Pubbl. Sab, 21 Nov 2015
La cessione del quinto e l’impossibilità di chiedere il TFR al datore di lavoro
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Giuseppe Ferlisi
Nel presente articolo si procede ad esaminare l´importante sentenza della Cassazione, risalente al giugno scorso, in cui si evidenzia la non opponibilità del contratto di cessione del quinto al datore di lavoro per quanto riguarda il TFR
Nel maggio di quest'anno, la Corte di Cassazione è intervenuta in tema di opponibilità al datore di lavoro della richiesta di TFR da parte della società di finanziamento di capitali. Tuttavia, prima di analizzare nel dettaglio la relativa sentenza, si coglie l'occasione per analizzare l'intero istituto del contratto di cessione di quinto dello stipendio.
Esso è regolato dal DPR n. 180 del 5.1.1950 e DPR n. 895 del 28.7.1950 per i lavoratori dipendenti, mentre per la cessione del quinto INPS o INPDAP dall' articolo 13 bis, comma 1, della Legge 14 maggio 2005, n. 80. (1)
1. Le caratteristiche della cessione del quinto
Esso consiste in un finanziamento a tasso fisso con rimborso a rate costanti, ma con la differenza che, in questa forma di contratto, il rimborso delle rate non viene effettuato dal richiedente bensì dal suo datore di lavoro (o dall’istituto previdenziale nel caso di pensionati) e il relativo importo è trattenuto direttamente dal netto in busta paga (o dalla pensione), nel massimo di un quinto della ordinaria retribuzione mensile.
2. Chi la può richiedere?
- dipendenti pubblici o statali;
- dipendenti privati;
- pensionati.
Nel caso sovraesposto di lavoratori dipendenti il contratto deve essere a tempo indeterminato ed esiste inoltre un’anzianità lavorativa minima, mentre l’azienda presso cui il richiedente lavora, deve soddisfare alcuni criteri di ammissibilità (ad es. un numero minimo di dipendenti, un capitale sociale superiore ad un minimo stabilito, etc.), valutati in sede di delibera della richiesta.
3. Garanzie e coperture assicurative
Non sono richieste specifiche e pregnanti garanzie reali, l'unica forma in questo senso è rapprensentata dal TFR maturato dal dipendente o nella pensione spettante al pensionato, che (ufficialmente) hanno una funzione di tutela per il finanziatore di fronte al rischio di perdita del lavoro, di infortunio oppure del rischio vita. E' inoltre spesso prevista la sottoscrizione obbligatoria di un’assicurazione rischio vita e/o rischio impiego. La normativa di riferimento, al fine di salvaguardare le garanzie, prevede che il debitore, non possa chiedere anticipi sul trattamento di fine rapporto (TFR) per l'intera durata del finanziamento.
4. Gli elementi del contratto
- il tasso di interesse praticato;
- ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi i maggiori oneri in caso di mora;
- l’ammontare e le modalità del finanziamento;
- il numero, gli importi e la scadenza delle singole rate;
- il tasso annuo effettivo globale (TAEG);
- il dettaglio delle condizioni analitiche secondo cui il TAEG può essere eventualmente modificato;
- l’importo e la causale degli oneri che sono esclusi dal calcolo del TAEG;
- le eventuali garanzie richieste;
- le coperture assicurative.
5. I documenti accessori da allegare
Il richiedente deve fornire:
- propri dati anagrafici e personali;
- documenti riguardanti la propria posizione lavorativa (o pensionistica) e reddituale;
- il certificato di stipendio, se lavoratore dipendente, fornito dall’amministrazione della propria azienda o ente, riportante la data di assunzione, la retribuzione lorda e netta (annua e mensile), il TFR maturato, le eventuali trattenute o pignoramenti già presenti sullo stipendio;
- l’ultima busta paga (o il cedolino pensione nel caso di richiedenti pensionati);
- il benestare dell’azienda, che si impegna ad effettuare puntualmente i pagamenti (richiesto direttamente dall’Istituto finanziatore al tuo datore di lavoro, attraverso la notifica del contratto di finanziamento);
- delega firmata a favore del datore di lavoro a prelevare mensilmente dallo stipendio l’importo necessario al rimborso delle rate.
6. Ritardato pagamento e risoluzione del contratto
Le sanzioni riguardanti ritardi di pagamento, anche in riferimento ad una sola rata, prevedono il pagamento degli interessi di mora convenuti nel contratto. Nel caso di cessazione del rapporto di lavoro, o la sospensione o riduzione dello stipendio, l’Istituto finanziatore potrà considerare risolto il contratto, indipendentemente dalla stipulazione della prevista polizza assicurativa. In conseguenza della risoluzione, l’assicurazione si avvale della garanzia sul TFR ed in caso di eccedenze, il cliente è tenuto a rimborsare il debito residuo. (sarà proprio questo il tema che sarà affrontato nella seconda parte del presente articolo)
7. Le condizioni
Importante per il consumatore è valutare, oltre la rata mensile sic et simpliciter, anche quelle voci dalla sigla non comprensibile, ma che rivestono una importanza fondamentale nell'economia della rata e di quello che esso pesa sulla propria famiglia.
Il TAN (Tasso Annuo Nominale) rappresenta il tasso di interesse, espresso in percentuale e su base annua, applicato dagli Istituti finanziari all’importo lordo del finanziamento.
Vi sono poi le spese di istruttoria, che invece rappresenta una voce di costo che l’Istituto finanziatore pone a carico del richiedente per la copertura dei costi di valutazione e gestione della domanda di finanziamento.
Da valutare ci sono poi i costi per la sottoscrizione obbligatoria dell’assicurazione che vengono corrisposti attraverso una trattenuta dall’importo netto erogato.
Un’altra voce di costo che alcuni Istituti pongono a carico del richiedente sono le cosiddette commissioni bancarie; anch’esse concorrono a determinare l’importo netto erogato.
Una misura del costo totale del finanziamento, utile nel confronto di più offerte di credito, è rappresentata dal TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale), la quale, espressa in termini percentuali, con due cifre decimali, è calcolata su base annua dal costo complessivo del finanziamento.
8. La sentenza: Cassazione del 18-05-2015, n. 10122
La sentenza succitata, prende le mosse dalla decisione, pubblicata l'11 gennaio 2011, della Corte d'Appello di Firenze, di rigettare l'appello proposto dalla Logos Finanziaria s.p.a. (terzo opponente) contro la società finanziaria creditrice procedente e nei confronti del debitore esecutato.
Tralasciando l'analisi dettagliata del fatto storico, che sarebbe di per se fuorviante l'attenzione e non utile ai fini dell'obiettivo dell'analisi in questione, quello che ci interessa di più è la nozione di principio affermata dalla Suprema Corte in questione.
Prima di fare ciò, dobbiamo evidenziare come sia solito per le Società Finanziatrici di Capitali, quello di inserire un comma ad hoc per il TFR, così da eludere le norme che non ne sostengono la cedibilità contrattuale, attraverso l'inserimento, riferito al TFR, di un mandato all'incasso.
La Cassazione ha confermato nel merito le conclusioni della Corte di Appello, e la sua letture del contratto di cessione del quinto in questione. La Corte infatti ha confermato la parte della decisione impugnata, affermando che "nel contratto di finanziamento si parli di "cessione" per lo stipendio e per la pensione e per ogni altro tipo di emolumento, mentre nell'articolo 4 (del contratto in analisi) vi sia il conferimento di una "delega irrevocabile all'incasso", sino alla concorrenza del debito residuo del mutuatario, con una differenza terminologica e di intenti che manifesta chiara volonta' delle parti contraenti di distinguere il credito per TFR dalle altre ragioni di credito oggetto di cessione."
La tesi della Corte Territoriale, è suffragata, a giudizio degli ermellini, dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 180 del 1950 e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 895 del 1950, che parla di regime di incedibilità delle indennità di fine rapporto omogenee al TFR nel settore pubblico.
Ma la parte più importante della Sentenza è quella in cui la Cassazione evidenzia come la propria tesi e quella della Corte di Appello sia suffragata dal confronto tra la disciplina pattizia del credito per lo stipendio (per il quale la delega all'incasso è espressamente prevista come effetto della "cessione suddetta") e la disciplina pattizia del credito per TFR, nella quale non vi è alcun riferimento alla cessione (se non per il richiamo, in senso contrario, all'anzidetto regime del settore pubblico).
In definitiva, viene confermato la decisione di merito che aveva rigettato l'opposizione, correggendone la motivazione della sentenza di primo grado, ritenendo si la cedibilità, in astratto, del credito per TFR, in forza della sentenza della Corte di Cassazione n. 4930/03, ma ritenendo che in concreto non sussistesse una cessione del credito per TFR, bensì un mandato all'incasso rilasciato dal debitore, che però è assolutamente inidoneo a produrre un effetto traslativo sul datore di lavoro, rimanendo il credito nella titolarità del debitore in qualità di mandante, e quindi pignorabile dalla creditrice verso questo.