Lo Statuto costituzionale, la sistemazione organica della materia e le linee guida attuali per la definizione della natura giuridica della confisca
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Stefano Zoccali
L´articolo si pone l´obiettivo di ripercorrere le varie tappe che hanno accompagnato l´evoluzione della confisca, cercando di delineare possibili prospettive future e correttivi legislativi idonei a garantire un riordino sistematico, partendo dal problema della natura giuridica, dalle origini e dai profili evolutivi. L´approccio in questione vuole cercare di ricostruire gli elementi storici della confisca in generale, il rapporto con i principi costituzionali e il legame dell´istituto con il c.d. diritto penale dell´emergenza. Vengono ripercorse, a tale scopo, le varie novità di sistema introdotte dal legislatore e culminate nelle modifiche al Codice antimafia, oltre che il problema dell´individuazione dei destinatari delle misure di prevenzione alla luce della recente giurisprudenza.
Sommario: 1. La ricostruzione degli elementi storici tipici della confisca in generale; 2. Funzione della confisca, natura giuridica e principi costituzionali; 3. La confisca antimafia e la confisca come misura di prevenzione nell’ordinamento giuridico italiano; 4. Le misure di prevenzione patrimoniali: il riordino del sistema attraverso il Codice antimafia del 2011; 5. La riforma del Codice antimafia: la legge n. 161 del 2017; 6. L’individuazione dei destinatari delle misure di prevenzione dalle personali alle patrimoniali: il problema della tassatività sostanziale e l’esigenza di un maggiore impegno processuale; 7. Conclusioni.
1. La ricostruzione degli elementi storici tipici della confisca in generale
L’istituto della confisca, pur subendo nel corso dei secoli numerose modifiche di carattere funzionale e strutturale, ha origini molto antiche, rappresentando una costante del fenomeno punitivo[1]. Originariamente la misura è stata in maniera generica intesa come la sottrazione da parte dello Stato di un bene di un soggetto privato a seguito della commissione di un reato o di un’attività illecita.
In una prima fase storica, il ruolo assunto dall’istituto è stato di secondo piano rispetto alle pene detentive o alle sanzioni che incidevano sull’integrità fisica o sulla libertà della persona[2]. Successivamente è stato posto, invece, al centro della politica legislativa dei singoli stati europei con un incremento significativo della sua efficacia e della sua rilevanza tanto come misura di sicurezza, quanto sotto forma di misura di prevenzione. Tale processo di affermazione della confisca quale strumento di contrasto ha raggiunto i picchi più alti di diffusione in particolare negli ultimi quattro decenni. Nello specifico, la progressiva ampia diffusione della misura è da ricondurre a vari fattori. In primo luogo, il proliferare, soprattutto in Italia, di importanti emergenze criminali negli ambiti della criminalità organizzata, dell’abusivismo edilizio, dei reati ambientali e dei c.d. white collar crimes[3].
Tuttavia, tale varietà di funzioni, che lascia spazio a numerose finalità e altrettante sollecitazioni sanzionatorie (assieme alla sua disagevole collocazione sistematica), ha reso difficoltoso alla dottrina operare una trattazione unitaria dell’istituto[4]. Se la prima parte del ventesimo secolo era stata caratterizzata dalla tendenziale strumentalizzazione della confisca per scopi politici[5], dagli anni ’80 ad oggi è possibile riscontrare, invece, una sorta di dinamismo evolutivo[6]che ha coinvolto soprattutto le misure di prevenzione[7]con l’introduzione della Legge Rognoni-La Torre[8].
Da allora è andata, così, esponenzialmente a proliferare la creazione di nuove figure speciali di confisca i cui caratteri sono andati negli anni ad evolversi e a specializzarsi sempre di più. Era stata, infatti, colta l’inadeguatezza della confisca tradizionale ormai inidonea a contrastare le nuove forme sommerse di criminalità del profitto. L’azione legislativa è stata, in tal modo, basata da allora su un progressivo ampliamento dell’oggetto della misura. L’estensione dei beni confiscabili, infatti, ha colpito in genere anche quei beni in relazione ai quali non c’è la prova di un loro diretto collegamento causale con la commissione di un reato[9].
Le moderne forme di confisca sono, quindi, caratterizzate principalmente da tre fattori: a) la sintomaticità dei presupposti; b) l’espansione dell’oggetto dei provvedimenti; c) la semplificazione dell’onere probatorio.
La convivenza dei tre caratteri menzionati ha susseguentemente portato dall’inizio degli anni ’90 ad una frenetica attività legislativa e giurisprudenziale operata da parte di organismi sovranazionali, in primis l’Unione europea, a causa soprattutto dei numerosi problemi di compatibilità con i diritti e con le libertà fondamentali - riconosciuti tanto a livello interno, quanto a livello europeo – sorti per via della maggiore incisività delle nuove figure della misura[10].
Fra le nuove forme di confisca introdotte in questo recente arco di tempo, tutte caratterizzate dall’assenza della prova di una correlazione diretta tra la res da confiscare e la commissione del reato, occorre soffermarsi sulle c.d. confische allargate antimafia - nello specifico la confisca di prevenzione e la confisca speciale dei proventi derivanti da reati di particolare gravità - e sulle c.d. confische per equivalente.
La confisca allargata antimafia rappresenta la manifestazione per antonomasia del c.d. diritto penale dell’emergenza[11]. La prima figura di questo genere introdotta all’interno dell’ordinamento italiano è quella di prevenzione, volta ad aggredire interi patrimoni collegati ad una presunta provenienza illecita. Il legislatore in quegli anni aveva l’esigenza di adeguare l’impianto normativo all’evoluzione[12]che stavano subendo le organizzazioni criminali di stampo mafioso, le quali iniziarono a reinvestire i capitali di derivazione illecita in attività lecite di stampo imprenditoriale.
Parse subito chiaro come non fosse più sufficiente un intervento di contrasto supportato dalle sole misure di prevenzione personali[13]e tale scelta comportò la genesi dell’annoso problema della qualificazione della misura in questione. La confisca di prevenzione, infatti, non poteva – e non può – essere ricondotta tra le sanzioni penali, ma tra le misure di prevenzione c.d. ante o praeter delictum, le quali non implicano il precedente accertamento della commissione di particolari reati. È sufficiente, invece, che sia riconosciuta l’appartenenza a categorie specifiche di soggetti socialmente pericolosi e dediti ad attività delittuose.
In questo modo, il legislatore ha inteso colmare le lacune presenti nei tradizionali rimedi sanzionatori di matrice codicistica, optando, attraverso l’inclusione all’interno delle misure di prevenzione, per una più semplice applicabilità della confisca alla luce della limitata, rispetto alle classiche misure di sicurezza, operatività dei principi garantistici della determinatezza, della proporzione, della materialità e della presunzione di non colpevolezza[14].
Successivamente, a dieci anni dall’entrata in vigore della legge n. 646 del 1982, il legislatore è intervenuto nuovamente attraverso la previsione di un’ulteriore forma di confisca “allargata” antimafia: quella di cui all’articolo 12 sexies del d. l. 306 del 1992[15]. Tale nuova ipotesi di confisca ha, tuttavia, delle specifiche peculiarità che hanno portato gran parte della dottrina ad offrire dettagliata analisi delle particolarità e, in taluni casi, a definirla una sorta di “ibrido”[16]. La forma in questione di confisca diventa obbligatoria qualora il soggetto sia stato condannato per reati di particolare gravità. L’oggetto è, invece, rappresentato da denaro, beni o altre utilità, dei quali il condannato non può giustificare la provenienza, di cui il soggetto è titolare o ne ha la disponibilità sproporzionalmente al proprio reddito o alle proprie attività economiche.
L’operatività è, quindi, in ogni caso post delictum[17]e presuppone la condanna per uno dei reati previsti esplicitamente dal legislatore, con delle caratteristiche che la accomunano maggiormente alla confisca codicistica piuttosto che a quella di prevenzione.
Gli anni ’90 imboccarono, invece, una direzione ben precisa nelle attività dei legislatori, non solo nazionali, alla luce delle sollecitazioni di matrice sovranazionale. In Italia, furono introdotte varie forme di confisca caratterizzate, pur rientrando nel novero delle confische tradizionali[18], dall’essere però applicate, anche in caso di mancato rinvenimento di beni collegati direttamente alla commissione di un particolare reato, su beni diversi di valore equivalente[19].
Anche in questo caso la scelta operata dal legislatore fu dettata dall’esigenza di offrire agli inquirenti uno strumento di ausilio per rinvenire i beni e i profitti connessi al reato. Questa caratteristica della confisca per equivalente ha fatto sì che venisse riconosciuta alla stessa un carattere prettamente sanzionatorio[20].
Infine, nella ricostruzione dei profili evolutivi e degli elementi storici della confisca, un ruolo ancor più incisivo è rappresentato ormai da tempo dalla giurisprudenza nazionale e sovranazionale, la quale ha contribuito attraverso interventi evolutivi in merito alle problematiche legate sia alla qualificazione che all’ascesa della misura quale strumento di contrasto criminale. Il lavoro operato dai giudici è stato coadiuvato da un’interpretazione estensiva e teleologicamente orientata delle norme regolatrici dell’ambito di operatività di ogni singola forma di confisca.
Tuttavia, di frequente, il lavoro della giurisprudenza di merito e di legittimità ha posto dei conflitti con quello delle corti costituzionali e sovranazionali con riferimento alla lesione della sfera giuridica personale e dei diritti fondamentali, con annesse ricadute sui principi penalistici di garanzia.
2. Funzione della confisca, natura giuridica e principi costituzionali
Il problema della natura giuridica della confisca è ancora oggi protagonista tanto del dibattito giurisprudenziale, quanto di quello dottrinale[21]. Le riflessioni e i commenti in merito alla questione hanno avuto ad oggetto nel corso degli anni tutte le varie tipologia di confisca introdotte dal legislatore.
Preliminarmente, tuttavia, occorre partire dalla natura giuridica della confisca generale prevista dall’articolo 240 del Codice penale per tutti i reati. L’istituto, nella disciplina di matrice codicistica, è qualificato come misura di sicurezza reale, consistente nell’espropriazione delle res attinenti al reato. Si tratta, nello specifico, di quelle che si sono rilevate necessarie – o che furono destinate – a commettere il reato stesso o che ne costituiscono il profitto, il prodotto o il prezzo o, ancora, quelle la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione e alienazione costituisce reato, persino in assenza di reato[22]. La confisca, con riferimento all’oggetto su cui ricade, viene distinta dal legislatore fra la c.d. facoltativa e la c.d. obbligatoria[23].
Il primo comma dell’articolo 240 prevede la possibilità di ordinare la confisca di particolari categorie di beni in presenza di una condanna; il secondo comma, invece, prevede l’obbligatorietà della confisca per diverse tipologie di res[24]. Infine, gli ultimi due commi si occupano della disciplina avente ad oggetto la tutela del terzo che sul bene oggetto di ablazione possa vantare dei diritti.
Il problema dell’applicazione della confisca in assenza di condanna si è posto, come predetto, frequentemente nell’attività giurisprudenziale degli ultimi anni. In particolare, oggetto di dibattito ormai da tempo è se sia richiesta – o meno - una sentenza che abbia accertato la responsabilità penale in relazione a un reato per un imputato[25]. La confisca, nei casi in cui è ammessa, è disposta sulle cose utilizzate ai fini della commissione del reato oppure sulle cose prodotto o profitto dello stesso e, in ognuna di queste ipotesi, il giudice sarà tenuto all’accertamento della concreta pericolosità del bene in relazione al soggetto che lo possiede.
Tuttavia, nella funzione di accertamento operata dal giudice, quest’ultimo dovrà esercitare un rilevante potere discrezionale (nella c.d. confisca facoltativa), i cui parametri non sono mai stati fissati dal legislatore. Infatti, gli stessi sono stati desunti nel corso degli anni dalla giurisprudenza attraverso un corposo lavoro interpretativo. Inoltre, anche in dottrina si è sostenuto che il giudice che dispone la confisca facoltativa ha l’obbligo, però, di motivare il provvedimento[26], concetto ribadito del resto, anche in questo caso, dalla stessa Corte di Cassazione in più circostanze[27].
L’obbligatorietà della confisca codicistica è stata, invece, prevista internamente per le cose che costituiscono il prezzo del reato e per quelle la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione rappresentino un reato, persino qualora non vi sia stata condanna in sede penale. Si tratta, in casi analoghi, di una presunta pericolosità della res, tale da far venire meno la discrezionalità del giudice, il quale non potrà operare una propria valutazione sulla base del singolo caso concreto[28]. Tuttavia, è bene anticiparlo, recentemente l’applicazione della misura ha posto problemi di compatibilità con il principio di legalità e con le garanzie di cui all’articolo 7 della CEDU[29].
La finalità della confisca di cui all’articolo 240 del Codice penale va ravvisata, quindi, nel c.d. scopo preventivo. Il legislatore ha deciso, in tal modo, di evitare che la disponibilità della res mantenesse viva l’idea del reato nell’autore dello stesso.
Da tale assunto in dottrina è stata più volte messa in discussione la natura giuridica della confisca[30], nonostante l’istituto sia collocato nel codice fra le misure di sicurezza patrimoniali. Numerose sono, infatti, le differenze tra la disciplina in materia di confisca e quella che il legislatore ha prodotto per le altre misure di sicurezza. Mentre la prima è dotata del carattere della perpetuità, il quale comporta il perdurare degli effetti anche qualora sia venuta meno la pericolosità; nelle seconde, invece, tale carattere risulta assente.
Inoltre, il carattere afflittivo[31]della confisca fa propendere la qualificazione operata da numerosi interpreti verso l’ambito delle pene e non verso l’ambito delle misure di sicurezza, in quanto presuppone una funzione punitiva nei confronti del colpevole di un reato. L’esempio più calzante appare quello operato da parte della dottrina negli anni ’90 del secolo scorso in materia di confisca ex articolo 416 bis. È stato sottolineato, in particolare, come, svolgendo funzione general-preventiva, la confisca debba essere considerata una pena accessoria[32].
Tuttavia, l’orientamento della dottrina prevalente, nonostante le valutazioni menzionate, è rimasto, supportato dalla giurisprudenza, dell’avviso che la confisca vada comunque collocata nel novero delle misure di sicurezza alla luce della sua funzione preventiva e nonostante abbia come presupposto la pericolosità della cosa e non quella del soggetto. Questo perché la pericolosità della res oggetto della confisca può e deve essere ravvisata nell’idoneità di questa a far sì che persistano l’idea e l’attrattiva del reato, le quali dovranno essere decisive sulle scelte di porlo in essere. Viene, così, confermato il carattere preventivo dell’istituto, per quanto in modo indiretto e mediato.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione, in ogni caso, ha recentemente riconosciuto[33], pur mantenendo saldo il proprio orientamento, il c.d. “polimorfismo” dell’istituto in rapporto alla specifica disciplina positiva, riconoscendo, comunque, l’effetto sostanziale, tipico delle misure di sicurezza, consistente nell’ablazione del bene e confermando le scelte del legislatore in materia di qualificazione[34].
La questione della natura giuridica della confisca, inoltre, è stata più volte anche posta all’attenzione della Corte costituzionale, che storicamente è sempre rimasta fedele alla qualificazione quale misura di sicurezza di quella prevista dall’articolo 240 del Codice penale[35].
Quanto riportato non esclude, però, che possano essere inquadrate in maniera differente altre forme di confisca alla luce delle loro singole finalità, come, ad esempio, avviene per la confisca per equivalente che assume carattere di pena[36]. In quest’ultimo caso, l’assenza di un rapporto di pertinenzialità tra il reato e i beni confiscati[37], provoca il venir meno del presupposto della pericolosità della cosa confiscata[38], con conseguenze anche sul divieto di sua applicazione retroattiva[39].
Esistono, inoltre, all’interno dell’ordinamento giuridico italiano delle forme di confisca extra-penali di matrice amministrativa. Fra queste, di relativamente recente introduzione è l’articolo 224 ter del Codice della strada[40]che prevede l’ipotesi della confisca del veicolo quale sanzione amministrativa accessoria[41].
Infine, ulteriore aspetto sul quale si tornerà in seguito, gli articoli 24 e 25 del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159 (il c.d. Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione) prevedono l’applicazione della confisca quale misura di prevenzione ante delictum, sempre a conferma del polimorfismo dell’istituto[42].
Per quanto concerne, invece, l’individuazione dei principi costituzionali applicabili all’istituto della confisca, l’analisi da sviluppare assume un grado di difficoltà molto elevato a causa dello stesso polimorfismo che ne caratterizza la natura giuridica e delle differenti funzioni previste dalle norme che lo disciplinano.
La storica e consolidata impostazione, che individuava le diverse garanzie in relazione alle varie norme costituzionali invocabili per ogni singola tipologia di confisca, è entrata in crisi negli ultimi anni di fronte alla nozione autonoma e allargata di pena emersa con l’interpretazione dell’articolo 7 della CEDU operata dalla giurisprudenza. La norma sovranazionale ha permesso di uniformare le garanzie fondamentali e di mettere chiarezza ai numerosi dubbi qualificatori in materia penale su una misura che non può che essere definita poliedrica e camaleontica[43].
Alla luce dell’ingente produzione giurisprudenziale della Corte Edu, è mutato nel tempo l’interesse verso le garanzie costituzionali poste alla base dell’applicazione della confisca, specialmente in relazione a quelle ipotesi speciali di matrice extra-codicistica caratterizzate da peculiarità derogatorie rispetto alla disciplina generale.
In conformità, ad esempio, a quanto affermato sulla confisca del veicolo è opportuno menzionare l’esclusione dell’applicazione retroattiva della confisca per equivalente di cui all’articolo 322 ter del Codice penale nell’estensione ai reati tributari[44]. La scelta del legislatore è stata motivata dalla natura sanzionatoria e per il venir meno del rapporto di pertinenzialità con il reato ritenuto fondamentale al fine di poter riconoscere una funzione preventiva, facendo sorgere dubbi di legittimità costituzionale in merito all’estensione dell’articolo 200 del Codice penale a casi analoghi[45].
Tuttavia, l’orientamento in questione non ha ancora assunto portata universale, come testimoniato dalla recente applicazione retroattiva della confisca c.d. allargata di cui all’articolo 12 sexies del decreto-legge n. 306 del 1992. A quest’ultima forma dell’istituto può, in ogni caso, essere riconosciuta una funzione repressiva, essendo estendibile a tutti quei beni che risultino sproporzionati rispetto al reddito e dei quali il titolare non sia capace di giustificare la provenienza, pur non dovendo essere per forza collegati al reato per il quale lo stesso sia stato condannato[46].
Problemi di compatibilità sono stati sollevati anche dalla giurisprudenza di legittimità sulla confisca prevista dall’articolo 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 in materia di lottizzazione abusiva, la quale ha cercato di superare l’orientamento maggioritario tradizionale che dalla qualificazione amministrativa della confisca in questione ne faceva discendere l’applicazione, anche in caso di sentenza di proscioglimento. Ciò sulla base dell’accertamento oggettivo del reato e anche nei confronti dei terzi di buona fede, la cui tutela veniva esercitata attraverso giudizi risarcitori contro il reo. La questione è stata posta all’attenzione della Corte costituzionale[47], che ha messo in evidenza come un accertamento formale di responsabilità possa essere contenuto anche in una sentenza che dichiari l’estinzione del reato per prescrizione e come lo stesso accertamento debba essere esplicitato all’interno della sentenza affinché possa essere disposta la confisca.
Infine, la stessa Consulta ha ribadito come all’interno dell’ordinamento italiano non sia presente alcuna forma di incompatibilità tra la sentenza che accerta la prescrizione e l’accertamento pieno della responsabilità[48].
L’orientamento è stato seguito anche dalla giurisprudenza di legittimità in materia di confisca del prezzo o del profitto di un delitto di corruzione[49]. Infatti, qualora un processo si concluda con una sentenza dichiarativa di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, la disposizione della confisca potrà essere operata solamente nel caso in cui vi sia stata in precedenza la pronuncia di una condanna. In sostanza, a conclusione del primo grado o dell’appello dovrà essere stata pronunciata una sentenza di condanna per quello specifico reato[50].
Anche su questo tema si è soffermata con peculiare attenzione la Corte Edu, in particolare sulla confisca urbanistica. I giudici di Strasburgo più volte sono partiti dal presupposto secondo il quale la confisca assuma a volte sostanzialmente carattere di pena[51], divenendo soggetta, quindi, alle garanzie che la CEDU riserva alla materia penale[52]. L’applicazione della confisca tramite una sentenza di proscioglimento dell’imputato per intervenuta prescrizione violerebbe, quindi, l’articolo 7 della CEDU e il principio di legalità. Tuttavia, recentemente la stessa Corte Edu[53]ha ammesso la possibilità che la confisca urbanistica sia disposta anche in caso di intervenuta prescrizione[54], purché il giudice abbia sostanzialmente accertato la sussistenza di tutti gli elementi del reato di lottizzazione abusiva, sulla base della motivazione della sentenza e non solo del contenuto del dispositivo.
La soluzione proposta dalla giurisprudenza è stata recepita dal legislatore con l’introduzione dell’articolo 578 bis del Codice di procedura penale[55], il quale prevede, in caso di prescrizione o di amnistia, la possibilità per il giudice d’appello o della Corte di Cassazione di decidere sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, a seguito dell’accertamento della responsabilità dell’imputato, per tutti i casi previsti dall’articolo 240, comma 1, del Codice penale e da altre disposizioni di legge o per quelli previsti dall’articolo 322terdel Codice penale in materia di delitti contro la pubblica amministrazione.
3. La confisca antimafia e la confisca come misura di prevenzione nell’ordinamento giuridico italiano
L’introduzione di una forma di confisca di prevenzione, fin dalle sue origini con la legge Rognoni-La Torre del 1982, è stata basata su una sorta di sistema integrato[56], con caratteri tipici tanto delle misure personali, quanto delle patrimoniali. La misura poteva, così, essere disposta soltanto in presenza anche di una misura di prevenzione personale.
Infatti, a fianco ai caratteri redazionali tipici del diritto dell’emergenza, legato a fatti di cronaca che non potevano certamente lasciare inerme il legislatore, si era manifestata una ratio legis non soltanto simbolico-repressiva, ma anche razionale[57].
Fu evidente come, al fine di contrastare la criminalità organizzata, non fosse sufficiente la pena detentiva quale strumento di prevenzione generale e speciale, ma, in considerazione della continuità garantita alle singole consorterie del passaggio della reggenza del comando a figure affini o ad altri soggetti, bisognasse iniziare a guardare all’organizzazione criminale quale apparato dettagliatamente strutturato, con interessi economici rilevanti e accumuli di ricchezze di provenienza illecita.
Il nuovo articolo 416 bis del Codice penale introdusse così la previsione della confisca obbligatoria nei confronti del condannato, per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, delle res “che servirono o furono destinate a commettere il reato” e di quelle che ne erano “il prezzo, il prodotto, il profitto” oppure che ne costituivano “l’impiego”. Il medesimo intervento legislativo introdusse, poi, come accennato, le c.d. misure di prevenzione di carattere patrimoniale, da eseguirsi nei confronti di indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, oltre che di altre categorie di soggetti ritenuti pericolosi.
Cambiava, in questo modo, anche la definizione di organizzazione mafiosa, la quale, da aggregato di persone avente un generico scopo illecito o comunque semplice associazione a delinquere, viene ora tipizzata attraverso un intervento legislativo idoneo a conferire alla mafia un marchio indelebile di illegalità[58].
Il legislatore comprese così come la capacità e l’attitudine delle organizzazioni mafiose di incidere sul tessuto economico di un territorio, condizionando l’attività imprenditoriale, fosse ormai strettamente collegata alle relazioni di collusione instaurate con aziende apparentemente estranee al contesto mafioso[59].
Pertanto, dieci anni dopo, lo stesso legislatore arricchì, come predetto, l’ordinamento italiano di un’ulteriore ipotesi di confisca “allargata” antimafia, quella di cui all’articolo 12 sexies del decreto-legge n. 306 del 1992[60]. Sulla scorta di alcuni interventi legislativi precedenti che avevano già contribuito ad estendere la portata applicativa e l’efficacia della misura[61], l’articolo 12 quinquies, al secondo comma, puniva con la reclusione da due a quattro anni – poi alzata da due a cinque anni con la legge 416 del 1993 – unitamente alla confisca obbligatoria di denaro, beni e altre utilità gli indagati per i delitti elencati nel medesimo articolo, fra i quali quello di cui all’articolo 416 bis del Codice penale e per i sottoposti a misura di prevenzione.
Tuttavia, la Corte costituzionale[62]mise in evidenza come la norma entrasse in contrasto con l’articolo 27, comma 2, della Costituzione, poiché configurante una responsabilità penale conseguenza di due “condizioni personali” dalle quali non è possibile riconoscere il coinvolgimento del soggetto in uno specifico reato[63]. Il legislatore recepì l’indirizzo offerto dalla Corte costituzionale e introdusse, con il decreto-legge n. 399 del 1994, l’articolo 12 sexies[64].
In tal modo, fu prevista una nuova forma di confisca, allargata o per sproporzione, con la quale venne spezzato l’ormai tradizionale nesso tra res confiscata e reato commesso. In caso di condanna per alcuni particolari delitti, con consequenziale applicazione della pena di cui all’articolo 444 del Codice di Procedura penale, fu resa possibile l’imposizione della confisca dell’intero patrimonio[65]sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati dal condannato e dei quali lo stesso non sia capace di giustificarne la provenienza. Tali caratteristiche mettono, quindi, in evidenza delle analogie nei fini e un’origine comune della confisca di prevenzione e della confisca allargata[66].
Un ulteriore punto di contatto fra i due primi interventi normativi in materia di confisca antimafia era rappresentato, inoltre, dal fatto che l’approvazione di queste leggi coincideva in entrambi i casi con momenti di grave difficoltà della sicurezza pubblica nazionale e di instabili equilibri politici, a riprova della constatazione secondo la quale il sistema delle misure di prevenzione radica le sue origini nella sua funzione di strumento diretto a garantire una risposta celere da parte dell’ordinamento giuridico alle situazioni emergenziali, idonee a far emergere ciclicamente eventuali vulnus normativi.
Gli interventi legislativi degli anni successivi hanno proseguito su questa scia, ampliando le forme di confisca attraverso l’introduzione di numerose disposizioni all’interno del Codice penale o con leggi speciali volte a rendere obbligatoria la misura, prevista originariamente come facoltativa dall’articolo 240 del Codice penale, tramite la disposizione della confisca per equivalente o di valore per determinati delitti e l’estensione della misura stessa all’Ente con il decreto legislativo 231 del 2001[67]. Si introdussero, com’è possibile constatare, per le confische sia di prevenzione che penale, delle disposizioni volte a migliorare la fase dell’amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati[68].
Fra le novità legislative di questo periodo, è opportuno menzionare la legge 109 del 1996[69], con la quale si scelse di snellire la procedura di assegnazione e di riutilizzo dei beni confiscati alle organizzazioni criminali di stampo mafioso[70].
Tuttavia, gli interventi di maggiore importanza in materia di misure di prevenzione sono quelli operati con i cc.dd. “Pacchetti sicurezza”[71]e con il decreto-legge n. 4 del 2010 (convertito dalla legge n. 50 del 2010).
Nel primo caso, la scelta operata dal legislatore è stata quella di consentire l’estensione delle misure di prevenzione patrimoniali anche alle principali fattispecie di pericolosità generica e di renderle applicabili anche in assenza delle misure personali.
Sono state estese, inoltre, ulteriormente le fattispecie delle persone destinatarie della legge antimafia, disciplinando la fase dell’amministrazione delle aziende sequestrate. Con il secondo intervento, infatti, è stata istituita la c.d. Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata[72], con l’intento di rispondere all’esigenza dell’ordinamento di un’autorità specializzata di rilevanza nazionale in grado di concentrare e di supplire alle competenze in materia.
La scelta del legislatore italiano ha trovato conferma negli anni a seguire nella disciplina sovranazionale, che individua esplicitamente nell’istituzione di appositi uffici nazionali centralizzati una delle misure adottabili per la gestione di tutti quei beni sottoposti a congelamento e confisca[73].
4. Le misure di prevenzione patrimoniali: il riordino del sistema attraverso il Codice antimafia del 2011
Il complesso apparato di leggi speciali introdotte nel tempo, spesso prodotto di esigenze emergenziali, ha avuto la conseguenza diretta di caratterizzare la disciplina delle misure di prevenzione patrimoniali per una disorganicità inidonea a fornire all’operatore giuridico uno strumento in grado di mettere ordine fra le numerosissime fonti normative. Per questa ragione, nacque la proposta di redigere un testo unico capace di comprendere l’intera produzione legislativa in materia, soprattutto, di antimafia[74].
Fu così che l’articolo 1 della legge 13 agosto 2010, n. 136 delegò il Governo ad adottare entro un anno un decreto legislativo recante il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione. La stessa disposizione prefissava fondamentalmente due obiettivi: a) una completa ricognizione della materia penale vigente in materia di contrasto alla criminalità organizzata, compresa quella contenuta nel Codice penale e nel Codice di procedura penale, con annessa l’armonizzazione e il coordinamento tanto con la normativa vigente, quanto con le disposizioni di matrice sovranazionale europea a cui l’ordinamento interno si sarebbe dovuto adeguare; b) la ricognizione, il coordinamento e l’armonizzazione della disciplina vigente in materia di misure di prevenzione, nonché un aggiornamento e una modifica della stessa, secondo numerosi principi e criteri direttivi.
A un anno di distanza, fu predisposto dal Governo il decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (il c.d. Codice antimafia), il quale non costituisce soltanto uno strumento di contrasto alla criminalità organizzata, ma prevede un sistema di misure di prevenzione, sia personali che patrimoniali, applicabili verso un elevato numero di soggetti ancora oggi oggetto di espansione[75].
Tuttavia, mentre inizialmente erano stati previsti degli interventi anche in materia penale e sul processo penale, alla luce di alcune accese discussioni all’interno della Commissione Giustizia della Camera, si limitò il raggio di azione del Codice antimafia solamente alle misure di prevenzione, aspetto, quest’ultimo, che ha suscitato varie perplessità in dottrina[76].
Per quanto concerne la struttura, il testo è composto da quattro libri: il primo disciplina le misure di prevenzione, sia personali che patrimoniali, l’amministrazione dei beni sequestrati e la destinazione dei beni confiscati contenuta nelle varie leggi fondamentali previgenti; il secondo opera un riorganizzazione delle disposizioni relative alla certificazione antimafia e agli enti disciolti per infiltrazione mafiosa; il terzo riporta le norme degli organismi antimafia e dell’Agenzia nazionale e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata; il quarto, infine, introduce le disposizioni abrogative, di coordinamento e transitorie.
Fra i profili innovativi introdotti dal Codice antimafia[77]è opportuno, invece, segnalare: la possibilità per il soggetto preposto di chiedere che si proceda con udienza pubblica; la rimozione del sequestro di prevenzione qualora il procedimento di primo grado o quello di appello durino per un periodo maggiore ai 18 mesi; la revocazione della confisca in casi eccezionali (come il difetto originario dei presupposti oppure la falsità delle prove) con l’automatica restituzione dei beni per equivalente.
La formulazione del testo organico, però, come si accennava in precedenza, non è stata esente da critiche che ne hanno evidenziato i limiti, fra i quali: il mancato aggiornamento delle disposizioni sul procedimento di prevenzione; l’assenza di una disciplina particolare in materia di incompetenza del giudice e delle autorità proponenti; la frammentarietà della regolamentazione dell’amministrazione giudiziaria dei beni e l’eccessiva assimilazione della tutela dei terzi prevista dal procedimento fallimentare[78].
Alla luce delle lacune evidenziate e nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 1 della legge delega n. 136 del 2010[79], negli anni successivi è stato introdotto qualche correttivo settoriale.
Il primo intervento operato dal legislatore è stato il decreto legislativo n. 218 del 2012, con il quale sono state apportate delle modifiche in materia di misure di prevenzione e varie correzioni alla disciplina riguardante la documentazione antimafia. In seguito, la legge di stabilità del 2013[80]è intervenuta in materia di tutela dei terzi e di perdita di efficacia del provvedimento di sequestro, modificando l’articolo 24, comma 2, del Codice antimafia, oltre che sul regime fiscale dei beni immobili sequestrati[81].
Tuttavia, l’assenza di interventi organici è stata, anche se solo parzialmente, colmata dagli interventi della giurisprudenza, soprattutto sovranazionale, che ha delineato nel tempo i principi guida della materia. L’obiettivo, supportato anche dalla dottrina, è stato quello di verificare il rispetto dei principi dell’ordinamento, cercando di trovare un corretto equilibrio tra efficienza e garanzie.
5. La riforma del Codice antimafia: la legge n. 161 del 2017
Il legislatore, alla luce delle esigenze manifestatesi a seguito dell’emanazione del Codice antimafia, è intervenuto nuovamente nel 2017 al fine di modificare il contenuto dello stesso testo, in particolare sulla disciplina della c.d. confisca allargata[82]. La legge n. 161 del 2017 si inserisce, in tal modo, nel sistema di prevenzione e contrasto ai patrimoni illeciti.
In materia di sequestro e confisca, nell’analizzare le modifiche e, ove non ci fossero, l’ampliamento dei destinatari delle misure patrimoniali operati dalla riforma del Codice antimafia, occorre preliminarmente soffermarsi sui c.d. presupposti di applicabilità. Per disporre le misure patrimoniali del sequestro e della confisca occorre verificare la presenza di presupposti di carattere soggettivo e oggettivo.
Il presupposto di carattere soggettivo consiste, a seguito dell’introduzione del principio di applicazione disgiunta[83], nella riferibilità del bene a un soggetto nei cui confronti sia irrogabile oppure sia stata già irrogata una misura di prevenzione personale[84]. È necessario, quindi, individuare i destinatari della misura.
I presupposti di carattere oggettivo, invece, riguardano i requisiti del bene per essere assoggettato a misura. Per il sequestro e per la confisca devono sussistere due requisiti: a) la disponibilità del bene stesso, diretta o indiretta che sia, da parte del preposto; b) gli indizi necessari, su tutti la sproporzione tra il valore dei beni e i redditi dichiarati o l’attività economica svolta, a far ritenere gli stessi frutto di attività illecita o reimpiego di essa. Il proposto può impedire la confisca, purché giustifichi la legittima provenienza del bene sequestrato.
La legge 161 del 2017 interviene comunque solo in modo marginale sulle disposizioni relative ai destinatari di sequestro e confisca. Infatti, nessun intervento è stato operato dal legislatore sui presupposti soggettivi e sul presupposto oggettivo della disponibilità. La riforma interviene, tuttavia, sul presupposto oggettivo della provenienza illecita, limitandosi a riconoscere un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza in materia di redditi provento di evasione fiscale.
Con riferimento alla disciplina della confisca di prevenzione, la riforma ha parzialmente modificato la disposizione di cui all’articolo 24 del Codice antimafia, avendo inserito un chiaro ed esplicito riferimento, previsione introdotta in verità anche in relazione alla confisca allargata di cui all’articolo 12 sexies del decreto legge 306 del 1992 (oggi trasposta dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 21 del 2018 nell’articolo 240 bis del Codice penale)[85], all’impossibilità per il preposto di giustificare la provenienza dei beni adducendo che il denaro utilizzato per il loro acquisto sia provento o reimpiego di evasione fiscale.
Inoltre, sempre all’articolo 24 del Codice antimafia, è stato aggiunto anche il nuovo comma 1 bis, il quale introduce una disposizione, analoga a quella già prevista per il sequestro di prevenzione relativo a partecipazioni sociali totalitarie, che estende la confisca anche ai beni aziendali previa precisazione dei conti correnti e dei beni ai quali viene estesa la misura. Un’ulteriore modifica ha avuto poi ad oggetto il secondo comma dello stesso articolo 24 del Codice antimafia, con la previsione della possibilità di proroga del termine, di base di un anno e sei mesi decorrente dalla data d’immissione in possesso dei beni da parte dell’amministratore giudiziario, entro il quale deve essere emesso il decreto di confisca, qualora si sia in presenza di indagini complesse o compendi patrimoniali rilevanti.
In materia di confisca per equivalente, invece, all’interno dell’articolo 25 del Codice antimafia è stato eliminato ogni riferimento alla finalità di dispersione e occultamento dei beni quale presupposto necessario per l’erogazione della confisca di valore, applicabile quando, dopo la presentazione della proposta, non risulti possibile procedere al sequestro dei beni, poiché il proposto non ne ha la disponibilità anche qualora siano stati trasferiti legittimamente in qualunque epoca a terzi in buona fede.
È stato poi aggiunto, al medesimo articolo, un nuovo comma, che autorizza esplicitamente la confisca per equivalente anche nei casi in cui, dopo la morte del proposto, il procedimento sia andato avanti nei confronti degli eredi, degli aventi causa o sia già iniziato nei confronti dei successori a titolo universale o particolare.
La riforma ha introdotto importanti novità anche in riferimento alla revocazione della confisca, disciplinata dall’articolo 28 del Codice antimafia. La Corte d’appello competente viene, infatti, ora individuata secondo i criteri fissati dall’articolo 11 del Codice di Procedura penale e sarà la stessa Corte, qualora accolga la richiesta di revocazione, a provvedere alla restituzione per equivalente di cui all’articolo 46 dello stesso Codice antimafia senza che gli atti siano trasmessi al tribunale.
L’articolo 30 del Codice antimafia prevede, invece, che se la sentenza definitiva di condanna che dispone la confisca interviene prima della confisca definitiva di prevenzione, il tribunale che ha già disposto il sequestro, con il procedimento di prevenzione in corso, dichiara che la confisca è già eseguita in sede penale attraverso l’emanazione di un decreto[86].
Infine, un’altra novità introdotta in materia di misure di prevenzione, con importanti ricadute anche in tema di confisca, è l’introduzione di un canale di trattazione prioritaria dei procedimenti di prevenzione patrimoniale previsto dall’articolo 34 ter del Codice antimafia, che assicura la priorità assoluta ai procedimenti finalizzati all’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali. Tale aspetto rafforza quell’affinità di ratio tra la confisca di prevenzione e la confisca allargata di cui all’articolo 12 sexies del decreto-legge 306 del 1992[87].
Tra le modifiche a quest’ultima tipologia di confisca, in primo luogo, l’articolo 31 del Codice antimafia, per come riformato, inserisce un riferimento a tutti i reati di cui all’articolo 51, comma 3 bis, del Codice di Procedura penale, estendendo, in tal modo, il catalogo dei c.d. reati presupposto.
Inoltre, individua l’autorità competente ad applicare la confisca nel giudice dell’esecuzione, introducendo il nuovo comma 4 sexies dell’articolo 12 sexies del decreto-legge 306 del 1992, il quale in caso di richiesta o di contestuale confisca proposta dal pubblico ministero, deve provvedere, ex articolo 667, comma 4 del Codice di Procedura penale, con la possibilità di proporre opposizione entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione o notificazione dello stesso.
In caso di morte del soggetto verso il quale sia stata disposta confisca a seguito di sentenza definitiva di condanna, il processo dovrà iniziare nei confronti degli eredi o degli eventi causa ai sensi dell’articolo 666 del Codice di Procedura penale e, qualora sia stata pronunciata sentenza di condanna in uno dei gradi di giudizio, sarà applicabile dal giudice d’appello o da quello di legittimità una nuova ipotesi di confisca allargata in assenza di formale condanna[88], con dichiarazione dell’estinzione del reato per prescrizione o per amnistia. Il giudice, in quest’ultimo caso, deciderà solo sull’impugnazione per i soli effetti della confisca, a seguito di accertamento della responsabilità dell’imputato.
Una scelta, quest’ultima operata dal legislatore, che, tuttavia, potrebbe entrare in contrasto, a parere di molti[89]e come evidenziato dalla sentenza della Corte Edu Varvara c. Italia del 2013, con gli articoli 6 e 7 della CEDU e con il principio di presunzione di non colpevolezza riconosciuto dall’articolo 27, comma 2, della Costituzione, anche se l’orientamento stesso della Corte Edu pare mutato, come accennato in precedenza[90], a seguito di G.I.E.M. s.r.l. e a. c. Italia del 2018[91].
Infine, a conclusione di questa breve ricognizione operata sull’assetto normativo interno, è bene soffermarsi anche sul recentissimo decreto legge 113 del 2018, convertito dalla legge 132 del 2018, con il quale il legislatore è intervenuto anche sulla materia patrimoniale: a) modificando il raccordo informativo tra autorità giudiziaria e amministrativa; b) inserendo alcune nuove disposizioni in materia di amministrazione giudiziaria; c) potenziando l’Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e rimodulando la disciplina della destinazione dei beni confiscati[92].
Nello specifico, volgendo l’attenzione prevalentemente all’istituto in esame della confisca, l’articolo 36 del nuovo decreto-legge interviene nuovamente sul Codice antimafia in materia di procedure di gestione e destinazione dei beni confiscati.
In primo luogo, vengono resi più stringenti i criteri di cui all’articolo 35 relativo alla nomina e alla revoca dell’amministratore giudiziario.
Si supera, inoltre, l’automaticità del trasferimento al Comune dei beni in caso di confisca conseguente al reato di cui all’articolo 74 del Testo unico in materia di stupefacenti, con la possibilità per gli enti territoriali di richiedere gli immobili confiscati (al fine di riutilizzarli incrementando l’offerta di alloggi da assegnare in locazione a soggetti in condizione di disagio economico o sociale) e viene modificato il procedimento di vendita dei beni oggetto di confisca[93].
6. L’individuazione dei destinatari delle misure di prevenzione dalle personali alle patrimoniali: il problema della tassatività sostanziale e l’esigenza di un maggiore impegno processuale
La problematica dell’individuazione dei destinatari delle misure di prevenzione ha assunto negli ultimissimi anni una centralità sempre maggiore, accomunando tra loro su molti aspetti tanto le misure personali quanto quelle patrimoniali, attraverso la manifestata necessità di vedere rispettati e garantiti i principi sovranazionali di matrice convenzionale spesso sottovalutati dal legislatore italiano[94].
In particolare, a rendere acceso il dibattito e a far scaturire importanti ricadute nella giurisprudenza interna è stata una pronuncia della Grande Camera della Corte Edu in materia di misure di prevenzione personali, la sentenza De Tommaso c. Italia del 23 febbraio 2017[95], la quale ha, tuttavia, assunto centralità anche in riferimento a principi enucleati dai giudici della Consulta e da quelli di legittimità relativi alle misure patrimoniali.
La Corte Edu, nel caso di specie, ha condannato l’Italia ribadendo come la misura personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno non comporti una violazione dell’articolo 5, comma 1, della CEDU, il quale è posto a tutela della libertà fisica della persona, ma sia basata, invece, su una restrizione della libertà di circolazione del sottoposto alla misura, disciplinata dall’articolo 2 del Protocollo n. 4 CEDU e su un fondamento normativo interno rappresentato dalla legge n. 1423 del 1956, la cui interpretazione da parte della giurisprudenza costituzionale si è negli anni consolidata.
Nello specifico, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto che fosse stato violato l’articolo 2 del Protocollo n. 4 CEDU soltanto con riferimento alle categorie di pericolosità semplice, alla luce della prevedibilità, non garantita dalla disciplina in esame, tanto per quanto concerne i destinatari quanto per i contenuti della misura. Il mancato rispetto della prevedibilità della norma emerge, inoltre, anche sotto il profilo del contenuto delle prescrizioni imposte con la misura.
Il problema della determinazione dei destinatari, secondo la Corte Edu, deriva da un’eccessiva discrezionalità che è stata demandata ai giudici interni, i quali, in assenza di sufficienti riferimenti normativi[96], si sono spesso ritrovati privi di un’identificazione chiara delle prove fattuali e degli specifici comportamenti necessari per operare una valutazione della pericolosità sociale di cui è dotato il soggetto destinatario di misura di prevenzione. La normativa, anche se le procedure e le condizioni da osservare non per forza debbono essere demandate al diritto sostanziale, avrebbe dovuto indicare lo scopo di tale funzione discrezionale, nel rispetto della prevedibilità richiesta ai fini di veder riconosciuta una forma di tutela contro arbitrarie interferenze da parte della pubblica utilità[97].
Sulle misure imposte al proposto, riconoscendo la genericità e la vaghezza del loro contenuto, la Corte Edu si è soffermata sulle prescrizioni contenute dall’articolo 8 del Codice antimafia del “vivere onestamente” e del “rispettare le leggi”, sottolineando la mancanza di tassatività della fattispecie incriminatrice prevista dall’articolo 75 del Codice antimafia. La questione è stata recentemente oggetto delle attenzioni della Corte costituzionale, la quale, con la sentenza n. 25 del 2019 a proposito del reato proprio del sorvegliato speciale, ha dichiarato incostituzionale il secondo comma dell’articolo 75 del Codice antimafia proprio per le due prescrizioni citate che violavano i principi di legalità, prevedibilità e predeterminatezza[98].
Contestualmente, la stessa Corte costituzionale italiana, sempre partendo dal problema della vaghezza e della prevedibilità riferita alla tecnica di formazione del precetto sollevato dalla sentenza De Tommaso, che aveva prima appunto “investito” direttamente le misure di prevenzione personali e le fattispecie di “pericolosità generica” in relazione al doppio modello tipologico della prevenzione praeter delictum[99], ha inoltre affrontato il medesimo problema in riferimento alle misure di prevenzione patrimoniali nella sentenza n. 24 del 2019.
Infatti, a seguito di tre ordinanze di rimessione - rispettivamente dei Tribunali di Padova e Udine e, soprattutto, della Corte d’appello di Napoli[100]- i giudici della Consulta hanno dovuto esaminare la questione della determinatezza della fattispecie normativa che individua tra i destinatari delle misure di prevenzione i soggetti c.d. pericolosi generici, non confinando il giudizio di inadeguatezza convenzionale formulato dalla Corte Edu alla materia della libertà di circolazione.
L’articolo 1 del Protocollo addizionale CEDU riconosce, infatti, anche il diritto di proprietà fra quelli che possono essere legittimamente compressi soltanto in forza di una norma idonea a soddisfare gli standard di prevedibilità fissati in linea generale dagli stessi giudici di Strasburgo per qualunque legge che preveda limitazioni generali ai diritti convenzionali[101].
La sentenza n. 24 del 2019 della Corte costituzionale ha, quindi, dichiarato illegittima l’applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale e di quelle patrimoniali del sequestro e della confisca nei confronti di quei soggetti, individuati dall’articolo 1, lettera a), del Codice antimafia, che debbono ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi.
Volendosi soffermare sulle osservazioni dei giudici della Corte costituzionale concernenti le misure di prevenzione patrimoniali e, nello specifico, sulla confisca, è necessario operare una comparazione fra lo Statuto costituzionale e convenzionale delle misure di prevenzione personali e quello delle misure di prevenzione patrimoniali. Il presupposto della confisca di prevenzione è costituito dalla ragionevole presunzione che il bene sia stato acquistato con proventi di attività illecita, fondando la stessa presunzione sulla base: a) della sproporzione del valore dei beni derivanti dai redditi e dalle attività economiche; b) dalle pregresse attività criminose; c) dalla mancata giustificazione da parte del soggetto della legittima provenienza dei beni.
Di conseguenza, com’è noto, la misura di prevenzione, effetto della confisca, incide sulla proprietà senza però essere una pena, permettendo, così, un’estensione del medesimo ragionamento operato in materia di misure di prevenzione personali, ma assolvendo ad una funzione ripristinatoria[102], che riporta il soggetto nelle stesse condizioni in cui si sarebbe trovato se non avesse posto in essere l’attività criminosa.
È assente, invece, la funzione sanzionatoria tipica della confisca classica, dove sussiste l’onere della prova che grava in capo al pubblico ministero sul nesso di pertinenza, ma ci si basa su una presunzione con un conseguente “alleggerimento” dell’onere della prova per rendere lo strumento più efficace, andando a costituire ciò che la Corte Edu qualifica come azione civile in rem, volta al recupero di beni illegittimamente procurati e che incide sul diritto di proprietà, riconosciuto e limitato dagli articoli 42 della Costituzione e 1 Protocollo addizionale CEDU, dai quali consegue la necessaria sottoposizione ai principi di legalità (prevedibilità ed evitabilità) e di proporzionalità. Inoltre, non c’è riserva di giurisdizione, ma, invece, riserva di procedimento, in quanto occorre riconoscere le garanzie del contraddittorio.
La norma interna che dispone l’applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, l’articolo 1 del Codice antimafia, prevede fattispecie di pericolosità sia qualificata che generica, ponendo particolari difficoltà in relazione a quest’ultima tipologia di pericolosità - alle lettere a) e b) – a causa dell’utilizzo di termini e concetti indeterminati, tanto che la Corte Edu[103]ha ritenuto che la stessa norma non rispetti i principi di legalità-prevedibilità e determinatezza-precisione, problema che, pur con statuti differenti, accomuna le due tipologie di misure. La conseguenza in questi casi dovrebbe essere normalmente l’incostituzionalità della norma[104]per violazione della CEDU (ex articolo 117 della Costituzione) e, quindi, dell’articolo 42 della Costituzione per le misure patrimoniali[105].
Tuttavia, viene proposta dai giudici della Consulta un’interpretazione “tassativizzante”, già ampiamente dibattuta precedentemente in dottrina[106]e non sempre apprezzata dalla giurisprudenza di merito, costituzionalmente orientata, applicabile in questo caso soltanto in quanto operante in ambito extra-penale e non penale.
La Corte costituzionale viene così chiamata a verificare se un’attività di questo tipo sia in grado di soddisfare i requisiti di legalità, tassatività e predeterminatezza e opta per argomentare e motivare una distinzione fra i contenuti della lettera a), che per come interpretata diventa determinata, e la lettera b) dell’articolo 1 del Codice antimafia, la quale risulta non rispettosa del principio di determinatezza – tanto per le misure personali quanto per le patrimoniali - a causa dell’utilizzo del termine “traffici”, il quale è per sua natura indeterminato sia letteralmente che giurisprudenzialmente.
La “lettura tassativizzante” della pericolosità si pone, a questo punto, come una necessità idonea a chiarire e circoscrivere, soddisfacendo tanto l’esigenza di veder riconosciute le garanzie sostanziali, emerse ormai fin dalla sentenza De Tommaso, quanto la necessità di un maggiore impegno processuale, invocato appunto in ultimo dalla sentenza n. 24 del 2019 della Corte costituzionale. Tuttavia, è bene che, come rilevato già per le misure di prevenzione personali[107], il profilo di carattere sostanziale e il momento processuale interagiscano fra loro in considerazione della complementarietà delle due fasi dell’accertamento della pericolosità e della processualizzazione della verifica, consentendo alla norma di “processualizzarsi per vivere”, nel rispetto della prevedibilità degli effetti della propria condotta e attribuendo al ruolo fondamentale riconosciuto all’interpretazione giurisprudenziale anche delle guide normative rappresentate da fattispecie astratte autoimmuni e comprensive dei requisiti richiesti dagli Statuti costituzionali e convenzionali.
7. Conclusioni
Nonostante il legislatore non sia spesso stato acuto e rapido nella produzione di una normativa di riferimento, i principi guida della materia sono stati delineati nel corso degli anni per merito soprattutto di numerose elaborazioni giurisprudenziali frutto del lavoro della Corte costituzionale, delle Sezioni Unite della Cassazione e della Corte Edu.
La stessa dottrina ha contribuito, in tal senso, ad arricchire il dibattito, operando una verifica del rispetto dei principi ordinamentali e delle garanzie da bilanciare con la richiesta di efficacia pretesa dall’intervento penale[108].
Principalmente, fra i tanti pareri esposti, sono venute fuori due orientamenti: il primo secondo il quale le misure di prevenzione personali e patrimoniali debbano essere espunte dall’ordinamento giuridico, lasciando il sequestro e la confisca, vista come sanzione susseguente alla condanna, all’ambito di operatività del processo penale; il secondo, invece, volto ad un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata, comprendendo le misure di prevenzione nel novero del c.d. diritto di “serie A”, puntando sulla specificità dell’ordinamento italiano nell’azione verso i patrimoni di derivazione illecita[109].
Si è, così, parlato – e si continua a farlo – di Statuto costituzionale della confisca di prevenzione, aspetto che pone il problema della legittimazione degli istituti coperti dall’etichetta della confisca[110], la cui sostanza è l’ablazione di beni collegati a un’origine illecita (o che comunque si presuppone lo sia), che siano stati strumento per la realizzazione di un reato, oppure, infine, che la loro fabbricazione, il porto, la detenzione ad alienazione costituisca reato[111].
Il dibattito è stato successivamente arricchito alla luce delle modifiche della disciplina della confisca allargata operate dal legislatore in considerazione della sempre maggiore attenzione prestata alla prevenzione del contrasto alla criminalità da profitto[112], a cui sono riconducibili i vari istituti della confisca come misura di sicurezza, della confisca per equivalente e della confisca ai danni degli Enti.
Lo scopo della confisca del profitto, del prezzo o del prodotto è riassumibile, quindi, del trasmettere l’idea che il delitto non paghi[113]e in questa direzione sono andate ad operare le principali applicazioni della misura in questione.
Il procedimento applicativo può oggi essere ritenuto in fase avanzata considerata l’attuazione della piena giurisdizionalizzazione e riconosciuto un giusto procedimento di prevenzione patrimoniale. In tal senso, un contributo rilevante, a fini esplicativi e chiarificatori, può essere ricavato dall’iter seguito dalla giurisprudenza costituzionale.
Già nelle pronunce della Consulta dei primi anni Sessanta è possibile riconoscere alla confisca un polimorfismo che oggi è ampiamente consolidato anche dalla giurisprudenza di legittimità[114]. La sentenza n. 29 del 1961 della Corte costituzionale[115], infatti, facendo riferimento all’articolo 25, comma 2, della Costituzione e respingendo la questione, riconosceva per la prima volta una concezione aperta di confisca. La privazione dei beni economici può essere disposta per vari motivi e al fine di adempiere a varie finalità, al punto da fungere talvolta funzione di pena o di misura di sicurezza, ovvero anche natura giuridica civile o amministrativa.
Successivamente, le prime dichiarazione di illegittimità costituzionale hanno avuto ad oggetto ipotesi di confisca nei confronti di persone estranee al reato, facendo sì che venisse riconosciuto, anche per le misure di sicurezza, il principio di personalità della responsabilità penale di cui all’articolo 27, comma 1, della Costituzione.
Qualche problema è sorto, invece, in materia di retroattività non preclusa per le misure di sicurezza dall’articolo 200 del Codice penale, per l’introduzione di nuove forme di confisca. Più volte sul punto è stata rilevata l’esigenza di una rilettura del sistema nel rispetto dell’articolo 7 della CEDU e dei principi da esso posti per la materia penale.
La giurisprudenza interna, ordinaria e costituzionale, ha ravvisato nel corso degli anni funzioni differenti a istituti, come la confisca del profitto e quella per equivalente, dei quali l’uno è previsto dal legislatore come sussidiario all’altro.
L’applicazione della confisca per equivalente, infatti, non rappresenta l’esecuzione di un nuovo tipo di pena, ma altro non è che una misura applicabile qualora non sia a sua volta applicabile la confisca del profitto, ciò nonostante, il contenuto afflittivo nelle due forme di confisca sia il medesimo. In sostanza i due istituti sono sostitutivi e alternativi tra loro.
Tuttavia, è stato rilevato in dottrina come l’etichettamento quale pena di un istituto che sostituisce una misura di sicurezza costituisca una sorta di “manipolazione concettuale”, funzionale all’esigenza di trovare un ragionevole fondamento per motivare l’esclusione dell’applicazione retroattiva della confisca per equivalente[116].
Problemi di matrice costituzionale riguardano poi tutte quelle tipologie di confisca distanti, sia per tipologia che per presupposti, dal sistema di estrazione codicistica. In particolare, si fa riferimento alla confisca di prevenzione - disciplinata dal Codice antimafia - e alla confisca allargata, successivamente inserita nel Codice penale attraverso l’introduzione dell’articolo 240 bis, in attuazione del c.d. principio di riserva di codice[117]. L’introduzione di una confisca di valore settoriale, in relazione ai reati informatici, con conseguente qualificazione quale misura di sicurezza e non più quale sanzione, sembra poter introdurre un revirement giurisprudenziale sul rapporto con la confisca diretta del profitto.
La qualificazione delle somme di denaro quale confisca sempre diretta, per via della natura fungibile del bene, da una parte oblitera il nesso di pertinenzialità al reato e dall’altra risponde all’esigenza di consentire un’ablazione anche nei confronti delle persone giuridiche[118], qualora, infatti, la misura venisse etichettata quale confisca per equivalente, l’ablazione non potrebbe essere consentita.
Ambedue le forme di confisca, pur essendo istituti differenti per origine e per disciplina, riguardano entrambe denaro, beni o altre utilità di valore sproporzionato rispetto al reddito o all’attività economica del possessore, con conseguente operatività della confisca alla luce dell’impossibile giustificazione della loro provenienza.
In questa direzione, indicazioni importanti, proprio in materia di confisca allargata, vengono offerte dalla giurisprudenza costituzionale con la sentenza n. 33 del 2018[119]. La Consulta rigetta la questione sollevata, che faceva riferimento all’eventuale violazione del principio d’uguaglianza in merito alla ricettazione quale reato presupposto. Viene ribadito il concetto secondo il quale le moderne forme di confisca siano state introdotte nei vari ordinamenti europei al fine di oltrepassare i limiti di efficacia della confisca penale classica, correlati all’esigenza di dimostrare la sussistenza di un nesso di pertinenza fra i beni da confiscare e il singolo reato per il cui è pronunciata la condanna.
Gli scopi principali divengono, quindi, l’adeguato contrasto al fenomeno dell’accumulo di ricchezze illecite da parte della criminalità e la limitazione del possibile reimpiego delle stesse per commettere ulteriori attività, lecite e illecite, con ingenti alterazioni del mercato.
L’allentamento del rapporto tra l’ablazione e il singolo reato presupposto e l’affievolimento degli oneri probatori gravanti sull’accusa viene, di conseguenza, giustificato dagli indirizzi tracciati dalle Convenzioni internazionali, nonostante, è bene segnalarlo, la confisca allargata interna italiana sia caratterizzata da un più ridotto e differente standard probatorio rispetto al modello richiamato dalla Direttiva 2014/42/UE[120].
Nel caso di specie, l’inserimento fra i reati presupposti della ricettazione, delitto idoneo a determinare un’illecita accumulazione di ricchezza e sociologicamente suscettibile a ripetizione in forma professionale o continuativa[121], dà luogo a una serie di considerazioni che contribuiscono a rilevare limiti di razionalità e legittimità della presunzione relativa di provenienza delittuosa fondanti la confisca in assenza di una credibile spiegazione contraria[122].
Pertanto, i giudici della Consulta optano per un appello al legislatore ad operare un intervento legislativo idoneo a selezionare definitivamente i reati presupposto secondo criteri strettamente connessi all’istituto della confisca, nel rispetto del principio di ragionevolezza, al fine di mantenere intatta la fisionomia tipica dell’istituto.
Il medesimo ragionamento operato sul reato della ricettazione può essere esteso anche all’inserimento di altri delitti – quali il sequestro di persona a scopo di estorsione, l’usura, il riciclaggio, l’intestazione fittizia di beni, lo spaccio di sostanze stupefacenti, l’estorsione e il contrabbando aggravato – caratterizzati dall’essere riconducibili a penetranti forme di criminalità da profitto, ma non sempre riconducibili a organizzazioni stabili e strutturate come l’associazione di tipo mafioso[123]. In questo modo, la confisca allargata si colloca oltre il confine dell’ambito penale, poiché il reato accertato non rappresenta la fonte dei beni oggetto della confisca, ma diviene presupposto volto a giustificare un intervento su altri beni, la cui provenienza resta non accertata e presuntivamente valutata illecita.
La confisca in esame trova la sua ratio nella presunzione di un’illecita accumulazione patrimoniale, derivante dal delitto presupposto, che rende sufficiente dimostrare che il titolare non svolge un’attività idonea a procurargli il bene per porre a suo carico l’onere di allegazione sulla legittima provenienza dell’acquisto, oltre che della sostanziale e veritiera appartenenza del bene stesso[124].
Tale analisi ha, però, dato origine ad alcune considerazioni che hanno arricchito il dibattito dottrinale. In particolare, sull’idea di pericolosità della res che fungerebbe da “frode alle etichette”[125]facendo dell’inquadramento della confisca come misura di prevenzione - ma anche di quello della confisca allargata - una “finzione insopportabile”[126].
L’ablazione dei beni ritenuti profitto di illeciti pregressi e non per forza supportata da un’attuale pericolosità personale, oltre che slegata da un nesso con illeciti specifici accertati, sembrerebbe semmai essere definita come una sorta di misura ripristinatoria, con lo scopo di far venire meno un possesso illegittimo di un bene che il possessore non aveva diritto di acquisire[127].
In questo modo, guardando all’istituto della confisca secondo questa funzione ripristinatoria-riequilibrativa, che si introduce come “terza via” fra la tradizionale dicotomia pena-misura di prevenzione[128], il fondamento della confisca troverebbe origine nell’esclusiva finalità di sottrare alla criminalità la ricchezza di origine illecita[129].
A questo punto, occorre, però, trovare una legittimazione ad una confisca che si sgancia da una precisa definizione e prova di particolari reati, operando, inoltre, una limitazione del diritto di proprietà. Proprio per queste ragioni, in dottrina sta facendosi largo un modello di “confisca civile” quale strada alternativa[130].
Tuttavia, portare in primo piano dei profili civilistici non rappresenta una soluzione da sola idonea a fronteggiare i problemi legati all’aggancio alla materia penale sostanzialistica e al processo penale, all’interno del quale deve, non solo essere accertato il reato, ma anche giustificare il possesso dei beni[131].
Appare evidente, quindi, come continuino a sorgere problemi in materia di limiti di legittimità di istituti che mettono in discussione alcune modalità di esercizio delle tutele garantistiche. D’altro canto, però, prevale il proliferare di moderne forme di confisca che esulano dal nesso di pertinenza – strumentalità o derivazione – tra i beni da confiscare e il reato per il quale viene pronunciata la condanna, motivate dalle esigenze emergenziali di contrasto alle ricchezze accumulate dalla criminalità organizzata. In tal senso pare andare il legislatore, attraverso le modifiche introdotte con la legge 161 del 2017 al Codice antimafia, con le quali viene introdotto uno statuto privilegiato al funzionamento dei procedimenti relativi alle misure di prevenzione patrimoniali.
[1] E. NICOSIA, La Confisca, le confische. Funzioni politico-criminali, natura giuridica e problemi ricostruttivo-applicativi, G. Giappichelli Editore, Torino, 2012, 4.
[2]E. NICOSIA, Ibidem.
[3]Espressione coniata dal sociologo statunitense Edwin Sutherland. Per un approfondimento si rimanda a: G. GENNARO,Manuale di sociologia della devianza, Franco Angeli Edizioni, Milano, 2002, 62-72. Sull’influenza, invece, dei c.d. white collar crimes nella diffusione legislativa, ma anche giurisprudenziale, della confisca: A. DI NICOLA, La criminalità economica organizzata: implicazioni di politica penale, articolo in Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell’Economia, Anno XV, n. 1-2, gennaio-giugno 2002, 276-291; E. ZUFFADA, Il Tribunale di Milano individua una nuova figura di “colletto bianco pericoloso”: il falso professionista (nella specie, un falso avvocato). Un ulteriore passo delle misure di prevenzione nel contrasto alla criminalità da profitto. Nota a Tribunale di Milano, Sezione Autonoma di Misure di Prevenzione, decr. 16 febbraio 2016 n. 32, in Diritto Penale Contemporaneo,2016; F. BRIZZI, Misure di prevenzione e pericolosità dei “colletti bianchi” nella elaborazione della giurisprudenza di merito, in Archivio Penale, 2014, n.3.
[4]L. FORNARI, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie. Confisca e sanzioni pecuniarie nel diritto penale “moderno”, in Collana di studi penalistici, CEDAM, 1997, 5-6; A. ALESSANDRI, Confisca nel diritto penale, in Digesto delle discipline penalistiche, III, Torino 1989; F. VERGINE, Le moderne sanzioni patrimoniali tra fonti di natura internazionale e legislazione interna, in La Giustizia patrimoniale penale, G. Giappichelli Editore, Torino, 2011, 375 ss.; F. VERGINE, Confisca, in Archivio Penale, 2013, n.3.
[5]A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, Giuffrè Editore, Milano, 2001, 31.
[6]A. BALSAMO– V. D’AGOSTINO,Inquadramento sistematico ed evoluzione storica delle misure di prevenzione patrimoniali, in Misure di prevenzione personali e patrimoniali, a cura di F. FIORENTIN, G. Giappichelli Editore, Torino, 2018, 559.
[7]A. MANGIONE, La misura di prevenzione patrimoniale fra dogmatica e politica criminale, in Studi penalistici. Nuovissima serie, CEDAM, Padova, 2001.
[8]Legge 13-09-1982, n. 646.
[9]D. FONDAROLI, Le ipotesi speciali di confisca nel sistema penale. Ablazione patrimoniale, criminalità economica, responsabilità delle persone fisiche e giuridiche, in Seminario giuridico Università di Bologna, Bononia University Press, Bologna, 2007, 9 ss.
[10]A. M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, Op cit., 1 ss.
[11]Sull’argomento: G. INSOLERA, Ripensare l’antimafia: il sistema penale. Testo rivisto della relazione al convegno “Ripensare l’antimafia. Nuovi contenuti per le sfide del futuro”, in Diritto Penale Contemporaneo, 2014; S. FINOCCHIARO, La Confisca e il sequestro di prevenzione, in Diritto Penale Contemporaneo, 2019e in La legislazione antimafia, (a cura di) E. MEZZETTI- L. LUPARIA, Zanichelli Editore, Bologna, 2020, 676-715. Inoltre, sull'operatività della c.d. confisca allargata si segnala la recentissima: Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 15 luglio 2021, n. 27421, Crostella.
[12]A. CISTERNA, La natura promiscua della confisca tra misura di sicurezza e sanzione punitiva in rapporto alle nuove tecniche sanzionatorie della criminalità del profitto, in La giustizia patrimoniale penale, (a cura di) A. BARGI– A. CISTERNA, UTET, Torino, 2011, I, 82 ss.
[13]E. NICOSIA, La Confisca, le confische. Funzioni politico-criminali, natura giuridica e problemi ricostruttivo-applicativi,Op. cit., 13.
[14]L. FORNARI, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie. Confisca e sanzioni pecuniarie nel diritto penale “moderno”, Op. cit., 50 ss.
[15]Trasposta poi dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 21 del 2018 nell’articolo 240 bis del Codice penale (cfr. infra § 5).
[16]Fra i quali: L. FORNARI, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie. Confisca e sanzioni pecuniarie nel diritto penale “moderno”, Op. cit., 63 ss.; E. NICOSIA,La Confisca, le confische. Funzioni politico-criminali, natura giuridica e problemi ricostruttivo-applicativi,Op. cit., 15; D. FONDAROLI, Le ipotesi speciali di confisca nel sistema penale. Ablazione patrimoniale, criminalità economica, responsabilità delle persone fisiche e giuridiche,Op. cit., 201 ss.; E. SQUILLACI, La confisca “allargata” quale fronte avanzato di neutralizzazione dell’allarme criminalità, in Dir. Pen. Proc., 2009, n. 12, 1525 ss.; G. LOSAPPIO,La confisca “speciale”, in Riv. Trim. Dir. Pen. Econ., 2008, 420 ss.
[17]Occorre, di conseguenza, un accertamento della responsabilità a seguito di un processo penale già conclusosi.
[18]L. FORNARI, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie. Confisca e sanzioni pecuniarie nel diritto penale “moderno”, Op. cit., 36 ss., 47 ss., 104 ss.
[19]Sulla c.d. confisca per equivalente si segnalano: D. FONDAROLI,Le ipotesi speciali di confisca nel sistema penale. Ablazione patrimoniale, criminalità economica, responsabilità delle persone fisiche e giuridiche,Op. cit., 249 ss.; F. VERGINE,Il “contrasto” all’illegalità economica. Confisca e sequestro per equivalente, CEDAM, Padova, 2012; M. AMISANO TESI,Confisca per equivalente, in Dig. Disc. Pen, agg., IV, UTET, Torino, 2008, 204.
[20]Sul punto si approfondirà in seguito alla luce del dibattito dottrinale in materia. Fra gli altri si segnala: E. NICOSIA, La Confisca, le confische. Funzioni politico-criminali, natura giuridica e problemi ricostruttivo-applicativi,Op. cit., 45-50.
[21]Fin dall’emanazione del Codice penale l’argomento è stato oggetto di grande attenzione dottrinale. Fra le monografie che hanno attraversato gli ultimi otto decenni, si segnalano: C. M. IACCARINO, La confisca, Cressati, Bari, 1935; C. SALTELLI, voce Confiscain Nuovo digesto italiano, III, 1938; F. VASSALLI, La confisca dei beni. Storia recente e profili dogmatici, CEDAM, Padova, 1951; A. MELCHIONDA, Disorientamento giurisprudenziale in tema di confisca, in Dig. Disc. Pen., III, Torino, 1989; A. M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, Op. cit.; D. FONDAROLI, Le ipotesi speciali di confisca nel sistema penale. Ablazione patrimoniale, criminalità economica, responsabilità delle persone fisiche e giuridiche,Op. cit.; R. ACQUAROLI, La ricchezza illecita tra tassazione e confisca, DIKE, Roma, 2012; E. NOBILE– F. D. IACOPINO, L’intestazione fittizia di beni e la confisca allargata, Editore Key, Milano, 2019, 47-51.
[22]G. MARINUCCI– E. DOLCINI– G. L. GATTA, Manuale di Diritto Penale. Parte Generale. Nona edizione, Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2020, 834-843.
[23]Sul punto si segnala quale lettura chiarificatrice: A. ARDITURO– F. CIOFFI, La confisca ordinaria, per sproporzione e per equivalente nel processo di cognizione ed esecuzione, in La giustizia patrimoniale penale, (a cura di) A. BARGI– A. CISTERNA, UTET, Torino, 2011.
[24]Nello specifico per: le cose che costituiscono il prezzo del reato; i beni e gli strumenti informatici o telematici che risultino essere stati in tutto o in parte utilizzati per la commissione di alcuni particolari reati (quelli di cui agli articoli 615 ter, 615 quater, 615 quinquies, 617 bis, 617 ter, 617 quater, 617 quinquies, 617 sexies, 635 bis, 635 ter, 635 quater, 635 quinquies, 640 tere 640 quinquies); le cose, anche in assenza di condanna, la cui fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienzione costituisce reato.
[25]Emblematici i casi inerenti l’applicazione della confisca in caso di sentenza di proscioglimento e si pensi, ad esempio, alla declaratoria di prescrizione. Sul punto si segnalano numerose sentenze della Corte Edu quali: Sud Fondi c. Italia del 2009, Varvara c. Italia del 2013 e G.I.E.M. s.r.l. e a. c. Italia del 2018. Quest'ultima, in particolare, ha avuto serie ripercussioni sostanziali e processuali all'interno dell'ordinamento giuridico italiano, come emerso da: Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 30 aprile 2020, n. 13539, Perroni. Sia consentito, a tal proposito, un richiamo a: S. ZOCCALI, Le nuove ricadute all’interno dell’ordinamento italiano della Sentenza G.I.E.M. della Corte Edu: le Sezioni Unite Perroni sulla possibilità di rinviare al giudice di merito la valutazione della proporzionalità della confisca, in ORDINES, 2020, 1, 275 ss.
[26]F. MANTOVANI, Le misure di sicurezza, in AA. VV., Codice Penale. Parte Generale, vol. III, Torino, 1996, 708; L. FIORAVANTI, Brevi riflessioni in tema di confisca facoltativa, in Giurisprudenza italiana, 1992, II, 505.
[27]Come, ad esempio, in Corte di Cassazione, Sez. VI, 25 settembre 2008, n. 42804 e in Corte di Cassazione, Sez. VI, 30 marzo 2006, n. 40689.
[28]M. PANZARASA, Confisca senza condanna?, in Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale, 2010, 1672 ss.;
[29]Sul punto si ritornerà in seguito in maniera specifica. Sulle già citate sentenze della Corte Edu Sud Fondi c. Italia del 2009 e Varvara c. Italia del 2013: F. MAZZACUVA,La confisca disposta in assenza di condanna viola l’art. 7 CEDU, in Diritto Penale Contemporaneo, 2013.
[30]M. ROMANO- G. GRASSO– T. PADOVANI, Commentario sistematico del Codice penale, vol. III, Milano, 1994, 522; V. MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, a cura di P. NUVOLONE – G. D. PISAPIA, UTET, Torino, 1981-1986.
[31]D. FONDAROLI, Le ipotesi speciali di confisca nel sistema penale. Ablazione patrimoniale, criminalità economica, responsabilità delle persone fisiche e giuridiche,Op. cit., 31.
[32]Sul punto si segnala fra gli altri: G. SPAGNOLO, L’associazione di tipo mafioso, CEDAM, Padova, 1993, 189.
[33]Oltre che ribadito quanto affermato già in Corte di Cassazione, Sezione VI, 19 marzo 1986, n. 9903, Tedeschi.
[34]Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 26 giugno 2014, n. 4880, Spinelli.
[35]Corte Costituzionale 17 luglio 1974, n. 229.
[36]Alla luce della natura marcatamente più sanzionatoria: E. NICOSIA,La Confisca, le confische. Funzioni politico-criminali, natura giuridica e problemi ricostruttivo-applicativi,Op. cit., 45-50.
[37]Proprio, invece, della confisca exarticolo 240 del Codice penale.
[38]Corte di Cassazione, Sezione III, 10 maggio 2016, n. 38857, Maffei; Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 26 giugno 2015, n. 31617, Lucci; Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 31 gennaio 2013, n. 18374, Adami.
[39]Nel rispetto del principio di irretroattività della pena ex articolo 25, comma 2, della Costituzione: G. MARINUCCI– E. DOLCINI– G. L. GATTA, Op. cit.,841.
[40]Introdotto dalla legge 20 luglio 2010, n. 120.
[41]G. L. GATTA– F. VIGANÒ,Natura giuridica della confisca del veicolo nella riformata disciplina della guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto stupefacenti: pena o sanzione amministrativa accessoria? Riflessi sostanziali e processuali. Brevi note a margine dei primi orientamenti giurisprudenziali successivi alla riforma del codice della strada del luglio 2010, in Diritto Penale Contemporaneo, 2010; G. MARINUCCI – E. DOLCINI– G. L. GATTA, Op. cit.,120-121.
[42]S. FINOCCHIARO, La confisca e il sequestro di prevenzione, Op. cit.
[43]D. FONDAROLI, La poliedrica natura della confisca, in Archivio Penale, n. 2/2019.
[44]Alla luce di quanto disposto dall’articolo 1, co. 143 della legge n. 247 del 2007.
[45]F. MAZZACUVA, Confisca per equivalente come sanzione penale: verso un nuovo statuto garantistico, in Cassazione penale, n. 9/2009.
[46]L. FORNARI, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie. Confisca e sanzioni pecuniarie nel diritto penale “moderno”, Op. cit., 68; A. M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, Op. cit., 524.
[47]Corte costituzionale, Sentenza 26 marzo 2015, n. 49.
[48]G. MARINUCCI– E. DOLCINI– G. L. GATTA, Op. cit., 839.
[49]Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 26 giugno 2015, n. 31617, Lucci.
[50]G. CIVELLO, Le Sezioni unite “Lucci” sulla confisca del prezzo e del profitto di reato prescritto: l’inedito istituto della “condanna in senso sostanziale”, inArchivio Penale, n. 2/2015; S. TREGLIA, Brevi osservazioni su un istituto ancora alle prese con una inversa logica triadica ferma all’”antitesi”: la confisca senza condanna, articolo pubblicato su Archivio Penale, n. 2/2016.
[51]Corte Edu, Sud Fondi c. Italia del 2009.
[52]M. MANCINI, La “materia penale” negli orientamenti della Corte EDU e della Corte costituzionale, con particolare riguardo alle misure limitative dell’elettorato, in federalismi.it, Focus Human Rights,1/2018.
[53]Corte Edu, G.I.E.M. s.r.l. e a. c. Italia del 2018.
[54]Recependo le sollecitazioni provenienti dalla Corte costituzionale, sentenza 26 marzo 2015, n. 49. Sulla questione: A. GALLUCCIO, Confisca senza condanna, principio di colpevolezza, partecipazione dell’ente al processo: l’attesa sentenza della Corte Edu, Grande Camera, in materia urbanistica,in Diritto Penale Contemporaneo, Fascicolo 7-8/2018.
[55]Introdotto nel 2018 e modificato dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3 (la c.d. legge “spazzacorrotti”).
[56]S. FINOCCHIARO, La confisca “civile” dei proventi da reato. Misure di prevenzione e civil forfeiture: verso un nuovo modello di non-conviction based confiscation, Criminal Justice Network, Milano, 2018, 26.
[57]A. MANNA, Natura giuridica delle misure di prevenzione: legislazione, giurisprudenza, dottrina, in Archivio Penale, n. 3/2018.
[58]S. FINOCCHIARO,La confisca “civile” dei proventi da reato. Misure di prevenzione e civil forfeiture: verso un nuovo modello di non-conviction based confiscation, Op. cit., 30; C. MACRÌ– V. MACRÌ, La legge antimafia: commento per articolo della l. 646/1982 integrata dalle ll. 726 e 936/1982, Jovene, Napoli, 1983, 13.
[59]F. SIRACUSANO, L’impresa a “partecipazione mafiosa” tra repressione e prevenzione”, in Archivio Penale, n. 3/2021.
[60]Cfr. infra, § 1.
[61]Il d.l. n. 230/1989 e la l. n. 55/1990.
[62]Corte costituzionale, 17 febbraio 1994, n. 48.
[63]S. FINOCCHIARO, La confisca “civile” dei proventi da reato. Misure di prevenzione e civil forfeiture: verso un nuovo modello di non-conviction based confiscation, Op. cit., 45.
[64]La disposizione ha subito nel corso degli anni numerose modifiche, venendo “trasportata” successivamente nell’articolo 240 bisdel Codice penale, a seguito dell’abrogazione dell’articolo 12 sexies operata per mezzo dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 21 del 2018, attuativo, quest’ultimo, delle deleghe contenute nella c.d. legge Orlando del 2017.
[65]Disponibile direttamente o indirettamente.
[66]F. MENDITTO, Le misure di prevenzione personali e patrimoniali. La confisca allargata (articolo 240-bis c.p.), Volume I – Aspetti sostanziali e processuali, Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2019, 8.
[67]D. PULITANÒ, Responsabilità amministrativa per i reati delle persone giuridiche, in Enciclopedia del Diritto, Aggiornamento VI, Giuffrè, Milano, 2002, 964 ss.; G. DE SIMONE, La responsabilità da reato degli enti: natura giuridica e criteri (oggettivi) d’imputazione, in Diritto Penale Contemporaneo, 2012.
[68]Legge approvato sull’impulso dell’associazione antimafia “Libera, nomi e numeri contro le mafie”, la quale promosse una raccolta firme a sostegno del disegno di legge. Sul punto si rimanda a: F. MENDITTO, Le misure di prevenzione personali e patrimoniali. La confisca allargata (articolo 240-bis c.p.), Volume I – Aspetti sostanziali e processuali, Op. cit., 9.
[69]Recante, appunto, la dicitura “Disposizioni in materia di gestione e destinazione di beni sequestrati o confiscati”.
[70]S. FINOCCHIARO, La confisca “civile” dei proventi da reato. Misure di prevenzione e civil forfeiture: verso un nuovo modello di non-conviction based confiscation, Op. cit., 49.
[71]L. 24 luglio 2008, n. 125 e l. 15 luglio 2009, n. 94. Sugli interventi legislativi in questione: A. M. MAUGERI, Dalla riforma delle misure di prevenzione patrimoniali alla confisca generale dei beni contro il terrorismo, in Il “pacchetto sicurezza” 2009: (commento al D.L. 23 febbraio 2009, n. 11 conv. In Legge 23 aprile 2009, n. 38 e alla Legge 15 luglio 2009, n. 94) / F. Cassibba … [et al.], a cura di O. MAZZA- F. VIGANÒ, G. Giappichelli Editore, Torino, 2009; A. M. MAUGERI(a cura di), Le moderne sanzioni patrimoniali come strumento di lotta contro il crimine: reciproco riconoscimento e prospettive di armonizzazione, Giuffrè Editore, Milano, 2008.
[72]M. MAZZAMUTO, L’agenzia nazionale per l’amministrazione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, in Diritto Penale Contemporaneo, 2015; M. MAZZAMUTO,Gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati tra giurisdizione e amministrazione, in Giur. It., 2013, 485 ss.; A. BALSAMO, La istituzione dell’agenzia per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, in Cass. Pen., 2010, 2094 ss.
[73]Cfr. infra, § 4. In linea con quanto disposto dall’art. 10 della Direttiva 2014/42/UE relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato. Sul punto si rimanda a: G. FURCINITI – D. FRUSTAGLI, Il sequestro e la confisca dei patrimoni illeciti nell’Unione europea, CEDAM – Wolters Kluwer, Milano, 2016, 297-303.
[74]F. MENDITTO, Lo schema di decreto legislativo del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (Libri I, II, IV e V): esame, osservazioni e proposte, in Diritto Penale Contemporaneo, 2011.
[75]S. FINOCCHIARO, La confisca “civile” dei proventi da reato. Misure di prevenzione e civil forfeiture: verso un nuovo modello di non-conviction based confiscation, Op. cit., 63.
[76] S. FINOCCHIARO,Ivi, 62; B. ROMANO, Il nuovo codice antimafia, in S. FURFARO, Misure di prevenzione, Diritto e procedura penale, collana diretta da A. GAITO- B. ROMANO- M. RONCO- G. SPANGHER, UTET Giuridica, Torino, 2013, 50.
[77]Per i quali si rimanda a: B. ROMANO, Ivi, 49 ss.
[78]F. MENDITTO, Le misure di prevenzione e la confisca allargata (l. 17 ottobre 2017, n. 161), in Il Penalista – Officina del Diritto, Speciale riforma, Giuffrè Editore, Milano, 2017, 11.
[79]La quale fissava, entro i tre anni dall’entrata in vigore del decreto legislativo, la possibilità per il Governo di “adottare disposizioni integrative e correttive del decreto medesimo”.
[80]L. 24 dicembre 2012, n. 228.
[81]F. MENDITTO, Le prime modifiche al c.d. codice antimafia: d. lgs. n. 218/12 e l. n. 228/12, in Diritto Penale Contemporaneo, 2012.
[82]Per una dettagliata ed estremamente accurata ricostruzione storica delle più recenti introduzioni legislative in materia di sanzioni patrimoniali si rimanda a: A. M. MAUGERI, La riforma delle sanzioni patrimoniali (la confisca penale), in Diritto Penale e Processo, n. 10/2021, 1372-1397.
[83]Avvenuta nel 2008 con il d. l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito dalla l. 24 luglio 2008, n. 125 e recepito dall’articolo 18 del Codice antimafia e con lo scopo di rimuovere un limite, costituito dalla necessaria correlazione tra misure di prevenzione personali e patrimoniali, al potere ablativo dello Stato. Sul punto è particolarmente esplicativa la nota a Corte costituzionale 9 febbraio 2012, n. 21 di F. MENDITTO, La confisca di prevenzione nei confronti del “morto”. Un non liquet della Corte costituzionale, con rinvio a interpretazioni costituzionalmente orientate, in Diritto Penale Contemporaneo, 2012, 3-5 e 10-11.
[84]F. MENDITTO, Le misure di prevenzione personali e patrimoniali. La confisca allargata (articolo 240-bis c.p.), Volume I – Aspetti sostanziali e processuali, Op. cit., 498.
[85]La trasposizione è stata operata dal legislatore al fine di rendere più facilmente conoscibile - nel rispetto del principio di legalità, quale garanzia della prevedibilità dell’intervento penale, e del principio di colpevolezza – la confisca allargata in conformità all’articolo 5 della Direttiva 2014/42/UE e allineandosi a quanto già avvenuto in altri ordinamenti europei di matrice codicistica. Sul punto si rimanda a: A. M. MAUGERI, La riforma della confisca (d. lgs. 202/2016). Lo statuto della confisca allargata ex art. 240-bis c.p.: spada di Damocle sine die sottratta alla prescrizione (dalla l. 161/2017 al d. lgs. n. 21/2018), in Archivio Penale, La giustizia penale riformata,Supplemento al n. 1/2018, p. 242; C. FORTE,Il “nuovo” codice antimafia e la tutela dei terzi, in Diritto Penale Contemporaneo, Fascicolo 11/2017, 144-155.
[86]In precedenza, si prevedeva comunque la disposizione della confisca, ma si dichiarava la stessa già eseguita in sede penale.
[87]S. FINOCCHIARO,La confisca “civile” dei proventi da reato. Misure di prevenzione e civil forfeiture: verso un nuovo modello di non-conviction based confiscation, Op. cit., 77.
[88]La misura non sarà applicabile, però, in caso di confisca per equivalente, per via della natura sostanzialmente punitiva della confisca di valore e in conformità a Corte costituzionale, 26 marzo 2015, n. 49 del 2015 e a Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 26 giugno 2015, n. 31617, Lucci; Cfr. infra, § 2. Sul punto: D. PULITANÒ, Due approcci opposti sui rapporti fra Costituzione e CEDU in materia penale. Questioni lasciate aperte da Corte cost. n. 49/2015, in Diritto Penale Contemporaneo, Fascicolo 2/2015; V. ZAGREBELSKY, Corte cost. n. 49 del 2015, giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani, art. 117 Cost., obblighi derivanti dalla ratifica della convenzione, in Rivista AIC, Fascicolo 2/2015; G. CIVELLO, Le Sezioni unite “Lucci” sulla confisca del prezzo e del profitto di reato prescritto: l’inedito istituto della “condanna in senso sostanziale”,Op. cit.; F. G. CAPITANI, Le Sezioni Unite: la confisca sopravvive alla causa estintiva del reato, purché ci sia già stata condanna e si tratti di confisca diretta, inDiritto e Giustizia, Fascicolo 29, 2015, 44 ss.
[89]S. FINOCCHIARO, La confisca “civile” dei proventi da reato. Misure di prevenzione e civil forfeiture: verso un nuovo modello di non-conviction based confiscation, Op. cit., p. 79; F. MAZACUVA, La confisca disposta in assenza di condanna viola l’art. 7 CEDU, Op. cit.; A. BALSAMO, La Corte europea e la “confisca senza condanna” per la lottizzazione abusiva, in Cassazione penale, 2014, 1395 ss.; F. GALLUZZO, Lottizzazione abusiva: la declaratoria della prescrizione preclude l’irrogazione della confisca, in Diritto penale processuale, 2014, Suppl., 57 ss.
[90]Cfr. infra, § 2.
[91]A. GALLUCCIO, Op. cit., 226-228.
[92]Sull’intervento legislativo in questione: G. MENTASTI, Decreto-sicurezza: i profili penalistici. Decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, in Diritto Penale Contemporaneo, 2018.
[93]Con l’introduzione di una specifica disciplina dei beni indivisi confiscati che prevede la possibilità per l’Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata o per il partecipante alla comunione di promuovere incidente d’esecuzione ai sensi dell’articolo 666 del Codice di Procedura penale.
[94]F. MENDITTO, Lo Statuto convenzionale e costituzionale delle misure di prevenzione, personali e patrimoniali. Gli effetti della sentenza della Corte costituzionale 27 febbraio 2019, n. 24, in Giurisprudenza Penale Web, 2019, n. 10, 9; E. SQUILLACI, La prevenzione illusoria. Uno studio sui rapporti tra diritto penale e diritto penale "reale", Editoriale Scientifica, Napoli, 2020.
[95]Corte Edu, De Tommaso c. Italia del 2017, sulla quale: F. VIGANÒ, La Corte di Strasburgo assesta un duro colpo alla disciplina italiana delle misure di prevenzione personali. Corte Edu, Grande Camera, sent. 23 febbraio 2017, de Tommaso c. Italia, in Diritto Penale Contemporaneo, Fascicolo 3/2017, 370-378.
[96]Non essendo ritenuta idonea dai giudici di Strasburgo la legge n. 1423 del 1956 a delineare i tipi di comportamento in grado di costituire un concreto pericolo per la società. Cfr. Corte Edu, De Tommaso c. Italia del 2017, § 117.
[97]A. M. MAUGERI– P. PINTO DE ALBUQUERQUE, La confisca di prevenzione nella tutela costituzionale multilivello: tra istanze di tassatività e ragionevolezza, se ne afferma la natura ripristinatoria (C. cost. 24/2019), in Sistema Penale, 2019, 7.
[98]S. FINOCCHIARO, Due pronunce della Corte costituzionale in tema di principio di legalità e misure di prevenzione a seguito della sentenza De Tommaso della Corte Edu, in Diritto Penale Contemporaneo, 2019.
[99]Sul punto si rimanda in particolare a: F. SIRACUSANO, I destinatari della prevenzione personale per “fatti di mafia”, in Archivio Penale, n. 2/2018.
[100]Tribunale di Padova, ordinanza 30 maggio 2017, n. 146; Tribunale di Udine, ordinanza 10 aprile 2017, n. 115; Corte d’appello di Napoli, VIII Sezione penale - misure di prevenzione, ordinanza 15 marzo 2017, n. 154.
[101]F. VIGANÒ, Illegittime le misure di prevenzione personali e patrimoniali fondate su fattispecie di pericolosità generica? Una prima ricaduta interna della sentenza De Tommaso, in Diritto Penale Contemporaneo, Fascicolo 3/2017, 296-298.
[102]Aspetto su cui concordano fra loro la Corte costituzionale e la Corte Edu.
[103]Corte Edu, De Tommaso contro Italia del 2017.
[104]S. FINOCCHIARO, La Confisca e il sequestro di prevenzione, Op. cit., 6.
[105]Per le misure di prevenzione personali, invece, la violazione sarebbe nei confronti dell’articolo 13 della Costituzione.
[106]F. BASILE, Tassatività delle norme ricognitive della pericolosità nelle misure di prevenzione: Strasburgo chiama, Roma risponde, contributo che costituisce il testo della relazione presentata al convegno Tassatività della legge penale e mediazioni interpretative: vizio o necessità?svoltosi a Catanzaro il 22 giugno 2018, in Diritto Penale Contemporaneo, 2018.
[107] F. SIRACUSANO,I destinatari della prevenzione personale per “fatti di mafia”, Op. cit., 40-43.
[108]Cfr. infra, § 4.
[109]F. MENDITTO, Le misure di prevenzione personali e patrimoniali. La confisca allargata (articolo 240-bis c.p.), Volume I – Aspetti sostanziali e processuali, Op. cit., 497.
[110]D. PULITANÒ, Sullo statuto costituzionale delle confische, in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 1; F. MAZZACUVA, Le pene nascoste. Topografia delle sanzioni punitive e modulazione dello statuto garantistico, G. Giappichelli Editore, Torino, 2017, pp. 14-15.
[111]A. M. MAUGERI, Confisca (diritto penale), in Enciclopedia del diritto [Annali VIII], Giuffrè Editore, Milano, 2015, 185-225.
[112]L. FORNARI, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie. Confisca e sanzioni pecuniarie nel diritto penale “moderno”, Op. cit.; F. MENDITTO, Le misure di prevenzione personali e patrimoniali. La confisca allargata (articolo 240-bis c.p.), Volume I – Aspetti sostanziali e processuali, Op. cit.
[113]D. PULITANÒ, Sullo statuto costituzionale delle confische, Op. cit., 1.
[114]Cfr. infra, § 2.
[115]Pronuncia concernente la confisca prevista dalle leggi speciali contro il fascismo anche dopo l’estinzione del reato e anche in confronto degli eredi.
[116]D. PULITANÒ, Sullo statuto costituzionale delle confische, Op. cit.; A. M. MAUGERI, Confisca (diritto penale), Op. cit., 201-202; F. MAZZACUVA, Le pene nascoste. Topografia delle sanzioni punitive e modulazione dello statuto garantistico, Op. cit., 14 ss; E. SQUILLACI, La prevenzione illusoria. Uno studio sui rapporti tra diritto penale e diritto penale "reale", Op. cit.
[117]Introdotto con il d. lgs. 1 marzo 2018, n. 21, in attuazione della delega formulata dalla l. 23 giugno 2017, n. 103 (la c.d. legge Orlando), al fine di razionalizzare il sistema penale e di arginare il c. d. processo di decodificazione. Tuttavia, il principio appare limitato al rango non costituzionale della norma che lo introduce. Sul punto: G. RICCARDI, Riserva di codice. Voce per “Il libro dell’anno del Diritto Treccani 2018”, in Diritto Penale Contemporaneo, 2018.
[118]Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 30 gennaio 2014, n. 10561, Gubert.
[119]S. FINOCCHIARO, La Corte costituzionale sulla ragionevolezza della confisca allargata. Verso una rivalutazione del concetto di sproporzione?, in Diritto Penale Contemporaneo, Fascicolo 2/2018.
[120]G. FURCINITI – D. FRUSTAGLI,Il sequestro e la confisca dei patrimoni illeciti nell’Unione europea, Op. cit., 258-281.
[121]Corte costituzionale, 21 febbraio 2018, n. 33.
[122]D. PULITANÒ, Sullo statuto costituzionale delle confische, Op. cit., 5.
[123]F. MENDITTO, Le misure di prevenzione personali e patrimoniali. La confisca allargata (articolo 240-bis c.p.), Volume I – Aspetti sostanziali e processuali, Op. cit., 953.
[124]Come ribadito dalla successiva sentenza della Corte costituzionale 24 gennaio 2019, n. 24 (cfr. § 6), sulla quale si rimanda a: S. FINOCCHIARO,Due pronunce della Corte costituzionale in tema di principio di legalità e misure di prevenzione a seguito della sentenza De Tommaso della Corte Edu, Op. cit.
[125]D. PULITANÒ, Sullo statuto costituzionale delle confische, Op. cit., p. 7; V. N. D’ASCOLA, Il progressivo sdoppiamento della confisca come risposta dell’ordinamento al fatto-reato e come strumento di controllo delle manifestazioni sintomatiche di pericolosità “patrimoniale”, in La giustizia penale patrimoniale, (a cura di) A. BARGI– A. CISTERNA, UTET, Torino, 2011, 128.
[126]F. VIGANÒ, Riflessioni sullo statuto costituzionale e convenzionale della confisca di prevenzione nell’ordinamento italiano, in Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale, Fascicolo 2/2018, 629-630.
[127]F. VIGANÒ, Ibidem.
[128]S. FINOCCHIARO, La confisca “civile” dei proventi da reato. Misure di prevenzione e civil forfeiture: verso un nuovo modello di non-conviction based confiscation, Op. cit., 227.
[129]A. M. MAUGERI, Le Sezioni Unite devono prendere posizione: natura della confisca antimafia; l’applicabilità del principio di irretroattività; “la necessità della correlazione temporale”, nota alla sentenzaSpinelli, in Diritto Penale Contemporaneo, 2014, 12.
[130]F. VIGANÒ, Riflessioni sullo statuto costituzionale e convenzionale della confisca di prevenzione nell’ordinamento italiano, Op. cit., 641; F. MAZZACUVA, Il recupero dei capitali illeciti: un vero “terzo binario”?, in Ricchezza illecita ed evasione fiscale. Le nuove misura penali nella prospettiva europea, a cura di A. GULLO- F. MAZZACUVA, Cacucci, Bari, 2016, 61 ss.
[131]D. PULITANÒ, Sullo statuto costituzionale delle confische, Op. cit., 8.
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