Pubbl. Lun, 4 Ott 2021
La confisca senza condanna: natura, ratio, limiti e tutele
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Simona Iachelli
La confisca senza condanna costituisce ancora oggi una figura di natura controversa e dai confini incerti. Il presente articolo si propone di analizzare, attraverso una ricostruzione in chiave storico-giurisprudenziale, tale misura ablatoria che, recentemente, è stata oggetto di una delle tracce di diritto penale non estratta al concorso in magistratura del 2021, indetto con D.M. 29 ottobre 2019.
Sommario: 1. Premessa; 2. La confisca urbanistica: il quadro “storico” della normativa interna; 3. L’evoluzione della giurisprudenza sulla questione dell’ammissibilità della confisca senza condanna; 4. I recenti approdi della giurisprudenza sovranazionale e nazionale in materia di confisca urbanistica; 5. Conclusioni.
1. Premessa
L’istituto della confisca o, meglio, delle confische, da sempre è oggetto di attenzione da parte della dottrina e della giurisprudenza per le numerose questioni ad esso connesse e che, soltanto in parte, sono riuscite a trovare una soddisfacente ricostruzione.
La dottrina ha definito l’istituto in esame come "teleologicamente ambiguo e costituzionalmente apolide"[1], in quanto si manifesta in una serie di meccanismi sanzionatori[2] accomunati sotto il profilo dell’effetto – l'ablazione dei beni del reo da parte dello Stato in conseguenza (e non sempre) di un illecito – ma profondamente diversificati per tratti funzionali, disciplina, oggetto e presupposti[3].
La confisca, pertanto, presenta oggi una dimensione polifunzionale e “proteiforme” in quanto, fermo restando il suo contenuto (la privazione dei beni economici), può assumere una diversa natura giuridica e, in particolare, natura e funzione o di pena, o di misura di sicurezza, ovvero anche di misura giuridica civile e amministrativa[4].
Sono molteplici gli elementi che influiscono sulla natura giuridica della confisca, quali: il fine perseguito in astratto (compensativo/riparatorio, punitivo/sanzionatorio, specialpreventivo), l’effetto prodotto in concreto, i presupposti di applicazione, le modalità di applicazione, i potenziali destinatari, l’oggetto e l’applicabilità nel tempo.
Sulla base di tali elementi, la confisca può essere riconducibile a: (a) una vera e propria pena, a carattere afflittivo, repressivo e sanzionatorio; (b) una misura di sicurezza, con finalità specialpreventive; (c) una misura di prevenzione applicabile ante o praeter delictum; (d) una misura civile o amministrativa a carattere tendenzialmente solo compensativo/riparatorio[5].
Il carattere versatile garantisce l’efficacia "aggressiva" della misura in esame, volta a contrastare il fine ultimo dell’attività criminosa, cioè l'accaparramento della ricchezza illecita, ma incide sull’esatto inquadramento dogmatico della singola figura che, inevitabilmente, si riflette sulla disciplina applicabile.
La confisca come actio in rem, cioè come strumento di recupero del bene illecitamente acquisito, produce un effetto ripristinatorio: ristabilisce lo status quo ante l’illecito penale, riportando il soggetto nella stessa condizione in cui si sarebbe trovato se non ci fosse stato il reato.
In virtù di tale effetto, la confisca ha natura afflittiva, ma non per questo punitiva. Soltanto quando la portata afflittiva va oltre quanto è necessario a produrre l’effetto ripristinatorio, la misura assume invece natura punitiva, come nel caso della confisca per equivalente.
Tale istituto ha conosciuto, soprattutto in tempi recenti, una notevole e costante evoluzione, dettata dalla necessità di reagire all'esponenziale aumento della criminalità di tipo economico legato allo sviluppo di una società globalizzata[6].
La vis espansiva che ha caratterizzato negli ultimi anni lo strumento sanzionatorio in esame ha favorito la nascita di incertezze interpretative connesse all’istituto, come la questione dell’ammissibilità della confisca in assenza di condanna, la quale è stata oggetto di ampio dibattito dottrinale e molteplici contrasti nella giurisprudenza, che hanno reso necessari diversi interventi delle Sezioni Unite.
Tale questione, in particolare, attiene alla necessità/opportunità di includere la pronuncia di condanna tra i presupposti indefettibili per l’applicazione della confisca e, soprattutto, di quelle figure di confisca per le quali tale presupposto non è esplicitamente stabilito a livello normativo, ma non è espressamente escluso. Tra tali figure rientrano, tra l’altro, la confisca obbligatoria del prezzo del reato, di cui all’art. 240, co. 2, n. 1, c.p., per la quale, a differenza delle cose obiettivamente illecite, previste dall’art. 240, co. 2, n. 2 (ove la confisca deve essere applicata anche se non si è pervenuti ad una pronuncia di condanna), il legislatore non ha stabilito nulla in proposito, sicché è toccato alla giurisprudenza stabilire se la condanna rientrasse comunque tra i presupposti necessari della misura ablativa o se, viceversa, alla confisca debba procedersi anche in assenza di condanna.
2. La confisca urbanistica: il quadro “storico” della normativa interna
La questione circa la possibilità di disporre la misura ablatoria anche in assenza di condanna è sorta principalmente con riferimento alla confisca urbanistica, ossia la confisca di terreni e fabbricati oggetto del reato di lottizzazione abusiva, oggi prevista dall’art. 44, co. 2, d.p.r. n. 380/2001.
Si tratta di una questione che ha origini piuttosto risalenti nel tempo e discende dalla formulazione poco chiara della normativa interna che non include espressamente la condanna tra i presupposti di questa figura di confisca obbligatoria.
In origine, sotto la vigenza della legge Bucalossi (l. 28 gennaio 1977 n. 10), la confisca per lottizzazione abusiva era considerata uno strumento riservato alla competenza esclusiva della Pubblica Amministrazione, disposto a prescindere dall’esistenza di un accertamento penale. La legge, in particolare, attribuiva all’Autorità amministrativa, nella persona del Sindaco, il compito di reprimere i fenomeni di lottizzazione abusiva, mediante lo strumento ripristinatorio della demolizione e, solo in caso di prolungata inottemperanza, dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dei manufatti illegittimamente realizzati[7].
Sulla scorta di questo assetto normativo, la giurisprudenza del tempo escludeva il potere del giudice penale di disporre la confisca delle opere costruite in violazione della legge urbanistica, in quanto “incompatibile con il meccanismo delle sanzioni amministrative e delle scelte discrezionali attribuite all'autorità comunale”[8].
Soltanto con la legge n. 47 del 1985[9] fu riconosciuto al giudice penale il potere di applicare la confisca urbanistica, ma in via suppletiva rispetto alla P.A., in virtù della natura di sanzione amministrativa della misura.
Di qui il dibattito circa la possibilità per il giudice penale di disporre la confisca anche in assenza di pronuncia di condanna per intervenuta declaratoria di estinzione del reato (in particolare, per prescrizione), dibattito non sopito neppure dalla successiva disciplina della confisca urbanistica, di cui all’art. 44, co. 2, D.P.R. n. 380 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia)[10], anch’essa piuttosto scarna nella sua formulazione (la norma vigente, infatti, non include la condanna tra i presupposti della misura).
3. L’evoluzione della giurisprudenza sulla questione dell’ammissibilità della confisca senza condanna
Il contrasto giurisprudenziale in merito al problema dell’applicazione della confisca anche in assenza di condanna riguardava l’interpretazione dell’art. 240 c.p., i cui effetti si riverberavano sulla disciplina di tutte le altre forme di confisca, tra cui quella urbanistica.
A fronte della tesi che riteneva che l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione impedisse la confisca, per un orientamento minoritario,[11] la condanna non costituiva elemento necessario ai fini della confisca, per due ordini di ragioni: il primo incentrato sulla lettura dell’art. 236, co. 2 c.p., che sottrae la confisca dall’ambito di applicazione dell’art. 210 c.p. (a tenore del quale l’estinzione del reato fa cessare l’esecuzione e l’applicazione delle misure di sicurezza); il secondo relativo all’avverbio “sempre” contenuto nell’art. 240 co. 2 c.p., inteso come fondante l’obbligatorietà tout court della confisca, anche a prescindere dalla condanna.
Il contrasto è stato risolto dalle Sezioni Unite nella sentenza “Carlea”[12], le quali, nell’affrontare il problema della confisca obbligatoria in materia di gioco d'azzardo, hanno escluso la possibilità di applicare la confisca in assenza di sentenza di condanna per i limiti di cognizione posti al giudice dall'obbligo di immediata declaratoria di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p. Tali limiti precludono al medesimo di effettuare un accertamento di merito in ordine alla sussistenza del reato e alla sua imputabilità.
Secondo la Suprema Corte, l'avverbio “sempre”, contenuto all'inizio dell'art. 240, co. 2, c.p., non elimina la pronuncia di condanna come presupposto necessario, ma rende obbligatoria una confisca che altrimenti sarebbe facoltativa.
Nonostante questa pronuncia, i dubbi interpretativi presenti in seno alla giurisprudenza di legittimità hanno reso necessario un ulteriore pronunciamento da parte delle Sezioni Unite che, nel 2008, sono tornate sulla questione con la sentenza De Maio[13].
La pronuncia ha confermato la necessarietà della condanna e, dunque, l’inapplicabilità della confisca in assenza di condanna, ma non ha condiviso alcuni argomenti utilizzati nella sentenza Carlea. In particolare, la Suprema Corte non ha accolto la tesi per la quale il divieto di applicare la confisca discende dai limiti cognitivi del giudice qualora riscontri l’esistenza di una causa estintiva. Ciò in quanto la legge processuale dota di ampi poteri di accertamento il giudice che rileva una causa estintiva di reato.
Nonostante il precedente giurisprudenziale costituito dalla sentenza De Maio del 2008, un orientamento più rigoroso della giurisprudenza[14], nel considerare la confisca una sanzione extrapenale di natura amministrativa (a carattere reale), riteneva applicabile la misura anche in assenza di pronuncia di condanna, in presenza di accertata lottizzazione abusiva.
Tale orientamento ha subito un notevole ridimensionamento negli anni più recenti, anche a seguito di pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo che ne hanno affermato la natura sanzionatoria e non meramente riparatoria della confisca.
In particolare, con le due famose sentenze rese dalla Corte EDU nel caso Sud Fondi c. Italia (2007[15] e 2009[16]), i Giudici di Strasburgo hanno riconosciuto il carattere afflittivo-punitivo della misura ablativa, ai fini dell’applicazione delle garanzie previste dall’art. 7 CEDU, sulla scorta di vari argomenti: il collegamento con un fatto di reato, l’applicazione da parte del giudice penale all’esito di un processo finalizzato all’accertamento del reato, e la finalità punitiva della misura[17].
La Corte EDU ha altresì accertato la violazione del principio di legalità convenzionale, poiché la confisca in questione, riqualificata come vera e propria pena, non avrebbe dovuto applicarsi nei confronti di soggetti prosciolti per difetto dell’elemento psicologico, in ossequio al principio di colpevolezza, anche quest’ultimo desumibile dall’art. 7 CEDU[18].
A seguito delle pronunce della Corte europea, la giurisprudenza italiana si è progressivamente adeguata alla tesi della natura punitivo-sanzionatoria della confisca in questione, negando la sua applicabilità in caso di assoluzione motivata dall’assenza di colpevolezza, ma al contempo continuando ad ammetterla nel caso di estinzione del reato, in particolare per prescrizione.
Successivamente, la Corte EDU, con la sentenza Varvara c. Italia,[19] ha ritenuto illegittima, in quanto non conforme alla CEDU, l’applicazione della confisca urbanistica mediante una sentenza che dichiari estinto il reato per prescrizione, anche laddove vi sia stato un accertamento incidentale sulla responsabilità penale. La Corte europea, quindi, nel confermare la natura punitiva della confisca in esame, ha ribadito che la stessa non può essere applicata in assenza di condanna, pena la violazione dell’art. 7 e dell’art. 1, Prot. n. 1, CEDU.
In questo scenario, si inserisce l’intervento della Corte costituzionale che, nel dichiarare l’inammissibilità delle due questioni di legittimità concernenti l’art. 44, co. 2, d.P.R. n. 380 del 2001,[20] ha fornito una propria lettura della pronuncia della Corte EDU in ordine al concetto di condanna, ossia se quest’ultimo deve essere inteso come riferito alla forma della pronuncia del giudice (condanna in senso formale), oppure alla sostanza della stessa, cioè all’accertamento della responsabilità penale (condanna in senso sostanziale).
Secondo il Giudice delle Leggi, nella prospettiva della Corte EDU, il concetto di condanna non è formale, ma sostanziale: si ha condanna quando il giudice accerta la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato, anche se non pronuncia formalmente una sentenza di condanna.
Ne discende che l’applicazione della confisca urbanistica non è automaticamente preclusa nel caso in cui non si sia pervenuti ad una condanna, in particolare nel caso di proscioglimento dovuto a prescrizione, purché in sede di giudizio penale sia stato effettuato un adeguato accertamento di responsabilità penale, anche ai soli fini della confisca. Pertanto, ai fini della confisca urbanistica, rileva non la forma della pronuncia, bensì la sostanza dell’accertamento[21].
Il concetto di condanna in senso "sostanziale" è stato accolto anche da un successivo intervento delle Sezioni Unite penali nella sentenza Lucci[22], la quale ha ritenuto ammissibile la confisca obbligatoria del prezzo ex art. 240 c.p., e del prezzo e del profitto ex art. 322 ter c.p., nonostante l'intervento della prescrizione, in virtù della funzione di carattere preventivo-ripristinatorio della stessa e non già punitivo e di una lettura prevalentemente sostanzialistica del requisito della condanna, sulla scia delle pronunce emesse dalla Corte EDU e dalla Consulta in tema di confisca urbanistica[23].
4. I recenti approdi della giurisprudenza sovranazionale e nazionale in materia di confisca urbanistica
I principi affermati dalla Corte costituzionale e dalla giurisprudenza di legittimità hanno ricevuto l’avallo della Grande Camera della Corte EDU,[24], la quale, discostandosi dal proprio precedente rappresentato dalla già menzionata sentenza Varvara, ha dichiarato la compatibilità con l’art. 7 CEDU della confisca urbanistica disposta anche in assenza di una sentenza definitiva di condanna, purché il provvedimento contenga una verifica della sussistenza di tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, del reato di lottizzazione abusiva.
Più nel dettaglio, il provvedimento deve presentare le seguenti caratteristiche: deve essere in grado di contenere un pieno accertamento, oltre ogni ragionevole dubbio, in ordine alla sussistenza del reato di lottizzazione abusiva, tanto nella sua componente oggettiva quanto in quella soggettiva; deve essere emesso dal giudice a seguito di un procedimento che abbia rispettato in maniera rigorosa i requisiti del giusto processo come enunciati dall’art. 6 CEDU.
Nella prospettiva più recente della Corte EDU, per condanna ai sensi dell’art. 7 CEDU non si intende una formale sentenza di condanna, ma l’accertamento dell’elemento oggettivo e dell’elemento soggettivo del reato.
Questa interpretazione trova conferma nel tenore letterale dell’art. 44 del d.p.r. n. 380/2001: la norma, nel collegare la confisca urbanistica all'accertamento del reato, consente di prescindere dalla necessità di una sentenza di condanna "formale", in quanto la legittimità del provvedimento ablatorio dipende dall’accertamento, nel contraddittorio tra le parti, del fatto di reato.
In virtù di questo concetto sostanziale di condanna, si espande il campo di applicazione della misura: con la sentenza con cui dichiara la prescrizione, il giudice può disporre la confisca perché nell’ambito del giudizio ha accertato il reato.
Tale interpretazione, inoltre, è conforme al disposto dell’art. 578-bis c.p.p., il quale sancisce che quando è stata ordinata la confisca il giudice d’appello o la Corte di Cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione, decidono sull’impugnazione ai soli effetti della confisca.
In tal modo, si realizza un effetto espansivo della misura, la quale è applicabile nonostante la prescrizione del reato, previo accertamento della responsabilità dell’imputato.
Il necessario rispetto dei principi del giusto processo rappresenta, nella prospettiva della successiva giurisprudenza di legittimità il criterio distintivo fra una confisca legittima – perché disposta a seguito di un accertamento avente le caratteristiche di una condanna in senso “sostanziale”– e una confisca illegittima, perché carente dei requisiti minimi per poter pervenire a un accertamento di responsabilità, seppur contenuto in un provvedimento diverso da una condanna in senso “formale”[25].
A tal fine, bisogna tenere in considerazione l’obbligo di immediata declaratoria di una causa estintiva del reato di cui all’art. 129 c.p.p., che risponde all’esigenza di “favorire l’imputato innocente (o comunque da prosciogliere o assolvere)”, nonché di “agevolare l’esito del processo, ove non appaia concretamente realizzabile la pretesa punitiva dello Stato”[26].
In virtù del disposto di questa norma, la giurisprudenza ha affermato che il giudice può disporre la confisca solo ove, anteriormente al momento di maturazione della prescrizione, sia stato comunque già accertato, nel contradditorio delle parti, il reato nelle sue componenti oggettive e soggettive: in tal caso, la sentenza è sostanzialmente una condanna, che legittima l’applicazione della confisca. Se invece la prescrizione matura quando l’accertamento non è stato effettuato, l’obbligo di immediata declaratoria di una causa di estinzione del reato ex art. 129 c.p.p. preclude al giudice di applicare la confisca, sicché il giudizio non può proseguire ai soli fini di accertare il fatto onde potere disporre la confisca[27].
5. Conclusioni
Le esigenze di politica-criminale e di effettività della risposta sanzionatoria sono alla base della posizione della giurisprudenza favorevole circa l’ammissibilità della confisca senza condanna, la quale può essere disposta anche in caso di prescrizione, ma senza comportare un sacrificio per le garanzie penalistiche[28].
Il diritto penale, infatti, prima di costituire uno strumento di politica criminale, è limite invalicabile alla potestà punitiva.
Ed è fra questi limiti che si può sicuramente annoverare la presunzione di innocenza, la quale, assieme agli altri principi che reggono il sistema penale moderno, rappresenta una garanzia a tutela dei singoli contro i possibili arbitri del potere punitivo.
[1] MANES, L'ultimo imperativo della politica criminale: nullum crimen sine confiscatione, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, 1259; Id., La "confisca senza condanna" al crocevia tra Roma e Strasburgo: il nodo della presunzione di innocenza, in Dir. pen. cont., 13 aprile 2015, 2.
[2] A. ALESSANDRI, Confisca nel diritto penale, in Dig. disc. pen., III, Torino, 1988, 39, spec. 53.
[3] M. PASCOTTO, Confisca e prescrizione del reato di lottizzazione abusiva: i soliti nodi giurisprudenziali e i pericoli per la presunzione di innocenza, in Dir. pen. proc., 2018, 6, 785.
[4] Corte cost. 9 giugno 1961, n. 29; 16 giugno 1964, n. 46, in www.cortecostituzionale.it.
[5] M. FRATINI, Manuale sistematico di diritto penale, 2020-2021.
[6] F. VERGINE, Confisca (diritto penale), in www.archiviopenale.it
[7] L. V. LO GIUDICE, Confisca senza condanna e prescrizione: il filo rosso dei controlimiti, in Dir. pen. cont., 2017, 4.
[8] Cass. pen., 20 maggio 1989 (Bracaccini), in Riv. Pen., 1981, pp. 412 ss.; Cass. pen., 2 giugno 1980 (Casalini), in Riv. Pen., 1981, pp. 332 ss.
[9] Art. 19, l. n. 47/1985, rubricato “confisca dei terreni” espressamente stabiliva “la sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite”.
[10] Art. 44, co. 2, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 dispone che: “La sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite”.
[11] Cass. pen., sez. I, 19.01.1976 (Focaccia), in Riv. it. dir. e proc. pen., 1977, pp. 334 ss.; Cass. pen., sez. IV, 24.02.1965 (Santieri), in Giust. pen., 1965, fasc. 2, pp.417 ss.
[12] Cass. pen., Sez. Un., 25 marzo 1993, n. 5, in Giur. it., 1994, II, pp. 574 ss.
[13] Cass. pen., Sez. Un., 10.07.2008 n. 38834, in Cass. pen., 2009, pp. 1392 ss.
[14] Cass. pen., sez. I, 25.09.2000 n. 5262, Todesco e altri, in C.E.D. Cass., n. 220007; Cass., Sez. II, 25 maggio 2010, Pastore, in Mass. Uff., n. 248409.
[15] Corte EDU, Sez. II, 30 agosto 2007, ric. n. 75909/2001, Sud Fondi s.r.l. e a. c. Italia, in www.hudoc.echr.coe.int.
[16] Corte EDU, Sez. II, 20 gennaio 2009, ric. n. 75909/2001, Sud Fondi e a. c. Italia, in www.unionedirittiumani.it.
[17] Corte EDU, Grande Camera, 8 giugno 1976m Engel e altri c. Paesi Bassi, in www.hudoc.echr.coe.int.
[18] M. PASCOTTO, cit.
[19] Corte EDU, Sez. II, 29 ottobre 2013, ric. n. 17475/09, Varvara c. Italia, in www.giustizia.it.
[20] Corte cost. 26 marzo 2015, n. 49, in www.cortecostituzionale.it.
[21] M. FRATINI, cit.
[22] Cass. pen., S.U., 21 luglio 2015 (ud. 26 giugno 2015), in www.archiviopenale.it.
[23] G. CIVELLO, Le Sezioni Unite "Lucci" sulla confisca del prezzo e del profitto di reato prescritto: l'inedito istituto della "condanna in senso sostanziale, in www.archiviopenale.it
[24] Corte EDU, Grande Camera, 28 giugno 2018, G.I.E.M. e altri c. Italia, in Dir. pen. cont., 2018, 7-8.
[25] A. GALLUCCIO, “Ancora sulla confisca urbanistica: le Sezioni Unite chiamate a decidere sulla possibilità di rinviare al giudice del merito le valutazioni in ordine alla proporzionalità della misura, nonostante la prescrizione del reato” in www.sistemapenale.it
[26] M. FRATINI, cit.
[27] M. FRATINI, cit.
[28] M. PANZARASA, Confisca senza condanna? Uno studio de lege lata e de iure condendo sui presupposti processuali all'applicazione della confisca, in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, 1684.