Pubbl. Ven, 7 Ott 2022
Il Tar Lazio sui requisiti necessari per la partecipazione ai Consorzi stabili
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Simona Iachelli
L’articolo analizza la recente sentenza del Tar Lazio, Sez. III, 3 marzo 2022, n. 2571, che ha affermato che l’art. 47, comma 2 del Codice dei contratti pubblici, come modificato dal d.l. n. 32 del 2019, ha sancito il principio secondo cui in caso di partecipazione alla gara di consorzi stabili, è necessaria la verifica della effettiva esistenza, in capo ai singoli consorziati, dei requisiti di capacità tecnica e professionale prescritti dalla lex specialis, ricostituendo l’originaria limitazione del “cumulo alla rinfusa”, alla “disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d´opera, nonché all´organico medio annuo”, i quali sono “computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate.
Sommario: 1. Premessa. 2. La nozione “allargata” di operatore economico: la partecipazione dei consorzi alle gare di appalto. 3. Le varie tipologie di consorzio: la distinzione tra consorzi ordinari e consorzi stabili. 4. I requisiti di partecipazione dei consorzi stabili. 5. Il caso oggetto del giudizio dinanzi al TAR Lazio. 6. La sentenza del TAR Lazio, Sez. III, 3 marzo 2022, n. 2571. 7. Conclusioni.
1. Premessa
La sentenza del TAR Lazio, oggetto di commento, espone in modo sintetico e chiaro, un principio da tempo consolidato nella giurisprudenza e che ha trovato conferma, anche sul piano legislativo, con l'art. 48, co. 2, del codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 50/2016, come modificato dal d.l. n. 32/2019.
La sentenza, proprio per la sua chiarezza e puntualità, offre spunti di riflessione in tema di consorzi stabili, soprattutto per quanto riguarda i requisiti necessari per partecipare alla gara.
2. La nozione “allargata” di operatore economico: la partecipazione dei consorzi alle gare di appalto
L’attuale disciplina dei contratti pubblici, contenuta nel vigente codice (art. 3, co. 1, lett. p), d.lgs. n. 50/2016), offre una nozione allargata di operatore economico, individuato appunto in «una persona fisica o giuridica, un ente pubblico, un raggruppamento di tali persone od enti, compresa qualsiasi associazione temporanea di imprese, un ente senza personalità giuridica, ivi compreso il gruppo europeo di interesse economico (GEIE), costituito ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991 n. 241, che offre nel mercato la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi».
Si tratta di una nozione ampia, che trova le sue radici attuali nell'art. 2, co. 1, n. 10, dir. 2014/24/UE con le precisazioni contenute nei considerando 14 e 15 della stessa direttiva, dove è stabilito che gli operatori economici devono essere in grado di offrire sul mercato la realizzazione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi indipendentemente dalla forma giuridica nella quale hanno scelto di operare, con la sola eccezione di essere obbligati a scegliere una specifica forma giuridica solo quando sia necessaria e solo nel caso che l'aggiudicazione dell'appalto comporti la responsabilità solidale di tutti i partecipanti dei raggruppamenti[1].
L’indifferenza per la forma giuridica è espressione del più generale principio di libera organizzazione dell’attività d’impresa, che, già nel previgente ordinamento, aveva indotto la giurisprudenza europea e, sulle orme di questa, quella interna a includere nella categoria soggetti che, a prescindere dalla forma giuridica assunta, offrano sul mercato la realizzazione di lavori, la prestazione di servizi, la fornitura di prodotti[2].
Alla luce di questa nozione ampia di operatore economico, la dottrina e la giurisprudenza da tempo riconoscono il carattere non tassativo, ma meramente esemplificativo dell’elenco contenuto nell'art. 45 del codice dei contratti, il quale non esclude altre figure anche se non espressamente menzionate.
La norma, infatti, nell’individuare gli operatori economici ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, rinvia all’art. 3, co. 1, lett. p), del codice e, dunque, recepisce una nozione allargata di operatore economico, inteso come qualunque soggetto, persona fisica o giuridica, che, a prescindere dalla veste assunta, offra sul mercato la realizzazione di lavori, la prestazione di servizi e la fornitura di prodotti.
Nell’ambito degli operatori economici individuati dal citato art. 45 rientrano i consorzi che, a vario titolo, sono disciplinati dal nostro ordinamento, ossia:
- i consorzi tra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della L. 25 giugno 1909, n. 422 e del d.gs. C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1577 e successive modificazioni e i consorzi tra imprese artigiane, di cui alla L. 8 agosto 1985, n. 443 (art. 45, comma 2, lett. b);
- i consorzi stabili, costituiti in forma di società consortile ai sensi dell'art. 2615 ter c.c., tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro (art. 45, co. 2, lett. c.);
- i consorzi ordinari di concorrenti, di cui all'art. 2602 c.c., costituiti tra i soggetti di cui alle lett. a), b) e c) del presente comma, anche in forma di società, ai sensi dell'art. 2615 ter c.c.
3. Le varie tipologie di consorzio: la distinzione tra consorzi ordinari e consorzi stabili
In base alla disciplina civilistica, il consorzio è un’organizzazione unitaria e comune, realizzata da più imprenditori, per disciplinare o svolgere una specifica fase delle rispettive imprese. Esso è definito dal legislatore come il contratto tra imprenditori che esercitano la stessa attività economica o attività connesse, avente ad oggetto la disciplina delle attività stesse mediante un'organizzazione comune.
Il Codice civile prevede due tipologie di consorzi: i consorzi con attività interna e i consorzi con attività esterna. I primi hanno una funzione puramente interna, in quanto si limitano a coordinare l’azione dei consorziati; i secondi, invece, entrano anche in rapporti con i terzi. In quest’ultimo caso, il consorzio è dotato di un autonomo fondo, denominato “fondo consortile”, che costituisce patrimonio autonomo destinato alla realizzazione dello scopo istituzionale del consorzio.
Possono appartenere tanto alla prima quanto alla seconda tipologia di organizzazione i consorzi ordinari di cui all’art. 2602 ss. c.c.
Si tratta di un'aggregazione di operatori economici, la cui costituzione corrisponde all'esigenza di consentire, grazie alla sommatoria di requisiti posseduti dalle singole imprese, la partecipazione a procedure di gara a imprese che, prese singolarmente, non avrebbero i requisiti richiesti e, comunque, a dare ad esse maggiori chance competitive[3.
Essi hanno, nell’ambito della disciplina dei contratti pubblici, una regolamentazione coincidente con quella prevista per i raggruppamenti temporanei di imprese, dai quali, però, differiscono, in quanto i consorzi ordinari hanno una propria soggettività giuridica: essi, infatti, rientrano nello schema dei contratti associativi, caratterizzati dalla circostanza che la volontà delle parti è preordinata alla costituzione di un soggetto differente dalle parti stesse dotato di una propria autonomia patrimoniale[4].
Il Consiglio di Stato ha chiarito che il consorzio ordinario di cui agli artt. 2602 ss. c.c., pur essendo un autonomo centro di rapporti giuridici, non comporta l’assorbimento delle aziende consorziate in un organismo unitario costituente un’impresa collettiva, né esercita autonomamente e direttamente attività imprenditoriale, ma si limita a disciplinare e coordinare, attraverso un’organizzazione comune, le azioni degli imprenditori riuniti[5].
Nel consorzio con attività esterna la struttura organizzativa provvede all’espletamento in comune di una o alcune funzioni (ad esempio, l’acquisto di beni strumentali o di materie prime, la distribuzione, la pubblicità, etc.), ma nemmeno in tale ipotesi il consorzio, nella sua disciplina civilistica, è dotato di una propria realtà aziendale. Ne discende che, ai fini della disciplina in materia di contratti pubblici, il consorzio ordinario è considerato un soggetto con identità plurisoggettiva, che opera in qualità di mandatario delle imprese della compagine. Esso prende necessariamente parte alla gara per tutte le consorziate e si qualifica attraverso di esse, in quanto le stesse, nell’ipotesi di aggiudicazione, eseguiranno il servizio, rimanendo esclusa la possibilità di partecipare solo per conto di alcune associate6].
Diversa natura e differente funzione hanno invece i consorzi stabili, figura introdotta nel nostro ordinamento dalla l. quadro 11 febbraio 1994, n. 109 per sopperire ad esigenze derivate dall'appalto di lavori pubblici, ma poi, in un secondo tempo, estesa ai settori dei servizi e delle forniture (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163).
I consorzi stabili rappresentano un’autonoma figura negoziale riconducibile allo schema dei contratti associativi caratterizzati da una struttura imprenditoriale capace di operare in modo continuativo nel settore dei contratti pubblici.
Ai sensi dell’art. 45, co. 2, lett. c), codice contratti, il consorzio stabile può essere costituito da imprenditori individuali, anche artigiani, dalle società commerciali e dalle società cooperative di produzione e lavoro.
In particolare, perché un consorzio sia qualificabile come stabile, è necessario che concorrano le seguenti condizioni: non meno di tre consorziati; l’impegno, assunto con una valida decisione degli organi deliberativi, ad operare in modo congiunto nel settore degli appalti di lavori, servizi e forniture per un periodo non inferiore a cinque anni; l’istituzione di una comune struttura d’impresa richiesti.
Il riferimento alla “comune struttura di impresa” contenuto nel nuovo, come nell’abrogato codice conferma che il tratto caratterizzante i consorzi stabili è l’esistenza di un’azienda consortile, intesa nel senso civilistico di “complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”[7].
È evidente la diversa e opposta configurazione dei consorzi stabili rispetto ai consorzi ordinari: diversamente da quest’ultimi, infatti, la figura in esame è un’impresa collettiva, che, oltre a presentare una propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale, rimane distinta e autonoma rispetto alle aziende dei singoli imprenditori ed è strutturata, quale azienda consortile, per eseguire, anche in proprio (ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate), le prestazioni affidate a mezzo del contratto[8].
In altri termini, i consorzi stabili sono dotati di un’autonoma struttura d’impresa che consente al consorzio di eseguire direttamente i lavori affidati, senza doversi necessariamente avvalere delle strutture delle imprese consorziate.
Il successo dei consorzi stabili è dovuto alla funzione dell’istituto che garantisce, al pari dei raggruppamenti di imprese, la possibilità che più imprese integrino e completino i propri requisiti aumentando la propria capacità concorrenziale sul mercato[9].
La Corte di giustizia e la giurisprudenza ammettono la partecipazione alla gara sia del consorzio stabile sia le imprese consorziate, a condizione che quest’ultime non siano state designate dal consorzio stabile per l’esecuzione del contratto[10].
4. I requisiti di partecipazione dei consorzi stabili
Ai fini della partecipazione alle gare di appalto, l'ordinamento ha sempre richiesto, a partire dal regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato (r.d. n. 827/1924), il possesso di requisiti di carattere generale[11].
Oggi il sistema è disciplinato dall'art. 80 del vigente codice dei contratti pubblici, che esclude dalla partecipazione a qualsiasi procedura di appalto o di concessione quegli operatori economici che si siano resi colpevoli di gravi infrazioni, sia di carattere penale, sia per violazione di obblighi fiscali o previdenziali o di gravi illeciti professionali, da tale norma specificatamente elencati.
La ratio della norma risiede nell'esigenza di verificare l'affidabilità complessivamente considerata dell'operatore economico, che contratta con la P.A. per evitare, a tutela del buon andamento dell'azione amministrativa, che quest'ultima entri in contatto con soggetti privi di affidabilità morale e professionale[12].
Il possesso dei predetti requisiti di carattere generale ha natura cogente, per cui non potrebbe essere ignorato, escluso o attenuato dalla stazione appaltante, perché la sua ratio tende a garantire alle stesse stazioni appaltanti e più in generale al sistema dei contratti pubblici uno status di qualità morali delle imprese partecipanti.
Per quanto riguarda, poi, i gruppi collettivi, tra i quali i consorzi stabili, i requisiti generali di moralità debbono essere posseduti non solo dall'ente collettivo, ma anche dai singoli consorziati, perché altrimenti il consorzio potrebbe diventare uno schermo di copertura, consentendo la partecipazione di consorziati privi dei necessari requisiti[13].
Relativamente al possesso dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria, l’art. 47, co. 2, d.lgs. n. 50/2016, nella versione anteriore alle modifiche apportate dal d.l. n. 32/2019, prevedeva il meccanismo del c.d. “cumulo alla rinfusa”, in base al quale la qualificazione del consorzio è la sommatoria della qualificazione dei consorziati, riferito a tutti i requisiti di ordine speciale.
Il testo originario della norma sanciva che «I consorzi di cui agli articoli 45, comma 2, lettera c), e 46, comma 1, lettera f), al fine della qualificazione, possono utilizzare sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto. Con le linee guida dell’ANAC di cui all’articolo 84, comma 2, sono stabiliti, ai fini della qualificazione, i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni».
I consorzi stabili, quindi, ai fini della qualificazione, potevano utilizzare sia i requisiti maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate, designate per l'esecuzione delle prestazioni, mentre per utilizzare i requisiti delle imprese non designate dovevano ricorrere all'istituto di avvalimento.
Oggi lo scenario giuridico è rimodulato, poiché nell’attuale versione dell’art. 47 codice dei contratti – introdotta dall’art. 1, co. 20, lett. l), n. 1, d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 giugno 2019, n. 55 – il c.d. “cumulo alla rinfusa” riguarda solamente i requisiti di ordine speciale della disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché dell’organico annuo.
5. Il caso oggetto del giudizio dinanzi al TAR Lazio
La vicenda oggetto della pronuncia in commento riguarda un appalto di servizi di pulizia inizialmente aggiudicato ad un concorrente costituito in forma di consorzio stabile e, poi, allo stesso revocato in ragione del mancato possesso di un requisito di partecipazione prescritto dalla legge di gara, in capo alla consorziata designata per l’esecuzione totalitaria dei servizi.
Nello specifico, il bando di gara prescriveva, tra i requisiti di partecipazione di capacità professionale e tecnica, che le imprese partecipanti dovessero possedere una determinata certificazione di qualità, il cui perimetro doveva includere le attività oggetto dell’appalto.
Con riferimento al consorzio stabile, la lex specialis richiedeva che tale certificazione doveva essere prodotta non solo dal consorzio ma anche da ciascuno dei consorziati per conto dei quali il consorzio partecipava alla gara.
Una volta riscontrata la mancanza della certificazione in capo alla consorziata esecutrice dell’appalto, la Stazione appaltante revocava l’aggiudicazione disposta in favore del consorzio stabile e provvedeva ad aggiudicare la gara al concorrente classificato secondo in graduatoria.
A seguito dell’esclusione dall’esecuzione dell’appalto, il consorzio stabile così escluso ha proposto ricorso al TAR Lazio, sostenendo l’illegittimità del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione sulla base dei seguenti rilievi:
- i requisiti contestati alla consorziata non sarebbero stati requisiti di partecipazione alla gara ma, al contrario, mere certificazioni di qualità richieste – non a pena di esclusione– in seno all’offerta tecnica, e quindi, criteri di valutazione della componente tecnica dell’offerta e non elementi qualificabili come requisiti da possedere ai fini dell’amissione alla gara;
- i requisiti contestati, ancorché non posseduti dalla consorziata, erano in ogni caso posseduti dal consorzio in proprio, sicché avrebbero dovuto essere considerati sussistenti in ragione del principio del “cumulo alla rinfusa”, in tal modo consentendo l’esecuzione diretta dell’appalto da parte del medesimo consorzio anche in virtù della disponibilità dallo stesso manifestata.
6. La sentenza del TAR Lazio, Sez. III, 3 marzo 2022, n. 2571
Con riguardo al primo rilievo formulato dal consorzio stabile ricorrente, con il quale è stata contestato che il possesso delle certificazioni in esame potesse rilevare ai fini della partecipazione alla gara, il TAR ha evocato la distinzione, operante nel settore degli appalti pubblici, tra requisiti di partecipazione e criteri di attribuzione dei punteggi per la componente tecnica dell’offerta.
Il giudice di primo grado, nel richiamare la giurisprudenza costante, ha affermato che il divieto di commistione fra i criteri soggettivi di prequalificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta ai fini dell’aggiudicazione costituisce un principio generale regolatore delle gare pubbliche.
In base a tale principio, il possesso di determinati livelli di esperienza, modulati a seconda dell’oggetto dell’appalto e degli obiettivi perseguiti con esso dalla Stazione appaltante «devono costituire requisiti di capacità tecnica e non possono essere inclusi nei criteri di valutazione delle offerte» (in tal senso, TAR Lazio - Roma, Sez. III, 3 dicembre 2018, n. 11691).
Il fondamento del principio in esame risiede sia «nell'esigenza di aprire il mercato premiando le offerte più competitive ove presentate da imprese comunque affidabili, unitamente al canone di par condicio che osta ad asimmetrie pregiudiziali di tipo meramente soggettivo» sia «nel bisogno di tenere separati i requisiti richiesti per la partecipazione alla gara da quelli che invece attengono all'offerta e all'aggiudicazione» (in tal senso: TAR Lazio – Roma, Sez. III , 7 febbraio 2011, n. 1128; TAR Campania – Napoli, Sez. VIII, 10 febbraio 2011, n. 825;, Cons. St., Sez. V, 14 ottobre 2008, n. 4971; Cons. St., Sez. VI , 4 ottobre 2011, n. 5434).
Il TAR evidenzia il carattere relativo di tale divieto, il quale incontra delle eccezioni, «limitatamente ai criteri valutativi di tipo oggettivo, quali le caratteristiche organizzative del concorrente sotto il profilo ambientale, della tutela dei lavoratori e delle popolazioni interessate, i quali possono costituire criteri di valutazione» (in tal senso, TAR Lombardia – Milano , Sez. IV , 23 ottobre 2019, n. 2214) o all’ipotesi in cui «gli aspetti organizzativi ossia in ultima analisi i requisiti soggettivi dell’impresa concorrente, non siano apprezzati in modo autonomo, avulso dal contesto dell’offerta, ma quale elemento idoneo ad incidere sulle modalità esecutive del servizio specifico e, quindi, quale parametro afferente alle caratteristiche oggettive dell’offerta, il principio non risulta violato» (in tal senso, Cons. St., Sez., VI, 15 dicembre 2010, n. 8933).
il TAR ha disatteso la censura articolata dal consorzio stabile ricorrente, ritenendo che, nel caso di specie, la certificazione di qualità di cui era risultata carente la consorziata designata per l’esecuzione del servizio non era contemplata quale fattore generatore di punteggio ma solo quale requisito di partecipazione di capacità professionale e tecnica che le imprese partecipanti dovevano possedere già al momento della presentazione dell’offerta.
Con il secondo rilievo, il consorzio stabile ricorrente ha lamentato l’omessa applicazione al caso di specie del principio del “cumulo alla rinfusa”, atteso che i requisiti contestati, ancorché non posseduti dalla consorziata designata per l’esecuzione del servizio, erano in ogni caso posseduti dal consorzio in proprio, sicché avrebbero dovuto essere considerati sussistenti.
Il TAR ha ritenuto non condivisibile tale rilievo sulla base del testo dell’art. 47, co. 2, del d.lgs. n. 50/2016 come modificato dal d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 giugno 2019, n. 55 (c.d. Decreto Sblocca cantieri), applicabile al momento della gara per in questione, secondo cui “i consorzi stabili di cui agli articoli 45, comma 2, lettera c), e 46, comma 1, lettera f), eseguono le prestazioni o con la propria struttura o tramite i consorziati indicati in sede di gara senza che ciò costituisca subappalto”, stabilendo altresì che “la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata, a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati”.
Tale disposizione ha, quindi, sancito il principio secondo cui, in caso di partecipazione alla gara di consorzi stabili, è necessaria la verifica della effettiva esistenza in capo ai singoli consorziati, dei requisiti di capacità tecnica e professionale prescritti dalla lex specialis, in tal modo ricostituendo l’originaria limitazione del “cumulo alla rinfusa”, alla sola “disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo”, i quali sono “computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate” (in tal senso, Cons. Stato, ad. plen., 18 marzo 2021 n. 5; TAR Lazio – Roma, Sez. I bis, 7 dicembre 2020, n. 13049).
Alla luce di tali considerazioni, il TAR ha stabilito che, nel caso in esame, non giovava comunque al consorzio ricorrente l’invocata applicazione del cumulo alla rinfusa, come ripristinato con limitazione alle attrezzature e mezzi d’opera e all’organico, che sono ex art. 1 co.20, lett. l), n. 1 del d.l. n. 32/2019, elementi computati al consorzio cumulativamente sebbene posseduti dalle singole imprese, considerato che difettavano in ogni caso in capo alla consorziata designata per l’esecuzione del servizio i requisiti di capacità minimi di partecipazione alla gara costituiti dalle certificazioni.
7. Conclusioni
La sentenza in commento fornisce l’occasione per analizzare la natura e le funzioni dell’istituto dei consorzi, mediante il confronto tra la disciplina privatistica, contenuta nel Codice civile, e la disciplina pubblicistica in materia di contratti pubblici.
Il punto focale di questa pronuncia sta nel fatto che il TAR, in linea di continuità con la giurisprudenza consolidata, ha ribadito il principio secondo cui, in caso di partecipazione alla gara di consorzi stabili, è necessaria la verifica della effettiva esistenza, in capo ai singoli consorziati, dei requisiti di capacità tecnica e professionale prescritti dalla lex specialis.
Tale principio si ricava, oggi, dall’attuale versione dell’art. 47, co. 2, del vigente codice dei contratti pubblici, il quale limita il meccanismo del c.d. “cumulo alla rinfusa” ai requisiti di ordine speciale della disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché dell’organico annuo.
[1] S. USAI, La partecipazione delle fondazioni alle gare d'appalto, in Urb. e Appalti, 2009, 11, 1321; G. FERRARO, La nozione di "operatore economico" nelle gare d'appalto, in Urb. e Appalti, 2007, 8, 943.
[2] Corte giust. UE, sentenza del 23 dicembre 2009, causa C-305/08, CONSIMA, punto 35, in www.eur-lex.europa.eu; Corte giust. UE, sentenza dell'11 giugno 2020, C-219/19, Parsec, www.eur-lex.europa.eu; Cons. St. ad. plen., 9 luglio 2020, n. 13 in www.eius.it.
[3] M. GIOVANNELLI, Contratti pubblici – Partecipazione dei consorzi alle gare di appalto: requisiti richiesti in capo ai consorziati, in Giur. It., 2021, 5, 1182.
[4] M. FRATINI, Manuale sistematico di diritto amministrativo, Roma, 2020, 897 ss.
[5] Cons. St., Sez. V, 6 ottobre 2015, n. 4652, in www.giustizia-amministrativa.it.
[6] A. GIACALONE, A. PELOSO I requisiti dei consorzi stabili e l’avvalimento “di riserva” di matrice pretoria, in Urb. e Appalti, 2021, 4, 528.
[7] R. GRECO, Codice degli appalti pubblici, in Garofoli-Ferrari (a cura di), Roma, 2011, p. 398 ss.
[8] A. GIACALONE, A. PELOSO, cit.
[9] M. CORRADINO, D. GALLI, D. GENTILE, M.C. LENOCI, C. MALINCONICO, I contratti pubblici, Ipsoa, 2017, 445 ss.
[10] Corte giust. UE, sentenza 23 dicembre 2009, causa C-376/08, in www.eur-lex.europa.eu.
[11] A. CIANFLONE, G. GIOVANNINI, V. LOPILATO, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 2018, I, 599 ss.
[12] Cons. St., Sez. V, 14 dicembre 2018, n. 7056 in www.giustizia-amministrativa.it.
[13] Cons. St. ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8 in www.giustizia-amministrativa.it.