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Pubbl. Gio, 10 Nov 2022

Criptovalute e autoriciclaggio

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Carlo Piparo



La dematerializzazione dei beni è un’assoluta prerogativa della modernità. Non c’è da meravigliarsi che il bene per eccellenza, il denaro, abbia incontrato la medesima sorte. Infatti, il fenomeno delle criptovalute, seppur ancora in germe, ha occupato una cospicua fetta di mercato attraverso la quotidiana emissione di azioni in registri distribuiti (databases privi di amministratore) per un valore di quasi duemila miliardi di euro. Tuttavia, le criptovalute, più che monete, sono assets: azioni, che possono essere convertite in denaro mediante intermediari finanziari autorizzati. Così, si pone un’antica domanda in un contesto del tutto moderno, e cioè: quando l’impiego di tali assets integra il delitto di (auto)riciclaggio?


ENG

Cryptocurrencies and money-laundering

The dematerialization of assets is an absolute prerogative of modernity. There is wonder the asset par excellence, money, has met the same fate. In fact, the cryptocurrency phenomenon, albeit still in germ, has occupied a large slice of the market through the daily issue of shares in distributed registers (databases without administrators) for a value of almost two thousand billion euros1. Cryptos, more than coins, are assets: shares, which can be converted into money through authorized financial intermediaries. Thus, an ancient question arises in a completely modern context, namely: when does the use of such assets integrate the crime of (self) laundering?

Sommario: 1. Introduzione; 2. Il fatto; 3. Concetti preliminari; 3.1. Criptovalute e bitcoin; 3.2. Blockchain; 4. L’autoriciclaggio; 5. In diritto. La motivazione della Suprema Corte; 5.1. L’anonimato delle transazioni; 5.2. La condotta di re-investimento.

1. Introduzione

La dematerializzazione dei beni è un’assoluta prerogativa della modernità 

Non c’è da meravigliarsi che il bene per eccellenza, il denaro, abbia incontrato la medesima sorte. Infatti, il fenomeno delle criptovalute, seppur ancora in germe, ha occupato una cospicua fetta di mercato attraverso la quotidiana emissione di azioni in registri distribuiti (databases privi di amministratore) per un valore di quasi duemila miliardi di euro1.

Tuttavia, le criptovalute, più che monete, sono assets: azioni, che possono essere convertite in denaro mediante intermediari finanziari autorizzati2.

Così, si pone un’antica domanda in un contesto del tutto moderno, e cioè: quando l’impiego di tali assets integra il delitto di (auto)riciclaggio?

Una risposta alla questione è intervenuta con la sentenza n. 2868 del 25 Gennaio 2022, con la quale la Corte di Cassazione, Seconda sezione penale, ha affermato che il reato di autoriciclaggio (ex art. 648 ter.1 c.p.) si configurerebbe anche in ipotesi di acquisto di criptovalute.

La pronuncia è di notevole importanza per due principali ragioni. 

La prima è data dalla novità della questione, in quanto i concetti di criptovalute, bitcoin (il primo in rapporto di genus a species con il secondo) e blockchain sono piuttosto nuovi. 

La seconda concerne il presupposto logico del reato ex art 648 ter.1 c.p.: la Suprema Corte, infatti, al fine di valutare l’integrazione del reato di autoriciclaggio, è stata chiamata a risolvere preliminarmente la questione relativa al se, attraverso l’acquisto di criptovalute, si realizzino attività di produzione o di scambio di beni o servizi.

2. Il fatto

Con l’ordinanza del 04 Marzo 2021, il Tribunale di La Spezia disponeva nei confronti del ricorrente sequestro preventivo del profitto dei reati di autoriciclaggio (art. 648 quater c.p.). 

Secondo il giudice di merito, l’indagato avrebbe commesso il reato presupposto di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione,«trasferendo, poi, i relativi profitti a società estere operanti nel settore della compravendita di cosiddette "cripto valute" (in particolare bitcoin), tramite bonifici in Euro effettuati da carte Postepay intestate per lo più a soggetti prestanome ma anche a se stesso3».

Ricorreva per Cassazione il destinatario della misura il quale, ex multis, sollevava due motivi. 

In primis, il ricorrente lamentava violazione di legge per assenza di motivazione «nella parte in cui il Tribunale omette totalmente di rassegnare i motivi per i quali l'acquisto di cripto valuta costituirebbe atto idoneo ad ostacolare l'identificazione della provenienza del bene4». Il ricorrente, in sostanza, contestava l’anonimato delle transazioni operate tramite bitcoin. Veniva osservato, infatti, che ogni movimento di criptovalute veniva (e viene) necessariamente registrato in una sorta di "libro contabile digitale" (cd. distributed ledger), di dominio pubblico. Tali informazioni sarebbero sempre accessibili da chiunque e sarebbe sempre possibile risalire agli accounts, ossia ai titolari dei portafogli digitali. Ciò in virtù della tecnologia blockchain, la quale permette di annotare e conservare in una sorta di pubblico registro tutte le operazioni che avvengono al suo interno.

In secundis, si contestava violazione di legge per avere il Tribunale travisato la condotta del ricorrente, che non sarebbe stata quella di reinvestire i proventi del reato presupposto ma di acquistare cripto valute per pagare il servizio del sito internet di pubblicità delle prostitute, così esulandosi da una condotta di autoriciclaggio.

3. Concetti preliminari

Al fine di addentrarci e meglio comprendere la soluzione della questione è necessario, da un lato, definire i concetti di criptovalute e blockchain e, dall’altro, rapportarli al reato di autoriciclaggio.

3.1. Criptovalute e bitcoin

Le criptovalute, impropriamente conosciute come valute virtuali, sono tokens5, cioè strumenti finanziari digitali basati su una tecnologia di blockchain, e che possono essere scambiati tra due parti senza il necessario intervento di un intermediario6.

Ad esempio: se nella vita reale si vuole cedere un immobile è necessario adempiere a tutte quelle incombenze previste normativamente, mentre se lo si fa nella realtà virtuale non è necessario preoccuparsi di tali impegni, considerato che l'operazione è regolata attraverso uno smart contract e la blockchain registra tutte le operazioni ad essa collegate.

Una definizione utile di valuta virtuale è presente all’art. 1 co. 2, lett. qq) del D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, secondo il quale per criptovaluta si intende «la rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un'autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l'acquisto di beni e servizi o per finalitàdi investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente». 

Il bitcoin, a sua volta, è una species del genus criptovaluta. È la prima valuta virtuale, dotata di propria blockchain  ed è qualificabile come stablecoin o moneta stabile, in quanto molto meno fluttuante sul mercato azionistico e, di coseguenza, più affidabile. 

3.2. Blockchain

Come abbiamo appena detto, la blockchain rientra nell’alveo delle di tecnologie basate sui registri distribuiti, la cui definizione è stata introdotta nel nostro ordinamento giuridico8 dall’art. 8-ter del D.L. 14 Dicembre 2018, n. 135 (c.d. "Decreto Semplificazioni”9). Secondo la norma appena citata: «Si definiscono «tecnologie basate su registri distribuiti» le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l'aggiornamento e l'archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili». 

Al pari di altre esperienze nazionali, si è ritenuto opportuno mantenere generica la normativa, al fine di consentire una migliore applicabilità caso per caso; in futuro, sarà la sovrapposizione normativa a delineare un quadro legale complesso, in grado di accogliere le specifiche limitazioni e le singole particolarità10.

4. L’autoriciclaggio

Il delitto di autoriciclaggio è stato introdotto dall’art. 3, co. 3 della L. n. 186 del 2014, che ha inserito nel codice penale il nuovo art. 648-ter.1. La norma in commento, nella sua attuale formulazione, punisce «chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa».

Fino all’entrata in vigore della riforma, la condotta di re-immissione nel circuito economico di utilità di provenienza criminosa da parte dell’autore del reato presupposto era “protetta” dalla clausola di riserva contemplata dagli artt. 648-bis e 648-ter c.p., che escludono la punibilità del riciclaggio e dell’illecito reimpiego nei casi di concorso nel reato presupposto (c.d. privilegio dell’autoricilaggio)11.

La riforma in parola è stata determinata - oltre che da obblighi internazionali - dalla consapevolezza che nelle ipotesi nelle quali il denaro o le utilità di provenienza illecita vengono re-immesse nel circuito economico è ben difficile congetturare che il disvalore sia esaurito nella commissione del reato presupposto. La disponibilità in proprio di mezzi economici di provenienza illecita rappresenta, infatti, un fattore di significativa alterazione delle regole della concorrenza e del mercato, consistendo in un vero e proprio privilegio in capo all’utilizzatore rispetto ai concorrenti. Da qui l’idea di congelare il profitto derivante dal reato presupposto, impedendone la sua utilizzazione maggiormente offensiva: quella che lede o espone a pericolo l’ordine economico12.

Come più volte evidenziato dalla Suprema Corte, ai fini dell'integrazione del reato di autoriciclaggio, non è necessario che l'agente ponga in essere una condotta di impiego, sostituzione o trasferimento del denaro, beni o altre utilità che comporti un assoluto impedimento alla identificazione della provenienza delittuosa degli stessi, essendo, al contrario, sufficiente una qualunque attività, concretamente idonea anche solo ad ostacolare gli accertamenti sulla loro provenienza13.

5. In diritto. La motivazione della Suprema Corte

5.1. L’anonimato delle transazioni

Quanto all’anonimato delle transazioni, la Corte ha preliminarmente fatto luce sulle modalità delle operazioni contestate al ricorrente. Secondo gli Ermellini, «non si trattava di acquisto diretto di bitcoin da parte dell'indagato, ma di trasferimento tramite bonifici in Euro di somme di danaro a società estere successivamente incaricate di cambiare la valuta ricevuta (Euro) in bitcoin14». Il ricorrente, si osserva, non aveva acquistato autonomamente le criptovalute, ma aveva agito per mezzo di società estere di cambio valuta. Dette modalità ostacolavano l’identificazione del ricorrente quale beneficiario finale delle transazioni ed effettivo titolare di bitcoin acquistati non da lui ma dagli exchanger stranieri. Infatti, solo le complesse e successive indagini di polizia giudiziaria hanno permesso di risalire all'indagato. 

Secondo i giudici di Roma, non sarebbe ostativa all’integrazione del delitto di autoriciclaggio l'intervenuta tracciabilità delle operazioni di trasferimento delle utilità provenienti dal delitto presupposto, per effetto delle attività di indagine della Polizia giudiziaria. L’idoneità della condotta ad ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa, infatti, dovrebbe valutarsi ex antesulla base di un giudizio prognostico a base parziale. Tale conclusione è, invero, ovvia: se così non fosse (e cioè la si valutasse ex post) si perverrebbe all’inaccettabile soluzione di relativizzare la configurazione del reato alle contingenze del caso concreto, generando inaccettabili esiti sia in bonam che in malam partem15.

5.2. La condotta di re-investimento

Come già illustrato supra, il ricorrente ravvisava manifesta illogicità della motivazione, asserendo che «con l'acquisto di bitcoin non si pone in essere alcuna attività di produzione o di scambio di beni; allo stesso tempo non si realizza alcuna fornitura di servizi, specie di natura finanziaria». Secondo il ricorrente, infatti, il Tribunale avrebbe interpretato il dato non correttamente.

Richiamandosi a quanto già sottolineato in ordine alla concreta idoneità della condotta del ricorrente ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei proventi utilizzati per l'acquisto di bitcoin tramite società estere, la Suprema Corte ha puntualizzato che «il reato di autoriciclaggio prevede, tra le condotte punibili, anche il "trasferimento" del bene di provenienza illecita, nel caso in esame costituito dal danaro contenuto nelle carte Postepay utilizzate per effettuare i bonifici all’estero17», nel caso di specie compiuta dal ricorrente mediante società estere di cambio valuta (da Euro a bitcoin). Attraverso siffatte operazioni di cambio, gli Euro di provenienza illecita venivano prima immessi nel circuito economico-finanziario e poi cambiati per l'acquisto di valuta virtuale.

Secondo la Corte, infatti, le operazioni di cambio valuta avrebbero spiccato carattere finanziario, tanto da imporre all’intermediario di cambio l’iscrizione in appositi registri, ex art. 155, co. 5 del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (Testo Unico delle Leggi in materia bancaria e creditizia).

Tale sussunzione ha permesso ai Giudici della Cassazione di inscrivere la condotta del ricorrente tra quelle punite dalla norma incriminatrice contestatagli e, quindi, di ritenere del tutto irrilevante la verifica sui successivi impieghi dei bitcoin infine ottenuti dal ricorrente, essendo stato il reato di autoriciclaggio già integrato dalla preliminare operazione di cambio della valuta a mezzo di società estere.


Note e riferimenti bibliografici

1 Il valore della capitalizzazione di mercato totale può essere consultato su www.coingecko.com.

2 Per meglio approfondire il concetto di criptovaluta quale strumento finanziario, si veda: F. CONSULICH, Nella wunderkammer del legislatore penale contemporaneo: monete virtuali che causano danni reali, in Diritto Penale e Processo, 2022, 28, 2, 153 ss.

3 Cass. Pen. Sez. 2, n. 2868 del 25 Gennaio 2022.

4 Cass. Sez. 2, n. 2868 del 25 Gennaio 2022.

5 Dall’inglese, ossia “gettone”.

6 R. BATTAGLINI - M.T. GIORDANO, Blockchain e Smart Contract, Milano, 2019. I maggiori benefici apportati dall'accoppiata Blockchain - Smart Contract sono l'automatizzazione e la certezza giuridica dell'esecuzione di obbligazioni contrattuali visibili a tutti i partecipanti della rete e non solo alle parti coinvolte; la trasparenza delle obbligazioni contrattuali e dei loro risultati e risvolti visibili a tutti i partecipanti della blockchain; l'immutabilità delle transazioni registrate e, quindi, l'impossibilità di modificare o annullare il contratto, salvo nei casi in cui sia la stessa blockchain a cancellarli; la possibilità di trovare un accordo in assenza di fiducia.

8 M. CHIERICI, Contratto di Blockchain as a Service: fondamenti teorici di una nuova prassi commerciale, in I Contratti, 2022, 2, 197, il quale osserva: «hanno adottato definizioni simili, all'uopo vedasi il Decreto Delegato n. 37 del 27 febbraio 2019 "un Registro Distribuito composto da blocchi di transazioni validate e confermate, organizzati in una catena sequenziale alla quale possono essere solamente aggiunti nuovi blocchi attraverso l'impiego di connessioni basate su funzioni crittografiche di hash o tecnologie equivalenti progettato per essere in grado di resistere alle manomissioni e di fornire un archivio immutabile delle transazioni ivi registrate"»

9 Il cui testo aggiornato è consultabile all'indirizzo: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/02/12/19A00934/sg.

10 M. CHIERICI, ibid. Per approfondire: M. CIAN, La criptovaluta - alle radici dell'idea giuridica di denaro attraverso la tecnologia: spunti preliminari, in Banca, borsa, tit. cred., 2019, I, 315 ss.

11 R. GIOVAGNOLI, Manuale di diritto penale, parte speciale, Itaedizioni, Torino, 2019.

12 R. GIOVAGNOLI, Ibid, p. 651.

13 Cass. Pen. Sez. 2, n. 36121 del 24 Maggio 2019.

14 Cass. Pen. Sez. 2, n. 2868 del 25 Gennaio 2022.

15 Si rifletta: valutando il reato ex post (cioè, attraverso la valutazione di tutte le circostanze del caso concreto) non si andrà a valutare l’astratta idoneità del fatto ad integrare il delitto di autoriciclaggio, ma l’idoneità delle circostanze naturali (anche quelle non conosciute dall’agente o per lo stesso imprevedibili) ad escluderlo. Così che, ad esempio, escluderebbe il delitto (anche tentato) l’involontario svolgimento delle operazioni senza copertura crittografica.

17 Cass. Sez. 2, n. 2868 del 25 Gennaio 2022.

Bibliografia: 

R. BATTAGLINI - M.T. GIORDANO, Blockchain e Smart Contract, Milano, 2019;

M. CHIERICI, Contratto di Blockchain as a Service: fondamenti teorici di una nuova prassi commerciale, in I Contratti, 2022, 2, 197;

M. CIAN, La criptovaluta - alle radici dell'idea giuridica di denaro attraverso la tecnologia: spunti preliminari, in Banca, borsa, tit. cred., 2019, I, 315 ss;

F. CONSULICH, Nella wunderkammer del legislatore penale contemporaneo: monete virtuali che causano danni reali, in Diritto Penale e Processo, 2022;

R. GIOVAGNOLI, Manuale di diritto penale, parte speciale,  Itaedizioni, Torino, 2019.