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Pubbl. Ven, 15 Gen 2021

Compensi avvocato: sospensione del recupero in caso di azione per l´accertamento della responsabilità

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Gianandrea Maria Perrella
AvvocatoUniversità degli Studi di Napoli Federico II



Commento all´ordinanza del 2o luglio n. 15431, della VI sez. civile della Corte di Cassazione, secondo la quale nel caso in cui il cliente, opponendosi al decreto con il quale gli venga ingiunto il pagamento delle competenze spettanti all´avvocato, proponga in via riconvenzionale una domanda di accertamento della responsabilità professionale del procuratore, il Collegio può, nell´ipotesi in cui la domanda richieda un´istruttoria non sommaria, separare le domande e sospendere il giudizio sulla liquidazione degli onorari, atteso il carattere pregiudiziale dell´accertamento della responsabilità.


ENG Comment on the ordinance of 20 july 2020,no. 15431 of the VI section of the Supreme Court, according to which in the event that the client, opposing the decree with which he is ordered to pay the fees due to the lawyer, counterclaims a request for ascertaining the professional responsibility of the attorney, the court may, in the event that the request requires a non-summary investigation, separate the questions suspend the judgment on the payment of fees, given the preliminary nature of the ascertainment of liability

Sommario:  1. Il caso; 2. Il procedimento sommario di cognizione “speciale”; 3. La separazione dei giudizi; 4. Conclusioni

1. Il caso

Il Tribunale di Taranto nel 2017, ingiungeva alla Sig.ra S.A. il pagamento dei compensi professionali spettanti al suo avvocato M.G., la S.A. si opponeva al decreto ingiuntivo e con domanda riconvenzionale  chiedeva di accertare la responsabilità professionale dell’Avv. M.G., e di condannarlo al risarcimento dei danni; l’Avv. M.G. si costituiva in giudizio, contestando la fondatezza delle avverse pretese ed  eccependo l’intempestività dell’opposizione, in quanto proposta con atto di citazione, depositato oltre il quarantesimo giorno utile in luogo del ricorso ex art. 702 bis c.p.c..

Il Tribunale con ordinanza pronunciata in composizione collegiale, ai sensi dell’art. 14 del D. Lgs. n. 150\2011, riteneva la propria competenza riguardo alla domanda di liquidazione dei compensi professionali spettanti all’Avv. M.G. relativa alla difesa della S. A., svolta nel corso di due giudizi innanzi al Giudice di Pace di Taranto; e rimetteva la decisione relativa all’eccezione di tardività dell’opposizione al merito della causa.

Il Tribunale Inoltre, riguardo alla domanda riconvenzionale con la quale la cliente ha chiesto l’accertamento della responsabilità dell’Avvocato, ha ritenuto che la stessa non potesse essere trattata con il rito sommario,  richiedendo la stessa un’articolata attività istruttoria, quindi ai sensi dell’art. 702 ter comma 4, ha disposto la separazione dei giudizi.

Infine ritenendo che la decisione sulla domanda della cliente di accertamento della responsabilità professionale dell’Avvocato, rivestisse carattere pregiudiziale rispetto alla domanda relativa al pagamento dei compensi professionali, ne ha disposto la sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c.

 La Suprema Corte rigetta il ricorso per regolamento di competenza presentato dall’Avv. M.G.

2. Il procedimento sommario di cognizione “speciale”

Il procedimento per la liquidazione del compenso spettante all’avvocato, è stato modificato dal D. Lgs. 150 del 2011, la norma cardine della disciplina è l’art. 14, del decreto citato, il quale si riporta abbastanza fedelmente alle disposizioni contenute nell’art. 28 della legge n. 794 del 1942, che contiene per giunta un rinvio al già citato art. 14 del D. Lgs. 150\2011.

Più in generale l’art. 14 del D. Lgs. 150\2011, va letto alla luce degli articoli 3 e 4 dello stesso Decreto che riguardano tutti i procedimenti sommari speciali.

Dalla lettura di queste norme, è possibile notare l’esistenza di alcune marcate differenze rispetto al rito sommario di cognizione ordinario, disciplinato dagli artt. 702 bis c.p.c. e seguenti, per iniziare si rileva  che il presupposto di ammissibilità del giudizio, consiste nel fatto che il credito possa essere azionato solo dopo la decisione della causa o l’avvenuta estinzione della procura, poi che la competenza è del giudice di merito innanzi al quale l’avvocato ha esercitato il suo patrocinio, e a seguire che il Tribunale decide in composizione collegiale, che l’ordinanza decisoria non è impugnabile, ed infine che le parti possono stare in giudizio personalmente.

Queste peculiarità, unitamente all’impossibilità per il giudice di convertire il giudizio da sommario in ordinario, nel caso in cui la causa non possa essere istruita sommariamente, segnano una netta distinzione tra il procedimento sommario di cognizione detto “codicistico puro”, da quello che qui ci occupa che viene definito “speciale” per via delle differenze sopra illustrate.

L’ambito di applicazione del procedimento sommario di cognizione speciale, è come per la precedente disciplina, riservato ai soli procedimenti civili giudiziali[1], restando escluso  sia il recupero del credito derivante dall’espletamento di prestazioni stragiudiziali non strettamente connesse a quelle giudiziali, che il recupero dei compensi in materia amministrativa[2] e penale, anche nel caso in cui l’espletamento dell’attività legale sia avvenuto in qualità di difensore di parte civile[3].

Il procedimento sommario speciale è in oltre l’unico rito esperibile per il recupero dei compensi degli avvocati, in quanto le S.U. con la sentenza n. 4485 del 23.02.2018, hanno recentemente risolto il contrasto tra due diversi orientamenti giurisprudenziali, sorti a seguito dell’introduzione del D. Lgs. 150\2011.

 Il primo indirizzo[4], sosteneva che il decreto avesse previsto l’esclusività del procedimento sommario speciale; mentre il secondo indirizzo[5], sosteneva al contrario che il decreto si fosse soltanto limitato ad aggiungere un altro strumento di tutela a quelli esperibili, senza però precludere il ricorso all’alternativo rito di cognizione ordinario oppure a quello sommario ordinario.

Le S.U. aderendo al primo degli indirizzi esposti, hanno affermato che con l’entrata in vigore del decreto 150\2011, le controversie relative agli onorari degli avvocati devono essere introdotte esclusivamente con il procedimento sommario speciale, oppure con il procedimento monitorio.

Questione particolarmente importante è poi quella del foro competente, perché in deroga all’art. 14 comma 2 del D. Lgs. 150\2011, il quale prevede che  “E' competente l'ufficio  giudiziario  di  merito  adito  per  il processo nel quale  l'avvocato  ha  prestato  la  propria  opera”, la Cassazione[6] ha stabilito che se il cliente dell’Avvocato ha la qualità di consumatore[7], sul foro speciale previsto dal secondo comma dell’art. 14 del decreto, prevale il foro esclusivo della residenza o del domicilio del cliente, come previsto dall’art. 33 comma 2 del codice dei consumatori.

Nella pratica, però, succede spesso che un avvocato assista il suo cliente dinanzi a più uffici giudiziari - quali possono essere Giudice di Pace e Tribunale oppure Tribunale, Corte d’Appello e Cassazione- su questa eventualità le Sezioni Unite[8]  sono giunte a fare chiarezza, statuendo che l’avvocato ha la facoltà di:

  1. proporre le domande in cumulo con il rito monitorio ai sensi dell’art 637 comma 1 c.p.c., quindi innanzi al Tribunale competente in via ordinaria;
  2. proporre le domande separatamente innanzi all’ufficio giudiziario che ha deciso il giudizio o dove è stato esercitato il patrocinio;
  3. proporle cumulativamente innanzi al Tribunale del luogo indicato dal comma 3 dell’art. 637 c.p.c.; tranne nel caso in cui il cliente sia un consumatore, perché in questo caso si applica la regola della competenza del foro del consumatore.

Oppure che presti la propria opera sia in giudizi civili, che amministrativi o penali, come anche in un attività stragiudiziale non strettamente connessa con quella giudiziale, in questo caso i giudizi vanno separati e le domande di recupero dei compensi vanno proposte nei seguenti modi[9]:

  • si propongono distinte domande davanti ai diversi uffici giudiziari ai sensi dell’art. 14 comma 2 del D. Lgs. 150\2011, senza far luogo a cumulo;
  • si propongono le domande in cumulo con decreto ingiuntivo in base all’art. 637 comma 1 c.p.c., innanzi al Tribunale competente in base alle norme previste per la cognizione ordinaria;
  • si propongono le domande separatamente innanzi all’ufficio dove l’avvocato ha rappresentato il cliente, come previsto per il rito speciale dall’art. 14 comma 2 del D. Lgs. 150\2011;
  • si propongono cumulativamente innanzi al Tribunale del luogo indicato dall’art. 637 comma 3 c.p.c.

Altra questione delicata è invece quella sull’oggetto del giudizio, se cioè ad essere scrutinata nell’ambito del rito speciale, debba essere la sola questione relativa al quantum del compenso del professionista, come più volte ribadito sia dai giudici di merito[10] che di legittimità[11], oppure se questo giudizio possa anche riguardare i presupposti del credito dell’avvocato[12].

Ulteriore controversia particolarmente dibattuta, è quella sulle modalità con cui deve procedere il giudizio nell’eventualità in cui a questo si estenda la questione sull’an della domanda di recupero degli onorari.

Al riguardo in giurisprudenza vi sono state diverse posizioni.

In base ad un primo indirizzo[13], si è sostenuto che essendo esclusa a norma dell’art. 3 co. 1 del D. Lgs. 150\2011, la possibilità di convertire il procedimento sommario in ordinario, la domanda in oggetto deve essere dichiarata inammissibile o improcedibile.

Secondo altro indirizzo[14], anche nel caso in cui vi sia da parte del cliente una contestazione relativa all’an della domanda di recupero degli onorari, il giudizio va comunque svolto in base alla procedura prevista dall’art. 14 del Decreto 150\2011, senza che vi sia né la possibilità da parte del giudice di trasformare il rito sommario in ordinario, né tanto meno la possibilità di dichiarare la domanda inammissibile o improcedibile.

Il terzo indirizzo[15], invece, sosteneva che se il contraddittorio fosse stato ritualmente costituito, il collegio avrebbe dovuto ordinare la prosecuzione del giudizio secondo le forme del procedimento ordinario innanzi al giudice monocratico.

Queste tesi, venivano applicate anche nell’ipotesi in cui il cliente proponesse una domanda riconvenzionale, o un eccezione di compensazione[16].

Le Sezioni Unite con la pronuncia n. 4485\2018, decidono la questione in favore del secondo degli indirizzi citati, sia nel caso in cui l’ampliamento del thema decidendum  del giudizio all’an della pretesa riguardi mere contestazioni in diritto o in fatto sugli elementi che fondano il rapporto di prestazione d’opera, sia che si concretizzi in eccezioni.

Riguardo alle modalità con cui deve proseguire il giudizio, qualora il cliente presenti una domanda riconvenzionale, che può essere di compensazione o di accertamento di rapporti pregiudicanti, le S.U. hanno stabilito che è necessario distinguere il caso in cui la domanda del convenuto richieda un’istruttoria sommaria, da quello in cui ne richieda una più articolata.

Se la domanda del convenuto richiede un’istruttoria sommaria, entrambe le domande potranno essere trattate con il rito sommario speciale, se invece è la domanda introdotta dal cliente a richiedere un istruttoria più articolata, sarà necessario separare le domande.

Se poi come nel caso che ci vede occupati, la decisione sulla domanda proposta dal cliente oltre a richiedere un istruttoria non sommaria, ha anche carattere pregiudiziale rispetto a quella proposta dall’avvocato, si dovrà procedere con la sospensione del rito sommario speciale in base all’art. 295 c.p.c., non potendo essere applicati i commi 3 e 4 dell’art. 40 c.p.c.

3. Separazione dei giudizi: domanda riconvenzionale e sospensione del giudizio sul compenso ex art. 295 c.p.c.

Nel caso in cui le contestazioni mosse dal cliente si siano concretizzate nella proposizione di una domanda riconvenzionale, si aprono diverse ipotesi recentemente affrontate dalle Sezioni Unite[17]:

  • se il giudice adito in base all’art. 14 del D. Lgs. 150\2011, risulti competente anche in relazione alla domanda riconvenzionale, la trattazione congiunta delle domande può proseguire, tranne nell’ipotesi in cui la domanda riconvenzionale necessiti di un’istruttoria non sommaria ai sensi dell’art. 702 ter, comma 4 c.p.c., in questo caso si procede con la separazione dei giudizi, e la domanda riconvenzionale verrà trattata con il rito ordinario; e se come già chiarito, la sua decisione rivesta un carattere di pregiudizialità rispetto alla domanda di pagamento dei compensi, quest’ultima potrà essere sospesa in base all’art. 295 c.p.c;
  • se invece la domanda riconvenzionale esorbiti dalle competenze del giudice adito, entrambe le domande potranno essere rimesse alla decisione di un altro giudice, che sarà individuato in base alle norme sulla connessione;
  • se ad essere adita è invece la Corte d’Appello, la proposizione della domanda riconvenzionale implicherà la separazione dei giudizi, e la rimessione della riconvenzionale al giudice competente di primo grado, con eventuale sospensione ex art. 295 c.p.c. della domanda di liquidazione degli onorari.

Veniamo ora alle modalità procedurali[18] con le quali il collegio deve procedere alla separazione dei giudizi, ed eventualmente alla sospensione del giudizio instaurato dall’avvocato.

A seguito dell’udienza di comparizione delle parti, il Collegio dispone la separazione della domanda riconvenzionale e la rimette al Presidente, affinchè ne disponga il passaggio al rito ordinario mediante la sua assegnazione ad un giudice della sezione, previa attribuzione di un nuovo numero di ruolo, e nel caso si presuma, che la decisione sulla riconvenzionale possa implicare delle ripercussioni anche sulla decisione della domanda di pagamento degli onorari, in quanto idonea ad incidere sia sul quantum del credito, che sulla sussistenza dello stesso, il Collegio dispone inoltre la sospensione del giudizio sul compenso ai sensi dell’art. 295 c.p.c.

4. Conclusioni

Le S.U. con la sentenza n. 4485/2018, affrontano il procedimento sul recupero degli onorari nella sua interezza, chiarendo aspetti fondamentali che prima rappresentavano fonte di contrasto in giurisprudenza; malgrado ciò, riguardo al tema trattato in questa sede dall’ordinanza in commento, si rileva che il principio di diritto espresso dalle S.U. desta tra gli avvocati una certa perplessità, in quanto, questo tipo di procedimento è stato adottato per fornire al professionista uno strumento celere e semplificato, volto a risolvere il complesso problema del recupero degli onorari.

Il potere attribuito dalle S.U. al Collegio di procedere alla separazione delle cause, quando il cliente propone una domanda riconvenzionale che richieda un’attività istruttoria non sommaria, oppure di sospendere ex art. 295 c.p.c. il giudizio di recupero del credito, nel caso in cui appaia, anche solo probabile, che tra le due domande vi sia un nesso di pregiudizialità-dipendenza, mal si concilia con le intenzioni del legislatore, che sono appunto, quelle di consentire all’avocato di ottenere il recupero del proprio credito professionale in tempi ragionevoli; oltre al fatto che risulta poco chiaro per quale motivo, nel caso in cui la domanda dell’avvocato richieda un’istruttoria più articolata, questa non dia luogo alla trasformazione del rito da sommario in ordinario, mentre se al contrario, è la domanda riconvenzionale del cliente, a richiedere un’istruttoria più articolata, questa per essere trattata necessita di un rito ordinario.

Il principio affermato dalle S.U., si presta così all’adozione da parte del cliente di difese strumentali, dirette a compromettere l’efficacia del rito sommario di cognizione speciale, dilatando considerevolmente i tempi per il recupero delle somme.

Dovrà essere quindi il Collegio, a valutare scrupolosamente se le difese del cliente siano meramente strumentali, oppure fondate, così da non vanificare l’efficienza del procedimento; anche perché nell’ipotesi in cui il cliente impugni il provvedimento emesso nel giudizio pregiudicante, il giudizio dipendente rischia di rimanere sospeso a tempo indefinito, pregiudicando così il basilare principio della certezza del diritto.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Ex multis Cass. n. 2020 del 25.02.1998

[2] Cass. n. 14394 del 29.07.2004

[3] Cass. n. 20293 del 14.10.2004

[4] Ex multis Cass. n. 12411 del 17.05.2017 e n. 3993 del 15.02.2017

[5] Ex multis Tribunale di Roma 04.07.2017

[6] Cass. n. 5703 del 12.03.2014

[7] Cass. n. 780 del 2016 e ord. n. 14514 del 09.06.2017

[8] S.U. n. 4247 del 19.02.2020

[9] S.U. n. 4485 del 23.02.2018

[10] Ex multis Tribunale di Torino 21.01.2015 e di Mantova 04.10.2016

[11] Cass. n. 19873 del 05.10. 2015

[12] Cass. n. 3993 del 15.02.2017 e n. 4002 del 29.02.2016

[13] Tribunale di Torino 21.01.2015 e di Mantova 16.12.2014

[14] Cass. n. 4002 del 29.02.2016

[15] Tribunale di Verona 22.01.2015

[16] Cass. n. 15723 del 27.05.2010

[17] S.U. n. 4485 del 23.02.2018

[18] Le cause di liquidazione e le cause di opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 14 D.L.gs n. 150/2011, secondo l’orientamento della III sezione civile del Tribunale di Torino, anche alla luce della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 4485 del 2018. Relazione della Dott.ssa E. Massa tratta dal Convegno del 27.06.2018, organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Torino

Bibliografia

M. Vaccari, La tutela del credito dei professionisti ed. Giuffrè 2017

M. Vaccari, Il libro dell’anno del diritto ed. Treccani 2019

G. Trisorio Liuzzi, Il foro del consumatore e il procedimento di liquidazione degli onorari di avvocato, in Corriere Giuridico 2015