Osservatorio sull´esecuzione forzata civile. Aprile/Giugno 2022
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Andrea Greco

Osservatorio trimestrale sull’esecuzione forzata civile relativo alle principali sentenze emesse dalla Corte di Cassazione in tema di esecuzione forzata civile. Aprile – Giugno 2022

Quarterly focus on main sentences issued by the Court of Cassation on private enforcement subject: April – June 2022
Quarterly focus on main sentences issued by the Court of Cassation on private enforcement subject – April – June 2022Sommario: 1) Processo esecutivo – Opposizione agli atti esecutivi. Esecuzione dei confronti di un singolo condomino di un titolo esecutivo di natura giudiziale ottenuto nei confronti dell’ente di gestione. Necessità di previa notifica del titolo.; Cass. Civ., Sez. III, Ord. del 27 giugno 2022 (ud. 21 aprile 2022) n. 20590 – Pres. Rubino – Rel. Rossi; 2) Processo esecutivo. Esecuzione immobiliare – Natura sostanziale del termine di versamento del saldo prezzo. Inapplicabilità della sospensione feriale dei termini. Cass. Civ. Sez. III, 8 giugno 2022 (ud. 15 febbraio 2022), n. 18421. Pres. Vivaldi – Rel. Sajia – P.M. Soldi; 3) Altre pronunce in rassegna.
SENTENZE IN PRIMO PIANO
1) Processo esecutivo – Opposizione agli atti esecutivi. Esecuzione dei confronti di un condomino di un titolo esecutivo di natura giudiziale ottenuto nei confronti dell’ente di gestione. Necessità di previa notifica del titolo..
Cass. Civ., Sez. III, Ord. del 27 giugno 2022 (ud. 21 aprile 2022) n. 20590 – Pres. Rubino – Rel. Rossi.
(Omissis)
FATTI DI CAUSA
1. In forza di sentenza del Tribunale di Catania recante condanna al pagamento di somme del Condominio dell'edificio sito in (Omissis), G.A. intimò precetto di pagamento a A.F., nella qualità di condomina del predetto condominio.
2. L'opposizione spiegata dall'intimata, argomentata – per quanto qui interessa – sull'omessa preventiva notificazione del titolo esecutivo nei suoi confronti, è stata disattesa, previa espressa qualificazione come opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., dal Tribunale etneo con la sentenza in epigrafe indicata. In particolare, il giudice di prossimità ha ritenuto che l'omessa notificazione della sentenza azionata alla condomina A. destinataria del precetto (fatto pacifico) non cagionasse alcuna lesione del diritto di difesa di quest'ultima, "tenuto conto che gli estremi del titolo sono stati specificamente riportati nell'atto di precetto opposto e che l'opponente fosse a conoscenza dell'esistenza dello stesso, così come può evincersi dalle convocazioni assembleari in atti".
3. Ricorre per cassazione A.F., articolando due motivi; ritualmente intimato, G.A. non espleta attività difensiva in questo grado di giudizio
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Con il primo motivo, per violazione e falsa applicazione dell'art. 479 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, num. 3, si assume che l'omessa (previa o contestuale) notificazione al singolo condomino del titolo esecutivo reso nei confronti dell'ente condominiale non sia surrogabile dalla mera conoscenza dell'esistenza del titolo aliunde acquisito ed importi la nullità dell'atto di precetto.
5. La censura è fondata. Il provvedimento giudiziale di condanna dell'ente condominiale al pagamento di somme di denaro legittima il creditore ad esperire l'azione esecutiva ultra partes, cioè a dire anche in danno dei singoli partecipanti al condominio non direttamente destinatari del titolo, obbligati nei limiti delle rispettive quote millesimali di proprietà (così, sulle orme di Cass., Sez. U, 08/04/1998, n. 9148, di recente Cass. 29/09/2017, n. 22856). Secondo il fermo convincimento di questa Corte, tuttavia, in caso di titolo esecutivo giudiziale, formatosi nei riguardi dell'ente di gestione ed azionato nei confronti del singolo condomino quale obbligato pro quota, la notifica del precetto al singolo condomino, ex art. 479 c.p.c., non può prescindere dalla notificazione, preventiva o contestuale, del titolo emesso nei confronti del soggetto collettivo (e tanto anche qualora si tratti di decreto ingiuntivo, non essendo applicabile l'art. 654 c.p.c.: ex plurimis, Cass. 29/03/2017, n. 8150; Cass. 30/11/2012, n. 1289; Cass. 11/11/2011, n. 23693).
Ed invero "detta notificazione è necessaria qualora si intenda agire contro il singolo condomino, non indicato nel titolo, responsabile pro quota della obbligazione a carico del condominio" (così Cass. n. 8150 del 2017, cit.): il condomino minacciato dell'esecuzione forzata deve essere previamente edotto dell'esistenza (e del concreto contenuto) di una pretesa sostanziale diretta personalmente nei suoi confronti, al fine di poter eventualmente procedere allo spontaneo adempimento di quanto dovuto ovvero alle opportune contestazioni circa il proprio status di partecipe al condomino oppure circa la sua responsabilità per quella specifica obbligazione condominiale. Per le illustrate ragioni, la notifica personale del titolo esecutivo al singolo condomino non può essere surrogata dalla notifica dello stesso al condominio (siccome ente munito di soggettività giuridica propria e distinta da quella dei singoli partecipanti, seppur non dotato di autonomia patrimoniale perfetta) né tampoco – come erroneamente opinato dal giudice territoriale – dalla conoscenza di fatto, aliunde acquisita, dell'esistenza di una statuizione di condanna dell'ente, la quale – a tacer d'altro – non esplicita una volontà del creditore di escutere il patrimonio individuale del condomino.
L'omessa notifica del titolo in forma esecutiva determina poi una irregolarità formale, da denunciare nelle forme e nei termini di cui all'art. 617, comma 1, c.p.c., senza che sia necessario allegare e dimostrare la sussistenza di alcun diverso ed ulteriore specifico pregiudizio oltre a quello insito nel mancato rispetto delle predette formalità (da ultimo, Cass. 09/11/2021, n. 32838).
6. L'accoglimento del primo motivo comporta l'assorbimento della seconda doglianza (denunciante vizi motivazionali della pronuncia) e conduce alla cassazione della sentenza impugnata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con l'accoglimento dell'opposizione agli atti esecutivi proposta dalla A. e la declaratoria di nullità del precetto opposto.
7. Alla statuizione adottata consegue la nuova regolamentazione delle spese processuali dell'intero giudizio, informata al principio della soccombenza ed operata secondo tariffa, come in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l'opposizione agli atti esecutivi proposta da A.F.. Condanna G.A. alla refusione delle spese di lite dell'intero giudizio in favore di A.F., liquidate, per l'unico grado di merito, in Euro 2.400 per compensi, oltre al rimborso spese generali ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge, e per il giudizio di legittimità, in Euro 2.000 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile il 21 aprile 2022. Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2022.
Il principio di diritto: Il titolo esecutivo giudiziale ottenuto nei confronti del condominio legittima il creditore ad esperire l’azione esecutiva anche in danno dei singoli partecipanti all’ente di gestione non direttamente destinatari del titolo seppur nei limiti delle rispettive quote millesimali di proprietà ma è sempre necessaria la notificazione preventiva o contestuale del titolo emesso nei confronti del soggetto collettivo e ciò anche qualora si tratti di decreto ingiuntivo non trovando applicazione il disposto dell’art. 654 c.p.c.).
Il caso ed il processo: Un creditore notificava atto di precetto nei confronti di un singolo condomino in forza di un titolo esecutivo di natura giudiziale ottenuto nei confronti dell’ente di gestione per debiti da quest’ultimo contratti. Avverso detta intimazione veniva quindi spiegata opposizione nella quale la parte intimata lamentava la mancata notifica nei propri confronti del titolo giudiziale ottenuto nei confronti del condominio. Il Tribunale adito rigettava tuttavia l’opposizione ritenendo che la condotta non cagionasse alcuna lesione del diritto di difesa della parte "tenuto conto che gli estremi del titolo sono stati specificamente riportati nell'atto di precetto opposto e che l'opponente fosse a conoscenza dell'esistenza dello stesso, così come può evincersi dalle convocazioni assembleari in atti". Avverso detta sentenza l’intimato ricorreva per Cassazione.
La soluzione resa dalla Corte: la Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato. Ed infatti, pur premettendo che il titolo esecutivo giudiziale acquisito nei confronti del condominio quale “ente di gestione” legittimi il creditore “ad esperire l’azione esecutiva ultra partes, cioè a dire anche in danno dei singoli partecipanti al condominio non direttamente destinatari del titolo, obbligati nei limiti delle rispettive quote millesimali di proprietà”, la Suprema Corte ha precisato che non si possa comunque prescindere dalla notificazione “preventiva o contestuale del titolo emesso nei confronti del soggetto collettivo (e tanto anche qualora si tratti di decreto ingiuntivo non essendo applicabile l’art. 654 c.p.c.)” e ciò anche qualora risulti provata la conoscenza aliunde acquisita di un provvedimento di condanna del condominio (ad esempio attraverso la menzione della sentenza di condanna in assemblea di condominio).
Gli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali sul tema
Sui limiti della responsabilità patrimoniale del singolo condomino per le obbligazioni assunte dal condominio si veda Cass. Civ. Sez. III del 29 settembre 2017 n. 22856 secondo la quale “l'esecuzione nei confronti di un singolo condomino, sulla base di titolo esecutivo ottenuto nei confronti del condominio, per le obbligazioni contratte dall'amministratore, può avere luogo esclusivamente nei limiti della quota millesimale dello stesso, sicché, ove il creditore ne ometta la specificazione ovvero proceda per il totale dell'importo portato dal titolo, l'esecutato può proporre opposizione all'esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c., deducendo di non essere affatto condomino o contestando la misura della quota allegata dal creditore: nel primo caso, l'onere di provare il fatto costitutivo di detta qualità spetta al creditore procedente ed in mancanza il precetto deve essere dichiaro inefficace per l'intero, mentre, nel secondo caso, è lo stesso opponente a dover dimostrare l'effettiva misura della propria quota condominiale, ai fini della declaratoria di inefficacia dell'atto di precetto per l'eccedenza, ed in mancanza l'opposizione non può essere accolta”. In dottrina, L.Buonanno, Comunione e Condominio “obbligazioni parziarie dei condomini e ragioni creditorie dei terzi”, in La nuova giurisprudenza civile commentata, n. 3, 1 marzo 2018, p. 217.
Sulla necessità di notificare anche al singolo condomino il titolo ottenuto nei confronti del condominio, si veda Cass. Civ., Sez. VI - 3, Ordinanza 29 marzo 2017, n. 8150 secondo la quale “in tema di procedimento di esecuzione, ove il titolo esecutivo giudiziale si sia formato nei confronti del condominio, il creditore che intenda procedere nei confronti del singolo condomino quale obbligato "pro quota" deve preventivamente notificare a quest'ultimo il titolo esecutivo ed il precetto”.
Sul rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi nell’ipotesi di mancata o irregolare notifica del titolo esecutivo si veda Cass. Civ., Sez. VI - 3, Ordinanza del 31 ottobre 2013, n. 24662 secondo la quale “Il processo esecutivo, che sia iniziato senza essere preceduto dalla notificazione o dalla valida notificazione del titolo esecutivo e/o dell'atto di precetto, è viziato da invalidità formale, che può essere fatta valere con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi, da proporsi, ai sensi dell'art. 617 cod. proc. civ., nel termine, oggi, di venti giorni, decorrente dal primo atto del processo esecutivo del quale si sia avuta legale conoscenza. (Nella specie, i debitori esecutati avevano denunciato l'omessa notificazione, nei loro confronti, del titolo esecutivo, costituito da un decreto di trasferimento con cui si ordinava il rilascio dell'immobile dagli stessi detenuto; la S.C., in applicazione del principio di cui alla massima, ha confermato la decisione della corte territoriale che, negando che l'iniziativa dei debitori integrasse un'opposizione all'esecuzione, aveva ritenuto inammissibile l'appello, motivato sull'erroneo presupposto dell'operatività dell'art. 616 cod. proc. civ., nel testo - anteriore alle modifiche apportate dall'art. 14 della legge 24 febbraio 2006, n. 52 - astrattamente applicabile "ratione temporis" alla presente fattispecie)” e, in tempi più recenti, Cass. Civ., Sez. VI – 3, Ord. 21 gennaio 2021 n. 1096.
Sull’istituto dell’opposizione agli atti esecutivi si veda, in generale, anche A.M.Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, Milano 2019.
2) Processo esecutivo. Esecuzione immobiliare – Natura sostanziale del termine di versamento del saldo prezzo. Inapplicabilità della sospensione feriale dei termini. Cass. Civ. Sez. III, 8 giugno 2022 (ud. 15 febbraio 2022), n. 18421. Pres. Vivaldi – Rel. Sajia – P.M. Soldi
(Omissis)
RITENUTO IN FATTO
I coniugi M.L. e V.G., con ricorso del 21.1.2018, proposero opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. avverso il decreto di trasferimento emesso dal giudice dell'esecuzione del Tribunale di Pavia in data 1.12.2018, con cui l'immobile oggetto della procedura esecutiva a loro carico era stato trasferito in favore dell'aggiudicataria, A.S..
Dedussero gli opponenti la tardività del versamento del saldo del prezzo, avvenuto in data 1.12.2017, mediante stipula di atto di mutuo con pagamento diretto in favore della procedura e contestuale emissione del decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c., mentre nell'avviso di vendita emesso dal notaio delegato il detto termine era stato fissato nel 17.11.2017.
Il giudice dell'esecuzione, nel contraddittorio con tutti i creditori e con l'aggiudicataria, respinse l'istanza di sospensione con ordinanza riservata del 14.2.2018, assegnando il termine per l'introduzione del giudizio di merito. Osservò il giudice che, a prescindere da quanto di diverso potesse evincersi dal tenore dell'avviso di vendita, il termine in questione doveva considerarsi soggetto, ex lege, alla sospensione feriale dei termini ai sensi della L. n. 742 del 1969, sicché il versamento era da ritenere tempestivo, non dovendo in esso computarsi il periodo dal 1 al 31 agosto.
Introdotto il giudizio di merito dagli opponenti e costituitesi la sola (Omissis) S.p.a., quale procuratore speciale di Cassa di Risparmio (Omissis) S.p.a., nonché l'originaria creditrice procedente Cassa Rurale e Artigiana di (Omissis) S.c.a.r.l. l'adito Tribunale pavese, con sentenza del 17.12.2018, previa declaratoria di riconoscimento della legittimazione attiva in capo alla sola M. (il V. frattanto essendo stato dichiarato fallito con sentenza del 27.06.2017, rigettò l'opposizione, ritenendo: a) tempestivo il versamento al lume della natura processuale del relativo termine, con conseguente applicabilità della L. n. 742 del 1969; b) la natura suppletiva della circolare emanata dal Tribunale di Pavia in data 5.7.2017, con cui - diversamente da quanto previsto da precedente circolare – era stata affermata, in relazione a tutte le vendite forzate già disposte, la natura processuale del termine per il versamento del prezzo e, quindi, la necessità di non tener conto del periodo feriale, in cui doveva ritenersi operante la sospensione ex lege; infine, c) la carenza di interesse ad agire da parte della stessa M., non avendo ella chiarito quale fosse il concreto pregiudizio patito per effetto della denunciata violazione.
Avverso detta sentenza ricorre ora per cassazione M.L., affidandosi a tre motivi, cui resiste (Omissis) S.p.a. n. q. con controricorso, proponendo anche ricorso incidentale, affidato ad un solo motivo, resistito dalla M. con controricorso.
Entrambe le parti suddette hanno depositato memoria, mentre gli altri intimati non hanno svolto difese. Il P.G. ha rassegnato anche conclusioni scritte e, nel corso dell'udienza di discussione, ha ribadito la richiesta di rigetto di entrambi i ricorsi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
RICORSO PRINCIPALE.
1.1 - Con il primo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 152 e 153 c.p.c. in relazione agli artt. 569, 571, 576 e 587 c.p.c., evidentemente in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
La ricorrente si duole della decisione impugnata, nella parte in cui non ha ritenuto perentorio il termine del 17.11.2017, nonostante il chiaro significato letterale dell'avviso di vendita, che – in conformità all'ordinanza di delega – ricomprendeva il periodo feriale nel relativo computo; il Tribunale non ha dunque considerato quell'insegnamento giurisprudenziale che attribuisce all'ordinanza di vendita la natura di lex specialis del subprocedimento liquidatorio.
Inoltre, la ricorrente censura la decisione laddove si attribuisce al termine natura processuale, con conseguente assoggettamento alla sospensione feriale dei termini, non tenendosi così anzitutto conto del principio secondo cui la disciplina legislativa diviene parte del regime proprio del subprocedimento solo ove espressamente richiamata dall'ordinanza, ovvero imposta da una fondata impugnazione; ancora, si ritiene non pertinente il richiamo operato dal Tribunale al principio affermato da Cass. n. 12004/2012, che non ha disconosciuto il carattere sostanziale del termine stesso, non avendo peraltro l'aggiudicataria mai chiesto al giudice dell'esecuzione l'assegnazione di un nuovo termine, ove mai una tale istanza avesse potuto accogliersi.
1.2 - Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 490, 570 e 576 c.p.c.
Il Tribunale ha infatti ritenuto che la modifica delle condizioni generali di vendita, disposte con circolare del 5.7.2017, fosse del tutto idonea ad informare tutti i potenziali interessati, essendo stata pubblicizzata con le forme allora in uso presso l'Ufficio. Al contrario, sostiene la ricorrente che detta circolare venne comunicata ai soli consigli degli ordini professionali; ciò, all'evidenza, per far sì che i professionisti delegati, riguardo alle vendite non ancora fissate, si adeguassero alle nuove determinazioni dell'Ufficio, giacché in caso contrario la circolare stessa avrebbe dovuto essere pubblicizzata nelle forme di cui all'art. 490 c.p.c.
1.3 - Con il terzo motivo, infine, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 115 c.p.c., in relazione agli artt. 571, 572 e 587 c.p.c., giacché il Tribunale – nel consentire all'aggiudicataria di versare il prezzo in un maggior termine – ha finito con l'alterare le regole di partecipazione alla gara, il che costituisce di per sé pregiudizio per essa debitrice esecutata, che comunque, nell'anelare all'annullamento del decreto di trasferimento, manifestò il proprio interesse a riportare l'aggiudicazione nel solco dei principi di uguaglianza, trasparenza e affidamento.
A nulla vale, secondo la ricorrente, che il prezzo sia stato poi versato, benché tardivamente, perché in ogni caso la platea dei potenziali interessati è stata tratta in inganno circa il ferreo rispetto delle regole preindicate, non potendo escludersi che uno o più tra gli stessi avessero deciso di rinunciare alla partecipazione, stanti le difficoltà di ottenere un mutuo in un lasso temporale intervallato dal periodo feriale.
RICORSO INCIDENTALE.
1.4 - Con l'unico motivo, (Omissis) denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 591-bis c.p.c., nonché omessa ed insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamentando l'erroneità della sentenza nella parte in cui non è stata accolta l'eccezione di tardività, da essa sollevata. Infatti, contrariamente a quanto opinato dal giudice di merito, il dies a quo per la proposizione dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. non va individuato nella data dell'irrituale deposito, da parte del notaio delegato, di un atto denominato "attestazione di avvenuto pagamento" (il che sarebbe avvenuto il 19.1.2018), bensì in quella del deposito del decreto di trasferimento, eseguito il 1.12.2017. Inoltre, si censura la motivazione della decisione impugnata, per non aver adeguatamente valutato ed interpretato nel suo significato letterale il decreto di trasferimento e l'attestazione di avvenuto pagamento.
2.1 - Preliminarmente, deve esaminarsi il ricorso incidentale, per ragioni di pregiudizialità logico-giuridica, e con esso l'afferente eccezione di inammissibilità sollevata dalla M. nel proprio controricorso. Detta eccezione, di stampo stereotipato e quindi generico, è comunque infondata, giacché la censura sollevata da (Omissis) n.q. è sufficientemente specifica e pertinente, con essa svolgendosi una chiara critica alla decisione del giudice del merito circa la ritenuta tempestività dell'opposizione agli atti esecutivi: infatti, (Omissis) ha (anche) denunciato, in modo indiscutibile, un presunto error in iudicando (de iure procedendo) nella individuazione del dies a quo, come meglio si dirà di seguito.
2.2 - Ciò posto, il mezzo in esame consta in realtà di due profili di censura, l'uno infondato e l'altro inammissibile (sotto diversa prospettiva, rispetto a quella sollevata dalla ricorrente principale). Quanto al primo, concernente la pretesa erronea individuazione del dies a quo, si osserva che il Tribunale, quanto alla tempestività dell'opposizione, ha correttamente ritenuto infondata l'eccezione di (Omissis) n.q. (salvo quanto infra), facendo applicazione dei consolidati principi, più volte affermati da questa Corte di legittimità, secondo cui il termine di venti giorni ex art. 617 c.p.c. decorre dalla conoscenza legale o di fatto dell'atto impugnato, e non già dalla data di deposito del provvedimento del giudice (ex multis, Cass. n. 27533/2014; Cass. n. 13043/2018; Cass. n. 89/2021; con specifico riferimento al decreto di trasferimento, si vedano in particolare Cass. n. 7708/2014 e Cass. n. 11729/2017, relative però al caso del c.d. aliud pro alio, in cui il dies a quo va individuato nel momento di effettiva conoscenza dei vizi - lato sensu intesi - del bene acquistato), peraltro evidenziando che nessuna norma prevede che lo stesso decreto di trasferimento debba essere comunicato alle parti (da ultimo, sul punto, si veda Cass., Sez. Un., n. 28387/2020, in motivazione, ove si richiama Cass. n. 17460/2007, nonché Cass. 19968/2005).
In proposito, il Tribunale ha anche rilevato che – non avendo gli opposti saputo indicare una diversa data di decorrenza – il dies a quo deve individuarsi nel 19.1.2018, data di inserimento nel fascicolo d'ufficio, da parte del notaio delegato, del documento denominato "attestazione di avvenuto pagamento", in cui si esplicitava che lo stesso era stato eseguito mediante atto di mutuo rogato in data 1.12.2017, donde la tempestività dell'opposizione, proposta – appena due giorni dopo il detto inserimento – con ricorso del 21.1.2018. Ora, escluso che il termine iniziale possa individuarsi, di per sé, nella data di versamento del prezzo a mani del professionista delegato (atteso che la relativa ricezione, con conseguente attestazione in vece del cancelliere, ex art. 591- bis, comma 4, c.p.c., nulla aggiunge sotto il profilo conoscitivo degli interessati), né tantomeno nella data di deposito del decreto di trasferimento (nella specie, in entrambi i casi, nel 1.12.2017), o ancora nella data di trascrizione del decreto nei RR.II., come da ultimo pretenderebbe la ricorrente incidentale (in memoria), attesa la funzione di pubblicità dichiarativa dell'adempimento (e a parte la novità dell'allegazione), va pure escluso che esso possa risalire all'inserimento del documento suddetto nel fascicolo d'ufficio da parte del delegato, come pure sostenuto dalla ricorrente principale e ritenuto dal giudice del merito, anche se il finale giudizio sulla tempestività dell'opposizione, come si vedrà, non è destinato a mutare. Infatti, occorre rilevare come, in data 16.1.2018, venne effettuato un accesso al fascicolo telematico da parte del legale degli opponenti (doc. 2 allegato al controricorso al ricorso incidentale), sicché è da tale data che può desumersi la piena conoscenza, da parte degli stessi, dell'avvenuto deposito del decreto di trasferimento, anche ai fini della tempestività dell'opposizione.
Non rileva, infatti, che detta conoscenza abbia potuto arrestarsi alla notizia del mero deposito del provvedimento, più che estendersi al suo specifico contenuto, come pure sostenuto nel controricorso dalla M., perché una volta appreso della pubblicazione stessa, discende per la parte interessata un preciso onere di diligenza, volto all'acquisizione e alla verifica di ogni profilo idoneo ad incidere sulla propria posizione processuale (si vedano, in proposito, Cass. n. 5172/2018 e Cass. n. 15193/2018, secondo cui è sufficiente, ai fini del decorso del termine di venti giorni ex art. 617 c.p.c., la mera conoscenza del dispositivo del provvedimento potenzialmente pregiudizievole, acquisita a seguito di comunicazione della cancelleria, seppur incompleta, per riguardare essa il solo dispositivo e non anche la motivazione): in altre parole, dalla acquisita certezza dell'avvenuto deposito del decreto di trasferimento discende un onere di verifica e controllo del suo contenuto da parte degli interessati, e segnatamente del debitore, sicché eventuali vizi del provvedimento stesso non possono che farsi valere, ai sensi dell'art. 617 c.p.c., entro venti giorni dal momento in cui detta conoscenza venne conseguita. Né del resto, per rimanere al caso di specie, può dirsi che la motivazione del decreto di trasferimento non consentisse di acquisire ogni necessaria informazione circa la tempestività o meno del versamento, giacché - come risulta dallo stralcio riportato nel controricorso M., - in esso si dava atto che il pagamento del saldo prezzo era avvenuto "mediante mutuo concesso con atto a rogito Notaio Dott.ssa D.G.M. di Pavia in data odierna...", ossia in data 1.12.2017. In definitiva, l'opposizione per cui è causa è da considerarsi comunque tempestiva, perché proposta ampiamente entro il termine di legge (ossia, in data 21.1.2018), cursore dal 16.1.2018; il primo profilo del mezzo in esame è dunque rigettato.
2.3 - Il secondo profilo del mezzo è invece inammissibile, perché proposto ai sensi del previgente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, benché formalmente (Omissis) abbia fatto riferimento all'ipotesi di cui al n. 4 della disposizione citata.
È noto, infatti, che a seguito della novella apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. in L. n. 134 del 2012, il relativo vizio denunciabile consiste nell'omesso esame di un fatto decisivo della controversia, oggetto di discussione tra le parti; invece, non è più proponibile il vizio motivazionale sub specie dell'omissione, dell'insufficienza o della mera contraddittorietà, occorrendo – ove si intenda denunciare un deficit motivazionale – ascendere al superiore piano del "minimo costituzionale", per non rispettare eventualmente la sentenza impugnata i dettami di cui all'art. 111, comma 6, Cost. (v., per tutte, la nota Cass., Sez. Un., n. 8053/2014), vizio che "si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e graficò, nella ‘motivazione apparente”, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza della motivazione". Pertanto, il vizio motivazionale oggi denunciabile, quale error in procedendo, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, deve necessariamente attingere al superiore piano costituzionale, ciò che è certamente da escludere nel caso che occupa, in cui si discetta genericamente ed indistintamente di una "mera" omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione; non senza dire che la censura non coglie comunque nel segno, giacché per lo stesso giudice del merito è inequivoco - contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente incidentale - che il prezzo sia stato versato in data 1.12.2017.
3.1 - Venendo all'esame del ricorso principale, il primo motivo è fondato, seppur in forza di argomenti anche parzialmente diversi da quelli offerti da M.L..
Del resto, è noto che questa Corte di legittimità ben può accogliere il ricorso per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dal ricorrente, sempre che essa sia fondata sui fatti come prospettati dalle parti (da ultimo, Cass. n. 18775/2017; Cass. n. 20994/2018; Cass. n. 2811/2020; Cass. n. 5611/2021; Cass. n. 26991/2021) e sul punto non si sia formato il giudicato interno (Cass. n. 4272/2021). Ora, nel motivare il rigetto dell'opposizione in parola, essenzialmente basata sulla questione del divieto di mutamento delle regole della vendita in corso d'opera (giacché l'avviso di vendita emesso dal notaio delegato in data 8.5.2017, recependo le indicazioni all'epoca in auge presso il Tribunale pavese, escludeva testualmente che il termine del versamento del prezzo restasse sospeso nel periodo feriale, mentre con successiva Circolare del 5.7.2017 – posteriore alla pubblicazione dell'avviso, avvenuta il 15.5.2017 – s'era adottata, in via generale, l'opposta soluzione, poi applicata dal giudice dell'esecuzione nella vicenda che occupa), il giudice del merito ha osservato che la sospensione del termine stesso discende direttamente dall'applicazione della L. n. 742 del 1969, a prescindere da ogni diversa previsione contenuta nel bando di vendita, in ciò richiamando l'insegnamento di Cass. n. 12004/2012, secondo cui "... il termine per il versamento del prezzo, di cui agli artt. 576 n. 7 e art. 585 c.p.c., comma 1, si inserisce nel procedimento di vendita coattiva e deve considerarsi di natura processuale, in quanto prodromico al trasferimento dell'immobile e, quindi, alla definitiva attribuzione del bene, essendo diretto a concludere una fase esecutiva; ne consegue la soggezione alla sospensione feriale dei termini, ai sensi del L. n.742 del 7 ottobre 1969, art. 1", nonché della più risalente Cass. n. 420/1987, relativa però all'ipotesi dell'aumento del sesto, ex art. 584 c.p.c. all'epoca vigente.
Al riguardo, la M., col mezzo in esame, muove nella sostanza dall'assunto per cui le disposizioni dettate nell'ordinanza di vendita, quale lex specialis del subprocedimento liquidatorio, debbano prevalere in ogni caso, quand'anche difformi dalla disciplina normativa, che ne diviene parte solo se e quando da essa richiamata (si invoca, in proposito, l'insegnamento di Cass. n. 24570/2018).
Sicché – prosegue la ricorrente principale – posto che l'avviso del notaio delegato riportava chiaramente l'avvertenza per cui il termine per il versamento del saldo prezzo ricomprendeva anche il periodo feriale, e che l'offerente poi aggiudicataria s'era obbligata a rispettare il termine originario (17.11.2017), non può successivamente farsi applicazione della legge sulla sospensione dei termini nel periodo feriale, perché ciò altererebbe le condizioni di vendita già fissate; inoltre, il riferimento a Cass. n. 12004/2012 (che considera il termine in questione di natura processuale) non può considerarsi decisivo, anzitutto perché detta pronuncia non ha affatto escluso la componente sostanziale del termine in parola (attribuendogli, anzi, natura "ibrida"), ed inoltre perché nella specie l'aggiudicataria non aveva proposto alcuna istanza di proroga, a differenza che nel caso di cui al precedente arresto suindicato. Si conclude, dunque, nel senso dell'erroneità della decisione di merito, perché – in un contesto in cui il termine in questione aveva ed ha anche natura sostanziale – l’aggiudicataria A.S. s'era volontariamente obbligata al versamento del prezzo entro il 17.11.2017, mentre il Tribunale pavese aveva ritenuto tempestivo l'adempimento eseguito in data 1.12.2017, nonostante la stessa A. neppure avesse avanzato, dinanzi al giudice dell'esecuzione, alcuna istanza di autorizzazione al pagamento entro una scadenza successiva, che tenesse conto della sospensione dei termini feriali.
3.2 - Ora, benché la ricorrente non a torto invochi il principio della immutabilità delle condizioni di vendita, una volta rese pubbliche, va opportunamente chiarito che la circostanza per cui il "bando" di vendita (nella specie, costituito dal coacervo tra ordinanza di delega ex art. 591-bis c.p.c., comma 1, e avviso di vendita del notaio delegato ex artt. 591-bis c.p.c., comma 4, e 173-quater c.p.c., disp. att.) costituisce la lex specialis del subprocedimento liquidatorio non significa certo che esso possa ritenersi come una sorta di "isola", indifferente alle previsioni delle norme primarie e regolamentari, talché queste possano trovare applicazione solo se dal bando stesso richiamate e fatte proprie, come invece mostra di aver inteso la M..
Invero, l'insegnamento di Cass. n. 24570/2018, erroneamente invocato dalla ricorrente, attiene alla peculiare ipotesi in cui una nuova disciplina del procedimento di vendita sopravvenga, in relazione ad una ordinanza di vendita già esitata – con relativo avvio della afferente organizzazione, pubblicità, rapporti degli ausiliari con gli interessati, ecc. – e avuto riguardo alle specifiche norme di natura transitoria dettate dal legislatore. E' per tale ragione che questa Corte, del tutto condivisibilmente, ha con detto arresto ritenuto che le norme sopravvenute (nella specie, quelle concernenti l'offerta "minima" ex artt. 572 e 573 c.p.c., come novellati come dall'art. 13, comma 1, del D.L. n. 83/2015, convertito in L. n. 132/2015) possano trovare applicazione solo se l'ordinanza di vendita già emessa sia successivamente integrata o modificata in senso conforme, richiamando la nuova disciplina; ciò in quanto, nel caso all'epoca al vaglio, occorreva confrontarsi con la disposizione transitoria di cui all'art. 23, comma 9, D.L. cit., che stabilisce che, ferma l'applicabilità della novella anche alle procedure pendenti alla data di sua entrata in vigore, le vendite già fissate restano però regolate dalle norme previgenti.
Com'è evidente, dunque, non può revocarsi in dubbio che il giudice dell'esecuzione, allorché fissi le modalità di vendita, non può certo disporre prescindendo dalle cogenti disposizioni normative, solo potendo optare nell'ambito della discrezionalità che la legge espressamente o implicitamente gli attribuisce (a mero titolo di esempio, decidendo se delegare la vendita a professionista, o meno, valutati i presupposti di cui all'art. 591-bis, comma 2, c.p.c., ecc.), ovvero coniando specifiche regole da applicarsi alla vendita nella misura in cui la legge stessa non disponga diversamente, ossia al di là del suo contenuto minimo (e quindi, al più, praeter legem, non certo in modo abnorme o contra legem - v. Cass. n. 9255/2015): solo in tal senso, dunque, può ribadirsi che l'ordinanza di vendita, con le relative disposizioni in concreto adottate, costituisce la lex specialis del relativo subprocedimento.
Qualora tuttavia il giudice provveda in tutto o in parte in violazione delle cogenti disposizioni ferme restando, ovviamente, eventuali sue responsabilità sul piano disciplinare – costituisce preciso onere delle parti interessate reagire tempestivamente con le forme all'uopo previste, e quindi con l'opposizione formale ex art. 617 c.p.c. già contro il primo atto viziato (di regola, l'ordinanza di vendita o di delega), in caso contrario determinandosi l'inoppugnabilità del provvedimento: da ciò conseguono, infatti, da un lato la necessità di applicare le relative determinazioni al procedimento di vendita in tal guisa regolamentato (salva eventuale modifica o revoca del provvedimento viziato, anche d'ufficio e non necessariamente a seguito di impugnazione, purché prima che ad esso sia data esecuzione), nonché, dall'altro, l'impossibilità di impugnare il successivo decreto di trasferimento, non potendo farsi valere l'invalidità derivata in caso di mancata reazione processuale avverso l'atto presupposto, salvo che l'opponente abbia incolpevolmente ignorato l'esistenza di quest'ultimo (si veda, al riguardo, l'ampia motivazione di Cass. n. 32136/2019).
3.3 - Ciò chiarito, è ormai principio assolutamente consolidato ed immanente, a partire dalla fondamentale Cass., Sez. Un., n. 262/2010 e specie a seguito delle riforme che hanno interessato il processo esecutivo dagli anni 2005-2006, quello secondo cui occorre assicurare "la necessaria immutabilità delle iniziali condizioni del subprocedimento di vendita, da ritenersi di importanza decisiva nelle determinazioni dei potenziali offerenti e, quindi, del pubblico di cui si sollecita la partecipazione, perché finalizzata a mantenere - per l'intero sviluppo della vendita forzata – l’uguaglianza e la parità di quelle condizioni tra tutti i partecipanti alla gara, nonché l'affidamento di ognuno di loro sull'una e sull'altra e, di conseguenza, sulla trasparenza assicurata dalla coerenza ed immutabilità delle condizioni tutte" (così, Cass. n. 11171/2015, nonché la già citata Cass. n. 32136/2019).
Ha dunque certamente errato il Tribunale pavese allorché – a fronte di una regolamentazione del termine di versamento del prezzo nel senso doversi escludere il suo assoggettamento alla sospensione ex lege n. 742/1969 – ha ritenuto di poter comunque giustificare il relativo adempimento da parte della A. una volta scaduto il termine del 17.11.2017, in forza dell'applicabilità della suddetta legge, così corroborando l'analoga impostazione seguita dal giudice dell'esecuzione: anche ad ammettere che il termine sia effettivamente di natura processuale, come pure ritenuto dal giudice di merito, questi non ha considerato che la contraria determinazione dapprima emessa dal giudice dell'esecuzione (è pacifico tra le parti che l'ordinanza di delega, benché non disciplinasse specificamente tale aspetto, onerasse il professionista delegato di utilizzare i modelli di avviso di vendita già predisposti dall'Ufficio, ove si prevedeva claris verbis, appunto, l'inapplicabilità della sospensione dei termini feriali al termine di versamento del saldo prezzo) non era stata impugnata da alcuno, con conseguente relativa necessità di darvi pedissequa attuazione, in applicazione del suddetto principio di immutabilità, quand'anche essa fosse stata resa in violazione della L. n. 742 del 1969.
Né, d'altra parte, il Tribunale ha ritenuto che la nuova Circolare adottata dall'Ufficio in data 5.7.2017 (che invece operava un radicale mutamento sul punto) andasse interpretata come diretta apportatrice di modifiche o integrazioni alla vendita per cui è processo (il che avrebbe certamente avuto decisiva rilevanza - v. Cass. n. 3607/2015), avendo da essa solo tratto (peraltro esattamente) la riprova che una circolare non può certo derogare una cogente norma primaria. In definitiva, possono finalmente qui richiamarsi, alla lettera, le chiare e condivise considerazioni svolte (in motivazione) dalla già citata Cass. n. 9255/2015, circa l'effettiva ratio sottesa al principio di immutabilità più volte richiamato: "La conclusione comporta il solo apparente sacrificio del singolo aggiudicatario o creditore, ma tutela invece necessariamente e prioritariamente l'affidamento della platea indifferenziata ed indistinta di tutti i potenziali partecipanti alla gara, onde rendere funzionale quest'ultima: ciò che costituisce uno dei principi portanti delle riforme del processo esecutivo a partire dal 2006 (Cass. 2 aprile 2014, n. 7708; Cass. 28 novembre 2012, n. 21110; Cass. 6 dicembre 2011, n. 26202; Cass. 14 giugno 2011, n. 12960; Cass. Sez. Un., 12 gennaio 2010, n. 262), visto che quelli devono non solo poter sapere quali saranno le condizioni da rispettare per potersi rendere, a scapito di altri che pari affidamento avranno riposto su quelle, aggiudicatari del bene, ma soprattutto fidare sul fatto che quelle condizioni, dopo che su quelle fondandosi essi stessi abbiano deciso di non partecipare o non insistere, non mutino o non siano violate in ulteriore e non consentito favore di altri partecipanti alla gara. Ed è allora l'esigenza di tutela dei terzi, sollecitati dall'ufficio giudiziario con la messa in vendita del bene, come pure quella della credibilità (sub specie di trasparenza e legalità) delle operazioni da quello (direttamente o per delega) espletate, che comporta la necessità del rispetto rigoroso - salva revoca o modifica o impugnazione vittoriosamente esperita, ma comunque in tempo anteriore all'espletamento degli atti del sub procedimento di vendita - di tutte le disposizioni contenute nell'ordinanza che quelle operazioni di vendita in concreto ha disciplinato".
3.4.1 - Come già in parte anticipato, la statuizione del giudice pavese è però errata per una ragione ancor più assorbente, solo in parte censurata dal mezzo in esame: è fermo convincimento della Corte, infatti, che il termine di versamento del saldo prezzo abbia mera natura sostanziale e non resti quindi soggetto alla sospensione dei termini processuali di cui alla L. n. 742 del 1969, non potendo condividersi il principio già affermato da Cass. n. 12004/2012, supra riportato (par. 3.1).
3.4.2 - Detto arresto, che da quanto consta costituisce l'unico precedente di legittimità specificamente reso sulla questione controversa, concerne una vendita immobiliare senza incanto in ambito fallimentare; in proposito, si è affermato che il termine di cui all'art. 576, n. 7, c.p.c. "non ha funzione sostanziale (o essenzialmente tale), atteso che lo stesso si inserisce nel procedimento esecutivo, ma non lo conclude, per costituire il versamento del prezzo adempimento prodromico al trasferimento del bene, da cui la natura processuale del termine di cui si tratta, in quanto inteso a scandire il compimento di atti aventi natura processuale, diretti a concludere la fase del processo esecutivo".
La Corte, nell'esternare il superiore convincimento, ha ritenuto di poterne individuare il substrato in una più risalente pronuncia (Cass. n. 420/1987, poi ribadita da Cass. n. 14979/2006), resa riguardo alla natura del termine ex art. 584 c.p.c. circa la proposizione, nell'ambito della vendita con incanto, di offerta in aumento del sesto (oggi, del quinto), questa determinando una fase ulteriore dell'individuazione dell'aggiudicatario: poiché detto termine si colloca all'interno del processo esecutivo - si argomenta -, esso non può che assumere natura processuale, con la conseguenza che non può che trovare applicazione la sospensione ex lege n. 742 del 1969.
A non diverse conclusioni, peraltro, è giunto il Procuratore Generale, evidenziando che detta natura processuale discende dalla circostanza che il rispetto (o meno) del termine è destinato ad incidere funzionalmente sullo sviluppo dell'espropriazione, condizionandone gli esiti; o, come anche sostenuto nel corso della discussione orale, che la natura originariamente sostanziale del termine per l'adempimento dell'obbligazione finisce per "evaporare", finalmente confluendo nel processo.
3.4.3 - Ora, pur volendo prescindere dalla sopravvenuta inattualità della giurisprudenza sul termine ex art. 584 c.p.c. (è noto che la vendita con incanto (cui solamente l'art. 584 c.p.c. può accedere) è stata "di fatto" abrogata dal D.L. n. 132 del 2014, art. 19, conv. in L. n. 162 del 2014 (disciplina poi estesa anche alle procedure mobiliari e presso terzi dal D.L. n. 59 del 2016, art. 4, conv. in L. n. 119 del 2016), che ha novellato l'art. 503 c.p.c., inserendovi il comma 2, recante secondo attenta dottrina una "norma a contenuto impossibile”, può anche convenirsi sulla natura processuale del termine in discorso, perché esso si innesta in una scansione sub-procedimentale tesa alla provocatio ad offerendum (che inizia con l'ordinanza di vendita con incanto, cui segue la pubblicazione dell'avviso di vendita nelle forme di cui all'art. 490 c.p.c., per chiudersi con l'aggiudicazione provvisoria ex art. 581 c.p.c.), avente come scopo finale la selezione ed individuazione definitiva dell'aggiudicatario; è quindi ovvio che l'appendice che detta fase dovesse subire, per effetto dell'offerta in aumento di quinto ex art. 584, comma 1, c.p.c., non potrebbe che avere natura stricto sensu processuale, idonea a permeare congruentemente anche il relativo termine per la presentazione dell'offerta stessa, stante anche l'immediato coinvolgimento di tutte le parti del procedimento, in relazione all'interesse circa la stessa selezione ed individuazione dell'aggiudicatario definitivo.
Questione affatto diversa è, invece, quella della natura del termine di versamento del saldo del prezzo, fase che presuppone definitivamente risolta l'individuazione dell'aggiudicatario: qui viene in gioco non già un'attività (deposito di offerta in aumento) tesa a prolungare la fase selettiva, bensì quella dell'adempimento dell'obbligazione pecuniaria che l'aggiudicatario ha volontariamente e definitivamente assunto (all'atto della aggiudicazione nella vendita senza incanto, o all'esito dell'eventuale ulteriore gara, nella oramai improbabile ipotesi di cui all'art. 584 c.p.c., stante la sostanziale abrogazione della vendita con incanto, come s'è detto), al fine di ottenere il trasferimento del bene staggito.
3.4.4 - Al riguardo, conviene, anzitutto precisare (per quanto possa apparire superfluo) che viene in rilievo, ai fini della sospensione o meno del termine in discorso, l'ipotesi di cui all'art. 1 della L. n. 742 del 1969, e non già quella di cui all'art. 3, non rientrando il subprocedimento di vendita forzata nella nozione di "affare civile urgente", ai sensi dell'art. 92 Ord. Giud. (v. in tal senso, condivisibilmente, la già citata Cass. n. 14979/2006).
Come più volte anticipato, costituisce dunque passaggio obbligato - al fine di ritenere applicabile al detto termine la sospensione ex lege n. 742 del 1969 - l'affermazione della sua natura processuale.
Occorre, poi, evidenziare che, nell'assetto attuale del processo esecutivo, il principale riferimento normativo del termine in questione deve individuarsi nell'art. 569, comma 3, c.p.c., a mente del quale il giudice dell'esecuzione, quando dispone la vendita senza incanto, stabilisce (tra l'altro) "(...) il termine, non superiore a centoventi giorni dall'aggiudicazione, entro il quale il prezzo dev'essere depositato, con le modalità del deposito (...)", il che vale anche per la vendita delegata ex art. 591-bis c.p.c., per effetto del rinvio operato dal comma 1, primo ter, di quest'ultima disposizione. Ovviamente, residua ancora lo spazio (seppur in via meramente teorica, come detto) per l'art. 576, comma 1, n. 7), c.p.c., in caso di vendita con incanto.
Al di là di tali formali dettagli, si tratta comunque di termine perentorio e non prorogabile (v. le già citate Cass., Sez. Un., n. 262/2010, Cass. n. 11171/2015 e Cass. n. 32136/2019, nonché, più di recente, Cass. n. 18841/2021). Ciò, tuttavia, non necessariamente denota il suo carattere processuale, come pure ventilato da (Omissis) in memoria, noto essendo che la perentorietà del termine (ossia, la necessità che il relativo diritto venga tempestivamente esercitato, a pena di decadenza) è caratteristica ascrivibile anche al dies ad quem di indiscutibile natura sostanziale, quale (a mero titolo di esempio) quello di otto giorni dalla scoperta dei vizi della cosa compravenduta, termine entro il quale l'acquirente deve denunziarli al venditore, onde non decadere dalla garanzia, ai sensi dell'art. 1495 c.c., comma 1.
Del resto, non è casuale che l'istituto della decadenza, in linea generale, sia disciplinato proprio dal codice civile (artt. 2964-2969). 3.4.5 - Scendendo più nel dettaglio, non può condividersi, anzitutto, l'affermazione per cui, posto che il termine in discorso si inscrive in una determinata sequenza procedimentale, esso deve necessariamente assumere valenza processuale, per quanto attinente all'adempimento di un'obbligazione pecuniaria.
E' senz'altro vero che il mancato (o l'intempestivo) versamento del prezzo incide sul prosieguo del procedimento, in tal caso rendendosi necessaria l'adozione del decreto di cui all'art. 587 c.p.c., con conseguente necessità di effettuare nuovamente l'esperimento di vendita, alle medesime condizioni; o, al contrario, che il tempestivo adempimento, da parte dell'aggiudicatario, consente l'adozione del decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c., nonché il transito (ove altro non vi sia da liquidare) alla fase finale dell'espropriazione forzata, ossia quella distributiva. Ciò, tuttavia, non implica affatto che il termine stesso debba indefettibilmente assumere natura processuale, perché altrimenti se ne dovrebbe inferire che, giocoforza, tutti i termini previsti dal codice di rito (in quanto destinati a segnare le scansioni temporali dei più vari procedimenti ivi regolati) resterebbero connotati da una tale veste. Ma così non è. Infatti, a parte l'intrinseca difficoltà di distinguere, già sul piano concettuale, tra termine processuale tout court e termine sostanziale (si vedano, sul punto, le illuminate, benché risalenti, considerazioni di Corte Cost., n. 255/1987, secondo cui l'art. 152 c.p.c. non offre una nozione generale in proposito, né può dirsi che ad una tale ipotetica nozione si sia ispirato il legislatore, nel coniare l'art. 1 della L. n. 742 del 1969), si osserva a mero titolo di esempio - e per fermarsi all'ambito del Libro III del codice di procedura civile - come si sia costantemente affermato che il termine ad adempiere di cui all'art. 482 c.p.c., intimato dal precettante, ha natura sostanziale e non resta soggetto alla sospensione ex lege n. 742 del 1969 e suoi antecedenti (in tal senso, le risalenti Cass. n. 2442/1969; Cass. n. 1125/1971); ancora con riferimento al precetto, è stato affermato che il termine di efficacia di cui all'art. 481 c.p.c. non è soggetto a sospensione, non avendo natura processuale (Cass. n. 1840/1976; Cass. n. 3457/1980). Tuttavia, indagando – e sempre esemplificando – su altre fattispecie più propriamente interne al processo esecutivo (perché successive al pignoramento, ex art. 491 c.p.c., attenendo invece il precetto ad una fase ad esso prodromica), nessuno ha mai dubitato (o almeno, non consta) che il termine di versamento delle somme in sostituzione del bene pignorato, da parte del debitore, a seguito di accoglimento dell'istanza di conversione ex art. 495 c.p.c., non sia soggetto alla sospensione dei termini nel periodo feriale, quante che siano le rate eventualmente concesse dal giudice dell'esecuzione. In tutti gli esempi riportati, non è revocabile in dubbio che il mancato rispetto del relativo termine abbia ricadute certe sul procedimento, nei primi due casi (artt. 482 e 481 c.p.c.) non rendendone possibile, addirittura (pena l'invalidità del pignoramento), l'avvio ex art. 491 c.p.c., e nell'ultimo (art. 495 c.p.c.) comportando la decadenza dell'esecutato dal beneficio della conversione, il definitivo incameramento delle somme versate e la fissazione della vendita. Eppure, non si dubita, del pari, trattarsi di termini sostanziali, come tali non soggetti alla sospensione ex art. 1 della L. n. 742 del 1969. In realtà, ascendendo ad un piano più generale, non sembra affatto casuale che, in tutte dette ipotesi, si sia al cospetto di una particolare attività, richiesta al debitore (intimato o esecutato): l'adempimento delle proprie obbligazioni pecuniarie. Il pagamento da parte dell'obbligato, infatti, costituisce né più né meno che un atto dovuto, scevro com'è, di norma, da ogni valenza negoziale: si tratta infatti di un fatto giuridico, rilevante per l'ordinamento, che assume efficacia estintiva dell'obbligazione pur in assenza della capacità di agire del solvens (art. 1191 c.c.). Considerazioni tutto analoghe possono svolgersi riguardo all'obbligazione di pagamento dell'aggiudicatario: si tratta di un'obbligazione che non solo ha un originario habitus sostanziale (si tratta, infatti, del corrispettivo della vendita di un determinato bene), ma che mantiene tale essenziale natura, pur inscrivendosi nell'ambito della vendita forzata che, benché procedimentalizzata, mantiene una intrinseca familiarità con la vendita negoziale; ciò è tanto vero che il legislatore, almeno nell'ultimo ventennio, ha adottato una serie di accorgimenti idonei ad avvicinare quanto più possibile l'una all'altra, specie sotto la spinta delle cc.dd. "prassi virtuose" seguite dalla giurisprudenza di merito (si vedano, in particolare, le pertinenti riflessioni della più volte citata Cass., Sez. Un., n. 262/2010, nonché Cass. n. 11116/2020, in motivazione, par. 31). Se, dunque, si discute di un obbligo di natura sostanziale, è logicamente da escludere che il relativo termine di adempimento possa assumere natura processuale, perché il versamento del prezzo è un atto dovuto, rilevante anzitutto e principalmente quale presupposto dell'effetto traslativo, che - com'è noto - si determina con l'emissione del decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c., non potendo neppure astrattamente configurarsi, nella specie, il consenso traslativo di cui all'art. 1376 c.c. (v. Cass. n. 1730/1995).
In altre parole, ai fini di quanto qui interessa, il termine in discorso ha valenza sostanziale perché incide, direttamente ed immediatamente, sulla situazione giuridica sostanziale dell'aggiudicatario e non sulle sue facoltà e potestà processuali (arg. ex Cass. n. 3143/1990): il mancato versamento del prezzo entro il termine perentorio assegnato, infatti, comporta la perdita dell'ius ad rem (condizionato al versamento stesso: Cass. n. 4030/1983; Cass. n. 1730/1985; Cass. n. 14765/2014) che l'aggiudicatario può vantare riguardo all'emissione del decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c., rendendosi così necessaria l'adozione del decreto di decadenza di cui all'art. 587 c.p.c.; ma la possibilità di eventualmente reagire in sede processuale avverso tale ultimo provvedimento non entra in alcun modo nel perimetro dell'adempimento dell'obbligazione (se non nel senso che la constatazione, da parte del giudice, dell'intempestivo adempimento ne costituisce il presupposto fattuale), atteso che i vizi del decreto ex art. 587 c.p.c. che sia eventualmente adottato dal giudice dell'esecuzione nel periodo di sospensione ex lege n. 742/1969 (dal 1 al 31 agosto) potranno pur sempre essere denunciati, con l'opposizione formale ex art. 617 c.p.c., entro i venti giorni dalla conoscenza legale o di fatto (v. supra, par. 2.2), correnti in ogni caso non prima del 1 settembre successivo. Ciò, d'altra parte, è del tutto coerente con l'ulteriore considerazione per cui l'aggiudicatario è un soggetto terzo, estraneo al processo esecutivo, di cui diviene parte solo allorché "si manifesti un contrasto – ancorché non formalizzato in opposizione agli atti esecutivi – in cui egli sia coinvolto e per il quale sia richiesto l'intervento regolatore del giudice dell'esecuzione" (così, Cass. n. 7708/2014, già citata, che richiama Cass., Sez. Un., n. 5701/2012); il che, riguardo alla questione che occupa, può solo verificarsi quando il giudice rilevi e dichiari la tardività del versamento, conseguentemente adottando il decreto ex art. 587 c.p.c., non prima, ove solo viene in rilievo la fase fisiologica successiva all'aggiudicazione. La questione verrà ripresa infra (v. par. 3.4.7), ma è assai indicativa già in questo contesto, perché evidenzia in modo plastico la stridente aporia che si verificherebbe - a seguire la tesi criticata - tra la qualità di terzo estraneo al processo, rivestita dall'aggiudicatario "fisiologico", e la pretesa natura processuale di un termine che lo riguarda in quanto tale, peraltro concernente la sola situazione giuridica, certamente sostanziale, dallo stesso spendibile al momento (ossia, come già detto, l'ius ad rem, condizionato al versamento in questione).
3.4.6 - Non mancano, però, ulteriori argomenti che confermano ampiamente la bontà dell'opzione ermeneutica prescelta. Come pure è stato osservato da attenta dottrina, la soluzione propugnata da Cass. n. 12004/2012 implica una immediata ricaduta sulla ragionevole durata del processo esecutivo, per di più alterando la parità di trattamento circa le condizioni di partecipazione degli interessati alle vendite giudiziarie: essa finisce col concedere agli offerenti "primaverili o estivi" un maggiore spazio temporale per l'adempimento, rispetto agli offerenti "autunnali o invernali". Tutto ciò, si noti, sia che il termine scada, naturaliter, nel periodo di sospensione (e quindi, tra il 1 e il 31 agosto), sia che esso scada dopo il 31 agosto, attraversando il periodo di sospensione (come avvenuto nella specie), il che pare, in verità, ancor più privo di giustificazione, già nella prospettiva del quisque de populo.
In realtà, si hanno ben presenti le possibili difficoltà, di carattere materiale, che possono incontrarsi durante il periodo estivo per l'esecuzione del versamento del prezzo (specie se di significativa consistenza), ma occorre ben intendersi sull'oggetto di tali difficoltà. Di regola, ciò che viene in rilievo è l'esecuzione di un pagamento, normalmente effettuabile mediante il sistema bancario (a mezzo bonifico, emissione di assegni circolari, ecc.), che ovviamente è pienamente operativo in ogni periodo dell'anno. Questione del tutto diversa è, invece, il collegare l'esecuzione del pagamento alla ricerca della necessaria provvista, il che avviene soprattutto quando il versamento del prezzo debba essere effettuato mediante accensione di un mutuo da parte dell'aggiudicatario, con concessione di garanzia ipotecaria di primo grado in favore della banca mutuante, come pure previsto dall'art. 585 c.p.c., comma 3, nel testo novellato con la riforma del 2005. Conviene evidenziare, al riguardo, che una tale facoltà positiva fu anticipata e resa possibile - nel solco delle già richiamate "prassi virtuose", verso la fine del secolo scorso - dalla promozione di convenzioni con il sistema bancario da parte dei tribunali più avvertiti, attività poi culminata in uno schema di convenzione generale adottato dall'ABI nel 2002, tuttora operativo; ciò allo scopo di allargare il più possibile la platea degli interessati alle vendite giudiziarie, fino ad allora appannaggio di operatori "professionali" non sempre ispirati a correttezza.
Insomma, l'origine della regola della contestualità tra a) stipula del mutuo per atto pubblico in favore dell'aggiudicatario, b) versamento diretto del relativo importo alla procedura, c) emissione del decreto di trasferimento, d) purgazione del bene ed e) concessione di ipoteca di primo grado in favore della banca mutuante (non a caso, si tratta sostanzialmente della medesima procedura seguita dall'aggiudicataria A. nella vicenda che occupa) va individuata nella esatta comprensione del fenomeno, da parte della giurisprudenza di merito più avanzata, circa i flussi finanziari occorrenti per il corretto, trasparente ed efficace funzionamento delle vendite giudiziali, ma con l'ovvio ed esplicito presupposto che la ricerca della provvista (e quindi, in definitiva, la sussistenza del merito creditizio di ciascun interessato alla vendita) non può incidere in alcun modo sulla procedura e sulla relativa scansione temporale: non è casuale che, in seno a detto schema di convenzione, sia previsto che l'offerente che intenda in tal modo finanziare l'acquisto debba avanzare per tempo - e ben prima dell'eventuale aggiudicazione in suo favore - la richiesta di concessione del mutuo; in caso di istruttoria positiva, seguirà un preliminare di mutuo tra richiedente e banca convenzionata (anche mediante scambio di lettere), sospensivamente condizionato all'aggiudicazione. Solo in tale ultima ipotesi si procederà, poi, alla sequenza già prima descritta (naturalmente, è ben possibile che si giunga alla stipula del mutuo anche senza seguire pedissequamente l'iter delineato, ma ciò espone l'aggiudicatario - che non abbia ancora la certezza dell'erogazione del finanziamento - alle conseguenze del caso, anche in ordine alla tempestività del versamento).
Insomma, muovendo l'indagine anche sul piano storico, può dirsi come non sia mai stato dubbio che, nell'ambito della vendita forzata, l'offerente per l'acquisto non possa che essere pienamente responsabile del tempestivo adempimento della relativa obbligazione, a prescindere dalle eventuali problematiche nei rapporti con il sistema bancario, cui egli si sia eventualmente rivolto per ottenere il relativo finanziamento; ciò che, del resto, è pienamente coerente, sul piano generale, col principio per cui l'obbligato non può invocare come esimente del suo titolo di responsabilità l'inadempimento del terzo, in un diverso rapporto (v., ex multis, Cass. n. 25777/2013). Da quanto precede, dunque, emerge con cristallina evidenza che eventuali difficoltà riscontrabili, nel periodo estivo, nella erogazione di finanziamenti per l'acquisto di beni staggiti non possono giustificare né la proroga del termine del versamento del prezzo (v. par. 3.4.4), né tantomeno l'applicazione della sospensione ex art. 1 della L. n. 742/1969, trattandosi di mere circostanze fattuali che in nulla rilevano ai fini della qualificazione della natura del termine in parola, che è meramente sostanziale. 3.4.7 - Da ultimo - ma non certo per importanza, quanto segue costituendo anzi il compendio, la sintesi e il completamento di tutto quanto fin qui argomentato sul punto - è opportuno spendere qualche riflessione in ordine alla ratio sottesa alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, ex lege n. 742/1969.
In proposito, è sostanzialmente univoca, nella giurisprudenza costituzionale, l'impostazione per cui "L'istituto della sospensione dei termini processuali in periodo feriale nasce dalla necessità d'assicurare un periodo di riposo a favore degli avvocati (...)", scopo "perseguito senza ledere interessi ‘preminenti, nei limiti, cioè, della gerarchia dei beni e dei valori giuridicamente tutelati" e perciò "circoscritto (...) ai soli termini ‘processuali, oltre a prevedere le eccezioni di cui agli artt. 2 e 3 della L. n. 742 del 1969" (così, la già citata Corte Cost. n. 255/1987; in senso conforme, Corte Cost., n. 278/1987; Corte Cost., n. 49/1990; Corte Cost., n. 380/1992). Sulla base di tale presupposto, nella giurisprudenza di legittimità è parimenti univoca l'affermazione per cui la sospensione in parola è da riconnettersi alla necessità della difesa tecnica in giudizio, tanto da doversene escludere l'applicazione, ad esempio, riguardo al termine per la proposizione del ricorso amministrativo al prefetto, ex art. 203 D.Lgs. n. 285 del 1992 (Cass. n. 4170/2010), o al termine di pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria in misura ridotta (Cass. n. 19345/2013; Cass. n. 16251/2016), ritenendosi al contrario soggetti alla sospensione in discorso termini decadenziali di natura sostanziale, ma a rilevanza processuale, quando la proposizione della domanda costituisca l'unico rimedio per la tutela del diritto che si assume leso (si vedano, in particolare, Cass. n. 6874/1999 e Cass. n. 1868/2016, in relazione al termine ex art. 244 c.c.). Ora, richiamando quanto già in precedenza evidenziato, non può che trovare piena conferma l'estraneità della suddetta ratio legis rispetto al termine di versamento in discorso: l'aggiudicatario "fisiologico" non è parte del processo esecutivo, è tenuto al compimento di un atto dovuto, ossia l'adempimento di un'obbligazione pecuniaria e, per far ciò, non ha certo bisogno di difesa tecnica. E' solo nella fase "patologica", ossia dopo il rilievo della tardività del versamento da parte del giudice dell'esecuzione (se del caso, su segnalazione del professionista delegato), che l'aggiudicatario diviene parte del processo esecutivo ad ogni effetto, con conseguente emersione del problema del "riposo feriale"; a tal punto, ben può trovare piena applicazione la sospensione ex lege n. 742 del 1969, ma come già evidenziato (v. supra, par. 3.4.5) si tratta di questione del tutto diversa da quella per cui è processo, venendo in rilievo principalmente - nella prospettiva dello stesso aggiudicatario, oltre che delle altre parti, naturalmente - la sospensione del termine per la proposizione dell'opposizione formale, ex art. 617 c.p.c. (ad es., avverso l'eventuale decreto ex art. 587 c.p.c.).
3.4.8 - Insomma, tirando le fila della complessa indagine, non può che ribadirsi che il termine di versamento del saldo prezzo, anche nell'ambito della vendita forzata, ha natura sostanziale e non processuale, con la conseguenza che esso non resta soggetto alla sospensione di cui all'art. 1 della L. n. 742/1969, a prescindere da ipotetiche difficoltà che dovessero insorgere ai fini del pagamento, ove questo debba avvenire mediante finanziamento bancario. Peraltro, è appena il caso di precisare che la formula normativa di cui all'art. 569, comma 3, c.p.c., nel far riferimento al termine massimo concedibile ai fini del versamento del prezzo ("non superiore a centoventi giorni dall'aggiudicazione"), consente al giudice dell'esecuzione di calibrare opportunamente, nell'ambito della discrezionalità che gli è propria, la tempistica degli adempimenti connessi al subprocedimento liquidatorio; pertanto, ove egli intenda farsi carico delle possibili difficoltà che potrebbero verificarsi nel periodo estivo (e specialmente nel mese di agosto, in ordine alla eventuale stipula ed erogazione di un mutuo ipotecario), ben potrà fissare il termine stesso in modo da evitarne la scadenza nel detto periodo, fermo restando che la prassi registra come ampiamente sufficiente, a tal fine, la concessione di un termine inferiore al massimo (ad es., novanta giorni), e che comunque nulla vieta che gli adempimenti in discorso, quand'anche il termine scadesse in periodo feriale, siano compiuti anche prima della scadenza; ciò tanto più che la regola della contestualità, prima descritta (v. par. 3.4.6), presuppone il necessario coordinamento tra ufficio, ausiliari del giudice, notaio rogante ed aggiudicatario.
Da quanto precede, risulta dunque evidente che alcun problema possa porsi ove il termine concesso dal giudice dell'esecuzione attraversi addirittura il periodo feriale (come nel caso che occupa), ben potendo anche in tal caso egli modularlo (ad es., fissandolo nella misura massima di centoventi giorni) in modo da evitare l'insorgenza di difficoltà di tipo materiale. Insomma, queste ultime vanno risolte dal giudice dell'esecuzione sul piano programmatico ed organizzativo, attraverso opportuna calendarizzazione delle vendite e modulazione del termine, non già ricorrendo ad istituti (quale quello della sospensione dei termini processuali) ispirati a rationes estranee ed incompatibili con l'ambito applicativo della vendita forzata.
4.1 - Il secondo motivo del ricorso principale resta conseguentemente assorbito.
5.1 - Il terzo motivo è anch'esso fondato. Invero, richiamato quanto osservato circa il principio di immutabilità delle condizioni di vendita, una volta rese pubbliche, nonché la ratio ad esso sottesa (par. 3.3), ritiene la Corte come risulti pressoché conseguenziale ritenere che non solo i potenziali offerenti e i creditori, ma anche e specialmente il debitore esecutato, abbiano pieno interesse giuridicamente rilevante, ex art. 100 c.p.c., a che le operazioni di vendita si svolgano nell'egida dei canoni della certezza, legittimità, trasparenza, correttezza ed efficienza (si veda, in particolare, la più volte citata Cass. n. 32136/2019, in motivazione, par. 2.7.3), dal momento che l'alterazione delle regole prefissate - pure accertata nella specie, con la proroga de facto di un termine, quello di versamento del prezzo, di natura perentoria - incide sulla regolarità del subprocedimento e mina, di per sè, gli obiettivi cui lo stesso tende, tra cui la massimizzazione del ricavato della liquidazione, non potendo escludersi che altri interessati alla vendita, oltre a A.S., avrebbero presentato un'offerta, ove avessero avuto la certezza di poter contare su un maggior termine (rispetto a quello pubblicizzato) per il versamento del saldo prezzo. L'affermazione del Tribunale di Pavia al riguardo, secondo cui la M. non aveva saputo indicare in concreto quale nocumento ella avesse patito, risultando la presentazione di una sola offerta (ossia, quella della A., donde l'infondatezza dell'opposizione), è dunque errata, perché non considera che la descritta alterazione è di per sé idonea a ledere concretamente l'interesse dell'esecutato, sicché la sua reazione non può meramente ascriversi al mero interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria (sul discrimine in discorso, si veda, amplius, Cass. n. 3967/2019).
6.1 - In relazione alla vicenda processuale esaminata, possono dunque affermarsi i seguenti principi di diritto: 1) "Il termine di venti giorni per la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. avverso il decreto di trasferimento di cui all'art. 586 c.p.c. decorre dalla conoscenza legale o di fatto del provvedimento, ovvero dal momento in cui la conoscenza del vizio da cui è affetto il bene (qualora integrante gli estremi del c.d. aliud pro alio), si è conseguita o sarebbe stata conseguibile secondo la diligenza ordinaria, non rilevando di per sé né la data di deposito (neppure essendo prescritto da alcuna norma che debba darsene comunicazione . a cura della cancelleria o del professionista delegato ex art. 591-bis c.p.c.), nè quella di trascrizione nei RR.II., avente mera funzione di pubblicità dichiarativa"; 2) "In tema d'espropriazione forzata, il giudice dell'esecuzione, nel fissare le condizioni di vendita, può esercitare i poteri discrezionali che la legge implicitamente o esplicitamente gli attribuisce, nel rispetto delle disposizioni "minime" cogenti ovvero - ove la legge stessa non disponga diversamente - coniando le regole particolari che ritenga idonee a disciplinare il subprocedimento liquidatorio (ad es., in tema di pubblicità dell'avviso ex art. 490 c.p.c., contenuto dell'offerta, entità della cauzione, ecc.). Qualora, tuttavia, il giudice dell'esecuzione disponga contra legem, costituisce onere delle parti interessate - ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare del giudice stesso - proporre tempestivamente opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. avverso il provvedimento illegittimo, pena la sua inoppugnabilità, la necessità di darvi pedissequa attuazione (in attuazione del principio di immutabilità delle condizioni di vendita, fatta salva l'eventuale revoca o modifica prima dell'esperimento di vendita stesso), nonché l'impossibilità di impugnare il successivo decreto di trasferimento, non potendo farsi valere l'invalidità derivata in caso di mancata reazione processuale avverso l'atto presupposto, salvo che l'opponente abbia incolpevolmente ignorato l'esistenza di quest'ultimo". 3) "In tema di vendita forzata, il termine di versamento del saldo del prezzo da parte dell'aggiudicatario è di natura sostanziale, in quanto è posto a presidio del relativo ius ad rem circa l'emissione del decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c., attenendo all'adempimento dell'obbligazione pecuniaria assunta dall'aggiudicatario stesso, attività che non necessita di difesa tecnica, ma che costituisce esecuzione di un atto dovuto e non negoziale; ne consegue che esso non è soggetto alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, ex art. 1 della L. n. 742 del 1969"; 4) "In tema di vendita forzata, le disposizioni adottate dal giudice dell'esecuzione nell'ordinanza di vendita o di delega circa gli adempimenti, le modalità, i termini e, in generale, le condizioni cui l'esperimento di vendita è soggetto sono posti a presidio delle esigenze di certezza, legittimità, trasparenza, correttezza ed efficienza che sovrintendono al sistema dell'espropriazione forzata. Ne consegue che le parti del procedimento esecutivo (in primo luogo, il debitore esecutato) hanno pieno interesse a farne valere l'eventuale violazione, mediante opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., non dovendo dimostrare di aver da ciò subito uno specifico pregiudizio".
7.1 - In definitiva, il primo e il terzo motivo del ricorso principale sono fondati, il secondo è assorbito, mentre l'unico motivo del ricorso incidentale è rigettato. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione e, non occorrendo procedere ad ulteriori accertamenti in fatto, può procedersi alla decisione nel merito, ex art. 384, ult. comma, c.p.c., con l'accoglimento dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. e conseguente annullamento del decreto di trasferimento emesso dal Tribunale di Pavia in data 1.12.2017 in favore di A.S., stante il tardivo versamento del saldo prezzo (nella medesima data) da parte di quest'ultima, giacché il relativo termine, di natura perentoria, veniva a scadere il 17.11.2017. E' poi appena il caso di precisare che detta decisione di merito è destinata a travolgere tout court il decreto di trasferimento opposto, benché sia stata dichiarata la carenza di legittimazione attiva dell'opponente V.G., dichiarato fallito prima della proposizione dell'opposizione; ciò in quanto il tardivo versamento del prezzo, quand'anche oggetto di rilievo da parte di uno solo dei comproprietari esecutati, costituisce fatto senz'altro idoneo a giustificare la mancata emissione del decreto ex art. 586 c.p.c. in relazione al bene nella intera consistenza messa in vendita (occorrendo quindi procedere al relativo annullamento, in sede di opposizione ex art. 617 c.p.c., ove il decreto sia stato ciononostante emesso), non essendo concepibile che il trasferimento investa - date le diverse condizioni di vendita pubblicizzate ex art. 490 c.p.c. - la sola quota indivisa del comproprietario non opponente.
8.1 - La rilevanza ed incertezza della questione principale (natura del termine di versamento), per la quale si registrava un unico precedente di legittimità, peraltro ritenuto da questa Corte non condivisibile, giustifica ampiamente l'integrale compensazione delle spese dell'intero giudizio. In relazione alla data di proposizione del ricorso incidentale (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell'applicabilità del D.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002, art. 13, comma 1-quater, (nel testo introdotto dal L. n. 228 del 24 dicembre 2012, art. 1, comma 17).
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso incidentale e accoglie il primo e il terzo motivo del ricorso principale, dichiarando assorbito il secondo; cassa in relazione e, decidendo nel merito, accoglie l'opposizione agli atti esecutivi, annullando il decreto di trasferimento emesso dal Tribunale di Pavia in data 1.12.2017 in favore di A.S. e ordinando al Conservatore dei RR.II. di Pavia la cancellazione della relativa trascrizione. Compensa le spese dell'intero giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di Consiglio della Corte di cassazione il giorno 15 febbraio 2022.
I principi di diritto: Il termine di venti giorni per la proposizione dell'opposizione agli atti avverso il decreto di trasferimento decorre dalla conoscenza legale o di fatto del provvedimento ovvero dal momento in cui la conoscenza del vizio da cui è affetto il bene (qualora integrante gli estremi del c.d. aliud pro alio), si è conseguita o sarebbe stata conseguibile secondo la diligenza ordinaria non rilevando di per sé né la data di deposito né quella di trascrizione nei RR.II., avente mera funzione di pubblicità dichiarativa; in tema d'espropriazione forzata, il giudice dell'esecuzione, nel fissare le condizioni di vendita, può esercitare i poteri discrezionali che la legge implicitamente o esplicitamente gli attribuisce, nel rispetto delle disposizioni "minime" cogenti ovvero coniando le regole particolari che ritenga idonee a disciplinare il subprocedimento liquidatorio. Qualora, tuttavia, il giudice dell'esecuzione disponga contra legem, costituisce onere delle parti interessate proporre tempestivamente opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. avverso il provvedimento illegittimo pena la sua inoppugnabilità; in tema di vendita forzata il termine di versamento del saldo del prezzo da parte dell'aggiudicatario è di natura sostanziale in quanto è posto a presidio del relativo ius ad rem circa l'emissione del decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c., attenendo all'adempimento dell'obbligazione pecuniaria assunta dall'aggiudicatario stesso, attività che non necessita di difesa tecnica, ma che costituisce esecuzione di un atto dovuto e non negoziale; in tema di vendita forzata, le disposizioni adottate dal giudice dell'esecuzione nell'ordinanza di vendita o di delega circa gli adempimenti, le modalità, i termini e, in generale, le condizioni cui l'esperimento di vendita è soggetto sono posti a presidio delle esigenze di certezza, legittimità, trasparenza, correttezza ed efficienza che sovrintendono al sistema dell'espropriazione forzata con la conseguenza che le parti del procedimento esecutivo hanno pieno interesse a farne valere l'eventuale violazione mediante opposizione agli atti esecutivi non dovendo dimostrare di aver da ciò subito uno specifico pregiudizio.
Il caso ed il processo: I coniugi M.L. e V.G. proposero opposizione agli atti esecutivi avverso il decreto di trasferimento emesso dal giudice dell'esecuzione del Tribunale di Pavia con cui l'immobile oggetto della procedura esecutiva a loro carico era stato trasferito in favore dell'aggiudicataria deducendo la tardività del versamento del saldo del prezzo avvenuto in data 1.12.2017 mentre nell'avviso di vendita emesso dal notaio delegato il detto termine era stato fissato nel 17.11.2017. Il giudice dell'esecuzione, nel contraddittorio con tutti i creditori e con l'aggiudicataria, respinse l'istanza di sospensione sul presupposto che a prescindere da quanto di diverso potesse evincersi dal tenore dell'avviso di vendita il termine in questione doveva considerarsi soggetto, ex lege, alla sospensione feriale dei termini ai sensi della L. n. 742 del 1969, sicché il versamento era da ritenersi tempestivo. Introdotto il giudizio di merito dagli opponenti, l'adito Tribunale con sentenza del 17.12.2018 rigettò l'opposizione, ritenendo tempestivo il versamento in ragione della natura processuale del relativo termine ed anche della natura suppletiva della circolare emanata dal Tribunale di Pavia in data 5.7.2017 con cui – diversamente da quanto previsto da precedente circolare – era stata affermata in relazione a tutte le vendite forzate già disposte, la natura processuale del termine per il versamento del prezzo e, quindi, la necessità di non tener conto del periodo feriale. Avverso detta sentenza ha notificato ricorso per cassazione M.L.
La soluzione resa dalla Corte: la Suprema Corte ha ritenuto discostandosi dal precedente orientamento di legittimità e dal parere del P.G. che il termine per il versamento del saldo prezzo abbia natura sostanziale e, dunque, che non sia soggetto all’applicazione della sospensione feriale.
Gli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali sul tema:
Sul dies a quo per la proposizione dell'opposizione agli atti avverso il decreto di trasferimento si veda Cass. Civ., Sez. III, 14 ottobre 2005, n. 19968 secondo la quale “nell'espropriazione forzata immobiliare, come avviene di norma per tutti i decreti emessi dal giudice dell'esecuzione negli specifici casi contemplati dalla legge, non è prescritta la comunicazione alle parti del decreto di trasferimento del bene espropriato, dovendo esso sottostare agli adempimenti formali suoi propri. A maggior ragione nessuna comunicazione è dovuta al soggetto che sia subentrato a titolo particolare nella proprietà di una porzione del bene ipotecato e poi espropriato, senza assumere la veste di parte nel processo esecutivo. Pertanto, il termine di cinque giorni per l'opposizione agli atti esecutivi, previsto dall'art. 617 c.p.c., decorre da quando l'interessato ha avuto legale conoscenza dell'atto e, per chi non sia parte, il "dies a quo" è quello del compimento del singolo atto di esecuzione - nella specie costituito dal deposito del decreto in cancelleria con inserimento nel fascicolo d'ufficio della procedura espropriativa. (Fattispecie nella quale il terzo acquirente non aveva notificato il subentro all'espropriante istituto di Credito Fondiario né era intervenuto nel processo esecutivo, sicché gli atti esecutivi si erano svolti nei confronti della debitrice sua dante causa)” da leggersi in relazione a Cass. Civ., Sez. III, Sent., 12 giugno 2018, n. 15193 in forza della quale “In base al principio generale della sanatoria della nullità degli atti processuali per raggiungimento dello scopo, la comunicazione di cancelleria del provvedimento del giudice dell'esecuzione è idonea a determinare il decorso del termine per proporre opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. anche qualora sia avvenuta in non esatta ottemperanza del disposto di cui all'art. 45, comma 2, disp. att. c.p.c. (come nel caso in cui abbia avuto ad oggetto il testo non integrale del provvedimento), purché abbia determinato in capo al destinatario la conoscenza di fatto della giuridica esistenza di un provvedimento potenzialmente pregiudizievole; in tal caso, è onere del destinatario, nonostante l'incompletezza della comunicazione, attivarsi per prendere piena conoscenza dell'atto, senza che ciò impedisca il decorso del termine complessivo di venti giorni dalla comunicazione incompleta, ed incombe all'opponente dimostrare, se del caso, l'inidoneità in concreto della ricevuta comunicazione ai fini dell'estrinsecazione, in detti termini, del suo diritto di difesa”.
Sulla necessità di spiegare opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. avverso il provvedimento illegittimo del Giudice dell’esecuzione pena l’inoppugnabilità dello stesso e degli eventuali atti derivati si veda Cass. civ., Sez. VI - 3, Ordinanza, 24/05/2018, n. 13043 nella quale si afferma che “in materia di espropriazione immobiliare, l'opposizione agli atti esecutivi con la quale l'aggiudicatario deduca la nullità del decreto di condanna ai sensi degli artt. 587, comma 2, c.p.c. e 177 disp. att. c.p.c. in ragione della mancata comunicazione, nelle forme prescritte, del decreto, ad esso presupposto, con il quale sia stata dichiarata la propria decadenza dall'aggiudicazione, ove formulata oltre il termine di cui all'art. 617, comma 2, c.p.c. dall'ultimo atto del procedimento (nella specie l'atto di precetto fondato sul decreto di condanna), è da ritenersi tempestiva soltanto se l'opponente alleghi e dimostri quando è venuto a conoscenza dell'atto presupposto nullo (cioè della sua mancata comunicazione e, quindi, della relativa nullità) e di quelli conseguenti, ivi compreso l'ultimo, e la medesima opposizione risulti avanzata nel termine di venti giorni da tale sopravvenuta conoscenza di fatto”.
Sulla natura del termine per il versamento del saldo prezzo da parte dell'aggiudicatario in senso conforme T. Torre Annunziata, 27 luglio 2020 secondo il quale “non appare convincente la ritenuta natura processuale de termine, atteso che i termini processuali in senso stretto (categoria che viene desunta dall’art. 152 c.p.c.) sono quelli che disciplinano gli atti del processo al fine del regolare e corretto esercizio dell’attività giurisdizionale, mentre, nel caso di specie, non vi sono atti da compiersi a cura dei difensori o del magistrato, ma occorre semplicemente completare – a cura di un terzo estraneo al processo esecutivo – l’iter di vendita, avviato in sede di aggiudicazione, iter che si concluderà con il pagamento del saldo prezzo e con l’emanazione del decreto di trasferimento, atto che consente al terzo aggiudicatario di subentrare al debitore”. In termini contrari a quanto affermato dalla sentenza in esame si veda invece Cass. Civ., Sez. I, 13 luglio 2012, n. 12004 secondo la quale “in tema di liquidazione fallimentare, il termine per il versamento del prezzo, di cui agli artt. 576 n. 7 e 585, primo comma, cod. proc. civ., si inserisce nel procedimento di vendita coattiva e deve considerarsi di natura processuale, in quanto prodromico al trasferimento dell'immobile e, quindi. alla definitiva attribuzione del bene, essendo diretto a concludere una fase esecutiva; ne consegue la soggezione alla sospensione feriale dei termini, ai sensi dell'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742”. Detta sentenza risulta commentata da G.P. Macagno, Vendita fallimentare e sospensione feriale dei termini – i dilemmi della sospensione feriale dei termini nella procedura fallimentare, Il Fallimento, n. 2, 1 febbraio 2013, p. 181. Sull’istituto si veda, in generale, anche A.M.Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, Milano 2019.
ALTRE PRONUNCE IN RASSEGNA
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 6 aprile 2022, (ud. 1 febbraio 2022), n. 11241 – Pres. De Stefano – Rel. Fanticini.
È inammissibile il reclamo ex art. 630 c.p.c. per impugnare il provvedimento di chiusura anticipata (cd. "estinzione atipica") del processo esecutivo, il quale è assoggettato esclusivamente al rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.; la predetta inammissibilità non è suscettibile di sanatoria, né il reclamo può essere riqualificato in opposizione agli atti esecutivi, sia per l'impossibilità di attribuire alla domanda una qualificazione diversa da quella espressamente voluta dalla parte, sia per la destinazione dell'atto al collegio (anziché al giudice dell'esecuzione), sia per la struttura necessariamente bifasica dell'opposizione ex art. 617 c.p.c..
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 6 aprile 2022, (ud. 1 febbraio 2022), n. 11241 – Pres. De Stefano – Rel. Fanticini.
Il precetto fondato su titolo esecutivo costituito da mutuo fondiario non deve necessariamente indicare l'apposizione della formula esecutiva sull'atto, né la data di esecuzione di detta formalità, non trovando applicazione - nemmeno in via analogica - il disposto dell'art. 654, comma 2, c.p.c.
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 12 aprile 2022, (ud. 1 febbraio 2022), n. 11848 – Pres. De Stefano – Rel. Saija.
In tema di opposizione agli atti esecutivi, è inammissibile il ricorso per cassazione contro l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione, a conclusione della fase sommaria, decida il merito della controversia senza fissare il termine per l'introduzione del giudizio di merito, potendo la parte introdurre comunque tale giudizio per far valere in quella sede ogni doglianza; ove, invece, il provvedimento adottato abbia forma di sentenza, quest'ultima dev'essere cassata senza rinvio, precludendo in radice la relativa emissione l'introduzione del giudizio di merito, in forza del principio del "ne bis in idem".
Cassazione Civile, Sez. I, Ordinanza del 20 aprile 2022 (ud. 25 gennaio 2022), n. 1172 – Pres. De Chiara – Rel. F. Di Marzio.
In tema di interferenze fra procedura concorsuale ed esecuzione forzata, nell'ipotesi patologica in cui il giudice di quest'ultima, ancorché reso edotto del fallimento del debitore, dichiari l'esecutività del progetto di distribuzione, qualora il curatore rimanga inerte e non reagisca tempestivamente con il rimedio oppositivo, subisce l'irretrattabilità della successiva esecuzione del medesimo progetto, cui consegue l'intangibilità delle somme concretamente attribuite e l'impossibilità di chiederne la restituzione mediante l'esercizio dell'azione di ripetizione di indebito.
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 21 aprile 2022, (ud. 15 marzo 2022), n. 12690 – Pres. Rubino – Rel. Fanticini.
Una volta che il procedimento di espropriazione presso terzi di crediti si sia concluso con l'ordinanza ex art. 553 c.p.c., non è più ammissibile l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., dal momento che il diritto di procedere ad esecuzione forzata può essere contestato solo fintanto che è minacciato o viene esercitato dal creditore e non già dopo che il processo esecutivo si sia definitivamente concluso, potendo, in tal caso, il debitore instaurare un ordinario processo di cognizione per accertare che il terzo pignorato non è più tenuto ad effettuare pagamenti al creditore assegnatario del credito (e, se del caso, ottenere la restituzione delle somme già incassate) in ragione di circostanze modificative o estintive sopravvenute alla conclusione del processo esecutivo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto inammissibile l'opposizione all'esecuzione successiva alla pronuncia dell'ordinanza di assegnazione del credito, con la quale il debitore intendeva fare valere la sopravvenuta dichiarazione di inefficacia, ex art. 188 disp. att. c.p.c., del decreto ingiuntivo in forza del quale era stata promossa l'esecuzione forzata)
Cassazione Civile, Sez. III, Sentenza del 26 aprile 2022, (ud. 16 dicembre 2021), n. 12977 – Pres. De Vivaldi – Rel. Saija.
In tema di opposizione all'esecuzione ex art. 615, comma 2, c.p.c., qualora il giudice dell'esecuzione non liquidi le spese della fase sommaria con l'ordinanza con cui dispone la sospensione della procedura, la parte vittoriosa che abbia interesse alla loro liquidazione ha l'onere di instaurare il giudizio di merito prima della scadenza del termine di cui all'art. 616 c.p.c. o, in alternativa, di avanzare istanza di integrazione del provvedimento ai sensi dell'art. 289 c.p.c., anche allo scopo di garantire alle altre parti (previa eventuale rimessione in termini) la possibilità di contestare la liquidazione nella fase di merito dell'opposizione; ne deriva che, in caso di inerzia della parte vittoriosa, dette spese non sono più ripetibili, né altrimenti liquidabili.
Cassazione Civile, Sez. VI – 3, 2 maggio 2022, (ud. 14 aprile 2022), n. 13797 – Pres. Scoditti – Rel. Tatangelo.
Il regime della sospensione feriale dei termini processuali non è applicabile ai giudizi in materia di esecuzione forzata, ivi incluse le controversie insorte in fase di distribuzione ai sensi dell'art. 512 c.p.c., anche nel caso in cui il diritto del creditore a partecipare alla distribuzione sia contestato deducendo la nullità, la simulazione o l'inefficacia del fatto costitutivo del credito da questi fatto valere in sede esecutiva, senza che rilevi che sia eventualmente invocata una pronuncia espressa sul punto. (Nella specie, la S.C. ha escluso l'applicabilità del regime della sospensione feriale dei termini al giudizio sorto, al momento della distribuzione delle somme pignorate in danno del debitore, tra il creditore procedente e la creditrice intervenuta in ordine al diritto di quest'ultima di partecipare alla predetta distribuzione, evidenziando come le domande di accertamento dell'esistenza e dell'opponibilità del credito per cui la creditrice era intervenuta nel processo esecutivo - in virtù della contestata simulazione o dell'inefficacia degli accordi da questa stipulati con il debitore in sede di separazione coniugale - fossero state formulate allo scopo di ottenere l'esclusione della creditrice dalla distribuzione della somma ricavata e, dunque, costituissero un presupposto per la decisione dell'opposizione esecutiva).
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 5 maggio 2022, (ud. 24 gennaio 2022), n. 14275 – Pres. Vivaldi – Rel. Rossetti.
In tema di esecuzione forzata, la mancata spedizione del titolo in forma esecutiva resta sanata, ex art. 156 c.p.c., dall'opposizione di merito proposta dal debitore congiuntamente a quella di rito (volta a contestare la mancanza di tale formula), poiché la contestazione dell'esistenza del diritto di agire esecutivamente rivela che il debitore ha ben individuato il soggetto creditore e per quale debito si procede in executivis e, pertanto, la notifica del precetto ha raggiunto il suo scopo. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che l'omessa apposizione della formula esecutiva sul titolo notificato - costituito dall'ordinanza di assegnazione pronunciata dal giudice dell'esecuzione all'esito del pignoramento presso terzi - dovesse ritenersi sanata dalla proposizione dell'opposizione all'esecuzione da parte del debitore).
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 5 maggio 2022, (ud. 15 febbraio 2022), n. 14282 – Pres. Vivaldi – Rel. Fanticini.
Possono costituire oggetto dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. soltanto gli atti esecutivi e, cioè, gli atti di parte di promozione dell'esecuzione forzata oppure i provvedimenti ordinatori del giudice dell'esecuzione volti all'instaurazione, prosecuzione o definizione della procedura - i quali si distinguono dagli atti preparatori che, privi di autonoma rilevanza come momento dell'azione esecutiva e tesi alla mera direzione del processo o all'interlocuzione con le parti o gli ausiliari, sono assunti nella prospettiva della futura adozione di altri e diversi provvedimenti - e a condizione che essi abbiano incidenza dannosa nella sfera degli interessati, tale che sia attualmente configurabile un interesse reale alla rimozione dei loro effetti. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato l'inammissibilità dell'opposizione proposta avverso l'atto preparatorio con cui il giudice dell'esecuzione, a fronte dell'istanza di riassunzione della procedura esecutiva sospesa, aveva richiesto al creditore la prova del passaggio in giudicato della pronuncia di accoglimento dell'opposizione avanzata contro il provvedimento di improcedibilità dell'espropriazione forzata).
Cassazione Civile, Sez. II, Ordinanza del 10 maggio 2022, (ud. 9 febbraio 2022), n. 14705 – Pres. Manna – Rel. Oliva.
Poiché l'opposizione al precetto costituisce giudizio di cognizione, tutte le vicende relative al credito portato in esecuzione, ancorché successive alla data di notificazione del predetto atto, devono essere considerate dal giudice dell'opposizione, il quale è tenuto a procedere ad una verifica dell'esistenza del credito stesso, e del suo esatto ammontare, con riferimento alla data della decisione del predetto giudizio di opposizione. Ne consegue che il creditore opposto, ove non abbia specificato nel precetto la fonte del suo credito, è legittimato a fornire detta specificazione nel corso del giudizio di opposizione al precetto, documentando l'esistenza e l'importo attuale del credito stesso; il giudice dell'opposizione, in tal caso, è tenuto a tener conto delle deduzioni e allegazioni fornite dall'opposto nel corso del giudizio di opposizione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza della corte territoriale che, confermando la pronuncia di primo grado di accoglimento dell'opposizione per carenza della titolarità del credito, non aveva tenuto conto del fatto che quest'ultimo, pur essendo stato originariamente ceduto in favore di un terzo, aveva successivamente formato oggetto di retrocessione in favore del creditore precettante).
Cassazione Civile, Sez. III, Sentenza del 13 maggio 2022, (ud. 15 febbraio 2022) n. 15376 – Pres. Vivaldi – Rel. Rubino.
Nel giudizio di opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., se l'esecuzione è avviata in forza di un titolo esecutivo giudiziale, ottenuto ad istanza del creditore menzionato nel provvedimento e nei confronti del soggetto in danno del quale è stata disposta la condanna, spetta all'opposto, creditore procedente, la prova che esso esiste ed è efficace, mentre è onere dell'esecutato opponente dare la prova del fatto sopravvenuto che abbia determinato il venir meno del diritto a procedere esecutivamente nei suoi confronti, con la conseguenza che, ove il titolo esecutivo sia costituito da una sentenza di condanna a titolo di rivalsa, il creditore procedente, in caso di tempestiva contestazione avanzata dal debitore nel ricorso in opposizione, è tenuto a dimostrare l'avvenuto pagamento delle somme che intenda ripetere da quest'ultimo, trattandosi di elemento costitutivo della fattispecie posta a fondamento del credito azionato.
Cassazione Civile, Sez. III, Sentenza del 15 maggio 2022, (ud. 5 aprile 2022), n. 15966 – Pres. De Stefano – Rel. Fanticini
In caso di intervento nell'espropriazione immobiliare di un creditore privo di titolo esecutivo, ma titolare di garanzia ipotecaria prestata dall'esecutato per il debito di un soggetto estraneo al processo esecutivo, all'udienza di verifica dei crediti ex art. 499, commi 5 e 6, c.p.c., devono essere convocati sia l'esecutato, sia il debitore principale, il quale è legittimato a dichiarare quali dei crediti per i quali hanno avuto luogo gli interventi "sine titulo" intenda riconoscere (in tutto o in parte) ovvero disconoscere.
Cassazione Civile, Sez. III, Sentenza del 15 maggio 2022, (ud. 5 aprile 2022), n. 15966 – Pres. De Stefano – Rel. Fanticini
Il sub-procedimento di verifica dei crediti dei creditori intervenuti senza titolo esecutivo, previsto dall'art. 499, commi 5 e 6, c.p.c., costituisce requisito per l'accesso degli stessi alla distribuzione del ricavato e presidia un interesse pubblico processuale alla regolarità e celerità della ripartizione, sicché compete "ex officio" al giudice, con l'ordinanza con cui è disposta la vendita o l'assegnazione, fissare un'apposita udienza per la comparizione del debitore e dei suddetti creditori, disponendone la notifica a cura di una delle parti; in difetto, è onere dello stesso creditore interessato avanzare tempestiva istanza affinché l'udienza si svolga durante la fase liquidativa del processo esecutivo, con la conseguenza che, una volta iniziata la fase distributiva, non possono essere accolte né la richiesta volta alla fissazione dell'udienza di verifica del credito, né quella volta alla rimessione in termini del creditore rimasto inerte.
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 19 maggio 2022, (ud. 8 marzo 2022), n. 16219 – Pres. De Stefano – Rel. Sajia
In tema di espropriazione immobiliare, l'eventuale erronea indicazione, nel decreto di trasferimento, di servitù attive o passive riguardanti il bene trasferito, può essere fatta valere con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. e non attraverso il procedimento di correzione di errore materiale di cui all'art. 287 c.p.c., in quanto trattasi di profilo che concerne non già un mero difetto di corrispondenza tra l'ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione grafica, bensì aspetti sostanziali che incidono sul contenuto di ciò che è trasferito rispetto a quanto è stato posto in vendita e pubblicizzato. (Nella specie, la S.C., decidendo nel merito, ha annullato il decreto con il quale il giudice dell'esecuzione aveva proceduto alla correzione dei decreti di trasferimento relativi a due lotti aggiudicati - risultanti dal frazionamento di un unico immobile nel corso della procedura esecutiva -, eliminandovi il riferimento alla servitù di passaggio gravante su uno di essi in favore dell'altro, benché di tale servitù si desse atto nella perizia e nell'avviso di vendita).
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 1 giugno 2022, (ud. 8 marzo 2022), n. 17913 – Pres. De Stefano – Rel. Valle
Il giudizio di opposizione di terzo all'esecuzione, ex art. 619 c.p.c., sebbene abbia struttura bifasica presenta natura unitaria, sicché l'atto di citazione per la fase di merito che segua, eventualmente, quella sommaria dinanzi al giudice dell'esecuzione è validamente notificato presso il difensore nominato con la procura alle liti rilasciata già nella prima fase, in mancanza di una diversa ed esplicita volontà della parte destinataria che abbia limitato, a tale fase, la validità del mandato difensivo
Cassazione Civile, Sez. III, Ordinanza del 7 giugno 2022, (ud. 15 marzo 2022), n. 18331 – Pres. Rubino– Rel. Rossi
In tema di espropriazione presso terzi, il pignoramento di un credito ereditario da parte di un coerede nei confronti di altro coerede comporta che, ove il procedente non abbia espressamente limitato l'oggetto del pignoramento alla sola quota di spettanza del proprio debitore, il terzo pignorato è tenuto a versare l'intero importo del credito, dal momento che, a differenza dei debiti ereditari (che si dividono automaticamente "pro quota" ex art. 752 c.c.), i crediti ereditari ricadono nella comunione e possono, pertanto, essere fatti valere per l'intero da ciascuno dei coeredi, restando affidata la successiva ripartizione fra gli stessi al giudizio di divisione.