina[8] avevano prospettato una violazione del principio di tassatività e di determinatezza dell’articolo 612-bis c.p., ma proprio su questo punto è intervenuta la Consulta con la sentenza n. 172 del 2014 dichiarando infondata la questione[9].
Sempre affrontando le criticità di tale norma, risulta utile evidenziare l’ambiguità della formula legislativa circa la “natura” di tali eventi, la quale fa sorgere un ulteriore dubbio: questi eventi sono elementi costitutivi del reato, oppure sono condizioni obiettive di punibilità? La scelta tra questa alternativa dovrebbe essere guidata dal principio di offensività e dal principio ex articolo 27, comma 1, della Costituzione (responsabilità penale personale).
La maggior parte degli interpreti tende a ricondurre tali eventi tra gli elementi costitutivi del reato[10]. Tuttavia, pare più corretto farli rientrare tra le condizioni di punibilità ex articolo 44 c.p. per (almeno) due ordini di ragioni: in primo luogo, perché tali eventi vanno ad ampliare la sfera di offesa del reato; in secondo luogo, optare per l’opzione legata agli elementi costitutivi, i quali necessariamente devono essere contraddistinti dalla presenza del dolo, implicherebbe l’obbligo di “provare”, in ogni caso, la presenza dell’elemento volitivo della causazione di tali eventi rendendo (a rigore) difficile l’applicazione dell’articolo 612-bis c.p. In altri termini, risulta più coerente con i principi dell’ordinamento inquadrare il tutto ai sensi dell’articolo 44 c.p.[11]
Successivamente, risulta opportuno soffermarci sul tema della c.d. “classificazione-categoria del reato”. Possiamo affermare che si tratta di un reato abituale a condotta reiterata, poiché per la sua sussistenza occorre che le condotte siano reiterate[12] (dunque protratte per un certo arco temporale) e causa degli eventi (analizzati precedentemente) previsti dall’articolo 612-bis c.p.
Ci si potrebbe dunque domandare: ma quante condotte occorrono per la configurazione del reato? Oppure, quanto ampio deve essere questo “arco temporale”? La risposta offertaci dalla giurisprudenza è nel senso che anche solo due condotte possono realizzare la fattispecie ex 612-bis c.p., poiché il reato, essendo un reato abituale d’evento[13], richiede che si verifichi quello stato perdurante-grave di ansia-paura, o timore, ovvero che la vittima modifichi le proprie abitudini di vita. Dunque, anche solo due condotte potrebbero, a causa della loro incisività e natura, causare gli eventi tipici del reato ex 612-bis c.p.
In ultimo luogo, per quanto riguarda l’elemento soggettivo, si ritiene pacificamente sufficiente il dolo generico, ovverosia la consapevolezza e volontà di reiterare le condotte tipiche previste dall’articolo in esame. Altresì esclusa la necessità di un dolo “unitario” risultando necessario che vi sia il dolo solo in relazione alla singola condotta e non all’intero “sistema di atti vessatori”[14].
2. Il ricorso in Cassazione
Con la sentenza della Corte di Cassazione penale, sez. V, n. 42874 del 11/10/2022 (dep. 10/11/2022) gli Ermellini sono tornati ad affrontare alcuni aspetti fondamentali riguardanti il reato di cui all’articolo 612-bis c.p. rubricato come “Atti persecutori”.
La Corte d’appello di Trieste ha confermato il provvedimento con cui il Tribunale di Udine aveva affermato la responsabilità penale dell’imputato per il reato di cui all’articolo 612-bis c.p., comma 1, perché́, per motivi di gelosia nei confronti della coniuge, con condotte reiterate molestava e minacciava un amico della stessa, inviando tramite Facebook numerosi messaggi di testo dal contenuto minatorio e offensivo, in modo da ingenerare un fondato timore per la propria incolumità, tenuto conto che era stato già̀ vittima di un’aggressione fisica da parte dell’imputato.
Ricorre il condannato avverso tale sentenza d’appello con specifico riferimento alla insussistenza degli eventi di danno, nonché al vizio di motivazione data la mancata indicazione di elementi di prova circa la sussistenza del perdurante e grave stato d'ansia e il cambiamento delle abitudini di vita della persona offesa. Inoltre, viene eccepita la carenza di motivazione in relazione alla mancata diversa qualificazione del fatto nella fattispecie di cui all’articolo 612 c.p. o (in alternativa) in quella di cui all’articolo 660 c.p.
3. Le questioni affrontate dalla Corte di Cassazione penale, sez. V, con la sentenza n. 42874 del 11/10/2022 (dep. 10/11/2022)
La suprema Corte di Cassazione, benché con una sentenza di modesta lunghezza, ribadisce alcuni capisaldi dell’articolo 612-bis c.p. ed offre un importante criterio distintivo tra la norma in oggetto e l’articolo 660 c.p.
In primo luogo, affronta l’aspetto cruciale della “prova” dell’evento di tale delitto, nello specifico la causazione di un perdurante e grave stato di ansia o di paura della vittima. È un evento “psicologico”, dunque non è agevole darne prova. Per tali motivi, imprescindibile è l’analisi delle dichiarazioni della vittima del delitto ed il comportamento precedente (e successivo) alla condotta sia della persona offesa che dell’agente. Ovviamente, il tutto contestualizzato spazialmente e temporalmente[15]. Per tali ragioni, le doglienze dell’imputato circa l’insussistenza della prova dell’evento del reato non risultano fondate.
In secundis, si riafferma il consolidato orientamento circa l’alternatività tra gli eventi dell’articolo 612-bis c.p., ovverosia che anche la realizzazione di uno solo tra di essi configura la consumazione di tale figura delittuosa[16].
In forza di questa visione, risulta agevole anche distinguere tale norma dall’articolo 660 c.p. rubricato “Molestia o disturbo alle persone”. Invero, gli Ermellini affermano che il distinguo tra le due norme risiede nelle diverse “conseguenze” delle condotte, ossia ex 660 c.p. le molestie arrecate alla persona offesa non raggiungono quella gravità richiesta dal 612-bis c.p.[17]. Dunque, nel caso di specie, l’imputato, con le sue condotte, ovvero l’invio reiterato di messaggi intimidatori e offensivi su Facebook, non si è limitato ad infastidire la vittima (ex articolo 660 c.p.), bensì ha realizzato proprio gli eventi puniti ai sensi dell’articolo rubricato come “Atti persecutori”.
4. Conclusioni
In conclusione, tale pronuncia ribadisce i principali orientamenti riguardanti l’articolo 612-bis c.p. contribuendo al consolidamento dell’orientamento giurisprudenziale circa l’applicazione di detta norma. In particolare, ci si riferisce alla prova dell’evento delittuoso, alla (possibile) alternatività dell’evento ed alla distinzione tra i c.d. "Atti persecutori" e la diversa fattispecie di cui all’articolo 660 c.p. in base alle conseguenze (o eventi) prodotte dalle condotte poste in essere.
[1] Spesso si ricorreva alla contravvenzione di cui all’articolo 660 c.p., oppure al delitto di ingiuria (quando ancora non era depenalizzato), ovvero alla violenza privata. Sul punto, vedi F. Mantovani, Diritto Penale, Delitti contro la persona, parte spec., Padova, 2022, 378.
[2] Per rimediare all’eccessiva risposta sanzionatoria si potrebbe immaginare l’applicazione dell’articolo 81 comma 2 c.p., ossia la continuazione, ma solo a patto di individuare un medesimo disegno criminoso (circostanza di cui si fa, almeno tendenzialmente, un eccessivo utilizzo nella prassi. Ibid, 385-386.
[3] Si tratta di un reato plurioffensivo. In primis, si lede la libertà morale della vittima; in secundis, in base all’evento che si realizza, anche la sua serenità psichica od integrità psico-fisica. Vedi ibid, 383. Concorde la giurisprudenza, vedi Cass. pen., sez. 5, n. 4011 del 27/10/2015 (dep. 29/01/2016), Rv. 265639; oppure, Cass. pen., sez. 5, n. 2283 del 11/11/2014 (dep. 16/01/2015), Rv. 262727.
[4] Sulla necessaria reiterazione dei comportamenti descritti dalla norma, vedi Cass. pen., sez. 5, n. 3042 del 09/10/2019 (dep. 24/01/2020); oppure, Cass. pen., sez. 5, n. 7899 del 14/01/2019 (dep. 21/02/2019), Rv. 275381; ovvero, Cass. pen., sez. 5, n. 54920 del 08/06/2016 (dep. 27/12/2016), Rv. 269081; vedi altresì Cass. pen., sez. 5, n. 51718 del 05/11/2014 (dep. 11/12/2014), Rv. 262636; per la reiterazione dei comportamenti ex 612-bis c.p. in relazione al c.d. Mobbing, vedi Cass. pen., sez. 5, n. 31273 del 14/09/2020 (dep. 09/11/2020), Rv. 279752.
[5] Tra le tante, vedi Cass. pen., sez. 5, n. 15625 del 09/02/2021 (dep. 26/04/2021), Rv. 281029 – 01; oppure, Cass. pen., sez. 5, n. 36139 del 04/04/2019 (dep. 16/08/2019), Rv. 277027; in tema di ingiurie plurime, vedi Cass. pen., sez. 5, n. 1172 del 16/11/2020 (dep. 13/01/2021), Rv. 280129. In dottrina, L. Pistorelli, Nuovo delitto di atti persecutori (cd. stalking), in S. Corbetta, A. Della Bella, G.L. Gatta (a cura di) Sistema penale e sicurezza pubblica: le riforme del 2009, Milano, 2009, 153 e ss; vedi altresì F. Mantovani, Diritto Penale, Delitti contro la persona, parte spec., 380-381.
[6] Per la sufficienza di un effetto destabilizzante della serenità, dell’equilibrio psicologico della vittima e la non necessità di uno stato patologico, rilevante solo al fine del concorso col delitto di lesioni personali, vedi Cass. pen., 14/04/17 in St. iur., 2017, 1533. Per la non sufficienza di una sensazione di fastidio, irritazione o insofferenza, vedi Cass. pen., 01/02/21 in St. iur., 2021, 1114.
[7] Per il condizionamento anche indiretto delle abitudini di vita allorché l'agente agisca nella consapevolezza che la vittima sia posta a conoscenza della attività persecutoria, vedi Cass. pen., sez. 3, n. 1629 del 06/10/2015 (dep. 18/01/2016).
[8] Vedi F. Mantovani, Diritto penale, Padova, 2009, 59; vedi anche A. Valsecchi, La Corte Costituzionale fornisce alcune importanti coordinate per un’interpretazione costituzionalmente conforme del delitto di stalking, in www.penalecontemporaneo.it, pubblicato il 23 giugno 2014.
[9] La Corte ribadisce che i giudizi relativi alla determinatezza di una norma non devono limitarsi ad una lettura isolata del testo di legge, bensì occorre una visione integrata che tenga conto dell’intero sistema giuridico. Dunque, necessario coordinare la singola fattispecie con l’intero ordinamento sforzandosi anche di utilizzare, nel caso concreto, il fattore linguistico in modo da dare un significato alle parole dell’articolo coerente con la Costituzione. Vedi M. Telesca, Gli atti persecutori superano l’esame di costituzionalità̀: osservazioni sui confini dello stalking dopo la pronuncia numero 172/2014 della Consulta, in www.giurisprudenzapenale.com.
[10] Sul punto, in giurisprudenza, vedi Cass. pen., sez. 5, n. 1943 del 06/10/2020 (dep. 18/01/2021), Rv. 280252. In dottrina, concorde con la tesi degli “elementi costitutivi”, F. Viganò, Il delitto di atti persecutori, in G. Marinucci, E. Dolcini, Trattato di diritto penale, pt. spec., Padova, 2015, 678-679; ovvero, G. Fiandaca e E. Musco, Diritto penale, I delitti contro la persona, parte spec., vol. II, Bologna, 2020, 297.
[11] La giurisprudenza, sul punto, non è sempre impeccabile. A titolo esemplificativo, una Cassazione del 10/06/2015, in Giust. Pen., 2015, II, 528, ha ritenuto tali eventi come elementi costitutivi, tuttavia poi, per superare l’inconveniente circa il dolo, ha deciso di “presumere” (e qui sta l’errore) la consapevolezza di detti eventi in base alle modalità ripetute delle condotte. In senso opposto, autorevole dottrina, al fine di confutare l’inquadramento dell’evento psichico come elemento costitutivo del reato, fa leva sulle difficoltà di accertamento del dolo che, essendo in questo caso chiamato ad abbracciare tutti gli elementi costitutivi del fatto, dovrebbe involgere anche l’evento.
Una ulteriore conseguenza, derivante dall’accoglimento di una o dell’altra interpretazione, è che il tentativo, se l’articolo 612-bis c.p. fosse legato all’articolo 44 c.p., non sarebbe configurabile, in quanto senza la verificazione degli eventi previsti il reato non è punibile. Viceversa, se gli eventi sono interpretati come elementi costitutivi, allora il tentativo è configurabile. In tal senso, Cass. pen., sez. 5, n. 1943 del 06/10/2020 (dep. 18/01/2021), Rv. 280252.
[12] Per la serie reiterata di atti, finalizzati a forzare l'attenzione della vittima a stringere un rapporto anomalo e pericoloso, vedi Cass. pen., sez. 5, ordinanza n. 11945 del 12/01/2010 (dep. 26/03/2010), Rv. 246545 – 01. Per il reiterato invio di sms o divulgazione (Facebook) di filmati di rapporti sessuali con la vittima, vedi Cass. pen., sez. 6, n. 32404 del 16/07/2010 (dep. 30/08/2010), Rv. 248285 – 01.
[13] In tal senso, Cass. pen., sez. 5, n. 17000 del 11/12/2019 (dep. 04/06/2020), Rv. 279081; Cass. pen., sez. 5, n. 15651 del 10/02/2020 (dep. 21/05/2020), Rv. 279154; Cass. pen., sez. 5, n. 17350 del 20/01/2020 (dep. 08/06/2020), Rv. 279401 – 02; Cass. pen., sez. 3, n. 46179 del 23/10/2013 (dep. 18/11/2013), Rv. 257632 – 01.
[14] Conforme, in tema di elemento soggettivo, Cass. pen., sez. 1, n. 28682 del 25/09/2020 (dep. 15/10/2020), Rv. 279726 – 01; Cass. pen., sez. 5, n. 43085 del 24/09/2015 (dep. 26/10/2015), Rv. 265230 – 01; Cass. pen., sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014 (dep. 08/05/2014), Rv. 260411 – 01; Cass. pen., sez. 5, n. 20993 del 27/11/2012 (dep. 15/05/2013), Rv. 255436 – 01.
[15] Tra le tante, conforme Cass. pen., sez. 5, n. 17795 del 02/03/2017 (dep. 07/04/2017), Rv. 269621 – 01; e Cass. pen., sez. 3, n. 46179 del 23/10/2013 (dep. 18/11/2013), Rv. 257632 – 01.
[16] In termini conformi anche Cass. pen., sez. 5, n. 43085 del 24/09/2015 (dep. 26/10/2015), Rv. 265231 e Cass. pen., sez. 3, n. 23485 del 07/03/2014 (dep. 05/06/2014), Rv. 260083 – 01.
[17] Vedi Cass. pen., sez. 5, n. 15625 del 09/02/2021 (dep. 26/04/2021), Rv. 281029; oppure, Cass. pen., sez. 6, n. 23375 del 10/07/2020 (dep. 30/07/2020), Rv. 279601.