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Pubbl. Mar, 31 Mag 2022

Il subappalto nella legalità nazionale ed europea

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Marco Argenio



Il contributo esamina la disciplina giuridica del subappalto e le principali figure contrattuali ad esso assimilate. Vengono esaminate, inoltre, le ragioni di politica economica per cui l´Unione Europea incentiva il ricorso a tale istituto.


ENG The paper examines the legal discipline of the subcontract and the main contractual figures assimilated. The economic policy reasons why the European Union encourages the use of this institute are also examined.

Sommario: 1. Premessa; 2. Il principio fiduciario nell’esecuzione dei lavori pubblici; 3. Contratti assimilati al subappalto; 3.1. Contratti di nolo e di fornitura; 3.2. Il sub-affidamento; 4. Attività che non costituiscono subappalto; 5. La concezione Europea del subappalto e lo sguardo corto del legislatore; 6. Il subappalto non autorizzato. Risvolti penalistici.

1. Premessa

Negli ultimi anni, la disciplina del subappalto nei lavori pubblici è stata oggetto di numerosi interventi legislativi, finalizzati ad uniformare la normativa italiana a quella europea.

L’intervento legislativo più recente in materia è la Legge n. 238 del 2022, meglio conosciuta come Legge Europea 2019-2020, che ha apportato interessanti modifiche in chiave semplificativa alla disciplina del subappalto.

Sul punto, le modifiche più significative riguardano l’eliminazione del divieto per il subappaltatore di partecipare alla procedura di gara e la rimozione dell’obbligo di indicare la terna dei subappaltatori in sede di offerta.

Prima dell’entrata in vigore della normativa richiamata, la procedura di adeguamento alla legislazione Europea è iniziata con il Decreto “Sblocca cantieri” che ha sancito, in via transitoria, fino al 30 giugno 2021, l’innalzamento del limite del subappalto dal 30% al 40%. Successivamente, il Decreto “Semplificazioni bis” ha innalzato la soglia del subappalto al 50% fino al 31 ottobre 2021, per poi eliminare definitivamente tale limite, a partire dal primo novembre 2021[1].

L’Europa ha sempre guardato con favore l’istituto del subappalto considerandolo un efficace strumento di tutela della concorrenza, finalizzato a garantire l’accesso delle PMI al mercato degli appalti pubblici.

La normativa nazionale, invece, predilige l’esecuzione in proprio delle prestazioni concesse in appalto, sottoponendo a stringenti condizioni il loro affidamento a terzi.  

In questo breve saggio, saranno esaminate le principali tipologie contrattuali che risultano assimilate al subappalto secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale in materia, fornendo all’utente un valido strumento interpretativo. Saranno esaminate, inoltre, le ragioni di politica economica per cui l’Europa incentiva il ricorso al subappalto senza particolari preclusioni.

2. Il principio fiduciario nell’esecuzione dei lavori pubblici

Prima di esaminare il tema principale del presente lavoro, è opportuno comprendere le ragioni per cui il legislatore italiano predilige l’esecuzione dei lavori pubblici da parte del diretto aggiudicatario dell’appalto.

L’art. 105 del D.lgs. 50/2016 esprime, al primo comma, il principio generale di esecuzione in proprio dei lavori pubblici ed ammette il subappalto solo alle condizioni disciplinate dal medesimo articolo.

Tale principio si fonda sulla fiducia che intercorre tra la Pubblica Amministrazione e l’impresa aggiudicataria, la quale avrà diritto ad eseguire le prestazioni oggetto del contratto di appalto, in base ad un’offerta maggiormente idonea in termini di requisiti, prezzo e qualità delle prestazioni offerte.

A pena di nullità, dunque, il contratto non può essere ceduto e non può essere affidata a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto.

Siffatto divieto opera per due ragioni specifiche.

In primo luogo, l’impresa affidataria deve essere in possesso di specifici requisiti tecnico-professionali e di carattere economico-finanziario a garanzia della corretta e celere esecuzione dei lavori pubblici.

Uno dei principali requisiti che garantisce un elevato standard professionale e tecnico è il possesso di un determinato livello di attestazione SOA, necessario per comprovare la capacità dell’impresa affidataria di sostenere ogni appalto pubblico di fornitura e posa in opera con importo a base d’asta superiore ad euro 150.000,00, sia esso in appalto o in subappalto.

L’attestazione SOA qualifica l’impresa in base a diverse tipologie di lavori (ad es. edifici civili ed industriali, impianti tecnologici, indagini geognostiche) e classifiche di importi[2].

Tale certificazione, che ha validità quinquennale, viene rilasciata dagli organismi accreditati a seguito di un’analisi delle capacità finanziarie e tecniche dell’impresa, riferiti agli ultimi cinque anni antecedenti alla richiesta dell’attestazione.

Le verifiche finanziarie, necessarie al rilascio dell’attestazione SOA, riguardano i documenti contabili e fiscali riferiti al volume dei lavori eseguiti, le attrezzature in possesso o noleggiate, eventuali ammortamenti ed il costo del personale assunto.

Le verifiche sulle capacità tecniche, invece, vengono effettuate tramite dichiarazione di idoneità fornita dall’impresa, riguardante l’esecuzione di un determinato quantitativo di lavori corrispondenti alla categoria richiesta. Sul punto, il possesso di certificazione di qualità UNI EN ISO 9001 costituisce requisito premiante, ma è, altresì, condizione obbligatoria per l’ottenimento di classifiche d’attestazione superiori ad euro 516.000,00.

Ovviamente, il possesso di ulteriori certificazioni, come ad esempio la ISO 14001 per il rispetto dell’ambiente, oppure la certificazione SA 8000, riguardante il rispetto dei diritti dei lavoratori dipendenti, attesta un elevato standard qualitativo aziendale.

Il secondo obiettivo che intende perseguire il legislatore con il divieto di affidare a terzi l’esecuzione del contratto di appalto è quello di garantire l’assenza di pregiudizi penali in capo alle imprese affidatarie di lavori pubblici.

Al tal fine, il Codice del Contratti Pubblici, tra i requisiti di partecipazione per gli appaltatori ed i subappaltatori, contempla l’assenza di condanne penali, l’insussistenza di tentativi di infiltrazioni mafiose, l’assenza di violazioni gravi (definitivamente accertate) rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, nonché l’assenza di procedure concorsuali.

Il requisito dell’assenza di infiltrazioni mafiose viene attestato dal possesso del certificato di iscrizione alla white list. Tale certificato, rilasciato dalla Prefettura territorialmente competente, attesta l’inserimento dell’impresa in un elenco di operatori economici sani con riferimento a quelle attività imprenditoriali considerate più a rischio per quanto riguarda le infiltrazioni di carattere mafioso[3].

Nel momento in cui l’appaltatore intende affidare a terzi parte delle sue attività, la stazione appaltante dovrà accertare che il subappaltatore non sia gravato dai pregiudizi elencati in precedenza e possegga qualità e requisiti equipollenti a quelli posseduti dall’aggiudicatario principale.

Al riguardo, il comma 14 dell’art. 105 del Codice dei Contratti Pubblici, contempla un presupposto fondamentale senza il quale non è possibile ricorrere al subappalto.

Il subappaltatore, in base alla disposizione richiamata, deve garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto e deve riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale.

Oltre allo standard qualitativo dell’impresa subappaltatrice, il contraente principale è tenuto a corrispondere i costi della sicurezza e della manodopera, relativi alle prestazioni affidate in subappalto, senza alcun ribasso[4].

Il direttore dei lavori, il coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, ovvero il direttore dell’esecuzione, provvedono alla verifica dell’effettiva applicazione della presente disposizione.

È evidente, dunque, che l’obiettivo della normativa nazionale è quello della tutela degli interessi generali di primaria importanza, in particolare, dell’ordine e della sicurezza pubblica, in un contesto – quello del subappalto – in cui i maggiori rischi di infiltrazione criminale e di condizionamento dell’appalto si associano a minori capacità di controllo e verifica dei soggetti effettivamente coinvolti nell’esecuzione delle commesse[5].

Il subappalto, contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, è ammesso soltanto alle condizioni previste e disciplinate dall’art. 105 comma 2 e seguenti D.lgs. 50/2016.

Pertanto, indipendentemente dalla qualificazione giuridica del rapporto intercorrente tra le parti, qualsiasi contratto attivato nell’ambito di una commessa pubblica, che ha come causa l’esecuzione di una prestazione consistente nel compimento di un servizio oppure di un’opera contro un corrispettivo, dovrà essere sottoposto alla relativa disciplina giuridica del subappalto prevista dal Codice dei Contratti Pubblici[6].

Sul punto, particolare rilievo assume il secondo periodo dell’art. 105 co. 2 del D.lgs. 50/2016, il quale prevede le condizioni specifiche affinché un contratto sia qualificato come subappalto.

3. Contratti assimilati al subappalto

Il codice dei contratti pubblici presta particolare attenzione ai casi in cui è possibile applicare la disciplina del subappalto ad altre figure contrattuali, indipendentemente dalla veste formale che le parti hanno dato al rapporto giuridico.

Al riguardo, il legislatore ha qualificato la natura delle prestazioni rese, le quali assumono rilevanza giuridica nel momento in cui comportano l’impiego di maestranze.

In base al disposto dall’art. 105 co. 2, secondo periodo, D.lgs. 50/2016, costituiscono comunque subappalto le attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera ed i noli a caldo se sussistono, contemporaneamente, entrambe le condizioni:

  1. Attività di importo superiore al 2% dell’importo delle prestazioni affidate in appalto o comunque di valore superiore a 100.000,00 euro;
  2. Incidenza del costo della manodopera e del personale superiore al 50% dell’importo del contratto da affidare.

Laddove le suddette condizioni si realizzino contemporaneamente, il subcontratto è da intendersi assimilato al subappalto e, dunque, soggetto alla relativa disciplina che prevede la necessaria e preventiva autorizzazione, nonché il computo dell’importo del subcontratto ai fini del calcolo della quota subappaltata[7].

I soggetti affidatari dei lavori pubblici, infatti, possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, solo previa autorizzazione della stazione appaltante. Ai sensi dell’art. 105 co. 18 del Codice dei Contratti Pubblici, l’ente aggiudicatore provvede al rilascio della relativa autorizzazione entro trenta giorni dalla richiesta. Trascorso tale termine senza che l’autorizzazione sia stata concessa, matura il silenzio assenso ed il subappalto si intende approvato.

Per tutti i subcontratti di fornitura con posa in opera ed i noli a caldo che non superino i suddetti parametri, invece, l’affidatario può limitarsi a comunicare alla stazione appaltante, prima dell’inizio della prestazione, il nome del subcontraente, l’importo del subcontratto e l’oggetto della prestazione affidata.

In base alla prassi amministrativa, in caso di comunicazioni di contratti che non costituiscono subappalto, l’Ente Aggiudicatore si limiterà a produrre un atto ricognitivo di controllo denominato presa d’atto, il quale è destinato ad attestare solo l’esistenza del rapporto contrattuale ma non ha natura di provvedimento amministrativo autorizzatorio.

3.1. Contratti di nolo e di fornitura

Per alcune tipologie di contratti attivati nella filiera degli appalti pubblici non risulta agevole qualificare e distinguere la natura delle prestazioni che intercorrono tra le parti.

Il tema, oggetto di ampio dibattito in giurisprudenza, investe direttamente le stazioni appaltanti e gli operatori economici con riguardo ai contratti di nolo a caldo e di fornitura con posa in opera, in cui l’operatore realizza un’attività produttiva in cantiere similmente al contratto di subappalto.

Nel nostro ordinamento giuridico il noleggio non costituisce un contratto tipico, tale figura contrattuale rientra nell’ambito del contratto di locazione di cui agli artt. 1571 e seguenti del Codice civile[8].

Per consuetudine, nell’ambito dei lavori pubblici, si è soliti distinguere il contratto di nolo a caldo dal nolo a freddo.

Il nolo a caldo, presupponendo la presenza in cantiere di un macchinario con l’operatore che lo utilizza, è sottoposto alla disciplina dei contratti assimilabili al subappalto, laddove ne ricorrano le condizioni di cui al paragrafo precedente.

Diversamente, in assenza di un operatore, il noleggio a freddo garantisce la semplice disponibilità temporanea del macchinario/attrezzatura, rappresentando una forma di “locazione di cosa mobile”, come tale, non assimilabile al subappalto.

In entrambi i casi, chi stipula un subcontratto di nolo, rientrando nei soggetti coinvolti nella filiera dell’appalto pubblico, è obbligato alla tracciabilità dei flussi finanziari di cui all’articolo 3 della Legge 136/2010, con conseguente obbligo di pagamento tracciabile su un conto corrente dedicato.

Indipendentemente dalla qualificazione contrattuale attribuita dalle parti, laddove nel contratto sia presente l’assunzione di un’obbligazione di risultato da parte del noleggiatore - che comporta l’obbligo di eseguire a regola d’arte una determinata lavorazione, con organizzazione di mezzi e con gestione a proprio rischio - non v’è dubbio che la causa prevalente in tale contratto sia quella dell’appalto.

Quindi, per tali tipologie di contratti, sarà applicabile la disciplina prevista per il subappalto dall’art. 105 del Codice dei contratti pubblici, con la conseguenza che tali noleggi sono sempre computati nella quota di subappalto e devono essere autorizzati preventivamente dalla stazione appaltante. [9]

La giurisprudenza, oltre al dato normativo di cui all’art. 105 comma 2 del Codice, per qualificare il contratto e capire se sia assimilabile al subappalto, ha attribuito rilevanza alla tipologia delle prestazioni rese in cantiere, tracciando la linea di confine che distingue il contratto di nolo dall’appalto.

In tale ultimo caso, l’appaltatore si impegna con il committente a compiere un’opera ed a tale fine deve organizzare i suoi mezzi di produzione, il lavoro e le risorse.

Nel nolo, invece, il locatore mette solo a disposizione il macchinario e, eventualmente, l’addetto al suo utilizzo, senza alcuna ingerenza nell’attività produttiva e nell’organizzazione dei lavori[10].

Questa distinzione assume rilevanza fondamentale soprattutto con riferimento alla responsabilità penale e civile che investe gli operatori economici impegnati, a vario titolo, nell’esecuzione dei lavori.

In caso di subappalto, infatti, la normativa sulla prevenzione di infortuni sul lavoro pone a carico dei due imprenditori coinvolti obblighi di coordinamento della loro attività al fine di organizzare ed attuare le misure di prevenzione infortuni, anche attraverso un’opera di informazione dei lavoratori dei rischi a cui sono esposti. Di conseguenza, in questo caso, appaltatore e subappaltatore saranno chiamati a rispondere di eventuali fatti penalmente rilevanti accaduti durante l’esecuzione dei lavori[11].

Analogamente, nell’ipotesi del noleggio a caldo, anche il noleggiatore, seppur non coinvolto direttamente nell’attività produttiva, risponde delle conseguenze dannose derivanti dall’inosservanza delle norme antinfortunistiche relative all’utilizzo del macchinario noleggiato[12]

Per quanto riguarda gli spetti civilistici, il contratto di nolo è sottoposto ad un diverso regime di responsabilità contrattuale a seconda se il noleggiatore assuma o meno l’obbligo di compiere un risultato specifico nei confronti del committente.

In particolare, il noleggiatore risponderà:

a) ex Codice civile, nei confronti dell’appaltatore per il mancato ottenimento del risultato, sia che dipenda da inadeguatezza della macchina o del manovratore, sia che dipenda da carenze tecniche ed organizzative che abbiano compromesso il risultato promesso;

b) ex codice dei contratti, nei confronti dell’Amministrazione, che potrà agire in via diretta nei suoi confronti, per far valere eventuali vizi e difformità a lui addebitali[13].

Se, invece, manca un’obbligazione di risultato o non ricorrano le condizioni previste per i contratti assimilati al subappalto, dal contratto di nolo non deriva responsabilità diretta nei confronti dell’amministrazione, motivo per cui - in tali casi - trovano applicazione le disposizioni del Codice civile sulla locazione e, conseguentemente, risponderà sempre e comunque l’appaltatore, salvo rivalsa nei confronti del noleggiante[14].

Infine, il contratto di fornitura con posa in opera rappresenta un’ulteriore fattispecie per cui la giurisprudenza ritiene non sufficiente la sola valutazione delle soglie di cui al citato art. 105 comma 2 del Codice, dovendosi considerare anche la natura concreta delle prestazioni affidate.

Si tratta di un contratto a causa mista che ha ad oggetto l’acquisto di un bene con l’annessa realizzazione di lavori di posa in opera e di installazione aventi carattere accessorio.

A tal riguardo, il criterio elaborato dalla maggioritaria giurisprudenza è quello della “trasformazione soggettiva del bene fornito”, secondo il quale si considera integrata un’ipotesi di subappalto ogniqualvolta il bene da porre in opera viene trasformato all’interno del cantiere in un’entità diversa, con destinazione d’uso e consistenza mutate rispetto a quelle originarie[15].

Pertanto, la differenza tra il contratto di appalto o di subappalto e quello di compravendita, che costituisce il presupposto della fornitura, si desume dalla prevalenza, non solo quantitativa ma soprattutto funzionale, delle intenzioni dei contraenti nel far prevalere la fornitura della materia oppure la prestazione relativa al lavoro per la realizzazione dell’appalto[16].

3.2. Il sub-affidamento

La giurisprudenza e la prassi amministrativa hanno sviluppato un’ulteriore figura contrattuale atipica che risulta assimilabile alla disciplina giuridica del subappalto.

Si tratta del contratto di sub-affidamento, il quale, a differenza dei contratti di noleggio, presuppone l’ingerenza diretta del sub-affidatario nell’appalto con assunzione di parte delle prestazioni di competenza dell’aggiudicatario principale.

Questa tipologia di sub-contratto risulta molto comune nell’esecuzione dei lavori pubblici e spesso viene utilizzata come strumento di elusione alla normativa in tema di subappalto.

In questo caso, oltre ai limiti previsti dall’art. 105 comma 2 del Codice, l’elemento che caratterizza il contratto di sub-affidamento è il carattere accessorio delle prestazioni affidate al sub-contraente, le quali risultano di supporto alle attività principali dell’appalto[17].

La giurisprudenza prevalente individua due criteri guida per qualificare un contratto come mero sub-affidamento anziché come subappalto.

Il primo, riguarda il tenore della documentazione prodotta in gara con particolare riferimento alla redazione del DGUE dal quale emerge la volontà del concorrente di voler subappaltare parte dei lavori.

Tale circostanza lascia presumere che l’operatore economico non sia in grado di compiere autonomamente le prestazioni poste a base di gara ed esprime, in via preventiva, la possibilità di affidare a terzi parte del contratto di appalto.

Il secondo criterio concerne la qualifica delle attività accessorie e di supporto alla prestazione principale oggetto dell’appalto, ricavabile, caso per caso, dal disciplinare di gara, dal capitolato speciale e dal contratto di appalto.

Per comprendere meglio il discorso sulla natura accessoria o meno delle prestazioni rese dal sub-affidatario, si esaminano due casi in cui la medesima prestazione viene qualificata in maniera diversa dal Tribunale Amministrativo.

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1603 del 2020, ha qualificato come subappalto il servizio di trasporto a discarica dei rifiuti derivanti dalle demolizioni.

In questo caso, l’oggetto dell’appalto principale consisteva in una duplice tipologia di attività di demolizione e di trasporto in discarica dei materiali di risulta. Pertanto, il trasporto a discarica rileva come prestazione che è parte integrante dell’appalto e non, invece, come attività meramente accessoria e strumentale.

Il TAR Pescara, con sentenza n. 43 del 2018, invece, non ha qualificato il conferimento a discarica dei rifiuti come subappalto perché trattavasi di prestazioni collaterali che, seppur necessarie alla corretta esecuzione dell’appalto, esulavano dalla documentazione di gara e quindi dal margine di controllo e verifica della Pubblica Amministrazione. 

4. Attività che non costituiscono subappalto

Il Codice dei contratti pubblici individua una serie di attività che, per loro specifica natura, non costituiscono ipotesi di subappalto.

Ai sensi dell’art. 105 comma 3, le seguenti categorie di forniture o servizi non si configurano come attività affidate in subappalto:

a) l’affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi;

b) la subfornitura a catalogo di prodotti informatici;

c) l’affidamento di servizi di importo inferiore a 20.000,00 euro annui a imprenditori agricoli nei comuni classificati totalmente montani;

c-bis) le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto. I relativi contratti sono depositati alla stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto.

La norma richiamata non può essere configurata come una deroga alla disciplina del subappalto posto che essa muove dalla considerazione della specificità di determinate categorie di forniture e di servizi, nonché sulla base della natura peculiare di dette prestazioni e della diversità del regolamento contrattuale in termini di rapporti tra le parti del contratto con l’amministrazione appaltante.

Tra le fattispecie sopra menzionate, l’affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi ed i contratti continuativi di cooperazione, per la loro particolare attitudine ad essere utilizzate come alternativa in elusione al subappalto, meritano maggiore attenzione sotto il profilo applicativo.

Per quanto riguarda i contratti di prestazione professionale affidati a lavoratori autonomi, la giurisprudenza ha stabilito che l’estraneità alla nozione di subappalto si fonda sulla specificità dei servizi resi e sugli effetti giuridici che produce il contratto[18].

Sotto il primo profilo, per specificità dei servizi, si intende il carattere peculiare ed altamente professionale delle prestazioni, tali da poter essere svolte solo da figure altamente specializzate con propria organizzazione di mezzi ed assunzione del rischio.

Con riguardo agli effetti giuridici, nel caso del subappalto, il subappaltatore esegue direttamente parte delle prestazioni del contratto stipulato con l’amministrazione, sostituendosi all’affidatario. Nell’incarico professionale, le prestazioni sono rese in favore dell’aggiudicatario che le riceve, inserendole nell’organizzazione di impresa necessaria per adempiere alle obbligazioni contrattuali e le riutilizza inglobandole nella prestazione resa all’amministrazione appaltante. Nel subappalto, dunque, vi è un’alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, poiché la parte di prestazione contrattuale è affidata dall’appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione, mentre, nell’incarico professionale, la prestazione resa è inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore. I due contratti sono quindi diversi quantomeno sul piano funzionale.

Ne deriva che la disciplina in tema di subappalto non è immediatamente estendibile, se non si dimostra che il contratto di lavoro autonomo costituisca solo un espediente per eludere il contratto di subappalto.

I contratti continuativi di cooperazione, invece, sono quegli accordi che l’operatore economico, prima di partecipare alla procedura di gara, stipula per implementare la propria organizzazione imprenditoriale, allo scopo di procurarsi quei beni e servizi indispensabili all’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto.

Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale sul tema, questi contratti si distinguono dal subappalto se sussistono le seguenti caratteristiche.

In primo luogo, le prestazioni rese in applicazione di tali contratti sono rivolte in favore dei soggetti affidatari, i quali, conservano la direzione soggettiva delle attività e restano gli unici responsabili nei confronti della stazione appaltante per l’esecuzione del contratto di appalto[19].

In secondo luogo, le prestazioni oggetto del contratto di cooperazione, rispetto alle prestazioni contemplate nel contratto di appalto principale, devono assumere carattere residuale ed accessorio al pari dei contratti di sub-affidamento.

Infine, sul piano funzionale, la prestazione resa viene inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore, per cui manca quell’alterità che caratterizza il subappaltatore, il quale, opera direttamente, attraverso la propria organizzazione imprenditoriale[20].

5. La concezione Europea del subappalto e lo sguardo corto del legislatore

A livello comunitario, la disciplina del subappalto è contenuta nell’art. 42 della direttiva 2014/23/UE (concessioni), nell’art. 71 della direttiva 2014/24/UE (appalti) e nell’art. 88 della direttiva 2014/25/UE (settori speciali). Tali disposizioni non prevedono alcun limite quantitativo generalizzato per il ricorso al subappalto.

Fino all’emanazione del decreto “Sblocca Cantieri”, l’Italia non aveva adottato alcun provvedimento per adeguarsi alla disciplina Comunitaria.

Per questo motivo, la Commissione Europea, nel gennaio 2019, ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia, rilevando la non conformità dei limiti quantitativi al subappalto con il Diritto dell’Unione Europea.

Nella procedura di infrazione richiamata, la Commissione Europea contestava le seguenti disposizioni: l’obbligo di indicare la terna dei subappaltatori, il divieto di subappaltare più del 30% dell’importo del contratto, il divieto per i subappaltatori di fare ricorso a loro volta ad altri subappaltatori (c.d. subappalto “a cascata”), il divieto di affidare il subappalto ad altro offerente nella stessa procedura di gara.

Successivamente, la Corte di Giustizia Europea, con le sentenze Vitali e Tedeschi, ha confermato che le disposizioni contenute nel Codice dei Contratti, relative ai limiti quantitativi del subappalto, non erano in linea con il diritto europeo[21].

La giurisprudenza amministrativa, anticipando il legislatore italiano, si era già da tempo adeguata al prevalente orientamento europeo in applicazione del principio costituzionale di primazia del diritto comunitario, secondo cui le norme nazionali contrastanti con le disposizioni europee devono essere disapplicate.[22]

Per quale motivo l’Unione Europea incentiva il ricorso all’istituto del subappalto senza alcun limite di sorta?

Semplicemente perché il subappalto è uno strumento di politica economica per incentivare lo sviluppo e la libera concorrenza, nonché una valida soluzione per garantire alle piccole e medie imprese la partecipazione al mercato dei lavori pubblici.[23]

Il public procurement, ovvero quella parte di spesa della pubblica amministrazione destinata all’acquisto diretto di beni e servizi, rappresenta una leva di politica economica di particolare rilievo per un paese.

Nell’attuale contesto economico, la spesa pubblica destinata all’affidamento degli appalti, attraverso il conseguente fenomeno del subcontracting, può diventare una valida alternativa per diffondere liquidità e lavoro anche alle imprese che non accedono direttamente alle commesse pubbliche.

Questa forma di politica interventista incentivata dall’Unione Europea, produce molteplici effetti migliorativi per l’economia di un paese, tra i quali: la diminuzione delle disparità regionali, l’innalzamento dell’occupazione, l’incremento dello sviluppo economico, l’aumento della capacità innovativa delle imprese.[24]

Oltre alle questioni legate allo sviluppo economico, esiste un ulteriore motivo per cui incentivare il ricorso al subappalto tra grandi operatori economici e PMI.

Quando la grande impresa aggiudicatrice può scegliere il margine di subappalto, si verifica un meccanismo di dominazione paretiana che consiste nell’aumentare il profitto delle imprese riducendo il costo totale previsto del contratto.

L’equilibrio paretiano coinvolge, in modo diverso, tre categorie di soggetti.

Le piccole imprese saranno incentivate a mantenere prezzi modici per essere scelte come subappaltatrici, i grandi operatori economici otterranno margini di profitto dalla esternalizzazione della commessa e, infine, gli enti aggiudicatori spenderanno un minore importo contrattuale.

Quest’ultimo aspetto risulta di particolare importanza giacché consentirebbe alle amministrazioni aggiudicatrici di contenere le spese derivanti dall’esecuzione del contratto di appalto, con il conseguente vantaggio di una migliore allocazione delle risorse pubbliche[25].

L’equilibrio economico di cui sopra è perfettamente calzante con la tipologia contrattuale degli accordi quadro. Questi contratti hanno come principale caratteristica il raggiungimento di un accordo incompleto, in cui si rimanda la disciplina delle quantità di prestazioni e dei relativi prezzi alla fase esecutiva del rapporto, fino all’eventuale esaurimento delle risorse messe a disposizione.

6. Il subappalto non autorizzato. Risvolti penalistici

Il legislatore ha attribuito rilevanza penale all’ipotesi in cui le attività affidate in appalto vengano concesse a terzi senza la necessaria e preventiva autorizzazione da parte della stazione appaltante. Secondo l’art. 21 legge 646 del 1982, costituisce reato la condotta di chi, avendo in appalto opere riguardanti la pubblica amministrazione, concede, anche di fatto, in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte, le opere stesse, senza l’autorizzazione dell’autorità competente [26].

La riforma del reato, avvenuta nel 2018, oltre ad inasprire le sanzioni, ha convertito la fattispecie da contravvenzionale a delittuosa, richiedendo il dolo quale elemento soggettivo per il perfezionamento del reato.

Il reato de quo è punito con la pena della reclusione da 1 a 5 anni e con la multa non inferiore a 1/3 del valore dell’opera concessa in affidamento a terzi e, comunque, non superiore ad 1/3 del valore complessivo dell’opera.

La qualifica di tale reato come delitto consente:

  1. l’astratta applicabilità delle misure cautelari;
  2. l’impossibilità di ricorrere all’oblazione di cui all’art. 162 e 162-bis cod. pen., come causa di estinzione del reato;
  3. la possibile configurazione del delitto tentato di cui all’art. 56 cod. pen. (istituto non applicabile alle contravvenzioni) o a titolo di concorso di persone ex art 110 cod. pen., in capo al direttore dei lavori ovvero al responsabile del dirigente;
  4. la possibilità di effettuare intercettazioni, nell’ipotesi di ricondurre tale reato tra quelli contro la pubblica amministrazione.

Nel caso in cui venga accertata l’ipotesi delittuosa presa in esame,

Inoltre, l’amministrazione aggiudicatrice, nel caso di risoluzione per appalto non autorizzato, ha facoltà di escludere l’operatore economico da una successiva procedura di gara, lasciando, però, la possibilità all’operatore economico di presentare le misure correttive da esso adottate a seguito della risoluzione del precedente contratto di appalto pubblico[27].


Note e riferimenti bibliografici

[1]   R. CARANTA, I contratti pubblici, Giappichelli, Torino, 2012, p. 364 afferma che “si tratta di limiti tout court in contrasto con il diritto europeo”. Similmente, cfr. M. E. COMBA, L'esecuzione delle opere pubbliche. Con cenni di diritto comparato, Giappichelli, Torino, 2011, p. 61 ss.

[2] Per una disamina completa dei livelli di attestazione SOA, si veda art. 61 co. 4 DPR n. 207 del 2010 - allegato A.

[3] Ai sensi del comma 53 art. 1 della legge 190/2012 sono considerate attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività: estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti; confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume; noli a freddo di macchinari; fornitura di ferro lavorato; noli a caldo; autotrasporti per conto di terzi; guardiania dei cantieri; servizi funerari e cimiteriali; ristorazione, gestione delle mense e catering; servizi ambientali, comprese le attività di raccolta, di trasporto nazionale e transfrontaliero, anche per conto di terzi, di trattamento e di smaltimento dei rifiuti, nonché le attività di risanamento e di bonifica e gli altri servizi connessi alla gestione dei rifiuti.

[4]  Prima che entrasse in vigore la Legge n. 108 del 2021, il comma 14 art. 105 D.lgs. 50/2016 prevedeva un’ulteriore restrizione alla disciplina del subappalto secondo cui l’affidatario doveva praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con ribasso non superiore al venti per cento, nel rispetto degli standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto.

[5] G. BUSIA, Ipotesi di modifiche alla normativa nazionale in materia di subappalto conseguenti a recenti sentenze e procedure di infrazione promosse dalla Commissione Europea, Audizione del Presidente Autorità Nazionale Anticorruzione, Commissioni congiunte 8^ e 14^ Politiche dell’Unione europea Camera dei Deputati - 10 novembre 2020.

[6] Cfr. Cass. Civ., Sez. II, sent. n. 9766 del 12 maggio 2016, in Guida dir.,2016, 47, 65; R. DE NICTOLIS, I nuovi appalti pubblici, Zanichelli, Bologna, 2017, p. 1488 ss

[7]  D. GALLI e C. GUCCIONE, Contratti pubblici: “avvalimento” e subappalto, in Giornale dir. amm., 2015, p. 127; C. SADILE, Il subappalto dei lavori pubblici, Giuffrè, Milano, 2014.

[8] Cfr. T.A.R. Veneto Venezia, sez. I, Sent. n. 2416 del 18/09/2009, secondo cui nel nostro ordinamento positivo non esiste la figura del noleggio come contratto tipico, se non con riferimento al diritto della navigazione, laddove all’art. 348 viene disciplinato il noleggio di una nave da parte di un armatore. In realtà tale tipo di figura contrattuale rientra nell’alveo del contratto di locazione disciplinato dagli artt. 1571 c.c. e ss. Nella pratica va distinto il “nolo a freddo” dal “nolo a caldo”, ove con il primo viene locato il solo macchinario; con il secondo, oltre al macchinario il locatore mette a disposizione anche un proprio dipendente, con una specifica competenza nel suo utilizzo.

[9] Atto di Regolazione AVCP n. 5 del 31/01/2001; Determinazione AVCP n. 12/2001 del 22/5/2001; Deliberazione AVCP n. 35/2008 del 03/09/2008; Deliberazione AVCP n. 14 Adunanza del 10/04/2013.

[10] Cfr. Cass. Pen., sez. IV, sent. n. 23604 del 05/06/2009.

[11] Art. 26 D.lgs. 81/08, T.U. Sicurezza sul Lavoro.

[12] Cass. Pen. Sez. IV, sent. n. 44950 del 2021

[13] Sul punto, si veda “Il subappalto nei lavori pubblici. Vademecum ANCE – 2021” p. 13-14

[14] Sul punto, si veda l’art. 1228 c.c. che esprime il principio di responsabilità obiettiva del debitore, il quale, se nell'adempimento dell'obbligazione si avvale dell'opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro, salva diversa disposizione. Pertanto, l’appaltatore che si avvale di un nolo a caldo o a freddo durante l’esecuzione dei lavori, risponderà anche per il fatto il fatto doloso o colposo del noleggiante.

[15] Per una disamina completa del contratto di fornitura con posa in opera si veda Consiglio di Stato, Sezione V, Sent. n. 898 del 2022; Cfr. Delibera ANAC n. 14 del 2013 secondo cui la realizzazione in officina di carpenteria metallica, la sua fornitura, ed il montaggio in cantiere esorbitano dalla causale contrattuale della semplice compravendita assumendo una prevalente funzione di “appalto di lavoro”, ancorché l’incidenza della manodopera sia inferiore al 50% dell’importo del sub-contratto.

[16] Cfr. Delibera ANAC n. 35 del 2008.

[17] Cfr. Cons. di Stato, sez. III, sent. 1603/2020; Tar Pescara, sez. I, Sent. n. 43/2018

[18] Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 4150 del 2021

[19] Consiglio di Stato, sez. V, sent. n. 7256 del 2018; id. sent. n. 2553 del 2020.

[20] Cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sent. n. 2962 del 2021

[21] Cfr. Sent. Vitali S.p.A. c. Autostrade per l’Italia S.p.A, Corte di Giustizia UE, 26/09/2019, causa C-63/18, in cui la Corte di Giustizia Europea, nel dichiarare illegittimo il limite del 30% dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi, ha stabilito che risulta opportuno adeguare gli appalti pubblici alle necessità delle piccole e medie imprese; sent. “Tedeschi”, Corte di Giustizia UE, 27/11/2019, causa C-402/18.

[22] Cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 31 maggio 2021 n. 4150; id. sez. V, 16 gennaio 2020, n. 389; id., sez. V, 17 dicembre 2020, n. 8101. e, id., sez. V, 17 dicembre 2019, n. 8535; TAR Puglia, Lecce, 5 dicembre 2019, n. 1938, TAR Valle d’Aosta, 3 agosto 2020, n. 34; TAR Toscana, sez. I, 11 maggio 2020, n.706.

[23] F. MARECHAL - P. MORAND, “Allotment and Subcontracting in Procurement Bidding” Working Paper, University of Lausanne, 2004; C. DEODATO, Il subappalto: un problema o un’opportunità, in L’amministrativista, 2017; M. Martinelli, La capacità economica e finanziaria, in Il nuovo diritto degli appalti pubblici, a cura di R. Garofoli – M. A. Sandulli, Giuffrè, Milano, 2005.

[24] EDQUIST & HOMMEN, Public Technology Procurement and Innovation, a cura di Edquist et al., Kluwer Academic, 2000.

[25] F. MARECHAL - P. MORAND, op. cit., pag. 5.

[26] A. DI AMATO, Diritto penale dell’impresa, Giuffrè, Milano, 2011. Per le conseguenze civiliste del subappalto non autorizzato, si v. A. CIANFLONE – G. GIOVANNINI, L’appalto di opere pubbliche, Giuffrè, Milano, 2012, 1388 ss.

[27] Corte di Giustizia UE, sez. IV, 3 ottobre 2019, in Causa-267/18.