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Pubbl. Lun, 29 Ago 2022

Il recupero del contratto invalido

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Cesare Valentino
Dottore di ricercaNessuna



Con il presente elaborato é fornita una panoramica dei rimedi volti a recuperare il contratto invalido, in ossequio al principio di conservazione dei vincoli contrattuali. Particolare attenzione é rivolta all´individuazione delle ipotesi di sanatoria del negozio nullo, allo stato le più problematiche.


ENG

The recovery of the invalid contract

This paper provides an overview of the remedies aimed at recovering the invalid contract, in compliance with the principle of preservation of contractual obligations. Particular attention is paid to the identification of the hypothesis of amnesty of the null transaction, currently the most problematic.

Sommario: 1. Inquadramento sistematico della categoria invalidità contrattuale; 2. Il recupero del negozio nullo: le fattispecie problematiche; 3. La conversione del negozio nullo; 4. Il meccanismo di sostituzione ai sensi degli articoli 1339 e 1419 comma 2 c.c.; 5. Ulteriori fattispecie di sanatoria del negozio nullo: la conferma nelle contrattazioni immobiliari e la registrazione tardiva del contratto di locazione; 6. La sanatoria delle nullità di protezione; 7. Il recupero del negozio annullabile: la convalida espressa; 8. La convalida tacita; 9. L’ambito applicativo della convalida contrattuale; 10. La rettifica del contratto annullabile.

1. Inquadramento sistematico della categoria invalidità contrattuale

La tematica afferente al recupero del negozio invalido necessita di un previo inquadramento della categoria dell’invalidità contrattuale[1], espressione con cui si intende in generale la difformità del contratto rispetto al paradigma legale[2]che può assumere sia la forma della nullità che dell’annullabilità.

Più in particolare, la nullità contrattuale[3] è la forma di invalidità più grave che può colpire il negozio giuridico, sanzionata con l’inefficacia[4] originaria e definitiva del contratto.

Sul piano sostanziale, le forme di nullità sono[5]: i) nullità virtuale[6], configurabile allorquando il contratto è contrario a norme imperative; ii) nullità strutturale, che postula l’insussistenza di uno degli elementi essenziali del contratto; iii) nullità per illiceità[7], configurabile allorquando la causa o l’oggetto siano contrari a norme imperative, ordine pubblico e buon costume; iv) nullità testuale, cioè espressamente prevista dalla legge (es. 2744 e 458 c.c.).

Dal punto di vista processuale, la nullità del contratto può esser fatta valere attraverso un’azione dichiarativa[8] la cui attivazione compete a chiunque vi abbia interesse[9].

La legittimazione allargata e l’imprescrittibilità dell’azione di nullità contrattuale si spiegano tenuto conto della funzionalizzazione di tale rimedio alla tutela di un interesse generale[10].

L'imprescrittibilità, tuttavia, incontra due ordini di limiti. Il primo è dato dal maturare dell’usucapione, il secondo invece dal maturare della prescrizione delle azioni personali di restituzione dell’indebito.

L’annullabilità[11] invece costituisce una forma di invalidità meno grave della nullità, contraddistinta dall’efficacia precaria del negozio, in quanto destinata a cessare nel caso di accoglimento dell’azione costitutiva di annullamento.

Efficacia che invece può stabilizzarsi allorquando: i) intervenga la convalida del negozio annullabile; ii) spiri il termine quinquennale entro cui esperire l’azione di annullamento.

Sul piano funzionale, occorre rilevare che l’annullabilità è prevista in funzione di tutela dell’interesse particolare[12] del contraente incapace o il cui consenso sia viziato da dolo, errore o violenza.

Sul versante sostanziale vizi determinanti l'annullabilità sono: i) l’incapacità d’agire o naturale; ii) i vizi del consenso, ossia l’errore, la violenza e il dolo.

In particolare, per errore[13] si intende la falsa rappresentazione della realtà, costituente causa di annullamento del contratto solo se essenziale e riconoscibile dall’altro contraente[14].

La violenza che dà luogo ad annullamento è solo quella morale[15], che si concretizza nella minaccia di un male ingiusto e notevole. La violenza fisica è invece causa di nullità.

Per dolo[16] si intendono gli artifizi o raggiri che inducono un soggetto: i) a concludere un contratto che in assenza degli stessi non avrebbe concluso (dolo determinante[17]); ii) a concludere un contratto che in assenza degli artifizi o raggiri sarebbe stato egualmente concluso ma a condizioni diverse (dolo incidente[18]).

Tuttavia, solo il dolo determinante è causa di annullamento. Il dolo incidente invece può dar luogo solo a responsabilità precontrattuale[19].

Sul piano processuale, l’annullabilità del contratto può esser fatta valere con l’azione costitutiva di annullamento, la cui legittimazione compete solo alla parte nel cui interesse è prevista[20], e dal cui accoglimento discende la rimozione retroattiva dell’atto e dei relativi effetti, con conseguente ripetibilità delle prestazioni già eseguite.

L’annullamento, tuttavia, non pregiudica i diritti acquistati dai terzi in buona fede e a titolo oneroso[21].

Sotto tale profilo nette sono le differenze rispetto alla nullità, alla rescissione e alla risoluzione.

Infatti, la nullità travolge gli acquisti fatti dai terzi a qualsiasi titolo; la rescissione o la risoluzione non travolgono gli acquisti dei terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di rescissione/risoluzione[22].

2. Il recupero del negozio nullo: le fattispecie problematiche

Così inquadrate le due forme di invalidità contrattuale, si può spostare il baricentro dell’analisi sulla vexata quaestio afferente al recupero del negozio invalido, nelle due declinazioni del negozio nullo e del negozio annullabile.

Al riguardo, particolarmente discussa è la sanatoria del negozio nullo, che trova una base normativa negli articoli 1423[23] e 1424 c.c.

Dalla prima delle suindicate norme si desume il principio della non convalidabilità di tale negozio, salvo diversa previsione di legge.

L’art. 1424 c.c., invece, enuclea il principio per cui il negozio nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso del quale contenga i requisiti di forma e di sostanza. Delle due, è l’art. 1423 c.c. la norma che pone maggiori problemi interpretativi, discendenti dall'ambigua formulazione della stessa, che sembra ridimensionare la portata del principio di non convalidabilità.

In realtà il legislatore, più che aprire ad un'eventuale convalida del negozio nullo nei casi previsti dalla legge, ha inteso vietare solo tale forma di sanatoria, senza precludere altre forme di recupero del negozio stesso[24].

In tale prospettiva, non risultano qualificabili in termini di convalida le fattispecie di conferma delle disposizioni testamentarie o donative nulle previste e disciplinate agli articoli 590 e 799 c.c.[25], dato che nella conferma sembra mancare l’elemento costitutivo necessario della convalida, ossia la coincidenza[26] tra soggetto convalidante e parte del negozio convalidato[27].

Sul versante della pretesa efficacia del contratto nullo non sembra costituire un’eccezione alla regola della inconvalidabilità cristallizzata all’art. 1423 c.c. nemmeno la fattispecie del contratto di lavoro nullo ma eseguito, tratteggiata all'art. 2126 c.c., dato che trattandosi di fattispecie complessa modulata strutturalmente su un comportamento esecutivo, la dottrina più recente [28]non ha esitato a ravvisare nella stessa un’ipotesi di rapporto contrattuale di fatto[29] piuttosto che di contratto nullo convalidato.

Nel medesimo senso, non sembra costituire un’eccezione al principio di inconvalidabilità del negozio nullo nemmeno la c.d. pubblicità sanante prevista dagli articoli 2690 e 2652 n. 6 c.c., da cui si desume il principio per cui l’acquirente di buona fede non è intaccato dalla nullità del precedente atto se sono trascorsi cinque anni dalla trascrizione dello stesso.

Al riguardo a risultare impropria è la qualificazione stessa di tale fattispecie in termini di sanatoria, atteso che le norme in parola disciplinano esclusivamente i conflitti con i terzi e non anche i rapporti inter partes[30].

Non meno importante è la considerazione che le norme in analisi rientrano nel quadro della circolazione dei beni immobili e mobili registrati e presuppongono sul versante applicativo la sussistenza di una complessa fattispecie strutturalmente modulata sui seguenti elementi: i) negozio nullo; ii) trascrizione dello stesso; iii) buona fede; iv) quinquennio[31].

3. La conversione del negozio nullo

Meno problematico è il rimedio manutentivo della conversione sostanziale[32] del negozio nullo, consistente nella circostanza che tale negozio può produrre gli effetti di un contratto diverso del quale contenga i requisiti di forma e di sostanza[33].

Il fondamento del rimedio in parola è da ravvisare nel principio di conservazione[34] del negozio giuridico.

Affinché possa trovare applicazione tale forma di conversione è necessario: i) che il contratto nullo contenga i requisiti formali e sostanziali del contratto diverso; ii) che sussista omogeneità funzionale[35] tra contratto diverso e contratto nullo; iii) che le parti al momento di conclusione del contratto ignorassero la causa di nullità[36].

In ordine all’ambito applicativo della conversione ai sensi dell'articolo 1424 c.c., vi è da rilevare che la stessa non può operare in relazione ad un contratto con causa illecita perché sarebbe illecito anche il nuovo contratto, oltre a quello convertito. 

Discussa è la possibilità di convertire un contratto nullo in un negozio unilaterale, che sembra da escludere alla luce della lettera dell'articolo 1424 c.c., che contempla un riferimento espresso al contratto.

Infine, non si deve confondere la suindicata conversione sostanziale di cui all'articolo 1424, operante in relazione al contenuto del regolamento contrattuale[37], con la conversione formale[38] (per es. artt. 2701 e 607 c.c.), presupponente la possibilità che un atto rivesta una pluralità di forme[39].

4. Il meccanismo di sostituzione ai sensi degli articoli 1339 e 1419 comma 2 c.c.

Costituisce applicazione del principio di conservazione, in materia di nullità parziale[40], anche il meccanismo di sostituzione disciplinato dagli articoli 1339 e 1419 c. 2 c.c.[41], attraverso cui si realizza un’integrazione legale del rapporto contrattuale.

L'applicazione di tale rimedio non presuppone una lacuna del regolamento contrattuale, bensì la difformità di una parte del contratto rispetto ad una norma imperativa posta a tutela di un interesse generale o dell'interesse di un contraente debole.

Tramite il meccanismo di sostituzione ai sensi degli articoli 1339 e 1419 comma 2 c.c. si assiste ad una determinazione imperativa del rapporto contrattuale, di cui si assicura la conservazione nell’ottica di apprestare un’adeguata tutela della parte debole del rapporto o di altro preminente interesse[42].

La tutela di tali interessi passa attraverso il mantenimento di un contratto con contenuto determinato imperativamente dalla legge.

Non può obiettarsi una presunta compressione se non l’eliminazione dell'autonomia contrattuale[43]. Infatti, si tratta pur sempre di un contratto che sin dalla sua conclusione contrasta con una norma imperativa[44].

Sul versante applicativo, l’operatività del meccanismo di sostituzione ai sensi degli articoli 1339 e 1419 comma 2 c.c. è stata invocata come rimedio manutentivo al fenomeno dell’usura sopravvenuta, configurabile allorquando il tasso convenzionale di determinazione degli interessi non è usurario sin dal momento della conclusione del contratto, ma lo diviene in corso di rapporto.

In tal caso si è posto il problema delle tutele esperibili, attesa l’inapplicabilità del rimedio della nullità necessariamente parziale ai sensi dell'articolo 1815 comma 2 c.c., operante solo nell’ipotesi di usura originaria. E proprio in applicazione del meccanismo in analisi una parte della giurisprudenza[45] ha posto rimedio ai fenomeni di usura sopravvenuta attraverso la sostituzione del tasso divenuto usurario con il tasso soglia.

5. Ulteriori fattispecie di sanatoria del negozio nullo: la conferma nelle contrattazioni immobiliari e la registrazione tardiva del contratto di locazione

L'art. 46 comma 4 D.P.R. 380/2001 prefigura un’ulteriore fattispecie di sanatoria del contratto nullo.

In particolare, ai sensi di tale disposizione, il contratto affetto da nullità formale per omessa menzione dei requisiti di regolarità può essere confermato anche solo da una parte attraverso un atto recante l’omessa menzione[46].

Discussa è la natura del rimedio in analisi, che parte della dottrina[47] qualifica in termini di mera regolarizzazione formale del contratto nullo[48].

Nella prospettiva del superamento del presunto dogma dell’insanabilità del negozio nullo si collocano anche i principi enucleati in tema di sanatoria[49] del contratto di locazione non registrato entro il termine legale[50].

Detta sanatoria sarebbe possibile mediante una registrazione tardiva e la cui ammissibilità è stata da tempo affermata dalla giurisprudenza[51] sulla base dei seguenti rilievi. Anzitutto nel sistema non sussiste un’espressa previsione che preclude l'attivazione di tale rimedio. In secondo luogo, la registrazione tardiva consente di tutelare non solo l’interesse del locatore e del conduttore alla continuità della locazione, ma anche l’interesse pubblicistico al contrasto dell’evasione fiscale.

6. La sanatoria delle nullità di protezione

Discussa è l’ammissibilità di una sanatoria della nullità di protezione[52], ossia di quella forma di nullità deviante dal modello codicistico della nullità in quanto volto essenzialmente (ma non solo) alla tutela della parte debole[53] del rapporto contrattuale[54].

Diversi sono gli argomenti che consentono di propendere per la soluzione positiva del quesito.

Innanzitutto, sul versante normativo manca una disposizione che neghi o ammetta la sanatoria della nullità di protezione, analogamente a quanto previsto in materia di annullamento e rescissione[55]. Né sussistono previsioni nei codici di settore che ostano all’ammissibilità di una sanatoria di tale forma di nullità. [56].

In secondo luogo, depone a favore della sanabilità della nullità di protezione la conformazione disciplinare della medesima, azionabile dal solo contraente debole, che è l’unico che può assecondare l’eventuale rilievo officioso del giudice.

Infatti, quest’ultimo può dichiarare la nullità solo se il contraente debole non vi si opponga[57].

Orbene, se la legge riconosce al contraente debole il potere di far dichiarare la nullità di protezione, a maggior ragione deve attribuirgli anche il potere di consolidare la relativa fattispecie attraverso una manifestazione di volontà sanante[58].

La sanabilità della nullità di protezione si profila dunque quale proiezione applicativa della legittimazione relativa[59] e del rilievo officioso nei limiti dianzi tracciati.

Un ulteriore appiglio normativo nel senso dell’ammissibilità della sanatoria della nullità di protezione viene inoltre tratto dall'art. 143 cod. cons., da cui, secondo parte della dottrina[60] è possibile desumere il principio per cui il consumatore può disporre ex post dei diritti acquistati.

Così precisati gli argomenti che aprono all’ammissibilità della sanatoria delle nullità di protezione, occorre delinearne i limiti di tempo e gli effetti, in assenza di indicazioni legislative sul punto.

In ordine ai limiti di tempo[61] occorre rilevare che una valida dichiarazione sanante, sia giudiziale che stragiudiziale[62], non può aver luogo prima del momento in cui si attualizza l’esercizio del diritto su cui incide la nullità di protezione. Sul versante effettuale, la dichiarazione di volontà sanante va letta non solo in termini di rinunzia all’azione di nullità, ma anche come strumento idoneo ad eliminare con efficacia retroattiva l’invalidità[63].

7. Il recupero del negozio annullabile: la convalida espressa

In ordine al recupero del negozio annullabile, invece, vi è da rilevare che il legislatore prevede a tale scopo gli istituti della convalida e della rettifica.

In particolare, la convalida[64] è un negozio di secondo grado che può assumere una duplice configurazione, potendo essere sia espressa che tacita, a seconda che presupponga o meno un’espressa manifestazione di volontà.

La convalida espressa in particolare è posta in essere da chi è in condizione di concludere validamente il contratto[65], attraverso un atto contenente[66]: i) la menzione del contratto annullabile e del motivo di annullabilità; ii) la dichiarazione che si intende convalidare il contratto annullabile.

Particolarmente problematica è la questione afferente la natura giuridica di tale forma di convalida, che si ricollega intimamente alla funzione assolta dall’istituto.

Al riguardo occorre rilevare che secondo una prima corrente di pensiero[67] il negozio di convalida è funzionale all’eliminazione del vizio che affetta il negozio annullabile. A tale tesi si può obiettare agevolmente che se il contraente è incapace al momento della conclusione del negozio il dato di fatto dell’incapacità non viene di certo meno se interviene la convalida del negozio annullabile.

Per tale ragione altra dottrina[68] ritiene che la convalida si concretizzi in una rinuncia all’azione di annullamento, atteso che non si assiste alla produzione di effetti nuovi e diversi ma alla stabilizzazione di quelli già prodotti. Anche tale tesi non si sottrae a rilievi critici, in quanto non fornisce spiegazione al motivo per cui il legislatore abbia inteso disciplinare espressamente la convalida con una norma che, se fosse stata un mero atto di rinuncia, sarebbe risultata superflua, dato che la possibilità di rinunciare all’azione di annullamento è già desumibile muovendo dall’impianto codicistico.

Per una terza tesi[69], invece, la convalida costituisce un negozio di accertamento, con cui la parte che può esercitare l’azione di annullamento dichiara di non avere interesse all’invalidazione del contratto.

Così intesa la convalida elimina la situazione di incertezza conseguente al vizio del negozio, fissando in modo certo e definitivo la situazione giuridica; ciò che, appunto, contraddistingue il negozio di accertamento.

Così individuata la natura della convalida espressa, occorre chiedersi[70] se la stessa costituisce o meno un negozio formale.

Una soluzione nel primo senso potrebbe desumersi dalla lettera dell’articolo 1444 c.c., laddove statuisce che la convalida deve contenere la menzione del contratto e dei motivi di invalidità. In tale prospettiva sarebbe sempre necessaria la forma scritta.

Secondo parte della dottrina[71], invece, la soluzione della problematica passa attraverso l’inquadramento della fattispecie.

Infatti, se la convalida viene qualificata in termini di atto integrativo, incidente sul vizio invalidante, dovrà avere la stessa forma del contratto da convalidare.

Viceversa, qualora si ricostruisca la convalida in termini di rinunzia all’azione di annullamento, la medesima avrà forma libera[72].

Discussa è anche l’efficacia retroattiva o meno del negozio di convalida, in assenza di indicazioni legislative sul punto.

La soluzione della questione discende dalla natura e dalla ratio della convalida.

Se si assume che la medesima elimina il vizio del negozio annullabile, ne discende quale logica implicazione, l’efficacia retroattiva.

A conclusione opposta invece si perviene muovendo dall’assunto per cui la convalida giammai potrebbe sanare il vizio invalidante, limitandosi ad eliminare la situazione di incertezza che colpisce il negozio annullabile.

Controversa è anche la natura recettizia o meno del negozio di convalida.

Al riguardo, muovendo dalla qualificazione della convalida espressa in termini di negozio di accertamento, si potrebbe propendere per il carattere recettizio della stessa, che si ricollega alla necessità che l’altra parte non versi in uno stato di incertezza relativamente alla sorte del negozio.

8. La convalida tacita

Si configura una convalida tacita[73] del negozio annullabile allorquando il contraente legittimato all’azione di annullamento dà volontaria esecuzione al contratto annullabile, pur conoscendo il vizio implicante l'annullabilità.

Sul piano strutturale tale forma di convalida richiede pertanto: i) la volontaria esecuzione del contratto da parte del contraente legittimato all’annullamento; ii) la conoscenza da parte di quest’ultimo del motivo di annullabilità.

Controversa è la natura giuridica di tale forma di convalida. Ci si chiede infatti se la stessa sia un atto o un negozio (di attuazione)[74], sebbene la prevalente impostazione[75] propende per la natura negoziale della convalida tacita[76], di cui è discussa anche la portata applicativa.

Al riguardo occorre rilevare che l’operatività di tale forma di convalida può essere diversamente configurata a seconda del significato che si attribuisce al concetto di esecuzione del contratto, che parte della dottrina[77] intende in termini di adempimento[78].

9. L’ambito applicativo della convalida contrattuale

Risulta controverso l'ambito di operatività dell'istituto della convalida del negozio.

Infatti, dagli articoli 1423 e 1451 c.c. si può desumere il principio per cui la convalida è inapplicabile al contratto nullo o al contratto rescindibile[79].

L’inammissibilità della convalida del contratto nullo si spiega in ragione dell’esigenza di evitare il mantenimento di un contratto che lede un interesse generale.

Il divieto di convalida[80] del negozio rescindibile, invece, secondo un’autorevole corrente di pensiero[81], si ricollega all’esigenza di prevenire facili occasioni di abuso in danno del contraente leso.

Altra parte della dottrina[82] rileva che la ratio dell’inammissibilità della convalida del negozio rescindibile va ricercata accedendo ad una ricostruzione del rimedio rescissorio non solo in termini di strumento di tutela della libertà del volere del contraente leso, ma anche di esigenza di equilibrio oggettivo del contratto sotto il profilo dell'equità[83].

Pertanto, se ad assumere rilievo è l’oggettivo squilibrio tra le prestazioni, dipeso da una situazione di pericolo o di bisogno, è chiaro che lo stesso non può venir meno per effetto di una successiva manifestazione di volontà da parte del contraente che lo ha subito[84].

Lo strumento per ristabilire l’equilibrio dello scambio è dunque costituito dall’offerta di riduzione ad equità[85] ad opera della controparte e non da un’iniziativa unilaterale del contraente vittima del contratto affetto da mancanza di equilibrio[86].

10. La rettifica del contratto annullabile

Ulteriore rimedio manutentivo che consente il recupero del contratto annullabile è costituito dalla rettifica, che al pari della convalida trova fondamento nel principio di conservazione del negozio giuridico.

Trattasi di un negozio di secondo grado, unilaterale e a carattere accessorio[87], in forza del quale la parte non in errore offre di eseguire il contratto in modo conforme a quanto avrebbe voluto la parte in errore.

L’offerta di esecuzione conforme da parte del soggetto non in errore deve tuttavia intervenire prima che la parte in errore possa subire un pregiudizio.

Dal punto di vista degli effetti[88] la rettifica non dà luogo ad un nuovo contratto ma implica semplicemente un mutamento in fase esecutiva della prestazione da eseguire[89].

Controverso è il perimetro applicativo di tale istituto[90].

In base alla lettera dell’articolo 1432, si potrebbe sostenere che tale rimedio conservativo possa trovare applicazione solo nel caso di errore da parte di uno dei contraenti.

In realtà, potrebbe essere configurata un’applicazione generalizzata dell’istituto muovendo dalla considerazione che il medesimo è pur sempre espressione del principio generale di conservazione dei vincoli contrattuali[91].


Note e riferimenti bibliografici

[1] Sulla tematica dell’invalidità: F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2019, p. 993 e ss.; C.M. BIANCA, Il contratto, Milano, 2019, p. 565 e ss.; P. ZATTI, Manuale di diritto civile, Padova, 2015, p. 779 e ss.; M.C. DIENER, Il contratto in generale, Milano, 2015, pp. 765 ss.

[2] Il concetto di invalidità differisce da quello di inefficacia, con cui si intende invece l’improduttività di effetti contrattuali.

Tuttavia, nonostante la distinzione concettuale tra invalidità e inefficacia, i rapporti tra le due categorie possono essere ricostruiti in tali termini: i) contratto valido ed efficace; ii) contratto invalido e inefficace, ma suscettivo di essere portato ad esecuzione (es. negozio nullo); iii) contratto invalido, ma precariamente efficace, come il negozio annullabile (e per alcuni il negozio rescindibile); iv) contratto valido ma affetto da inefficacia originaria (contratto sospensivamente condizionato); v) contratto valido ma colpito da inefficacia sopravvenuta (es. negozio risolutivamente condizionato e negozio revocato ai sensi dell’art. 2901 c.c.). A. TORRENTE - P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, 2021, pp. 667 ss.

[3] F. GAZZONI, op. cit., pp. 994 ss; C.M. BIANCA, op. cit., pp. 567 ss.

[4] A. TORRENTE - P. SCHLESINGER, op. cit., pp. 668 ss.

[5] F. GAZZONI, op. cit., pp. 995 ss.

[6] Come rilevato, il negozio è colpito da nullità virtuale allorquando il medesimo sia contrario a norma imperativa, vale a dire la norma inderogabile ad opera delle parti, in quanto prevista in funzione di un interesse generale. A. TORRENTE - P. SCHLESINGER, op. cit., pp. 670 ss.

La nullità virtuale rende atipico il sistema delle nullità di stampo codicistico.

Infatti la nullità può esser pronunciata allorquando il giudice qualifica come imperativa una determinata norma.

Sotto tale profilo si può cogliere il tratto differenziale che corre tra nullità contrattuale, nullità delle delibere assembleari (che sono negozi ma non contratti), nullità societaria e nullità provvedimentale.

La tipicità che connota i tre tipi di nullità da ultimo citati si ricollega: i) all’esigenza di assicurare la stabilità e la certezza dei traffici giuridici in cui operano le società, nel caso di nullità delle delibere assembleari e in caso di nullità societaria; ii) all’esigenza di assicurare la stabilità delle decisioni amministrative (nell'ipotesi di nullità provvedimentale), che oltre ad incidere sulla sfera giuridica dei privati destinatari del provvedimento sono dirette alla cura di un pubblico interesse.

[7] Si configura nullità per illiceità allorquando la causa o l’oggetto del contratto siano  contrari a norma imperativa, ordine pubblico o buon costume. In tal caso, a differenza della nullità virtuale, la contrarietà a norma imperativa involge l’elemento contrattuale e non il contratto in sé. A differenza della nullità strutturale, nella nullità per illiceità non rileva un difetto strutturale del contratto.

[8] Si discute circa la rinunciabilità dell’azione di nullità. Al quesito va fornita soluzione negativa, attesa la funzionalizzazione della nullità alla tutela di un interesse generale.

[9] F. GAZZONI, op. cit., p. 999.

[10] P. ZATTI, op. cit., p. 781.

[11] F. GAZZONI, op. cit., p. 1005; C.M. BIANCA, op. cit., pp. 598 ss.; M.C. DIENER, op. cit., pp. 794 ss.

[12] F. GAZZONI, op. cit., p. 1005.

[13] M.C. DIENER, op. cit., pp. 796 ss.

[14] A. TORRENTE - P. SCHLESINGER, op. cit., pp. 558 ss.

[15] M.C. DIENER, op. cit., pp. 798 ss.

[16] M.C. DIENER, op. cit., p. 800.

[17] P. ZATTI, op. cit., pp. 813 ss.

[18] P. ZATTI, op. cit., p. 813 - 814.

[19] A. TORRENTE - P. SCHLESINGER, op. cit., p. 564.

[20] Solo nell’ipotesi di annullabilità assoluta (interdizione legale) la legittimazione è allargata, in quanto l’interdizione legale non è uno strumento di protezione ma assume connotazione sanzionatoria.

[21] A. TORRENTE - P. SCHLESINGER, op. cit., pp. 681 ss.

[22] Non distinguendo tra tipologie di terzi, gli art. 1452 e 1458 comma 2 c.c. trovano applicazione a tutti i terzi.

[23] Secondo F. GAZZONI, op. cit., p. 1000, l'art. 1423 c.c. è norma “non già puntualmente disciplinare ma di mera enunciazione di principio, esempio di una certa, inopportuna propensione del legislatore a divenire egli stesso interprete ricostruendo il sistema”.

[24] S. PAGLIANTINI, Autonomia privata e divieto di convalida del contratto nullo, Torino, 2007, pp. 23 ss.

[25] Per un’analitica disamina delle tesi sulla natura della conferma si consenta di rinviare a M.C. DIENER, op. cit., pp. 791 ss.

Come rileva l’Autore, per una prima tesi la conferma si concretizza in una negazione dell'azione di nullità, atteso che gli eredi o aventi causa confermanti sono privati della possibilità di attivare l'azione di nullità.

Per una seconda tesi invece la conferma costituisce adempimento di un'obbligazione naturale, in quanto gli eredi o gli aventi causa confermanti adempiono ad un dovere morale o sociale nei confronti del testatore o del donante defunto.

Per una terza tesi, che l'autore sembra condividere, la conferma costituisce un negozio autonomo di secondo grado funzionale all'eliminazione dei vizi di un precedente negozio.

Sul punto si vd. anche G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2015, p. 916.

[26] F. GAZZONI, op. cit., p. 1000.

[27] La ratio della conferma in tal caso è da ravvisare nell’esigenza di conservare la volontà di un soggetto deceduto e pertanto irripetibile.

[28] F. GAZZONI, op. cit., p. 1001.

[29] C.M. BIANCA, op. cit., p. 29.

[30]  F. GAZZONI, op. cit., p. 1001.

[31] F. GAZZONI, op. cit., p. 1001.

[32] Dal punto di vista processuale occorre rilevare che il giudice non può rilevare d'ufficio la conversione in assenza di una domanda di parte in quanto la stessa involge interessi particolari e non generali.

[33] Come rileva F. GAZZONI, op. cit., p. 1004, tale forma di conversione opera automaticamente.

[34] M.C. DIENER, op. cit., p. 792.

[35] F. GAZZONI, op. cit., p. 1004.

[36] F. GAZZONI, op. cit., p. 1004.

[37] F. GAZZONI, op. cit., p. 1004. 

[38] A. TORRENTE - P. SCHLESINGER, op. cit., p. 677.

[39] F. GAZZONI, op. cit., p. 1004.

[40] La nullità parziale è quella forma di nullità che colpisce: i) una parte del contratto o singole clausole (nullità parziale oggettiva); ii) la partecipazione di una delle parti nei contratti plurilaterali con comunione di scopo (nullità parziale soggettiva).

[41] A. TORRENTE - P. SCHLESINGER, op. cit., pp. 672 ss.

[42] C.M. BIANCA, op. cit., p. 467.

[43] Pone il problema V. ROPPO, Il contratto, Milano, 2011, p. 474, secondo cui il contratto integrato resta un atto di autonomia privata.

[44] C.M. BIANCA, op. cit., p. 466.

[45] Cass.,13 novembre 2012, dep. 11 gennaio 2013, n. 602.

[46] C.M. BIANCA, Il contratto, p. 592, nt. 103.

[47] C.M. BIANCA, op. cit., p. 593, nt. 107.

[48] Sul punto si vd. anche C. DONISI, Abusivismo edilizio o invalidità negoziale, Napoli, 1986.

[49] C.M. BIANCA, op. cit., p. 592, nt. 103.

[50] G. PERLINGIERI, op. cit., p. 1116.

[51] Cass, 6 settembre 2017, n.20858; Cass., SS.UU., 09 ottobre 2017, n.23601; Cass., 24 settembre 2019, n.23637;  Cass., 16 luglio 2019, n.18942.

[52] L. GUAGLIONE, Il contratto, Torino, 2018, p. 197; G. PERLINGIERI, voce Sanatoria, in Enc. dir., Il contratto, pp. 1106 ss.; M. GIROLAMI, voce Nullità di protezione, in Enc. dir., Il contratto, pp. 720 ss.

[53] Costituiscono proiezioni applicative di tale funzionalizzazione la legittimazione relativa in ordine all'attivazione del rimedio, la possibilità di una dichiarazione d'ufficio nel solo interesse della parte debole e il carattere necessariamente parziale della nullità.

[54] Secondo C.M. BIANCA, op. cit., p. 579, le nullità di protezione nonostante tali peculiari caratteristiche sono comunque dirette alla tutela di un interesse generale, in quanto volte pur sempre a colpire situazioni generalizzate di dannosità sociale.

[55] G. PERLINGIERI, op. cit., p. 1108.

[56] G. PERLINGIERI, op. cit., p. 1108.

[57] M. GIROLAMI, op. cit., p. 720.

[58] M. GIROLAMI, op. cit., pp. 720 ss.

[59]  Che secondo G. PERLINGIERI, op. cit., p. 1107, “sembra suggerire la disponibilità della tutela accordata”.

[60] G. PERLINGIERI, op. cit., p. 1108.

[61] M. GIROLAMI, op. cit., p. 721.

[62] M. GIROLAMI, op. cit., p. 721.

[63] M. GIROLAMI, op. cit., p. 722.

[64] La convalida provvedimentale costituisce, invece, un provvedimento di secondo grado con cui la pubblica amministrazione rimuove retroattivamente un vizio formale che rende illegittimo un precedente provvedimento.

Il fondamento di tale rimedio manutentivo è il medesimo della convalida del contratto annullabile, ossia il principio di conservazione degli atti giuridici.

Ambedue consolidano, stabilizzandoli, gli effetti dell’atto su cui incidono.

Pur avendo comunanza di fondamento, convalida contrattuale e convalida provvedimentale differiscono sotto molteplici aspetti.

Innanzitutto solo la convalida provvedimentale rimuove retroattivamente il vizio formale da cui è affetto il provvedimento.

Infatti, la convalida contrattuale, per la prevalente opinione, non comporta l’eliminazione del vizio invalidante, e per tale ragione non avrebbe senso neppure invocarne la retroattività (che presuppone la rimozione del vizio invalidante).

Sul piano della legittimazione, la convalida provvedimentale promana dalla parte del rapporto che ha interesse ad evitare una pronuncia di annullamento.

La convalida contrattuale invece promana dalla parte che potrebbe agire tramite l’azione di annullamento.

Per la convalida provvedimentale inoltre non sono richiesti i requisiti di forma-contenuto imposti dall’art. 1444 per la convalida contrattuale.

In ordine ai presupposti della convalida provvedimentale, vi è da rilevare che la stessa è ammessa a condizione che: i) sussistano ragioni di pubblico interesse; ii) il provvedimento di convalida intervenga entro un termine ragionevole.

Sul piano degli effetti, la convalida provvedimentale comporta la nascita di una fattispecie complessa modulata sul provvedimento di primo grado convalidato e provvedimento di convalida di secondo grado.

Sui rapporti tra convalida provvedimentale e contrattuale si vd. M. IMMORDINO, I provvedimenti di secondo grado, in Diritto amministrativo, (a cura di) F.G. Scoca, Torino, 2019, pp. 322 ss.

[65] A. TORRENTE - P. SCHLESINGER, op. cit., p. 682.

[66] A. TORRENTE - P. SCHLESINGER, op. cit., p. 683.

[67] M.C. DIENER, op. cit., p. 804.

[68] F. GAZZONI, op. cit., p. 1009.

[69] G. PIAZZA, La convalida nel diritto privato, Napoli, 1973, p. 105 e ss.; C.M. BIANCA, op. cit., p. 631.

[70] F. GAZZONI, op. cit., p. 1009.

[71] F. GAZZONI, op. cit., p. 1009.

[72] F. GAZZONI, op. cit., p. 1009.

[73] F. GAZZONI, op. cit., p. 1009.

[74] F. GAZZONI, op. cit., p. 1009.

[75] C.M. BIANCA, op. cit., p. 633.

[76] Ne consegue che anche per la convalida tacita è richiesta la capacità di porre in essere l’atto e la volontà degli effetti del negozio di convalida.

[77] F. GAZZONI, op. cit., p. 1009.

[78] Da segnalare tuttavia che la giurisprudenza di legittimità da tempi non recenti (Cass. sent. n. 2738/1970) amplia la latitudine applicativa del prefato istituto intendendo per esecuzione del contratto anche l’aver compiuto un negozio incompatibile con la volontà di avvalersi dell’azione di annullamento.    

[79] Non distinguendo l'art. 1451 c.c. al riguardo, è possibile ritenere che la preclusione applicativa operi sia in relazione al contratto rescindibile perché concluso in stato di pericolo, sia al contratto rescindibile perché concluso in stato di bisogno economico.

[80] Dall'inammissibilità della convalida discende secondo F. GAZZONI, op. cit., p. 1018, l'inammissibilità della rinunzia all'azione di rescissione.

[81] C.M. BIANCA, op. cit, pp. 649 - 650.

[82] F. GAZZONI, op. cit., p. 1018.

[83] F. GAZZONI, op. cit., p. 1018.

[84] P. ZATTI, op. cit., p. 844.

[85] C.M. BIANCA, op. cit., pp. 650 ss.

[86] P. ZATTI, op. cit., p. 844.

[87] F. GAZZONI, op. cit., p. 1009.

[88] F. GAZZONI, op. cit., p. 1009.

[89] F. GAZZONI, op. cit., p. 1009.

[90] Come rileva F. GAZZONI, op. cit., p. 1010, il rimedio in parola non è applicabile nei casi di dolo e violenza, mentre lo è in caso di errore ostativo.

[91] Sul punto si vd. Cass., 29 maggio 2014, n.12117.