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Pubbl. Lun, 30 Ago 2021

Il soccorso istruttorio e il soccorso istruttorio processuale

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Ilaria Valentino
Funzionario della P.A.Università degli Studi di Napoli Federico II



L’istituto del soccorso istruttorio trova la sua disciplina nel diritto amministrativo e riveste vitale importanza nel Codice degli appalti. L’istituto in questione, infatti, non opera, né potrà mai operare nelle ipotesi di carenza assoluta dei requisiti di partecipazione alla gara, non posseduti dall’operatore economico entro il termine di presentazione delle offerte.


ENG The preliminary aid institute finds its discipline in administrative law and is of vital importance in the Procurement Code. The institution in question, in fact, does not operate, nor will it ever be able to operate in the event of an absolute lack of the requirements for participation in the tender, not possessed by the economic operator within the deadline for submitting offers.

Sommario: 1. Il soccorso istruttorio. Breve premessa introduttiva. Il procedimento amministrativo; 2. Il soccorso istruttorio nelle procedure ad evidenza pubblica; 3. Dal Codice dei Contratti Pubblici di cui al D. Lgs. 163/2006 alle modifiche del D.L. 13 maggio 2011, n. 70. Il principio della tassatività delle cause di esclusione; 4. La seconda modifica al codice del 2006: l’art. 39 del D.L. 24 giugno 2014, n. 90 e l’introduzione del “soccorso istruttorio a pagamento”; 5. La determinazione n. 1/2015 dell’A.N.AC.; 6. Il D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, il nuovo Codice degli Appalti Pubblici. Il Decreto correttivo; 7. La fase procedimentale in cui la stazione appaltante può ricorrere al soccorso istruttorio; 8. Il soccorso istruttorio processuale; 9. Conclusioni. 

1. Il Soccorso Istruttorio: breve premessa introduttiva. Il Procedimento Amministrativo

Fino all’anno 1990 non esisteva in Italia una disciplina del procedimento amministrativo, ma vi erano leggi relative a singoli procedimenti rispetto ai quali sia la dottrina che la giurisprudenza avevano elaborato dei principi comuni.

Con la legge 7 agosto 1990 n. 241, sulla spinta del diritto europeo (dir. 71/305/CEE), sono stati codificati alcuni principi elaborati dalla giurisprudenza (ad es. l’obbligo di motivazione, la fissazione dei termini del procedimento), sono state estese le garanzie del cittadino, con la principale finalità di semplificare l’azione amministrativa, il quale vanta un vero e proprio diritto al contraddittorio con la P.A., sono stati individuati i pilastri dell’azione amministrativa nei criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza.

Ora, è noto che il procedimento amministrativo è composto da una ordinata sequenza di fasi: iniziativa, istruttoria, costitutiva, eventuale fase integrativa dell’efficacia. L’iniziativa concerne l’apertura del procedimento, ad istanza di parte o d’ufficio. La fase istruttoria riguarda la ricognizione e la valutazione degli interessi in gioco, attraverso l’acquisizione di pareri, nulla osta, ecc. Segue la fase costitutiva, con l’adozione da parte dell’organo competente dell’atto finale del procedimento, perfetto ma non necessariamente efficace. Per questo in alcuni casi si procede con la successiva fase (c.d. integrazione dell’efficacia), costituita da operazioni necessarie affinché l’atto adottato diventi efficace (es., pubblicazione all'albo pretorio delle delibere adottate, in ambito locale, dai Consigli e dalle Giunte; pubblicazione in G.U. per atti di competenza statale, ecc.).

I vari momenti del singolo procedimento amministrativo, nello spirito della legge, sono stati, dunque, collegati tra di loro istituendo la figura del Responsabile del procedimento che gestisce e risponde delle singole fasi, dall’avvio del procedimento alla istruttoria alla conclusione, essendo munito di un potere di sollecitazione e stimolo nella individuazione degli uffici e delle persone a loro volta responsabili delle attività intermedie o finali rispetto al procedimento medesimo[1], al fine di garantire il “giusto procedimento amministrativo”.

L’articolo 4 della legge 241/1990 prevede che tutte “le pubbliche amministrazioni sono tenute a determinare, per ciascun tipo di procedimento relativo ad atti di loro competenza, l’unità organizzativa responsabile della istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell’adozione del provvedimento finale”.

Il responsabile del procedimento riassume, quindi, una pluralità di compiti che vanno nella direzione di valorizzare il coordinamento e la conclusione del procedimento amministrativo del soggetto pubblico responsabile dell’istruttoria, garante del buon funzionamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa (art. 97 Costituzione).

L’articolo 5 della legge in commento dispone che il soggetto che dirige ciascuna unità organizzativa provvede ad assegnare a sé o ad altro dipendente addetto all’unità la responsabilità dell’istruttoria e di ogni altro adempimento inerente al singolo procedimento nonché, eventualmente, dell’adozione del provvedimento finale. Ogni qualvolta sia avviato un procedimento d’ufficio, o ad istanza di parte, il dirigente della competente unità organizzativa dovrà individuare con un atto espresso il responsabile del procedimento e, sino a che ciò non avvenga, la responsabilità del procedimento graverà sullo stesso dirigente/responsabile dei servizi.

L’art. 6 (relativo ai “Compiti del responsabile del procedimento”), 1 comma 1, lett. b), della legge 241/1990, ha inserito, nell’ambito delle regole generali valevoli nel procedimento amministrativo, l’istituto del c.d. soccorso istruttorio, che attribuisce all’amministrazione procedente la facoltà (“può”) di “chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete” al fine di dare concreta attuazione ai principi di buona fede e tutela dell’affidamento dei soggetti coinvolti dall’esercizio del potere amministrativo, sollecitando il privato a porre rimedio ad eventuali dimenticanze o errori oppure, ai sensi dell’art. 18, comma 3, “di accertare d’ufficio i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta ad accertare”.

La norma, quindi, non disciplina un “dovere” dell'amministrazione di procedere in tal senso, in quanto la norma non tende a deresponsabilizzare i privati, né ad agevolare una violazione della par condicio, mettendo così a rischio l’imparzialità dell’amministrazione, bensì a consentire una mera regolarizzazione documentale e non una vera e propria integrazione della stessa[2].

La dottrina e la giurisprudenza, invece, hanno delineato un vero e proprio dovere di “soccorso” istruttorio (fondato sul principio di partecipazione procedimentale, il cui fondamento è da individuarsi nel precetto costituzionale del buon andamento della P.A.), facendo prevalere la sostanza sulla forma ed impedendo l’arresto del procedimento a causa di mere irregolarità o incompletezze[3], fermo rimanendo il principio di autoresponsabilità in virtù del quale il privato sopporterà le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione della documentazione[4].

Essendo prevista, dunque, la possibilità di integrare la domanda presentata, l’interessato non si troverà nella condizione di dover riattivare un nuovo procedimento, a fronte di un provvedimento di rigetto, con un evidente inutile dispendio di risorse sia per il privato che per la P.A.

La legge N. 241/1990, sia pur modificata dalle leggi 11 febbraio 2005 e n. 15, 14 maggio 2005, n. 80, che hanno completato ed integrato profondamente le norme in essa contenute, rappresenta la normativa di riferimento in forza del richiamo contenuto nell’art. 2 comma 3 del D.lgs. 163/06, denominato Codice degli appalti.

La norma in esame, dunque, è suscettibile di applicazione a tutte le ipotesi di soccorso istruttorio necessarie nei procedimenti amministrativi diversi da quelli inerenti alle procedure ad evidenza pubblica, nelle quali si applicheranno le norme del Codice degli Appalti.

2. Il soccorso istruttorio nelle procedure ad evidenza pubblica

L’istituto in esame, di derivazione comunitaria, è stato formalmente introdotto nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, dapprima nell’ordinamento europeo con l’art. 27 della direttiva 71/305/CEE del Consiglio del 26 luglio 1971 (recepita nell’art. 15 del d.lgs. 24 luglio 1992 n. 358, la quale stabiliva che, entro determinati limiti, l’amministrazione aggiudicatrice potesse invitare l’operatore economico a completare o a chiarire i certificati e i documenti presentati, fermo restando il rispetto della par condicio e del buon andamento della procedura), e poi, disciplinato dall’art. 46, comma 1, del Codice dei contratti pubblici ex d.lgs. 163/2006.[5] Per completezza, occorre evidenziare che ad “evidenza pubblica” è quel procedimento amministrativo che precede la stipulazione del contratto, il quale ultimo contiene la formazione e la estrinsecazione della volontà della P.A.

Tale fase, in applicazione della disciplina comunitaria fondata sulla concorrenza di mercato nel quale deve essere rispettata la par condicio tra operatori, impone alla P.A. di scegliere il proprio contraente tramite una particolare procedura, ad evidenza pubblica appunto, nella quale vige l’obbligo di pubblicità e di valutazione comparativa di tutte le offerte.

In tali procedure, il soccorso istruttorio è lo strumento mediante il quale la stazione appaltante chiede ai concorrenti l’integrazione di domande incomplete o irregolari, al fine di consentire a quei determinati operatori di poter partecipare ugualmente alla gara. La finalità dell’istituto è, pertanto, quella di limitare l’esclusione dalla procedura di gara ai soli casi di carenze gravi e sostanziali dei requisiti di partecipazione alla gara, in omaggio al principio del favor partecipationis.

L’art. 46 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, di recepimento dell’art. 51 della dir. 2004/18/CE e dei principi comunitari prima precisati, ha dunque stabilito che “nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45, le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati”. La giurisprudenza e parte della dottrina hanno ritenuto che il potere assegnato dalla norma in esame alla P.A. sia di tipo eccezionale, laddove impone all’amministrazione di attivarsi solo per invitare i concorrenti al completamento o al chiarimento del contenuto di certificati, documenti e dichiarazioni già “presentati” in relazione al possesso di requisiti di ordine generale e speciale, purché detti documenti possano essere regolarizzati o integrati.

È nata, dunque, la necessità di stabilire la differenza tra la possibilità di regolarizzare la documentazione di gara e quella di integrarla.

Secondo alcuni, la P.A. non ha l’obbligo di invitare i concorrenti a regolarizzare la documentazione esibita, ma solo una facoltà discrezionale di rivolgere detto invito, purché non si violi il principio di parità di trattamento. Pertanto, il mancato esercizio di tale facoltà non è sindacabile in ambito giurisdizionale, fatto salvo il limite dell’abnormità[6].

Secondo altri, invece, in applicazione del principio della massima partecipazione, la stazione appaltante ha un vero e proprio dovere di consentire il soccorso istruttorio ai concorrenti, con conseguente attribuzione al giudice amministrativo di un sindacato pieno rispetto all’illegittimo esercizio dello stesso.[7]

La giurisprudenza amministrativa di legittimità è giunta, pertanto, ad elaborare una distinzione fra due diversi concetti: 1) quello di regolarizzazione documentale, intesa come completamento del contenuto parzialmente carente di atti tempestivamente depositati ed aventi ad oggetto i soli requisiti soggettivi dei partecipanti, e non quelli relativi all’offerta e, quindi, consentita dall’ordinamento; 2) quello di integrazione documentale, diretta a sanare una totale omissione documentale o a concretizzarsi in un’integrazione postuma dell’offerta e, pertanto, non consentita. Tali principi, rinvenibili anche nell’attuale disciplina, impongono che il ricorso al soccorso istruttorio non può portare ad una modifica dell’offerta, ma può riguardare solo documenti già presentati entro il termine perentorio individuato dal bando per la presentazione delle offerte, pena la lesione della par condicio.

In definitiva, la differenza tra i due concetti di “regolarizzazione documentale” ed “integrazione documentale” va desunta dalle qualificazioni stabilite ex ante nel bando, nel senso che il principio del “soccorso istruttorioè inoperante ogni volta che vengano in rilievo omissioni di documenti o inadempimenti procedimentali richiesti a pena di esclusione dalla lex specialis (specie se si è in presenza di una clausola univoca), dato che la sanzione scaturisce automaticamente dalla scelta operata a monte e, conseguentemente, l'integrazione si risolverebbe in una vera e propria violazione del principio di parità di trattamento.

In presenza di una previsione chiara e dell’inosservanza di questa da parte di un concorrente, pertanto, l’invito alla integrazione costituirebbe una palese violazione del principio della par condicio, che verrebbe leso dalla rimessione in termini, per mezzo della sanatoria (su iniziativa dell'Amministrazione), di una documentazione incompleta o insufficiente ad attestare il possesso del requisito di partecipazione da parte del concorrente che non ha presentato, nei termini e con le modalità previste dalla lex specialis, una dichiarazione o documentazione conforme al bando[8].

3. Dal codice dei contratti pubblici di cui al D. Lgs. 163/2006 alle modifiche del D.L. 13 maggio 2011, n. 70. Il principio della tassatività delle cause di esclusione

Nella pratica, l’applicazione di tali principi ha determinato il proliferare e l’aumento del contenzioso tra stazioni appaltanti e partecipanti stanti l’eccesivo formalismo e l’ampia discrezionalità della P.A. di escludere il partecipante alla gara in assenza di qualsiasi contraddittorio, senza operare una valutazione della ragionevolezza delle clausole e della gravità e rilevanza della violazione.

Con il D.L. n. 70/2011, il legislatore interviene per la prima volta sulla norma e, aggiungendo il comma 1-bis all’articolo 46 (a mente del quale “la stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l’offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle”), introduce il principio di tassatività delle cause di esclusione, limitando, così, la discrezionalità della P.A. nell’individuazione, nella lex specialis di gara, degli adempimenti richiesti a pena di esclusione (individuando quali causa di esclusione soltanto i vizi radicali ritenuti tali da espresse previsioni di legge[9]) e, di conseguenza, di incidere sull’ambito applicativo del soccorso istruttorio.

Al medesimo fine, lo stesso decreto ha introdotto bandi-tipo da cui le amministrazioni aggiudicatrici potevano discostarsi solo in presenza di congrua motivazione, così loro precludendo di disciplinare ulteriori fattispecie diverse da quelle stabilite dalla legge.

Purtroppo, nonostante tale intervento legislativo, sono rimasti i problemi interpretativi nella concreta individuazione di quali violazioni del Codice fossero sanzionabili a pena di esclusione e quali, invece, no.

In tale contesto, è intervenuta l’Adunanza Plenaria del 25 febbraio 2014, n. 9 che ha affermato che il principio di tassatività permette di ritenere legittime quelle clausole dei bandi che prevedono “adempimenti a pena di esclusione, anche se di carattere formale, purché conformi ai tassativi casi contemplati dal medesimo comma, nonché dalle altre disposizioni del codice dei contratti pubblici, del regolamento di esecuzione e delle leggi statali”, così negando che il principio di tassatività delle cause di esclusione avesse ampliato l’area di intervento del soccorso istruttorio, ritenendo preminente il rispetto del principio della par condicio, corrispondente ad un approccio maggiormente formalistico[10].

Secondo i giudici, il soccorso istruttorio, non è una mera facoltà, bensì un doveroso ordinario modus procedendi volto a superare inutili formalismi in nome del principio del favor partecipationis e della semplificazione; esso deve però essere bilanciato con l’esigenza che i singoli partecipanti collaborino con la P.A. e che rispettino gli oneri formali, non abnormi o eccessivi, posti a garanzia dei tempi del procedimento e dell’interesse pubblico primario.

Pertanto, concludono sostenendo che l’istituto deve essere interpretato nel senso che “nelle procedure di gara disciplinate dal codice dei contratti pubblici, il potere di soccorso sancito dall’articolo 46, co. 1, sostanziandosi unicamente nel dovere della stazione appaltante di regolarizzare certificati, documenti o dichiarazioni già esistenti ovvero di completarli ma solo in relazione ai requisiti soggettivi di partecipazione, chiedere chiarimenti, rettificare errori materiali o refusi, fornire interpretazioni di clausole ambigue nel rispetto della par condicio dei concorrenti, non consente la produzione tardiva del documento o della dichiarazione mancante o la sanatoria della forma omessa, ove tali adempimenti siano previsti a pena di esclusione dal codice dei contratti pubblici, dal regolamento di esecuzione e dalle leggi statali”.

4. La seconda modifica al codice del 2006: l’art. 39 del D.L. 24 giugno 2014, n. 90 e l’introduzione del “soccorso istruttorio a pagamento

Con il D.L. n. 90/2014, convertito nella legge n. 114/2014, il legislatore, intervenendo nuovamente sulla norma e discostandosi dalle linee tracciate dall’Adunanza Plenaria, ha introdotto nell’art. 38 del Codice degli Appalti il comma 2 bis, il quale – al fine di evitare esclusioni dovute a motivazioni meramente formali e, di conseguenza, di deflazionare il contenzioso in materia di appalti pubblici – impediva alla stazione appaltante di disporre l’esclusione automatica nei casi di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive attestanti il possesso dei requisiti di ordine generale, obbligando l’amministrazione a fare ricorso all’istituto del soccorso istruttorio, in modo da permettere ai partecipanti la regolarizzazione. Il nuovo comma sanciva che “le disposizioni di cui all’articolo 38, comma 2-bis, si applicano a ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara”.

La nuova disposizione stabiliva che la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive volte a provare la sussistenza, in capo ai concorrenti, dei requisiti di partecipazione alle procedure di gara potessero essere sanate entro il termine massimo di dieci giorni e previo pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria prevista nel bando di gara pecuniaria “in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro”, garantita dalla cauzione provvisoria. Pertanto, il concorrente che non voleva essere escluso dalla procedura di gara doveva pagare la sanzione pecuniaria e inviare i documenti richiesti dalla stazione appaltante per la regolarizzazione o integrazione nel termine (non superiore a dieci giorni) stabilito dalla stessa. Nel caso di inutile decorso del termine senza che si fosse proceduto all’invio, il concorrente era escluso dalla gara.

Ove, invece, si fosse trattato di irregolarità non essenziali, di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiedeva la regolarizzazione e/o integrazione (in altri termini, non ricorreva al soccorso istruttorio) e non applicava alcuna sanzione. La sanzione era volta a responsabilizzare gli operatori economici nella presentazione delle offerte, affinché fossero diligenti e accorti, in modo da velocizzare la fase della verifica del possesso dei requisiti di partecipazione degli stessi ed evitare lo spreco di risorse pubbliche, derivante dal procedimento necessario per regolarizzare le dichiarazioni incomplete. Il legislatore, quindi, sembrava voler consentire la tendenziale sanatoria di tutta la documentazione, previo pagamento di una sanzione pecuniaria laddove previsto. Non poteva, però, essere ammessa una modifica postuma del contenuto dell’offerta o la regolarizzazione di omissioni dichiarative che comportavano incertezze sul contenuto dell’offerta.

La novità normativa introdotta dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, pertanto, ha determinato una netta distinzione tra le ipotesi di: 1) carenze essenziali, considerate sanabili, con applicazione della sanzione pecuniaria; 2) e quello delle carenze non essenziali, che non consentivano all’amministrazione di richiedere la regolarizzazione, né di escludere il partecipante.

Come rilevato però dall’Adunanza Plenaria nella sentenza del 30 luglio 2014, n. 16, nonostante la dichiarata volontà del legislatore di evitare esclusioni dalla procedura per mere carenze documentali, “il lessico infelice e foriero di incertezze interpretative ed applicative” ha reso complicata la distinzione tra i concetti di lacune essenziali e di irregolarità non essenziali e la corretta individuazione dei casi di essenzialità delle mancanze, incompletezze e irregolarità e delle ipotesi di non essenzialità. Quindi, data l’assenza di un elenco tassativo delle clausole di esclusione o, quantomeno, di un criterio generale per la loro classificazione, la distinzione tra i concetti di carenze essenziali e non essenziali veniva rimessa alla giurisprudenza, così disattendendo la finalità di disincentivare il contenzioso.

Al fine di distinguere tra la nozione di essenzialità delle mancanze, incompletezze e irregolarità, per le quali era prevista l’integrazione ed il pagamento della sanzione da parte del concorrente, rispetto a quella di non essenzialità, che non prevedeva la richiesta di alcuna regolarizzazione, vennero utilizzate proprio le cause di esclusione tassative previste dal codice all’art. 46, comma 1-bis[11], considerando essenziale ogni elemento previsto da tale norma la cui carenza fosse idonea a determinare l’esclusione dalla gara, portando con ciò all’esclusione dei concorrenti che non avessero adempiuto alle prescrizioni di legge o di regolamento, che avessero presentato offerte connotate da incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza, ovvero prive di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ed infine plichi non integri o presentanti anomalie tali da far ragionevolmente ritenere che fosse violato il principio di segretezza delle offerte.

Anche la Corte di Giustizia (Sez. VIII, 28 febbraio 2018, cause riunite C- 523/16 e C-536/16 – MA.T.I. SUD SpA c. Centostazioni S.p.A., in www.curia.europa.eu) si è pronunciata sull’istituto del soccorso istruttorio come regolato dall’art. 38, c. 2-bis del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ritenendolo compatibile con il diritto dell’Unione europea purché la sanzione prevista sia ispirata a un criterio di proporzionalità.

5. La determinazione N. 1/2015 dell’A.N.AC.

In questo complicato contesto, interveniva anche l’A.N.AC., con la determinazione n.1/2015, secondo la quale “ai fini della partecipazione alla gara, assume rilievo l’effettiva sussistenza dei requisiti di ordine generale in capo ai concorrenti e non le formalità né la completezza del contenuto della dichiarazione resa a dimostrazione del possesso dei predetti requisiti. Si conferma in tal modo l’orientamento giurisprudenziale a tenore del quale occorre dare prevalenza al dato sostanziale (la sussistenza dei requisiti) rispetto a quello formale (completezza delle autodichiarazioni rese dai concorrenti) e, dunque, l’esclusione dalla gara potrà essere disposta non più in presenza di dichiarazione incompleta, o addirittura omessa, ma esclusivamente nel caso in cui il concorrente non ottemperi alla richiesta della stazione appaltante ovvero non possieda, effettivamente, il requisito”. Più in particolare, l’Autorità delineò tre distinte ipotesi di carenze essenziali:

a) insussistenza della dichiarazione in merito ad una specifica lettera del comma 1 dell’art. 38 del codice; b) dichiarazione che sussiste ma che non è stata resa da parte o con riferimento ad uno dei soggetti che la norma individuava come titolari del requisito; c) dichiarazione che sussiste ma che non consente di comprendere se il requisito fosse posseduto o meno.

In merito all’art. 38, comma 2 bis ed al suo coordinamento con le altre norme di cui ai commi 1 e 1 bis dell’art. 46, recanti la disciplina delle cause tassative di esclusione, invece, la determinazione dell’A.N.AC. illustrò due differenti fattispecie: le irregolarità sanabili e quelle non sanabili. In quest’ultima categoria, più nel dettaglio, secondo l’Autorità rientravano tutte quelle irregolarità, incompletezze ed omissioni che incidono sul contenuto, sulla segretezza o sulla provenienza dell’offerta, costituendo così una causa di esclusione ai sensi dell’art. 46, co. 1 bis.

Secondo l’Autorità, poi, il comma 2-bis dell’art. 38 del Codice faceva riferimento ad altra categoria di irregolarità, ossia la “mancanza o l’incompletezza di dichiarazioni non indispensabili” in ordine alla quali doveva ritenersi possibile per l’amministrazione procedere al soccorso istruttorio, senza l’applicazione di alcuna sanzione pecuniaria.

In definitiva, accanto alle figure di irregolarità essenziali – sanabili e non sanabili – e irregolarità non essenziali (per le quali non era necessaria alcuna regolarizzazione né alcuna sanzione), veniva creato un tertium genus di irregolarità, relativo per lo più “ad ipotesi di completamento o chiarimento delle dichiarazioni e dei documenti presentati”, in presenza delle quali la stazione appaltante avrebbe potuto richiedere la regolarizzazione senza applicare alcuna sanzione, in ossequio ai principi di leale cooperazione, di correttezza e di buona fede. Ciò, in un’ottica di buon andamento ed economicità dell’azione amministrativa.

Infine, veniva chiarito che se il concorrente avesse deciso di non avvalersi del soccorso istruttorio, non avrebbe ricevuto alcuna sanzione, dal momento che l’applicazione indiscriminata del regime sanzionatorio avrebbe determinato la violazione del principio di parità di trattamento tra le imprese, in ragione delle loro condizioni economiche.

Il soccorso istruttorio a pagamento era un istituto che destava molte perplessità, che ha condotto alla sua definitiva eliminazione. In primo luogo, la determinazione dell’importo era rimessa alla discrezionalità delle stazioni appaltanti (seppur nei limiti normativamente previsti), senza possibilità di graduare la sanzione in base alla gravità dell’irregolarità commessa o in relazione alle singole fattispecie escludenti contemplate nel comma 1 dell’articolo 38.

Era evidente, quindi, il contrasto con quanto ritenuto dalla Corte di Giustizia (UE 28/02/2018, n. 523/16), secondo cui l’istituto del soccorso istruttorio a pagamento era compatibile con il diritto europeo a condizione che l’importo della sanzione fosse conforme al principio di proporzionalità.

Nel silenzio della norma, inoltre, ad avviso di parte della giurisprudenza amministrativa, la sanzione trovava applicazione tanto nei confronti del partecipante, che, di fronte a un’irregolarità essenziale, avesse dichiarato di avvalersi del soccorso istruttorio, quanto nei confronti di quello che, decidendo di non avvalersi del soccorso, venisse conseguentemente escluso dalla gara.

6. Il D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, il nuovo Codice degli Appalti Pubblici. Il Decreto correttivo

Il soccorso istruttorio è stato nuovamente oggetto di modifica per mezzo del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (emanato per l’attuazione delle dir. 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE), che ha interamente disciplinato l’istituto nell’art. 83, comma 9, includendo in tale disposizione la precedente disorganica disciplina di cui artt. 38 comma 2 bis e 46 comma 1-ter D. Lgs. 163/2006. La disposizione inizialmente introdotta dal nuovo Codice dei Contratti Pubblici è stata poi oggetto di modifiche da parte del D. Lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (recante “Disposizioni integrative e correttive al D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50”).

La nuova disciplina ha apparentemente ampliato la sfera di applicazione dell’istituto del soccorso istruttorio, stabilendo che “le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, la mancanza, l'incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all'articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all'offerta tecnica ed economica, obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a € 5.000....... La sanzione è dovuta esclusivamente in caso di regolarizzazione[12].

Sta di fatto che la giurisprudenza ha reiteratamente osservato che la disposizione di cui all’art. 83, comma 9, D. Lgs. 50/16 è significativamente differente da quella omologa di cui all’art. 46, comma 1 – ter D. Lgs. 163/06 previgente.

La norma precedente, infatti, ammetteva il soccorso istruttorio anche rispetto all’offerta con l’unico limite costituito dalla previsione di cui all’art. 46, comma 1 – bis laddove, facendo riferimento all’incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, escludeva la possibilità di sanare ex post mediante il soccorso istruttorio quelle mancanze, incompletezze o irregolarità dell’offerta che avessero determinato incertezza sul contenuto o sulla sua provenienza. La nuova norma, invece, esclude in radice la possibilità di operare mediante il soccorso istruttorio in favore di elementi afferenti all’offerta (TAR Liguria 17/145).

Anche l’art. 83, comma 9 del D. Lgs. 50/2016 è stato interamente modificato dall’art. 52, comma 1, lett. d), D. Lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (c.d. Decreto correttivo, entrato in vigore il 20 maggio 2017) nella cui relazione di accompagnamento si legge “l’eliminazione del soccorso istruttorio a pagamento discende da quanto emerso dagli atti di una pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia dai quali si evince che tale previsione, presente solo nell’ordinamento italiano, sembrerebbe contraria ai principi di concorrenza previsti dal Trattato”.

Il nuovo articolo stabilisce che “le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara. Costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa”.

L’attuale formulazione, quindi, rispetto al testo precedente, ha ridefinito l’ambito di operatività del soccorso istruttorio ed ha eliminato ogni onere economico per la regolarizzazione della documentazione.

Pertanto, la norma risulta novellata nel senso di non prevedere più l’obbligo del pagamento della sanzione nel caso di mancata regolarizzazione, ma rimane inalterato il procedimento volto ad acquisire rapidamente le dichiarazioni mancanti e/o errate. Gli operatori economici possono, mediante il ricorso al soccorso istruttorio, sanare le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda, con la sola esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica.

Nello specifico, sono sanabili la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi da produrre in sede di gara e del documento di gara unico europeo (D.G.U.E.). Dalla nuova formulazione si evince che il correttivo conferma la sanabilità delle sole carenze “formali” dei requisiti di partecipazione, rimanendo escluse quelle “sostanziali”. Per cui la mancata allegazione della dichiarazione attestante il possesso del requisito essenziale di partecipazione è senz’altro sanabile, viceversa non lo è la carenza del requisito entro il termine di partecipazione previsto dal bando.

Scompare, inoltre, la precedente e incerta distinzione tra irregolarità essenziali e non essenziali. A fronte della vecchia tripartizione tra irregolarità essenziali non sanabili, irregolarità essenziali sanabili con il soccorso istruttorio oneroso e irregolarità non essenziali sanabili gratuitamente l’alternativa è tra mancanze formali sanabili (gratuitamente) e carenze essenziali non sanabili neanche a pagamento.

In definitiva, gli operatori economici possono integrare o regolarizzare qualsiasi elemento formale della domanda, con esclusione di quelli incidenti sull’offerta economica e tecnica (in tal senso anche Consiglio di Stato, Sez. V, 27 gennaio 2021, n. 804).

Non sono, però, colmabili le carenze sostanziali circa la mancanza di un requisito richiesto ai fini della partecipazione. Questi ultimi devono essere posseduti dall’impresa entro i termini stabiliti per la presentazione dell’offerta e persistere fino ad aggiudicazione.

Come confermato anche dall’A.N.AC. nella guida all’uopo redatta sul soccorso istruttorio, il completamento o l’integrazione dell’offerta, infatti, si porrebbe in contrasto con la par condicio, con i principi costituzionali di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa, con la natura decadenziale dei termini cui è soggetta la procedura, nonché con il principio di segretezza dell’offerta.

Il legislatore, poi, ha eliminato il soccorso istruttorio a pagamento, principalmente al fine di armonizzare la disciplina nazionale con la normativa e la giurisprudenza comunitaria.

La totale gratuità del soccorso istruttorio è peraltro espressione del cosiddetto divieto di goldplating (di cui all’art. 32, comma 1, lett. c) L. 234/2012 - Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea), dal quale deriverebbe il divieto per gli Stati membri, in sede di recepimento delle Direttive comunitarie, di introdurre regole che comportino costi ed oneri aggiuntivi per le imprese e i cittadini rispetto a quelli già previsti dal legislatore comunitario.

Il Decreto correttivo, inoltre, ha permesso di recepire le precedenti indicazioni del Consiglio di Stato che, nel suo parere n. 855/2016, aveva segnalato dubbi circa la conformità del comma 9 dell’art. 83 con la legge delega, ove erano previste solamente forme di integrazione documentale non onerosa di qualsiasi elemento formale della domanda.

Il nuovo comma 9 dell’art. 83, come modificato dal citato art. 52, regola anche il procedimento del soccorso stabilendo che in tutte le ipotesi di carenza della documentazione prodotta in sede di gara, la stazione appaltante, e per essa il RUP, deve invitare il concorrente a regolarizzare la propria posizione, assegnandogli a tali fini un termine perentorio che non può comunque essere superiore a dieci giorni.

La giurisprudenza amministrativa, in ogni caso, sta continuando ad incidere nella materia delle cause di esclusione, del soccorso istruttorio e del relativo procedimento nell’affidamento di contratti pubblici, orientandone la disciplina nell’ottica di perseguire una più ampia ed efficace tutela dei principi della concorrenza e della apertura al mercato.

7. La fase procedimentale in cui la stazione appaltante può ricorrere al soccorso istruttorio

Un problema particolarmente attuale è quello della fase procedimentale in cui si può inserire l’istituto del soccorso istruttorio.

In particolare, ci si è chiesti se il soccorso istruttorio sia ammissibile solo nel momento in cui vengono presentate le domande di partecipazione e la P.A. provvede a verificare i requisiti di ammissione alla gara, ovvero se sia possibile ricorrere a tale strumento anche dopo l’aggiudicazione.

Ciò accade quando la stazione appaltante si avvede di una carenza documentale a carico dell’aggiudicataria ed attiva il relativo procedimento per la integrazione della documentazione successivamente all’aggiudicazione.

La disciplina dettata per l’istituto del soccorso istruttorio nulla prevede circa la fase procedimentale in cui può intervenire il soccorso istruttorio, né prevede la possibilità per la stazione appaltante di permettere all’impresa risultata aggiudicataria la regolarizzazione di requisiti essenziali non documentati con la domanda di partecipazione.

In particolare, la normativa non chiarisce in quale fase della procedura ad evidenza pubblica viene esercitato dalla stazione appaltante il soccorso istruttorio, né vi è alcuna previsione a pena di decadenza dal potere di soccorso istruttorio, ovvero se questo si inserisce come sub-procedimento che determina la sospensione della procedura di gara, o, infine, se si svolge in parallelo al procedimento principale.

La risposta alla questione, in mancanza di una espressa previsione normativa, è stata affidata alla elaborazione giurisprudenziale.

Prima delle riforme del 2014 la giurisprudenza si era orientata verso un’interpretazione restrittiva ritenendo l’istituto del soccorso istruttorio operante solo nella fase procedimentale dell’ammissione dei concorrenti e della verifica dei relativi requisiti di partecipazione alla gara, non anche in una fase successiva.

Successivamente, la giurisprudenza, anche alla luce della previsione del soccorso istruttorio quale rimedio anche alle irregolarità relative ad elementi essenziali, ha ritenuto l’istituto del cd. “soccorso postumo” applicabile in qualunque fase procedimentale della procedura di gara, anche all’esito dell’aggiudicazione essendo consentita la sanatoria di ogni omissione o incompletezza documentale in relazione alle dichiarazioni e agli elementi che siano già sussistenti alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta.

Mentre il legislatore ha espressamente disciplinato il termine entro il quale è possibile la presentazione delle offerte, non ha previsto alcun momento entro il quale può essere attivato e svolto il meccanismo del soccorso istruttorio. Una volta, pertanto, acquisita la documentazione nel termine di presentazione delle offerte, questa potrà essere integrata, se risultata insufficiente, con il solo limite dell’insussistenza in concreto del requisito non documentato dall’impresa concorrente.

Il soccorso istruttorio può, dunque, trovare applicazione anche dopo l’aggiudicazione, perché ciò è in linea con la ratio dell’istituto, che ora si applica “a qualsiasi carenza, omissione o irregolarità, in relazione ai requisiti e condizioni di partecipazione, purché sussistenti alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta” (salva ovviamente la immodificabilità del contenuto dell’offerta)[13].

Altra questione molto dibattuta è quella relativa alla possibilità di far ricorso al soccorso istruttorio nella fase di comprova dei requisiti dopo l’aggiudicazione.

L’articolo 85, co. 5 del D. Lgs. 50/2016 dispone: “prima dell’aggiudicazione dell’appalto, la stazione appaltante, richiede all’offerente cui ha deciso di aggiudicare l’appalto, […] di presentare documenti complementari aggiornati conformemente all’articolo 86 e, se del caso, all’articolo 87. La stazione appaltante può invitare gli operatori economici a integrare i certificati richiesti ai sensi degli articoli 86 e 87”.

La norma, a differenza della disciplina previgente, non stabilisce alcun termine che la stazione appaltante debba assegnare per la verifica dei requisiti dell’aggiudicatario. La mancanza di un termine riapre la questione sull’ammissibilità o meno del soccorso istruttorio nella fase di comprova dei requisiti.

L’orientamento diretto a negare l’accessibilità all’istituto di cui all’articolo 83, co. 9, D. Lgs. n. 50/2016 nella fase della comprova dei requisiti, è rinvenibile in una pronunzia del Tar Sardegna, la n. 50/2018. In tale statuizione, i Giudici, pur richiamando il precedente orientamento dell’Adunanza Plenaria del 2014 riferito all’articolo 48 del D. Lgs. n. 163/2006, nell’affermare la perentorietà del termine per la comprova dei requisiti dichiarati, dovendosi assicurare celerità e certezza nella fase di conclusione del procedimento di scelta del contraente, hanno sancito che il soccorso istruttorio non è azionabile in tale fase, risolvendosi di fatto in una rimessione in termini non consentita.

Ci sono pronunzie, invero, che ammettono l’istituto anche in fase di verifica dei requisiti. In particolare, si ritiene che la stazione appaltante possa chiedere l’integrazione postuma delle dichiarazioni rese in gara dal soggetto aggiudicatario, laddove abbia accertato carenze documentali, non nella fase di controllo delle dichiarazioni, ma all’esito dell’aggiudicazione.

A sostegno di tale tesi anche quegli orientamenti giurisprudenziali che ammettono il soccorso istruttorio in un momento successivo, ovverosia in sede processuale (c.d. soccorso istruttorio processuale), poiché non ricorrerebbe la violazione della par condicio tra i concorrenti, in quanto si consente di comprovare comunque circostanze preesistenti, la cui incompletezza o irregolarità, se fosse stata rilevata tempestivamente, avrebbe comportato l’attivazione, da parte della stazione appaltante, dell’obbligatorio procedimento di soccorso istruttorio.

Secondo alcuni autori, inoltre, la norma dell’articolo 85, co. 5 offre elementi, che affermerebbero l’ammissibilità dello strumento del soccorso istruttorio, rinvenibili nell’assenza di un termine per la comprova dei requisiti e nella precisazione che la stazione appaltante possa invitare gli operatori economici a integrare i certificati richiesti.

La giurisprudenza, anche di legittimità, di recente, è più volte tornata sulla questione sancendo, sia pure nel limitato perimetro dei singoli casi sottoposti a scrutinio, che “non può ammettersi il soccorso istruttorio in sede di comprova dei requisiti, attesa non solo l’inesistenza della carenza di un elemento formale della domanda, ma anche la natura perentoria del relativo termine, con conseguenze immediatamente escludenti, laddove, al contrario, il soccorso istruttorio equivarrebbe ad una sostanziale rimessione in termini (Cons. Stato, V, 31 gennaio 2017, n. 385)[14].

8. Il soccorso istruttorio processuale

È un istituto di creazione giurisprudenziale volto a sanare, in sede giudiziale, le carenze formali della domanda che si sarebbero potute emendare attivando il procedimento del soccorso istruttorio, ai sensi dell’articolo 83, co. 9, D. Lgs. n. 50/2016.

Il mancato ricorso all’istituto da parte della stazione appaltante può generare due situazioni: l’illegittima esclusione di un operatore economico, che, pertanto, lamenterà la mancata attivazione del soccorso istruttorio che gli avrebbe consentito di regolarizzare e/o integrare la domanda, dimostrando così il possesso dei requisiti fin dall’inizio della procedura di gara; oppure la impugnativa dell’aggiudicazione da parte dell’impresa partecipante alla gara (c.d. controinteressato) fondata sulla incompletezza della dichiarazione fornita dall’impresa aggiudicataria.

In tali casi, è ammessa la operatività del soccorso istruttorio, se non già attivato dalla stazione appaltante in sede di gara, anche nel processo amministrativo, a garanzia del principio di effettività della tutela.

L’istituto rappresenta, infatti, uno strumento di rimedio che la stazione appaltante deve attivare al fine di consentire all’operatore economico di integrare la domanda carente di un requisito formale, consentendogli di dimostrare, dunque, il possesso dei requisiti sostanziali per partecipare alla gara.

Qualora non sia stata attivata la suddetta doverosa procedura, è il giudice a dover fare la verifica (mancata nel corso della procedura di gara) finalizzata a verificare se il vizio in questione sia solo formale (pertanto l’impresa non doveva essere esclusa oppure l’aggiudicazione definitiva è legittima) o, invece, abbia carattere sostanziale (per cui l’impresa è stata legittimamente esclusa oppure l’aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso fin dall’inizio della gara).

La circostanza che a effettuare la verifica sia il giudice e non la pubblica amministrazione impone che lo scrutinio potrà essere attuato solo ove si tratti di porre in essere un mero accertamento di sussistenza o meno del requisito mancante (cioè nel caso di attività vincolata); diversamente, se la verifica dovesse comportare anche valutazioni di carattere discrezionale, il giudice dovrà annullare l’aggiudicazione e disporre la riedizione della gara (non potendosi sostituire alla stazione appaltante).

Tale principio è stato così sancito dal Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, sez. III, 08.06.2018 n. 3483; Consiglio di Stato, sez. III, 02.03.2017 n. 975) “Detta verifica può essere effettuata laddove si tratti di attività vincolata, ovvero quando si tratti di operare un mero accertamento di sussistenza o meno del requisito mancante (casi nei quali il Giudice amministrativo può sostituirsi all’Amministrazione – Stazione Appaltante). Laddove, invece, tale verifica involga anche valutazioni di carattere tecnico-discrezionale, il Giudice dovrà limitarsi ad annullare l’aggiudicazione e disporre la riedizione della gara”.

Quanto alle modalità processuali, l’impresa, che intenda contestare l’esclusione dalla procedura di gara per mancato ricorso al soccorso istruttorio e invocare validamente in sede processuale lo stesso, deve provare in giudizio che l’istituto avrebbe avuto esito ad essa favorevole, qualora fosse stato attivato dalla stazione appaltante nel corso della gara, possedendo essa il requisito in contestazione ed invocando la natura meramente formale dell’omissione[15].

In definitiva, è onere del concorrente, nei cui confronti è invocata la sussistenza di una causa di esclusione per carenza dei requisiti di partecipazione, provare che possiede il requisito sostanziale di partecipazione fin dal momento in cui avrebbe dovuto rendere la documentazione di fatto mancante e che, dunque, si è trattato di una mera irregolarità documentale o dichiarativa, in ossequio ai principi generali in materia di riparto dell’onere probatorio ai sensi dell’articolo 2697 cod. civ. e, in particolare, al principio di prossimità o vicinanza della prova.

Nella diversa ipotesi d’impugnazione dell’aggiudicazione da parte di un altro operatore economico partecipante alla selezione, è onere della controparte aggiudicataria dimostrare che la procedura di gara si è svolta in maniera del tutto legittima, producendo in giudizio la documentazione atta a provare il possesso sostanziale dei requisiti fin dall’inizio della procedura di gara e per tutto il suo svolgimento qualora, non essendosene avveduta la stazione appaltante in sede di gara, l’incompletezza della dichiarazione sia dedotta come motivo di impugnazione dell’aggiudicazione da parte di un’altra impresa partecipante alla selezione.

La questione non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma dovrà essere l’aggiudicataria, al fine di paralizzare l’azione di annullamento volta a ottenere la sua esclusione dalla gara, a fornire la prova (Cons. St., sez. III, sent. nn. 975 e 976 del 2017). In conclusione, in entrambe le ipotesi prospettate, in ossequio al disposto di cui all’articolo 2697 cod. civ., non si può addurre, solo in via ipotetica, la violazione del principio del soccorso istruttorio, ma la parte interessata deve produrre in giudizio la documentazione comprovante il possesso dei requisiti mancanti, dimostrando così che, ove fosse stato correttamente attivato il suddetto rimedio, non sarebbe stata esclusa dalla procedura (nel primo caso) o l’aggiudicazione sarebbe comunque stata a suo favore (nel secondo caso), trattandosi di carenza formale e non sostanziale.

Dunque, può ritenersi che il “soccorso istruttorio processuale” altro non sia che espressione della mera applicazione dei principi fondamentali del processo amministrativo, traducendosi nell’attuazione dei principi della domanda e dell’onere della prova, nonché del principio di effettività della tutela, conferendo al Giudice amministrativo la possibilità di “salvare” o “demolire” un’aggiudicazione sulla base del comportamento processuale delle parti e delle loro produzioni documentali.

9. Conclusioni

Il soccorso istruttorio rappresenta dunque, senza dubbio, una delle espressioni peculiari della dialettica partecipativa tra privato e pubblica amministrazione, e, come detto, ancor prima di rivestire un ruolo centrale nelle pubbliche gare di appalto, è un istituto generale del procedimento amministrativo.

Tuttavia, se nella legge che disciplina il procedimento amministrativo il ricorso a tale istituto di matrice comunitaria si configura come una mera facoltà della pubblica amministrazione, nel codice dei contratti rappresenta un istituto che le stazioni appaltanti debbono obbligatoriamente utilizzare, pena l’illegittimità della procedura di affidamento.

La ratio del soccorso istruttorio è da rinvenire, dunque, nella volontà di soddisfare l’esigenza, ormai comune, di consentire la massima partecipazione alla gara, orientando l’azione amministrativa sulla corretta verifica dei requisiti di partecipazione e della capacità tecnica ed economica, privilegiando un approccio sostanzialistico rispetto a quello formale.

In entrambi gli aspetti vi è un elemento fondamentale che accomuna le due ipotesi: l’operatività del soccorso istruttorio con riferimento alle sole carenze formali della domanda. L’istituto in questione, infatti, non opera, né potrà mai operare nelle ipotesi di carenza assoluta dei requisiti di partecipazione alla gara, non posseduti dall’operatore economico entro il termine di presentazione delle offerte.


Note e riferimenti bibliografici

[1] G. CORSO – Manuale di diritto amministrativo – sesta edizione 2013 – Giappichelli Editore, Torino

[2] Come è intuibile, l’integrazione documentale dovrà riferirsi ad elementi preesistenti, non essendo ammissibile l’ingresso di elementi sopravvenuti.

[3] F. GAMBARDELLA, Le regole del dialogo e la nuova disciplina dell'evidenza pubblica, Torino, Giappichelli, 2016.

[4] Cons. Stato Sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1236, secondo cui “In tema di soccorso istruttorio, le opportunità di regolarizzazione, chiarimento o integrazione documentale non possono tradursi in occasione di aggiustamento postumo, cioè in un espediente per eludere le conseguenze associate dalla legge o dal bando o per ovviare alle irregolarità non sanabili conseguenti alla negligente inosservanza di prescrizioni tassative imposte a tutti i concorrenti, pena la violazione del principio della par condicio. In particolare, nelle procedure comparative e di massa, caratterizzate dalla presenza di un numero ragguardevole di partecipanti, il soccorso istruttorio, previsto dall'art. 6, comma 1, lettera b), della L. n. 241 del 1990 non può essere invocato, quale parametro di legittimità dell'azione amministrativa, tutte le volte in cui si configurino in capo al singolo partecipante obblighi di correttezza - specificati mediante il richiamo alla clausola generale della buona fede, della solidarietà e dell'autoresponsabilità - rivenienti il fondamento sostanziale negli artt. 2 e 97 Cost., che impongono che quest'ultimo sia chiamato ad assolvere oneri minimi di cooperazione, quali il dovere di fornire informazioni non reticenti e complete, di compilare moduli, di presentare documenti”; Cons. Stato Sez. IV, 20 febbraio 2019, n. 1180, secondo cui “Il soccorso istruttorio, previsto dall'art. 6, comma 1, lett. b), della L. n. 241/1990, nell'ambito del procedimento non può essere invocato, quale parametro di legittimità dell'azione amministrativa, tutte le volte in cui si configurino in capo al partecipante obblighi di correttezza, specificati attraverso il richiamo alla clausola generale della buona fede e dell'autoresponsabilità, che impongono a quest'ultimo di assolvere oneri minimi di cooperazione e di diligenza quali il dovere di compilare moduli e di presentare documenti secondo quanto indicato dall'Amministrazione”.

[5] V. FERRARA, Il soccorso istruttorio nelle procedure ad evidenza pubblica: l’atavico duello tra forma e sostanza, De Iustitia n.1/2016, p. 28.

[6] in F. GASPARI - Il soccorso istruttorio. Evoluzione dell’istituto e principali problematiche ancora aperte – in Riv. Amministrativamente - Fasc. 3/2019. Nota 28 “Sul punto, si Veda S. USAI, Ambito oggettivo di applicazione del soccorso istruttorio, in Urbanistica e appalti, X, 2015, 1082, il quale rilevava che “Si è in presenza, pertanto, di una fattispecie di soccorso istruttorio, del tutto omologa ai precedenti normativi in materia, di tipo, si potrebbe dire, conservativo diretto a consentire l’intervento del RUP della stazione appaltante solamente nei confronti di documenti/dichiarazioni comunque già acquisiti al procedimento amministrativo di aggiudicazione dell’appalto da contenersi nei limiti di un semplice chiarimento/specificazione e completamento”. Sul punto, l’autore richiama Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 278/2015, laddove è stato affermato che “per meglio definire il perimetro del ‘soccorso istruttorio’ è necessario distinguere tra i concetti di ‘regolarizzazione documentale’ ed ‘integrazione documentale’: la linea di demarcazione discende naturaliter dalle qualificazioni stabilite ex ante nel bando, nel senso che il principio del ‘soccorso istruttorio’ è inoperante ogni volta che vengano in rilievo omissioni di documenti o inadempimenti procedimentali richiesti a pena di esclusione dalla legge di gara (specie se si è in presenza di una clausola univoca), dato che la sanzione scaturisce automaticamente dalla scelta operata a monte dalla legge, senza che si possa ammettere alcuna possibilità di esercizio del ‘potere di soccorso’; conseguentemente, l’integrazione non è consentita, risolvendosi in un effettivo vulnus del principio di parità di trattamento; è consentita, invece, la mera regolarizzazione, che attiene a circostanze o elementi estrinseci al contenuto della documentazione e che si traduce, di regola, nella rettifica di errori materiali e refusi””.

[7] Cfr. Cons. Stato, Sez. III, 18 luglio 2017, n. 3541, secondo cui “il soccorso istruttorio non può giungere sino al punto di consentire al concorrente di modificare la domanda di partecipazione, integrandola degli elementi mancanti, essendo netta la distinzione tra il completamento di una domanda formalmente carente su alcuni elementi o dichiarazioni «che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara» (ai sensi degli artt. 46, comma 1-ter, e 38 comma 2-bis, del d.lgs. 163 del 2006), e l’integrazione di un’offerta originariamente non rispettosa delle «prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento» (art. 46, comma 1-bis, d.lgs. n. 163 del 2006), in quanto priva di un elemento essenziale, poiché proveniente da soggetto sfornito della prescritta qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici”; nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. V, 30 ottobre 2017, n. 4975.

[8] Cons. Stato Sez. III, 25/05/2016, n. 2219.

[9] T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 2 febbraio 2017, n. 234

[10] R. DE NICTOLIS, La riforma del codice appalti. La Plenaria n. 9/2014, in Urbanistica e appalti, VI, 2014, 617.

[11] G. PESCE, Il processo amministrativo alla luce del D.L. 90/2014: il difficile compromesso tra efficienza, diritti e Costituzione, in Il nuovo diritto amministrativo, n. 4/2014, 166. L’autore sottolinea come la norma potesse dar vita ad un “mercato delle esclusioni”.

[12] Cons. Giust. Amm. Sicilia, 5 novembre 2018, n. 701, in pluris-cedam.utetgiuridica.it: “L'art. 83 ("Criteri di selezione e soccorso istruttorio") del D.Lgs. n. 50/2016 è di latitudine tale da far rientrare nell'ambito operativo del relativo istituto, ben al di là delle mere operazioni di formale completamento o chiarimento cui aveva riguardo l'art. 46, D.Lgs. n. 163 del 2006, le carenze di "qualsiasi elemento formale della domanda, ossia la mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità, quand'anche di tipo "essenziale", purché non involgente l'offerta economica o tecnica in sé considerata”.

[13] Così TAR Lazio, sez. II, 3541/2017

[14] Così Consiglio di Stato 9 luglio 2019, n. 4787.

[15] Così Consiglio di Stato, sez. III, 14 gennaio 2019, n. 348