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Pubbl. Gio, 24 Nov 2022

Novazione e transazione novativa: la transazione da un contratto illecito

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Cecilia De Luca
Dottorando di ricercaUniversità degli Studi di Roma Tor Vergata



La differenza tra la novazione oggettiva e la transazione novativa può ben cogliersi nella riconducibilità delle due figure a distinti istituti permeati, dunque, da una diversa ratio: il primo risponde all´esigenza di estinguere l´obbligazione, con modalità diverse dall´adempimento e non satisfattorie, al fine di dare origine ad un nuovo rapporto obbligatorio, mentre il secondo è un contratto con cui le parti contendenti decidono di non correggere ma modificare, ex novo, l´assetto di interessi alla base dell´obbligazione novanda. Tra le vicende patologiche della transazione può annoverarsi la nullità della transazione sul contratto illecito, poiché immeritevole di tutela quest´ultimo e dunque anche l´operazione transattiva che sulla base dello stesso viene eseguita.


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Novation and novative transaction: the transaction from an illicit contract

The difference between the objective novation and the novative transaction can well be understood in the traceability of the two figures to distinct institutes permeated, therefore, by a different ratio: the first responds to the need to extinguish the obligation, with different modalities from the fulfillment and not satisfactions, in order to give rise to a new mandatory relationship, while the second is a contract with which the contending parties decide not to correct but to modify, ex novo, the structure of interests underlying the novanda obligation. Among the pathological events of the transaction can be included the nullity of the transaction on the illicit contract, since the latter is undeserving of protection and therefore also the transaction operation which is carried out on t

Sommario: 1. Modi di estinzione dell’obbligazione diversi dall’adempimento: la novazione - 2. La transazione - 2.1. (Segue) La transazione novativa - 3. L’invalidità della transazione - 3.1. (Segue) La nullità del titolo - 4. Conclusioni.

1. Modi di estinzione dell’obbligazione diversi dall’adempimento: la novazione

Mentre i diritti reali sono tendenzialmente perpetui, il vincolo derivante dal rapporto obbligatorio è destinato all’estinzione; non soltanto perché il diritto di credito è sottoposto alle regole generali della prescrizione estintiva, non soltanto perché esso è collegato alla persona del debitore, ma soprattutto perché l’obbligazione tende a esaurirsi con l’esecuzione della prestazione che ne forma la sostanza.

Se l’adempimento costituisce il termine dello sviluppo normale dell’obbligazione, è configurabile anche il fenomeno opposto dell’impossibilità sopravvenuta, dell’obbligazione, non imputabile al debitore: l’obbligazione si estingue non soltanto quando lo scopo è raggiunto, ma anche quando esso non sia più raggiungibile. Ci sono poi molte altre cause di estinzione dell’obbligazione, e la legge facilita lo scioglimento del vincolo, in favore della libertà economica dei soggetti.

Ci sono modi di estinzione a carattere satisfattorio, con i quali si realizza il vantaggio del credito; con altri modi invece il debito si estingue senza che il creditore sia soddisfatto.

Tra i modi di estinzione a carattere satisfattorio vanno posti, oltre all’adempimento e alla dazione in pagamento, la compensazione e la confusione; tra i modi di estinzione a carattere non satisfattorio vi sono, oltre all’impossibilità sopravvenuta, la novazione e la remissione del debito[1].

La novazione, che richiede la volontà dei due soggetti del rapporto, attiene alla figura più ampia del contratto liberatorio. I soggetti dell’obbligazione possono accordarsi per la semplice estinzione del debito – sufficiente in tal caso sarebbe la rinunzia del creditore –, oppure si accordano accettando in pagamento una cosa al posto di un’altra, la c.d. datio in solutum (art. 1197 c.c.), oppure, infine, possono sostituire un nuovo rapporto al precedente, e abbiamo la novazione.

La novazione si distingue dalla dazione in pagamento, perché quest’ultima è un modo di estinzione satisfattorio, è un atto di prestazione – si dà –, anche se l’oggetto è diverso da quello che formava l’originario contenuto del rapporto, mentre con la novazione non abbiamo adempimento, bensì sostituzione di un’obbligazione con un’altra – si promette.

Le fonti definiscono la novazione: prioris in debiti in aliam obligationem transfusio atque translatio. E la definizione si adatta bene al sistema del nostro Codice, che tratta fra i modi di estinzione soltanto della novazione oggettiva.

La novazione soggettiva, ex art. 1235 c.c., che si ha quando per uno stesso contratto viene a sostituirsi un nuovo creditore, la c.d. novazione soggettiva attiva, o un nuovo debitore, la c.d. novazione soggettiva passiva, è regolata invece dal Codice a proposito della trasmissione del vincolo.

Elementi essenziali per la novazione oggettiva sono: l’obbligazione originaria da novare (obligatio novanda), un aliquid novi e l’animus novandi.

La novazione è senza effetto, stabilisce l’art. 1234 c.c., se non esiste l’obbligazione originaria. Sarebbe una nullità per mancanza di causa; infatti la nuova obbligazione non sarebbe giustificata se sorgesse per sostituire ciò che non esiste. Conseguenza che si avrà se l’obbligazione originaria era nulla. Se, invece, questa derivi da un titolo annullabile, la novazione è valida solo se il debitore ha assunto il nuovo debito conoscendo il vizio del titolo originario.

Occorre in secondo luogo un aliquid novi; novatio enim a “novo” nomen accepit. Dice l’art. 1230 c.c. che la nuova obbligazione deve avere un oggetto o un titolo diverso. È necessaria una vera trasformazione, e non sarebbe sufficiente modificare una delle modalità accessorie di cui parla l’art. 1231 c.c.: non producono novazione il rilascio di un documento, la modifica di un termine di scadenza o simili mutamenti.

Deve infine risultare, e in modo non equivoco, come stabilisce l’art. 1230, secondo comma, c.c., l’animus novandi, che significa volontà di estinguere la precedente obbligazione con la creazione di un vincolo nuovo, novatio non praesumitur. Ove non si dimostri l’esistenza dell’animus novandi avremo, anziché novazione, assunzione di un rapporto obbligatorio accanto all’antico.

La novazione si fa per contratto; e di questo presuppone i requisiti generali di validità; se la novazione è invalida resterà in vita l’antico rapporto.

Con l’estinzione del rapporto originario si estinguono anche i diritti accessori; particolarmente, salva espressa volontà in contrario dei soggetti interessati, ex art. 1232 c.c., si estinguono i privilegi, il pegno e le ipoteche del credito originario[2].

2. La transazione

Ove vi sia una controversia giuridica, attuale o potenziale, i soggetti interessati possono risolverla o farla risolvere indipendentemente dal ricorso all’autorità giudiziaria che costituisce la via ordinaria per la composizione delle liti.

Un mezzo per la composizione extragiudiziale è l’arbitrato. La lite la si può risolvere anche con un riconoscimento, cioè con l’accettazione che l’una parte fa della pretesa della controparte.

La transazione infine è il contratto con il quale le parti pongono fine a una lite già cominciata o prevengono una lite che sta per sorgere tra loro, facendosi reciproche concessioni. Nell’aliquid dare, aliquid retinere, sta la sua caratteristica differenziale rispetto al riconoscimento, che invece consiste nel “dare” tutto quello che la controparte contrattuale pretende.

Si è detto che la lite si può distinguere con la composizione diretta fra le parti, e si ha la transazione, o con l’eterocomposizione che deriva dal deferimento in arbitri. Tra le due soluzioni si collocano conciliazione e mediazione, con le quali il diretto incontro delle volontà delle parti si attua alla presenza e con l’intervento proattivo di un terzo. Nell’arbitrato la volontà delle parti si vincola prima dell’azione del terzo: nella conciliazione e nella mediazione, la volontà contrattuale si esprime dopo, “guidata” appunto dal consiglio del terzo.

Con la transazione, le parti non sempre operano soltanto sulle rispettive pretese del rapporto in contesa, la c.d. “transazione non novativa”, ma talora costituiscono nuovi rapporti, la c.d. “transazione novativa”, oppure modificano o estinguono altri rapporti preesistenti, la c.d. “transazione mista”. Mentre riguardo allo scopo la transazione può sembrare avere funzione dichiarativa, di accertamento della situazione giuridica, la sua efficacia è per regola costitutivo-dispositiva di diritti.

Essenziale alla transazione è un'incertezza subiettiva che si vuole eliminare. Questa incertezza, la res dubbia, è data anche dal solo fatto dell’esistenza di un conflitto attuale o potenziale tra le parti, qualificato da opposte pretese. Il consenso transattivo supera, e rende superflua, ogni valutazione dell’esistenza di un fondamento oggettivo delle pretese.

È annullabile la transazione fatta su lite già decisa con sentenza passata in giudicato, della quale almeno una delle parti non aveva notizia, ex art. 1974. In tal caso mancherebbe la ragione del negozio: il contratto non sarebbe giustificato, come non sarebbe giustificato il metus litis, che è la sostanza dell’animus transigendi.

La transazione può avere come oggetto diritti patrimoniali di qualsiasi natura e si transige efficacemente anche sulle conseguenze pecuniarie dello stato delle persone o sulle azioni civili nascenti da reato. Deve trattarsi però di diritti disponibili. Quando la situazione di cui si discute è sottratta alla disponibilità delle parti, occorre l’intervento del giudice, e pertanto non sono transigibili le questioni di ordine pubblico o quelle relative a cose fuori commercio.

Allo scopo di tutelare il contraente che si suole considerare come più debole la legge dichiara invalide le rinunzie e le transazioni che hanno per oggetto diritto del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge o dei contratti o accordi collettivi. Tuttavia, l’impugnativa volta a fare valere siffatta invalidità dev’essere proposta, anche in via stragiudiziale, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o transazione, se queste sono posteriori alla cessazione stessa, ex art. 6 della l. n. 533 del 1973, che modifica l’art. 2113 c.c.

La transazione non può essere provata per testimoni; richiede la prova scritta. Quando poi la transazione abbia comunque per oggetto beni immobili, la forma scritta è richiesta ad substantiam, ex art. 1350, n. 12, c.c., e l’atto deve essere trascritto ai fini della pubblicità immobiliare e della continuità delle trascrizioni. Naturalmente ai fini di questa trascrizione deve trattarsi di un atto pubblico o una scrittura con le sottoscrizioni delle parti autenticate dal notaio, secondo le regole generale dell’art. 2657 c.c..

La transazione è sottoposta alle regole generali circa le cause di invalidità. Fra i vizi del volere non ha però rilevanza l’errore di diritto, ex art. 1969 c.c., dato che, nello stato di incertezza subiettiva in cui erano, fatta salva l’ipotesi di temerarietà della pretesa, ex art.1971 c.c., gli interessati hanno voluto riservare a loro stessi ogni giudizio; né essa è impugnabile per lesione, dato che l’atto ha lo scopo di sostituire la nuova situazione a una situazione di dubbio valore.

La transazione produce tra le parti lo stesso effetto di una sentenza passata in giudicato: equivalenza effettuale comprovata dalla ammissibilità di una transazione sul giudicato, ex art. 1974 c.c., con il limite sovraesposto. Parallelamente all’exceptio rei iudicatae, può opporsi, a chi le nega efficacia, l’exceptio litis per transactionem finitae, quando ne concorrono i comuni presupposti: eadem causa, eadem quaestio, inter easdem personas[3].

2.1. (Segue) La transazione novativa

Con il contratto di transazione le parti possono estinguere la lite modificando il contenuto dei rapporti in essere, la cui fonte generatrice è lasciata intatta. Questa specie di transazione ha natura “conservatrice”, perché si limita a dettare una disciplina incidente sulla preesistente relazione giuridica senza tuttavia rinnovarne la fattispecie costitutiva, la quale continua a essere rintracciabile nel contratto oggetti di lite. È il caso del regolamento transattivo diretto a modificare le norme di esecuzione del contratto di appalto, là dove tra le parti sia insorta una disputa intorno alla fornitura della materia prima, ex art. 1658 c.c. . Il rapporto giuridico viene in tal modo integrato, pur essendo arricchito dalla transazione, la quale contribuirà a determinare lo statuto del caso concreto assieme al negozio primario, che rimane immutato per quel che concerne le clausole escluse dalla pacificatio controversiae. Nella rappresentata situazione si avrà una concomitanza di comandi destinati a integrarsi reciprocamente. Se così è, pare evidente che le garanzie in precedenza costituite non subiscano alcuna variazione in assenza di un patto contrario.

La transazione anziché correggere può determinare la novazione oggettiva del vincolo obbligatorio inter partes. In tal caso avremo una nuova regola di condotta, che dispone per l’avvenire innovando rispetto al passato. La sistemazione ex novo degli interessi raggiunta dagli ex contendenti è autosufficiente a dettare le direttive del legame così rinnovato; tale sistemazione costituisce la fonte unica del rapporto.

L’effetto novativo può dipendere dalla volontà delle parti, le quali stabiliscono a chiare lettere che la transazione estingue il vincolo originario sebbene la modifica non implichi un’alterazione totale del vincolo originario. In alternativa, la sostituzione della fonte negoziale, o del titolo, può essere imputabile, ad astrarre dal requisito soggettivo dell’animus novandi, posto che allo scopo di accertare l’effetto sostitutivo bisogna badare non già ai propositi ma al contenuto del regolamento, all’incompatibilità oggettiva fra il negozio di definizione della lite e il precedente vincolo obbligatorio. Il suddetto effetto, per esemplificare, si scorge quando la lite intorno all’asserita invalidità preliminare concernente la vendita di un determinato alloggio sia composta mediante un accordo di disposizione della res litigiosa, con il quale lo stesso immobile è concesso in locazione al promissario acquirente.

Non si trascuri di osservare che anche la transazione conservativa trae fonte da un accordo con vocazione novativa, qualificato dalla finalità conciliativa. La modifica del regolamento negoziale, cui si affianca la reciprocità di concessioni, è in fondo assicurata da un accordo novativo permeato dal su evocato fine di componimento. Ne deriva che la transazione, novativa, che innova il titolo estinguendo quello da cui nacque la contesa, o non novativa, che affianca al titolo originario un titolo accessorio volto a modificare il contenuto del rapporto preesistente, è un contratto fondato sulla causa pacificatrice e soggetto alla disciplina speciale.

L’art. 1976 c.c. stabilisce che la risoluzione della transazione per inadempimento non possa essere richiesta se il rapporto preesistente è stato estinto per novazione, salvo che il diritto alla risoluzione sia stato oggetto di riserva specifica. La regola si spiega tenuto conto del rilievo che nella transazione novativa il vincolo preesistente, essendo surrogato dal nuovo regolamento, non è destinato a risorgere per effetto dell’estinzione di quest’ultimo ai sensi degli artt. 1453 ss. c.c. . Sennonché, là dove le parti si siano avvalse della facoltà di riserva, la spiegazione testé abbozzata perde di significato. L’impasse è sormontabile tramite la seguente congettura: la riserva in discorso implica che la volontà dei sottoscrittori sia diretta a considerare il rapporto originario come sottoposto ad una tacita condizione sospensiva: l’inadempimento degli obblighi pattuiti in sede transattiva, cui seguiranno i rimedi riconosciuti dall’art. 1453 c.c., costituirà l’evento futuro e incerto la cui concretazione ridonerà efficacia vincolante al contratto provvisoriamente estinto. Il vecchio rapporto tornerà in vita, mortuus redhibetur, con tutte le patologie originarie, perché la temporanea “devitalizzazione” non ha effetto sanante. Di conseguenza, le parti potranno far nuovamente valere le pretese e le eccezioni già spazzate via dal negozio conciliativo.

Il problema riguardante l’accertamento della natura “conservativa” o novativa della transazione non deve essere sottovalutato, ritenendo ingenuamente che si tratti di una questione puramente nominalistica. Basti pensare, ad esempio, all’ipotesi in cui Tizio prometta in vendita a Caio, il quale si obbliga a sua volta ad acquistare, il fondo Capenate al prezzo di mille.

Sennonché, decorso il termine per l’adempimento, Caio rifiuta di rispettare l’impegno, lamentando la sussistenza di un vincolo di parziale inedificabilità sul fondo stesso, da lui ignorato e non dichiarato dalla controparte. La lite che precede viene, in seguito, appianata tramite un accordo in virtù del quale il promissario compratore ottiene, in cambio della rinunzia alle proprie domande, la riduzione del prezzo nella misura della metà. Succede tuttavia che il medesimo stipulante, melius re perpensa, decida di reiterare l’opposizione all’esecuzione della parola data. Orbene, a fronte della riassunta situazione fattuale, il promittente venditore sarà legittimato ad agire in giudizio per ottenere la pronuncia di risoluzione della transazione, dato che quest’ultima non generò l’estinzione del contratto primigenio. L’accoglimento della domanda farà rivivere le clausole del preliminare modificate dall’accordo transattivo. Di conseguenza, il promittente potrà esigere l’esecuzione in forma specifica del contratto di vendita, chiedendo il prezzo di mille, perché la risoluzione per inadempimento della transazione restaura il rapporto transatto nella situazione giuridica preesistente[4].

3. L’invalidità della transazione

In tema d’invalidità della transazione il codice civile detta una disciplina speciale, che si muove in armonia con la finalità dell’atto dispositivo qui studiato, desumibile dalla volontà compromissoria delle parti[5], di porre termine al contrasto fra le pretese antinomiche tramite la creazione di una situazione certa[6]. L’esigenza di certezza dei rapporti, come mise in luce la dottrina[7], che sta alla base della transazione, serve a spiegare il fondamento della regola espressa nell’art. 1969 c.c., secondo cui il negozio destinato a comporre la lite, a seguito di concessioni reciproche non può essere rimesso in discussione per effetto della errata rappresentazione della realtà fattuale sottesa dal caput controversum, o in ragione della inesatta qualificazione giuridica delle vicende innervanti la lite. Detto altrimenti, la legge si preoccupa primariamente di garantire l’interesse delle parti a consolidare pro futuro il superamento della disputa sancendo l’indifferenza dell’errore sui punti da essa coinvolti[8].

Di lì la prevalenza del factum sul faciendum, che si esprime nella preclusione alla ricerca della verità in favore delle istanze di certezza delle regole di condotta coniate dall’autonomia dei privati, istanze che, per quando qui rileva, trovano soddisfacente risposta nel negozio di “autocomposizione” della lite, la cui validità non può pertanto essere condizionata dalla corrispondenza o compatibilità delle pretese incrociate al dato di natura o alla norma generale e astratta[9].

3.1. (Segue) La nullità del titolo

Ex artt. 1343 ss. c.c. è nulla la transazione di un contratto illecito, “ancorché le parti abbiano trattato della nullità di questo”, ex art. 1972, primo comma, c.c. . È ad esempio nullo il negozio di composizione della controversia generata da opposte interpretazioni circa l’esecuzione del contratto di fornitura di beni non commerciabili. Si tratta di una regola che va controcorrente: essa squarcia il caposaldo, su cui si eleva la disciplina della transazione, riguardante l’intangibilità della conciliazione e la non sindacabilità della situazione giuridica preesistente, la quale può anche avere per oggetto un negozio unilaterale come il testamento[10]. Tale preclusione cede di fronte a situazioni immeritevoli di tutela perché lesive del buon costume, dell’ordine pubblico e di tutte le regole e princìpi che danno l’intonazione alla legalità costituzionale. In buona sostanza, se la lite sorge su un rapporto che trasgredisce tali precetti, alle parti è assolutamente impedito di comporre la diatriba tramite intesa transattiva[11]. Si vuole cioè evitare che il contratto illecito, per il tramite del negozio transattivo, costituisca l’antecedente causale di spostamenti patrimoniali o arricchimenti che verrebbero a consolidarsi grazie alle reciproche concessioni, ossia a biunivoci riconoscimenti fondati su un contratto di per sé valido ma che trae origine da un vincolo immeritevole di tutela anche indiretta.

Negli altri casi di nullità del titolo vale il più debole rimedio dell’annullamento[12]: l’invalidazione della transazione può chiedersi unicamente dalla parte che ignorava la causa di nullità del rapporto sottostante, ex art. 1972, secondo comma, c.c. . La dottrina ha chiarito che la succitata disposizione normativa fa riferimento alla transazione novativa, perché qualora l’accordo transattivo si limitasse a modificare il rapporto originario non si potrebbe fare a meno di ammettere che la caduta di quest’ultimo trascini con sé il negozio volto a definire la lite[13]. Ove ambedue le parti, invece, conoscano l’invalidità del vincolo viene in essere una specie di novazione automatica del titolo, che spazza via il vizio[14]. Si potrebbe anche riconoscere che l’art. 1972, secondo comma, c.c., rientri fra le norme expressis verbis escluse dalla sfera di competenza del divieto di convalida ex art. 1423 c.c.; ma tale ammissione non deve essere travisata, essendo incontrovertibile che la transazione sia una fattispecie complessa e articolata, la quale può al massimo essere semplicemente accostata alla convalida, ferme restando le differenze strutturali e causali fra i due modelli negoziali[15].

Per completare il discorso si badi che la legittimazione spetta a entrambi i sottoscrittori qualora l’uno e l’altro ignorassero l’invalidità[16]. La transazione su titolo annullabile importa la convalida tacita se le parti erano consapevoli del vizio o se tale vizio integri gli estremi del caput controversum[17].

4. Conclusioni

In conclusione, la differenza tra la novazione oggettiva e la transazione novativa può cogliersi nei seguenti termini: la prima figura è una modalità di estinzione dell’obbligazione, diversa dall’adempimento, di natura non satisfattoria, poiché le parti manifestano la “volontà” di estinguere la precedente obbligazione con la creazione di un nuovo vincolo, avente un “oggetto” o un “titolo diverso”, partendo, pur sempre, dall’obbligazione originaria, da novare, appunto; mentre la seconda figura costituisce un contratto con il quale le parti decidono di determinare la novazione oggettiva del vincolo obbligatorio inter partes, costituendo un nuovo rapporto giuridico anziché correggerlo, attraverso la sistemazione ex novo degli interessi raggiunta dagli ex contendenti, sebbene esse stabiliscano che la modifica non implica un’alterazione totale del vincolo originario.

Ove si transiga su un contratto illecito si ha nullità, sebbene le parti abbiano trattato di questa, ciò al fine di evitare che il negozio contrario a buon costume, ordine pubblico e regole e principi che connotano la legalità costituzionale, per il tramite della transazione, sia l’antecedente causale di spostamenti patrimoniali o arricchimenti che verrebbero a consolidarsi in virtù di reciproche concessioni.

Negli altri casi di nullità del titolo vale il rimedio più debole dell’annullamento, ex art. 1972, secondo comma, c.c., il quale secondo la dottrina fa riferimento, necessariamente, alla transazione novativa. Ove entrambe le parti conoscano l’invalidità del vincolo viene in essere una specie di novazione automatica del titolo, che elimina il vizio.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Trabucchi A., “Istituzioni di diritto civile”, Milano, CEDAM, 2022, pag. 938 e ss.; Bianca C. M., “Diritto civile”, volume quarto, “L’obbligazione”, Milano, Giuffrè, 2019, pag. 425 e ss.; Perlingieri P., “Il fenomeno dell’estinzione nelle obbligazioni”, Napoli, 1995; Id., “Comm. Scialoja – Branca, sub artt. 1230-1259, Bologna, 1975; Di Prisco N., “I modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento”, in Tr. Rescigno, IX, I, Torino 1999; Aa. Vv., "Le obbligazioni”, 1,”L’obbligazione in generale”, a cura di Franzoni M., Torino, 2004; Cicero C., “Le obbligazioni”, II, “I modi di estinzione delle obbligazioni”, in Tr. Bessone, Torino 2013.

[2] Trabucchi A., op. cit., pag. 939 e ss.; Bianca C. M., pag. 443 e ss.; Perlingieri P., op.cit. sub artt. 1230-1235, Bologna, 1975; Zaccaria A., “Novazione”, in Dig. disc. priv., Torino, 1995, pag. 280 ss.; Doria G., “La novazione dell’obbligazione”, in Tr. Cicu-Messineo-Mengoni, Milano, 2012.

[3] Trabucchi A., op. cit., pag. 1345 e ss.; Stolfi G., “La transazione”, Napoli, 1931; Carresi, “La transazione”, nel Tr. Vassalli, Torino, 1956; Vassalli Francesco, “Composizione della lite e tutela del credito”, I, “La transazione”, Milano, 1980; Santoro-Passarelli, “La transazione”, Napoli, 1986; Valsecchi, “Il giuoco e la scommessa. La transazione”, nel Trattato Cicu-Messineo-Mengoni, Milano, 1987; Palmieri A., “Transazione e rapporti eterodeterminati”, Milano, 2000; D’Alessandro, “La transazione del condebitore solidale”, Milano 2012; Nicolò, “Il riconoscimento e la transazione”, Messina, 1934; Giorgianni, “Il negozio di accertamento”, Milano, 1939; Furno C., “Accertamento convenzionale e confessione stragiudiziale”, Firenze, 1948; Lener, “Attività ricognitive e accertamento negoziale”, Milano, 1970; Calvo R., “Diritto civile”, Volume III, Tomo II, “Gli altri contratti speciali”, Torino, Zanichelli, 2017, pag. 683 e ss. .

[4] Panuccio Dattola, “La transazione novativa”, Milano, 1996; Calvo R., op. cit., pag. 690 e ss.; Franzoni M., “La transazione”, cit. 174. Cfr, Cass., 19 maggio 2003, n. 7830, in “Contratti”, 2003, 1085 ss., con note di Vaglio E., “Transazione conservativa e novativa: riflessi della distinzione in caso di inadempimento”, ivi, 1090 ss.; Santoro-Passarelli F., op. cit.; Nicolò R., “Transazione e novazione”, in Annuario dir. comp., 1934, fasc. V, ora in Id., Raccolta di scritti, II, Milano, 1980, 1333; Moscarini L. V. e Corbo N., “Transazione, I) Diritto civile”, cit., 9; Palazzo A., “La transazione”, cit. 351 ss. .

[5] Trabucchi A., op. cit., pag. 1345 e ss.; Calvo R., op. cit., pag. 694 e ss.; Moscarini L. V. e Corbo N., op. cit., pag. 619.

[6] Circa i rapporti tra lex generalis e lex specialis cfr., in particolare, Moscarini L. V. e Corbo N., op. cit., pag. 13, i quali, tra l’altro, avvertono che quest’ultima prevede “ipotesi tipiche di errore essenziale, affatto differenti da quelle della disciplina ordinaria”.

[7] Furno C., op. cit., I ss.: il sistema combatte tenacemente il fenomeno dell’incertezza “e lo combatte non solo a posteriori, sul terreno del processo, ma anche preventivamente, sul terreno del diritto privato sostanziale, che è quello nel quale l’incertezza può inavvertitamente germinare e impercettibilmente operare; che è quindi l’ambiente naturale, il terreno in cui l’incertezza si trova, per così dire, in casa propria, al riparo dei colpi”. Fuori del processo, l’ordinamento non combatte direttamente la preannunziata incertezza, ma la combatte in modo mediato “procurando di dare certezza e sicurezza alle situazioni e alle relazioni concrete intersoggettive, predisponendo mezzi e strumenti idonei a fornire certezza e mettendoli a disposizione delle parti; cogliendo e fissando legalmente le manifestazioni di certezza nell’atto stesso in cui la volontà privata si rivolge a creare rapporti e situazioni, all’insaputa, indipendentemente e anche contro la volontà stessa delle parti intesa ad altro fine; eludendo il pericolo dell’incertezza, col favorire il ritorno delle parti alla considerazione e al regolamento consensuale di rapporti vicendevoli turbati”.

[8] Santoro-Passarelli F., op. cit., pag. 150, il quale segnala che se “l’errore sui termini della lite dovesse rilevare e condurre, con la caduta della transazione, alla riapertura della lite già superata, la spontanea pacificazione a prezzo di mutui sacrifici, che è la giustificazione sociale del contratto, ne risulterebbe gravemente compromessa”; v. inoltre, Palazzo A., op. cit., pag. 399. Cfr. Cass., 3 gennaio 2011, n. 72 in Foro.it, 2012, I, 240.

[9] A riguardo Santoro-Passarelli F., op. cit., pag. 215: non conta più “il vecchio regolamento, perché è rimasto esautorato dal regolamento nuovo, non già perché un’esigenza di certezza vieti al giudice di esaminarlo”; per ulteriori spunti, Palmieri A. M., op. cit., spec. 47; Moscarini L. V. e Corbo N., op. cit., 12.

[10] Riva I., “La transazione invalida”, Milano, CEDAM, 2012, 84 s. .

[11] Ruggieri L., “Interesse a transigere e novazione del rapporto litigioso”, Napoli, 2002, 43 s. .

[12] Cfr. Cass., 8 febbraio 2012, n. 2413, in Pluris Cedam.

[13] Santoro-Passarelli F., op. cit., 164 s.; conf. Moscarini L. V. e Corbo N., op. cit., 14. È logico che non possa essere invocata l’annullabilità della transazione novativa avente per oggetto un contratto la cui nullità sia stata dedotta nella sottostante lite giudiziale da una delle parti: Cass., 10 luglio 2014, n. 15841, in Foro.it, 2014, I, 3497. In merito al problema della deducibilità in transazione della controversia sull’obbligazione naturale cfr. Franzoni M., op. cit., 139 ss.; Santoro-Passarelli F., op. cit, 119 s.. In merito ai rapporti tra gli artt. 1972, primo comma, e 2035 c.c. si rinvia a Moscarini L. V. e Corbo N., op. cit., 11.

[14] Palazzo A., op. cit., 335; Ruggeri L., op. cit., 45 s., la quale giustamente osserva che ci troviamo di fronte a un’ipotesi riconducibile ai casi in cui il contratto di transazione avente per oggetto rapporti contrari a norme imperative diverse da quelle di cui al primo comma dell’art. 1972 c.c., è soggetto a una forma più blanda d’invalidità, in assonanza all’ultimo inciso dell’art. 1418, primo comma, c.c. . Sul fronte del diritto giudiziale si veda Cass. sez. lav., 2 novembre del 1992, n. 11871, in Mass. Foro.it, 1992.

[15] Ruggieri L., op. cit., 57.

[16] Riva I., op. cit., 89.

[17] Ruggieri L., op. cit., 55.