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Pubbl. Ven, 25 Nov 2022

Considerazioni sulle criticità dei provvedimenti autorizzatori in tema di rinnovabili e dello stato dell´arte

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Mario Del Gaudio



Il presente contributo analizza lo stato degli iter autorizzatori, alla crescente domanda da rinnovabili, evidenziando i tratti critici legati alla loro realizzazione, ovvero di una stratificazione normativa, di una carente multilevel governance e del ruolo svolto dalle soprintendenze e dai comitati.


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Considerations on the criticalities of the authorization measures regarding renewables and the state of the art

This contribution analyzes the state of the authorization procedures, the growing demand for renewables, highlighting the critical traits linked to their implementation, that is, a regulatory stratification, a lack of multilevel governance and the role played by superintendencies and committees.

Sommario: 1. Premessa; 2. Le criticità dei procedimenti autorizzatori; 3. Gli obblighi Europei in tema di Rinnovabili; 4. Il rapporto di Legambiente sulle Rinnovabili; 5. Gli interventi di riforma; 6. L'opposizione delle soprintendenze e i comitati NIMBY e NIMTO; 7. Conclusioni.

1. Premessa

Il percorso nei meandri degli iter autorizzatori ha palesato la realizzazione ad opera del nostro decisore politico su influenza di quello Europeo, di una serie di strumenti, volti a rendere maggiormente bilanciata la forte domanda di celerità e chiarezza nell’adempimento delle domande burocratiche, giacché lo stallo derivante da una ramificata stratificazione normativa, ha disorientato l’interprete finale con incapacità di provvedere agli oneri.

La ratio semplificatoria intrisa nelle direttrici normative dell’AIA e dell’AUA da parte del legislatore interno, era di dover rispondere non solo alla tutela dell’interesse ambientale, ma anche ad evitare di dare vita ad un fardello per l’esercente privato, in ossequio ai principi prossimi amministrativi, di responsabilità, unicità dell’amministrazione, di omogeneità la cui inosservanza come spesso è ormai risaputo, viola anche i principi di efficienza ed economicità.

Il cor della questione velata è la collocazione delle funzioni amministrative, la cui competenza dettata dai decreti legislativi, Bassanini e il prevalente principio di sussidiarietà hanno traslato la maggior parte delle funzioni di diritto ambientale, dapprima rientranti allo Stato agli enti subordinati i quali assorbono maggior peso. Il lascito di competenza statale riguarda ad horas i provvedimenti di tipo generale o tecnico, i provvedimenti di ridotta capacità come quelli della VIA, valutazione di impatto ambientale, e di AIA, autorizzazione integrata ambientale per determinati impianti.

Difatti, il peso della funzione amministrativa ambientale, nell’intento del legislatore era di una redistribuzione verso gli enti minori, il cui risvolto in realtà è stato assai limitato rispetto all’impianto originario, attuando una trasposizione verso gli enti regionali e provinciali, ma non a quelli comunali, le cui competenze ambientali sono ridotte all’osso. Si pensi al controllo degli scarichi nelle fognature ormai appartenenti al gestore del servizio, e le restanti autorizzazioni da paesaggistiche ad inquinamento sonoro. 

Le province, in alcune regioni per l’AIA, e per l’AUA e addirittura della VIA, sono le autorità procedenti, svolgendo non solo funzioni di controllo e di vigilanza, ma anche una moltitudine di altre fattispecie, espressione dei principi di sussidiarietà, adeguatezza etc. Come anche autorevole dottrina fa notare, a queste ultime dopo la legge n. 56 del 2014, (Del rio), incombono una massa enorme di leggi regionali, aventi ad oggetto il governo del territorio, e le altre funzioni di programmazione, dimostrando ancora una volta di non ottenere nulla di concreto seppur parlando di semplificazione delle procedure in sé, non si interviene in primis sulle competenze territoriali.[1]

2. Le criticità dei procedimenti autorizzatori

Il sistema delle competenze di tipo ambientale che si erge al lettore, è sicuramente confusionario, pluricentrico e disomogeneo, con l’attribuzione a diversi enti, di funzioni relazionate tra di loro, o dalla creazione di enti ambientali sovrapposti. Da tale quadro complesso sono evidenti le singole, settorializzate iniziative di razionalizzazione e coordinamento, potremmo dire semplificazione procedimentale, le quali da sole hanno cercato di risolvere le difficoltà di coordinamento.[2] 

Se consideriamo i campanelli di allarme della crisi energetica, e l’indirizzo intrapreso nei decreti semplificazione, emerge ad oggi una dinamicità della materia procedimentale ambientale, costantemente riformata più volte negli ultimi tempi per far fronte alle annose problematiche e agli stalli in cui i procedimenti di VIA, sono messi al palo. Dalle valutazioni in primis sottoposte alle riforme dei decreti-legge semplificazioni la cui ratio si esprime nel realizzare il Recovery Fund, le maggiori novità hanno interessato quei provvedimenti relazionati allo sviluppo delle procedure per le rinnovabili.

PAU e PAUR, provvedimento autorizzatorio unico e provvedimento autorizzatorio unico regionale, gli istituti maggiormente intrapresi dagli operatori per smorzare l’effetto stallo delle diverse autorizzazioni in campo di rinnovabili, hanno visto affiancarsi due innovazioni, principalmente per il provvedimento autorizzatorio unico regionale. La prima riferita ad una nuova fase preliminare, l’altra di recente emessa, ad un procedimento accelerato.

Ma la corsa verso la semplificazione dei procedimenti in relazione alle sfide energetiche è sufficiente, o poteva farsi di più in tema anche di rinnovabili?

3. Gli obblighi Europei in tema di Rinnovabili

Rispondere a questo interrogativo presuppone avere dei dati alla mano, per verificare quanto sia stato efficace l’intervento dei d.l. semplificazioni. Data anche la velocità con cui vengono emessi nuovi decreti-legge, ci soffermeremo sulle note delle recenti relazioni ambientali e dei casi emersi, anche perché sicuramente nella maratona semplificatoria come visto, non possono negarsi lacune. In particolare, dobbiamo, fare una precisazione.

L’obbiettivo fissato dalla Commissione Europea è contenuto nella direttiva n. 2018/2001[3] denominata “RED-II”, sostituendo la direttiva “RED I[4]”,  recepita con d.lgs. n.199 del 8 dicembre 2021, la quale ha disposto che gli Stati membri nella promozione delle energie rinnovabili si adoperino per aumentare la quota di energie rinnovabili al 30%,  dunque circa 70 GW, calcolati in 7 GW all’anno sino al 2030, con una riduzione al 55% percento delle emissioni.[5] Agli attuali tempi di espletamento delle autorizzazioni il risultato sarà raggiungo nel 2100, visto che la potenza annua installata sinora si aggiudica sui 0,8 GW all’anno.

La responsabilità dei ritardi?

Come facilmente intuibile, sono i vincoli legati alle FER, (fonti energia rinnovabili), ad arrestare il conseguimento delle energie, in un universo fatto di stalli alle procedure di VIA, contenziosi tra istituzioni etc. Le procedure riservate alle FER, sono distinte per potenza, che investite dai decreti semplificazioni hanno posto in essere una procedura a due velocità, ma in base al complesso di norme che forniscono il sostrato della regolamentazione delle procedure autorizzatorie, delineano un quadro non semplice, nemmeno per lo scrivente consultando l’apposito sito web del GSE, (gestore servizi energetici).

Innanzitutto, nella giungla di norme, quella di maggior importanza a noi fondamentale, è data dal d.lgs. n.387/2003, e dalle linee guida del 10 settembre del 2010, emanate con decreto del Ministero dell’Ambiente, ora MITE e dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, adottate per il comma 10 dell’art.12 del medesimo decreto, modificato dai d.lgs. n.28/2011 e 2009/28CE[6].

Queste normative prevedono una procedura differenziata in base al tipo di potenza dell’impianto, nonostante la sua efficacia ormai obsoleta, ricollegandoci alla direttiva del 2018, contiene moltissime contraddizioni e indirizzi, a partire dall’autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate.

Ma si fa presente che tale disciplina riferendosi all’installazione di impianti alimentati da rinnovabili è oggetto di prescrizioni in base al tipo di fonte rinnovabile e dalle scelte delle singole regioni, che possono disciplinare alcuni aspetti del procedimento allargando il problema delle tempistiche.

4. Il rapporto Legambiente sulle Rinnovabili

Un prezioso contributo, emerge dal rapporto di Legambiente denominato “Scacco matto alle Rinnovabili[7]”, in cui è descritto lo stato attuale dalla condizione burocratica per l’assolvimento delle procedure autorizzatorie, e dal quale si colgono spunti riflessivi e dati sui cui si paventa il rischio concreto di non raggiungere appieno gli obbiettivi di riduzione delle emissioni al 2030, fissati nella copertura delle rinnovabili al 72% per la parte elettrica. 

Il tempo si sa è prezioso, sia nel tamponare gli effetti distruttivi del cambiamento climatico sia per le opportunità da cogliere nel Green Deal, e difatti le fattispecie autorizzatorie sono state nel corso degli ultimi mesi, sottoposte a un lifting poderoso, ma il vero problema è la criticità sottesa agli enti sottoposti alle procedure; dunque, pur semplificando ogni tentativo attuato può essere vanificato.

In prima battuta facendo un riepilogo delle autorizzazioni richieste dal GSE, per l’installazione di impianti di FER, a livello nazionale vi sono: AU[8], autorizzazione unica, applicata a quegli impianti che superano le soglie di potenza e svolta attraverso un procedimento unico, con la conferenza di servizi di tutte le amministrazioni interessate, della durata di novanta giorni.

La competenza spetta alle Regioni e alle province, ma se è anche da svolgere la Valutazione di impatto ambientale, si adopera il PAUR, come a noi conosciuto che in casi di provvedimenti riguardanti fonti da eolico, la conferenza di servizi assume i connotati di un campo da battaglia, ove a farla da padrona sono soprattutto le soprintendenze, le quali ergono muri a tali tipi di impianti.

La PAS[9], procedura abilitativa semplificata, per quei tipi di impianti con potenza inferiore dell’AU, e la cui competenza è del Comune: l’istanza va fatta nel termine di trenta giorni con la documentazione progettuale compatibile con i regolamenti urbanistici. Il carattere fortemente semplificatorio è attuato mediante il meccanismo del silenzio assenso, allo scadere dei trenta giorni.

Infine, la comunicazione al comune per i piccoli impianti, ad horas ridotti ancora di più gli oneri, facendo sì che l’installazione rientri nella manutenzione ordinaria.

5. Gli interventi di riforma

Visto il fattore tempo, che scandisce velocemente le lancette della transizione energetica e la crisi dovuta al conflitto bellico Russo-Ucraino, che potrebbe mettere a rischio le forniture nell’intera UE, la risposta dell’Italia, già avvenuta con i decreti sviscerati, ha continuato il suo percorso di semplificazione prendendo corpo con i denominati decreto bollette, decreto energia, decreto aiuti etc. , il cui comun denominatore è semplificare per liberalizzare l’utilizzo delle energie rinnovabili in ogni dove evitando di rimanere in condizioni di gap energetico.

La mission del governo italiano, sul fronte rinnovabili si è espressa inizialmente nel d.l. n. 76/2020[10], in cui l’art. 50, ha introdotto importanti rettifiche sia in relazione sia alla fase endoprocedimentale, sia di verifica di assoggettabilità, che in ordine alla procedura amministrativa di VIA piena.

Il d.l. n. 77/2021[11], semplificazioni bis, ha accelerato per il solare fotovoltaico, con l’art. 31, che ha modificato l’articolo 6 comma 9-bis, del d.lgs. 28/2011[12], stabilendo che la  costruzione e l’esercizio di impianti di potenza sino a 20 MW ubicati presso aree a destinazione industriale, produttiva o commerciale nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento, per i quali l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione abbia attestato l’avvenuto completamento delle attività di recupero e di ripristino ambientale previste nel titolo autorizzatorio nel rispetto delle norme regionali vigenti, si applicano le disposizioni in materia di PAS (Procedura Abilitativa Semplificata).

Nella medesima occasione il cd. Decreto Semplificazioni-bis ha previsto, per la procedura di verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale di cui all’articolo 19, il parametro di potenza elevato a 10 MW purché il proponente alleghi alla dichiarazione una autodichiarazione dalla quale risulti che l’impianto non si trova all’interno di aree inidonee, ex.art.6 comma 9 bis ultimo periodo.

L’acuirsi del conflitto bellico ha visto essere emanato il d.l. 1° marzo 2022 n. 17 cd. Decreto Bollette, convertito con modificazioni nella l. 34/2022, intervenendo sull’articolo 6 del d.lgs. 28/2011, il quale ha elevato da 10 MW a 20 MW la soglia riservata per la procedura di verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale.

Con il d.l. 17 marzo 2022, n.21, all'articolo 7-quater, “la procedura di valutazione di impatto ambientale dei progetti di impianti fotovoltaici con potenza superiore a 10 MW, le cui istanze siano state presentate alla regione competente prima del 31 luglio 2021, rimangono in capo alle medesime regioni anche nel caso in cui, nel corso del procedimento di valutazione regionale, il progetto subisca modifiche sostanziali.”[13]

Infine, nel d.l. 17 maggio 2022 n. 50 (cd. Decreto Aiuti), convertito con modificazioni nella l. 15 luglio 2022, n. 91[14], sono presenti due innovazioni riguardanti la VIA. In tema di gas, l’art. 5 ha sancito l’esenzione dalla procedura di valutazione di impatto ambientale di unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione da allacciare alla rete. In relazione all’autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili del d.lgs. n. 387/2003, l’art.7 statuisce che ai progetti assoggettati a VIA nazionale, sui quali si esprime il Consiglio dei ministri, le disposizioni, sostituiscono il provvedimento di VIA che confluisce nel procedimento autorizzatorio unico.[15] Tali interventi apporteranno i risultati sperati di una riduzione dei tempi?

Spostandoci sulla relazione, sono completamente differenti le competenze, sia per l’autorizzazione unica, ove vi sono dodici Regioni che possiedono la piena capacità delle funzioni autorizzatorie, quattro quelle che attribuiscono alla Regione e alla Provincia i poteri in esame, e tre esclusivamente alla Provincia.

Questa dispersione delle competenze legittima le Regioni, le quali in virtù della propria discrezionalità, possono ampliare la lista di progetti sottoposti alle diverse valutazioni, infatti per gli impianti eolici ed idroelettrici di potenza superiore a 30 MW, sottolinea il rapporto di Legambiente, è prevista la VIA statale ma l’iter appartiene alla Regione.

Il nocciolo della questione è che le Regioni hanno infatti, la facoltà di delegare le valutazioni alle province, bipartendo le competenze e aumentando il caos tra esclusiva funzione amministrativa regionale, e funzione regionale e provinciale.

6. L’opposizione delle soprintendenze e i comitati NIMBY e NIMTO

Il primo dato che emerge e che fa riflettere, si trova nel ruolo delle amministrazioni, da una parte per il disordine e l’incertezza normativa, dall’altra parte per la compressione delle decisioni regionali emesse da fonti legislative che riducono quella nazionale, con un effetto boomerang a capo del proponente, costituendo il rallentamento nell’iter autorizzatorio.

Non è l’unica criticità per la quale, il nostro legislatore ben poteva anche occuparsi di una codificazione ad hoc per le rinnovabili come suggerito dal rapporto, operando attraverso una revisione delle linee guida e stabilendo il ruolo di ciascun ente in modo da garantire una correlazione degli strumenti di partecipazione del pubblico così da evitare l’annosa questione “not in my backyard”, di progetti decisi all’oscuro. 

Il consociato potrebbe così comprendere la non pericolosità su base scientifica, con gli strumenti della tutela ambientale come la VIS, valutazione impatto sanitario. Il problema è che tale monito rischia di cadere nel vuoto come tanti appelli, ma non è l'unica difficoltà. L'altro impedimento riguarda il ruolo delle soprintendenze, le quali boicottano qualsiasi iniziativa in un’epoca scandita da rincorse e obbiettivi da centrare, rallentando di molto lo sviluppo delle FER.

La giurisprudenza, nel merito, ha stigmatizzato l’atteggiamento ostacolante delle soprintendenze, le quali, nel tentativo di salvaguardare il paesaggio, rendono l’iter autorizzatorio, già di per sé una corsa ad ostacoli, un vicolo cieco. Il Consiglio di Stato, nel 9 giugno 2020 con sentenza n. 3969[16], ha legato le maglie alle soprintendenze richiedendo a queste una motivazione stringente perché si possa opporre il diniego di compatibilità, ribaltando la decisione di prima facie del TAR, che aveva ammesso la motivazione dell’ente, e negando dunque per il privato la possibilità di installare l’impianto fotovoltaico.

I giudici di Palazzo Spada hanno così sancito: “La Soprintendenza, nelle proprie valutazioni sugli interventi edilizi, non possa limitarsi una generica minor fruibilità del paesaggio sotto il profilo del decremento della sua dimensione estetica”, ovvero, “l’oggettività del novum sul paesaggio preesistente, posto che in tal modo ogni nuova opera, in quanto corpo estraneo rispetto al preesistente quadro paesaggistico, sarebbe di per sé non autorizzabile”.

Dunque la soprintendenza deve ponderare in maniera rigorosa gli  interessi coinvolti, nel caso di impianti fotovoltaici: “l’opera progettata o realizzata dal privato ha una espressa qualificazione legale in termini di opera di pubblica utilità, soggetta fra l’altro a finanziamenti agevolati, non può ridursi all’esame dell’ordinaria contrapposizione interesse pubblico e interesse privato, che connota generalmente il tema della compatibilità paesaggistica negli ordinari interventi edilizi, ma impone una valutazione più analitica che si faccia carico di esaminare la complessità degli interessi coinvolti.”

La decisione del Consiglio di Stato è ricca di spunti riflessivi e dell’affermazione in sede giurisdizionale dei principi fondanti la materia ambientale connotata dai doveri di solidarietà ovvero la pietra miliare delle azioni umane, lo sviluppo sostenibile. Espressa è la considerazione del valore paesaggistico indirettamente anche egli protetto dalle energie rinnovabili, il cui aspetto estetico assolve ad una giustificazione oggettivamente fallace.

Dal rapporto di Legambiente, sopracitato, si evidenzia non solo dunque il ritardo per opera della burocrazia, ma anche dei comitati NIMBY, “not in my backyard”, o NIMTO, “not in my office”, trattandosi ovviamente di due locuzioni che rappresentano i blocchi di opposizione alla realizzazione delle FER, nelle diverse aree del Bel Paese, con nessuna possibilità di dialogo.

Per i primi si tratta di gruppi di cittadini contrari alle opere “decise nel palazzo e calate dall’alto”, senza venir esautorata nessun tipo di consultazione pubblica ex ante; i secondi, potremmo definirli i “facinorosi colletti bianchi”, o meglio quei gruppi dirigenti, contrari alle opere che potrebbero minare il consenso elettorale durante il loro mandato.

Questa assurda circostanza, rileva il rapporto, fa registrare a 133 gli impianti di energie rinnovabili, sotto lo stop dei comitati, i quali vanno dall’impianto eolico off-shore di Rimini, a quello del Sulcis, in Sicilia e via dicendo. La motivazione che accomuna l’opposizione all’avvio degli impianti sono gli ingombri paesaggistici, considerati invasivi e addirittura nocivi per la pesca.

Insomma, una situazione, dalla quale il conflitto e il no a prescindere dovrebbe essere smosso dal dialogo ambo le parti, come la direttrice Europea ha scandito dalla Convenzione di Arhus, e soprattutto dallo sviluppo sostenibile come valore fondante l’azione ambientale. Ma si sa di fronte a scelte poderose e progressiste, la consapevolezza ambientale non è appresa fino in fondo.

7. Conclusioni

Se volessimo porre un giudizio sull’attività del nostro legislatore, sarebbe sicuramente positivo, per l’attenzione posta costantemente alla questione burocratica, con la riduzione dei tempi e una forte spinta acceleratoria. Ciò nonostante, l’architettura delle funzioni governative a partire dal basso, è considerevolmente formata da sacche di resistenza interna ai procedimenti amministrativi, dovute principalmente al disordine di una stratificazione normativa e di regolamenti che operano una revisione dei precedenti per attualizzarli.

La risposta alla crescente domanda da rinnovabili potrebbe essere attuata, attraverso una regolamentazione dei rapporti tra enti, ed una specifica codificazione integrata riservata alle FER con tempi certi e giusti. Il conto alla rovescia è già iniziato da tempo, procrastinare e limitarsi a interventi emergenziali da tampone, non risolverà l’emorragia climatica.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Ferrara r. Politiche ambientali e sistema delle semplificazioni amministrative: verso quali scenari  Rivista giuridica dell'urbanistica, 2014, n. 3/4, MAGGIOLI, parte I, p. 368.

[2] Renna M., L’allocazione delle funzioni normative e amministrative, tratto da Diritto dell’ambiente, G. Rossi, parte seconda cap. III pag. 163 e seguenti, Giappichelli 2018.

[3] Direttiva (UE) 2018/2001 del parlamento e del consiglio dell'11 dicembre 2018 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. www.eur-lex.europa.eu

[4] Direttiva del Parlamento Europeo e del 23 aprile 2009 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE.

[5] Legambiente, rapporto “Scacco matto alle rinnovabili: Tutta la burocrazia che blocca lo sviluppo delle rinnovabili favorendo gas e finte soluzioni.” Premessa. 14 gennaio 2022. www.legambiente.it

[6] Caruso G.M., Fonti energetiche rinnovabili, pag.471, tratto da Diritto dell’ambiente, G. Rossi, parte terza cap. IV pag. 163 e seguenti, Giappichelli 2018.

[7] Segue, Legambiente, rapporto “Scacco matto alle rinnovabili: Tutta la burocrazia che blocca lo sviluppo delle rinnovabili favorendo gas e finte soluzioni.” 

[8] Ex.art.12 d.lgs. 2003 n. “La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, ivi inclusi gli interventi, anche consistenti in demolizione di manufatti o in interventi di ripristino ambientale, occorrenti per la riqualificazione delle aree di insediamento degli impianti, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, ovvero, per impianti con potenza termica installata pari o superiore ai 300 MW, dal Ministero dello sviluppo economico, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico.” Come si può notare la potenza è aumentata a 300 MW rispetto alla prima normazione, il cui riferimento era assente. Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità.
(G.U. n. 25 del 31 gennaio 2004 - s.o. n. 17)

[9] Procedura Abilitativa Semplificata (PAS) - è la procedura introdotta dal D.Lgs. 28/2011 in sostituzione della Denuncia di Inizio Attività (DIA).

[10] Ex. art. 50, Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale.

Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 11 settembre 2020, n. 120. www.gazzettaufficiale.it

[11] Ex.art.31 Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure. Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 29 luglio 2021, n. 108. www.gazzettaufficiale.it

[12] Ex. Art. 6, Procedura abilitativa semplificata e comunicazione per gli impianti alimentati da energia rinnovabile ECRETO LEGISLATIVO 3 marzo 2011, n. 28. Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE. www.gazettaufficiale.it

[13] Camera dei deputati, principali contenuti della direttiva RED-II, camera.it

[14] Ex.art.5, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, recante misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché' in materia di politiche sociali e di crisi ucraina. www.gazzettaufficiale.it

[15] GALOTTO.G. Novità in materia di VIA tra D.L. Semplificazioni-bis, Decreto Bollette e Decreto Aiuti. www.tuttoambiente.it

[16] Consiglio di stato del 9 giugno 2020, richiama espressamente la sentenza Consiglio di Stato Sez. VI n. 1201 del 23 marzo 2016. Beni Ambientali. Autorizzazione paesaggistica e irrilevanza della oggettività del novum sul paesaggio preesistente. www.giustizia-amministraitiva.it