Pubbl. Mer, 17 Nov 2021
Molestie sessuali: quando è stalking?
Modifica paginaAttraverso la sentenza in rassegna Cass. pen., sez. V, ud. 10 maggio 2021 (dep. 19 luglio 2021), n. 27909 , la Suprema Corte ribadisce come la linea di discrimine tra la fattispecie incriminatrice degli atti persecutori e quella delle molestie, consista nel diverso atteggiarsi delle conseguenze della condotta. Pertanto, il delitto di cui all´art. 612 bis c.p. si configura solo qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l´alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all´art. 660 c.p., ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato.
Sommario: 1. Il casus decisus; 2. Il reato di stalking e di molestie: due fattispecie a confronto; 3. Conclusioni: la soluzione adottata dalla Suprema Corte.
1. Il casus decisus
Con la decisione annotata, la Corte di Cassazione torna ad esprimersi sul criterio distintivo tra il reato di stalking[1] (atti persecutori) e quello di molestie.
Il ricorso è stato proposto avverso una sentenza della Corte d’Appello che ha condannato un uomo per il reato di atti persecutori (art. 612 bis c.p.), consistiti nell’aver costretto una ragazza sua dipendente, all’epoca dei fatti minorenne, anche abusando della sua autorità come datore di lavoro e del rapporto di prestazione d’opera sussistente con la vittima:
1) a subire atteggiamenti molesti, sgradevoli e volgari;
2) nell’averle rivolto proposte col fine di posare per il calendario d’azienda, minacciandola, altrimenti di usare le foto del suo profilo WhatsApp in modo inappropriato;
3) infine, nell’aver tentato un approccio fisico provando a baciarla afferrandola per i fianchi e non riuscendo nel suo intendo per l’opposizione della ragazza.
I giudici della Corte Suprema, disattendendo la tesi difensiva secondo cui il fatto avrebbe dovuto essere punito ex art 660 c.p. a titolo di contravvenzione, e non ai sensi del più grave reato tipizzato dall’art. 612 bis c.p., hanno invece ribadito, secondo un orientamento consolidato in giurisprudenza, che il delitto di stalking si configura quando la vittima manifesta un perdurante e grave stato d’ansia ovvero quando modifica le proprie abitudini di vita a causa delle reiterate condotte moleste subite dal reo mediante continui approcci ispirati da una logica di assillante velleità da pseudo innamoramento o corteggiamento, mentre il delitto di molestia tout court di cui all’art. 660 c.p. sussiste nel caso in cui la condotta si limita ad infastidire la vittima del reato2].
2. Il reato di stalking e di molestie: due fattispecie a confronto
Prima di soffermarci sulla pronuncia della Corte e comprendere il principio ad esso sotteso, giova soffermarsi sulla struttura normativa del delitto di atti persecutori per poi raffrontarlo con la fattispecie tipizzata dall’art. 660 c.p.
La fattispecie incriminatrice di cui all’art. 612 bis c.p., è stata introdotta con la Legge 23 aprile 2009, n. 38[3], per contrastare il fenomeno degli atti persecutori e trova la sua collocazione nel Libro II, dei delitti in particolare, Titolo XII, dei delitti contro la persona, nella sezione III del codice dedicata ai delitti contro la libertà morale.
La disposizione non appartiene alla categoria dei reati di pura condotta, ma si configura come un reato abituale a struttura causale. Infatti, è la stessa norma a stabilire espressamente che l’essenza dell’incriminazione debba essere ravvisata nella sistematica reiterazione delle condotte intrusive e assillanti del reo poste nei confronti della vittima. Dunque, è la ripetizione delle condotte nel tempo a determinare il fatto rilevante ai sensi dell’art. 612 bis c.p.[4]
Le condotte stesse sono declinate dal legislatore con gravità crescente, dalla semplice molestia o fastidio a quei comportamenti che possono sfociare in vere e proprie minacce o in violenze perpetrate nei confronti della vittima. Dalla casistica giurisprudenziale è emerso che nel novero delle modalità dei comportamenti assillanti con cui si commette il delitto in commento, rientrano i pedinamenti, le telefonate indesiderate o messaggi di posta elettronica, sms ossessivi, invio di doni, oppure, violenze, minacce, ingiurie, danneggiamenti di cose di proprietà della vittima e simili [5]. Ne deriva che la fattispecie incriminatrice degli atti persecutori sia sostanzialmente un delitto a forma libera, proprio perché il legislatore, nel descrivere la condotta, ha preferito utilizzare concetti generali come "molestie" e "minaccia[6]" vista l’impossibilità di elencare le forme più disparate con cui si potrebbe concretizzare la disposizione poc'anzi richiamata.
Inoltre, le condotte appena descritte, si inseriscono in una sequenza causale che determina, in modo alternativo, il verificarsi degli eventi descritti dalla norma, come il risultato complessivo della condotta persecutoria. Quest’ultima può anche manifestarsi “a seguito della consumazione dell’ennesimo atto persecutorio” e, quindi, in quest’ottica ricostruttiva, ciò che rileva ai fini della configurazione della fattispecie in commento, “non è la datazione dei singoli atti” compiuti dal reo, ma la “loro identificabilità quali segmenti di una condotta unitaria, causalmente orientata alla produzione dell'evento". Questa struttura si riflette anche sulla consumazione del reato per il quale sarà sufficiente il verificarsi di uno solo dei suddetti eventi e, di conseguenza, nel caso in cui si realizzino contemporaneamente i tre eventi, il reato rimane unico. [7].
In particolare, la disposizione si sviluppa, per lo più, intorno al reato di evento[8] di danno in cui l’offesa si concretizza per la produzione di eventi alternativi che impattano sulla vita e sullo stato psichico del soggetto passivo del reato in commento. In altre parole, per la configurazione del delitto di stalking, occorre che la vittima, alternativamente, ricada in un perdurante stato d’ansia o di paura (evento di danno) oppure abbia un fondato timore per l’incolumità propria o quella di un prossimo congiunto (evento di pericolo); o di persona legata da una relazione affettiva ovvero produce una costrizione a modificare le proprie abitudini di vita (evento di danno)[9]. Dunque, questi eventi descrivono quello che la letteratura scientifica definisce la sindrome da trauma, ovvero le conseguenze patologiche che queste condotte determinano nella vittima non sarebbero dissimili da quelle del disturbo post-traumatico da stress, i cui fattori scatenanti derivano, appunto, dallo stato d’ansia, disagio, preoccupazione, timore e persino sentimenti di angoscia, isolamento, disperazione[10].
A questo, si collega il bene giuridico tutelato dalla fattispecie incriminatrice, di portata polivalente, giacché non riguarda soltanto la sfera della libertà morale dal non subire molestie e intrusioni, ma inferisce anche la dimensione psichica della vittima. A corroborare quest’assunto, soccorre la collocazione sistematica della norma in esame, nella sezione dedicata ai delitti contro la libertà morale. Di conseguenza, la tutela attiene non solo la sfera sentimentale e il diritto della persona di autodeterminarsi, ma acquisisce una connotazione in più, giacché investe il piano della tutela anticipata dei beni giuridici della vita e dell’incolumità fisica del soggetto passivo, nel caso in cui gli atti persecutori fungano da avvisaglia a quelle condotte aggressive o di maggior gravità[11].
Il delitto di atti persecutori differisce dal reato di molestia ex art. 660 c.p.[12], il quale integra, tra l’altro, un elemento costitutivo della fattispecie in commento per la produzione dell’evento di danno o di pericolo. Il delitto di minaccia, si configura per la minor gravità del fatto tipizzato dalla norma ed ha una natura residuale, ovvero trova applicazione, sussistendone i presupposti, solo quando non si perfezionano i requisiti strutturali dell’art. 612 bis c.p. e, in particolar modo, quando non si verifichi la reiterazione della condotta, oppure quando, pur verificandosi, non abbia causato gli eventi particolarmente descritti nella norma dello stalking.
In base a tale prospettazione, nel momento in cui il soggetto attivo mantiene circoscritta la sua condotta nella sfera della petulanza o della intrusione momentanea nella vita privata della vittima, si configura il delitto di minaccia, la cui sanzione ha matura amministrativa e si identifica con la multa.
3. Conclusioni: la soluzione adottata dalla Suprema Corte
In conclusione, la pronuncia in esame non apporta nessun profilo di novità in merito alla tematica trattata, ma conferma la solida linea interpretativa tracciata già da qualche tempo dalla giurisprudenza di legittimità.
I giudici hanno qualificato la condotta del reo come penalmente rilevante ai sensi dell’art. 612 bis c.p. poiché hanno escluso che il corteggiamento posto in essere dal ricorrente possa assumere i contorni di un carattere petulante e volgare, ovvero sia autore di un semplice atteggiamento scherzoso e goliardico. Sempre secondo la Corte, le azioni del reo non possono rientrare nella diversa e meno grave condotta delle molestie, punita ai sensi dell’art. 660 c.p. nella quale la casistica ha più volte riscontrato una distorsione della dinamica dei rapporti e degli approcci tra un uomo ed una donna, con invasione della sfera privata ed intima della vittima[13].
Pertanto, il principio ribadito nella recente sentenza, ritiene configurabile il delitto di stalking nel caso in cui la vittima, per le reiterate molestie subite mediante continui approcci ispirati da una logica di assillante velleità da pseudo-innamoramento o corteggiamento, manifesti un perdurante e grave stato d'ansia e sia costretta a modificare le proprie abitudini di vita[14].
Il criterio distintivo tra il reato di atti persecutori e quello di cui all'art. 660 c.p., consiste, infatti, come accennato poc’anzi, nel diverso atteggiarsi delle conseguenze della condotta che, in entrambi i casi, non vi è dubbio possa estrinsecarsi nelle varie forme della molestia. Si può, pertanto, afferrare che il delitto di cui all'art. 612 bis c.p., si configura quando le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l'alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all'art. 660 c.p., ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato[15].
In conclusione, il principio di diritto affermato dalla precedente giurisprudenza[16] e ribadito nella sentenza in commento, viene arricchito: dalla volgarità delle condotte di attenzioni e complimenti che la vittima minorenne ha ripetutamente rifiutato e non gradito; dall'ambiente di lavoro; l'abuso della posizione di direzione e coordinamento da parte dell'imputato nei confronti di una sua dipendente; dalla minore età della vittima, non ancora diciottenne. Tutti elementi che hanno determinato il rigetto della tesi dell’impuntato, incentrata sull’inoffensività e sull’irrilevanza penale della condotta del reo.
Pertanto, oltre che per la chiara e continuativa volontà di molestare la giovanissima dipendente nella sua sfera intima e personale, rivolgendole apprezzamenti inequivoci e ripetuti sul proprio aspetto avvenente, generati verosimilmente da un modo di intendere la donna come "oggetto" estetico, di interesse preminentemente sessuale, le condotte del ricorrente si caratterizzano per essere obiettivamente insopportabili per la dignità della persona, ridotta a bersaglio delle proprie pulsioni erotiche e ad obiettivo di frasi non soltanto moleste perché, appunto, invasive dell'intimità profonda della vittima, ma anche capaci di generare uno stato di ansia e di timore in lei, alla luce anche della sua età e della condizione di preminenza gerarchica-lavorativa in cui l'imputato agiva[17].
[1] Il termine stalking deriva dal verbo to stalk, usato, in particolare, per indicare lo sport della caccia praticato appunto dal cacciatore, che consiste nel “fare la posta” per catturare la sua preda. La traduzione in italiano, come nelle altre lingue, risulta particolarmente difficile ed è per questo che si ricorre alle espressioni tipo, inseguire, braccare, disturbare, assillare e perseguitare. Così G. Fiandaca- E. Musco, Diritto penale, Parte speciale, I delitti contro la persona, Volume II, Tomo I, pag. 372ss. Tuttavia, il paragone tra lo stalker e il cacciatore non è de tutto appropriato poiché il primo fa di tutto per farsi notare, anche in maniera insistente e aggressiva, mentre, il secondo, per catturare la sua preda, si apposta in silenzio, mimetizzandosi con l’ambiente circostante. In tal senso F. Macrì, Modifiche alla disciplina delle circostanze aggravanti dell’omicidio e del nuovo delitto di “Atti persecutori”, in Dir. pen. e proc., 2009, p. 819.
[2]Cass. Pen. Sez. V., 19 luglio 2021, n. 27909, in nel diritto.it
[3] L'articolo 612 bis c.p. del c.p. così dispone:
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
[4] Sul punto la dottrina risulta abbastanza concorde, vedi, tra gli altri, De Simone, questioni sul tappeto in tema di atti persecutori, in Giurisprudenza Italiana, 2021, pag.432: Dinacci, voce “Stalking”, in Enc. Giur.Treccani, XVIII, Roma, 2010, 2; Macrì, Atti persecutori, in Trattato di diritto penale diretto da Cadoppi, Canestrari, Manna e Papa, parte speciale, IX, Torino, 2011, pag. 363, Mantovani, Diritto Penale, Parte speciale, I tomo I, V edizione, Padova. 2013 pag. ,353 ss.
[5]Così Giovanni Fiandaca, Enzo Musco, Diritto penale, cit., pag. 376 ss.
[6]Secondo la dottrina, la struttura dell’articolo 612 bis c.p. richiama lo schema del reato complesso di cui all’art. 84 c.p., che si configura quando la legge prevede come elementi costitutivi o come circostanze aggravanti di una singola fattispecie, fatti che singolarmente considerati, costituirebbero reati diversi. Così Tomasicchio Antonello, Il reato di stalking, in www.altalex.it
[7]Cass. pen. Sez. V, 12/02/2020, n. 16977 R.V. 279178-01; Cass. pen. Sez. V, 09/10/2019, n. 3042, R.V. 278149-01; Cass. pen. Sez. V, 14/01/2019, n. 7899, R.V. 275381-01.
[8] F. Mantovani, Diritto penale, cit., pag. 353 ss, il quale qualifica gli eventi previsti dall’art. 612 bis come condizioni obiettive di punibilità, con conseguenti risvolti sulla definizione dell’oggetto del dolo.
[9] Cass. pen. Sez. III Sent., 07/03/2014, n. 23485, in Giur. It.,2, 2021 pag.427 ss. In senso conforme: Cass. pen, Sez. V, 04/04/2019, n. 36139, in Giur. It.,2, 2021, pag. 429 ss.
[10] Cfr. G. Fiandaca- E. Musco, Diritto penale, cit., pag. 372 ss; sul tema si veda pure Benedetto-Zampi Messori- Cingolani, Stolking: aspetti giuridici e medico legali, in Riv. It. medicina legale, 2008, pag. 127, ss.
[11] G. Fiandaca- E. Musco, Diritto penale, cit., pag. 372 ss.; A. Cadoppi, Atti persecutori: una normativa necessaria, in Gdir, 2009, 19, 52).
[12] Molestia o disturbo alle persone: “chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a € 516.”
[13] Cass.pen, Sez. V, 9/12/2020, n. 7993, Rv. 280495, in un caso di corteggiamento ossessivo volto ad instaurare una conoscenza con la vittima; Cass. pen, Sez. III, n. 1999 Rv. 277976, riguarda quelle fattispecie incriminatrici che toccano la sfera sessuale o si concretizzano in domande sulla sfera intima della persona offesa.
[14] Cass. pen., sez. V, 3 luglio 2015, n.45453, in www.corte.dicassazione.it, in questo caso, la Corte ha ritenuto sussistente il delitto di atti persecutori considerando penalmente rilevanti le ripetute condotte moleste, costituite, tra l'altro, dal seguire in luoghi pubblici la vittima, vicina di casa dell'imputato e amica della famiglia di quest'ultimo, e nell'avvicinarla per indirizzarle insistentemente frasi d'amore.
[15] Cass. pen, Sez V, 9/2/2021, n. 15625, R.V. 279601; Cass. pen, Sez. VI, n. 23375, 10/7/2020, Rv. 279601.
[16] Cass. pen., sez. V, 3 luglio 2015, cit.
[17] Cass. pen. Sez. V., 19 luglio 2021, cit, pag. 2ss; Cass. Pen., sez. V, 3 luglio 2015, cit.