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Pubbl. Sab, 12 Dic 2020

Per le Sezioni Unite della Corte di Cassazione la disciplina antiusura si applica anche agli interessi moratori

Federica Coppola
Dottorando di ricercaUniversità degli Studi di Salerno



Il presente lavoro si pone l´obiettivo di analizzare l´iter giuridico che ha condotto alla pronuncia della Corte di Cassazione circa l´ammissibilità dell´estensione della disciplina antiusura agli interessi moratori. Questione, quest´ultima, oggetto di orientamenti contrapposti che hanno trovato sintesi nella sentenza ultima pronunciata dalle Sezioni Unite n. 19597 del 18.09.2020.


Sommario: 1. L’art. 644 c.p.; 2. La disciplina antiusura l. n.108 del 1996; 3. Brevi riferimenti alla ricostruzione civilistica degli interessi corrispettivi e moratori; 4. L’ordinanza interlocutoria n. 26946 del 22.10.2019; 4.1 I problemi circa l’applicazione della disciplina antiusura agli interessi moratori: TEGM e TEG e principio di simmetria; 4.2 L’orientamento contrario all’estensione della disciplina antiusura agli interessi moratori; 4.3 L’orientamento favorevole all’applicazione della disciplina antiusura agli interessi moratori; 4.4. La giurisprudenza sul punto e le conclusioni dell’ordinanza interlocutoria; 5. Le Sezioni Unite del 18.09.2020 n. 19597: le conclusioni circa l’an e il quomodo dell’estensione della disciplina antiusura agli interessi moratori.

Sommario: 1. L’art. 644 c.p.; 2. La disciplina antiusura l. n.108 del 1996; 3. Brevi riferimenti alla ricostruzione civilistica degli interessi corrispettivi e moratori; 4. L’ordinanza interlocutoria n. 26946 del 22.10.2019; 4.1 I problemi circa l’applicazione della disciplina antiusura agli interessi moratori: TEGM e TEG e principio di simmetria; 4.2 L’orientamento contrario all’estensione della disciplina antiusura agli interessi moratori; 4.3 L’orientamento favorevole all’applicazione della disciplina antiusura agli interessi moratori; 4.4. La giurisprudenza sul punto e le conclusioni dell’ordinanza interlocutoria; 5. Le Sezioni Unite del 18.09.2020 n. 19597: le conclusioni circa l’an e il quomodo dell’estensione della disciplina antiusura agli interessi moratori.

1. L’art. 644 c.p.

L’art. 644 c.p. rubricato “Usura” è inserito all’interno del Libro II Titolo XIII Capo II dedicato ai Delitti contro il patrimonio. Trattasi di delitto plurioffensivo[1], in quanto la ratio della norma consiste nella tutela della giustizia contrattuale e dell’equità negli scambi contrattuali.

L’art. 644 c.p. prevede due ipotesi delittuose:

a) la c.d. prestazione usuraria, consiste nel farsi dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di danaro o di altra utilità, interessi o vantaggi usurari;

b) la c.d. mediazione usuraria, consiste nel procurare a taluno una somma di danaro o altra utilità facendo dare o promettere, a sé o altri, per la mediazione, un compenso usurario.

L’art. 644 c.p. ha realizzato una oggettivizzazione del reato di usura: diventa, quale regola generale, irrilevante lo stato soggettivo della vittima che si trovi in stato di bisogno, né è necessario che di conseguenza il reo approfitti dell’altrui stato di bisogno.

Il comma 1 dell’art. 644 c.p. concerne l’ipotesi della c.d. usura pecuniaria a interessi, ovvero usura oggettiva[2], presunta o in astratto, in quanto è sufficiente, per considerare l’usurarietà degli interessi, il superamento del limite fissato dalla legge.

Il comma 3 dell’art. 644 c.p., invece, valorizza l’usurarietà degli interessi nella sproporzione tra le prestazioni[3], purché sussista una situazione di difficoltà economica o finanziaria della vittima. Trattasi della c.d. usura concreta, ossia risultante da valutazione hic et nunc operata dal giudice circa la sproporzione tra le prestazioni e la sussistenza del suddetto stato soggettivo[4] della vittima.

Il comma 4 dell’art. 644 statuisce la c.d. onnicomprensività della nozione di interesse, nel senso di considerare, per la determinazione del tasso di interesse usurario “le commissioni, le remunerazioni a qualsiasi titolo e le spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”. L’intento della norma è di evitare un aggiramento della disciplina antiusura nell’imputazione di somme a spese varie nella determinazione del tasso del singolo rapporto.

L’elemento soggettivo della fattispecie consta nel dolo, ossia nella conoscenza e volontà di percepire interessi, vantaggi o compensi usurari.

Dalla disposizione si evince la sua caratteristica di c.d. norma penale in bianco, in quanto il precetto necessita di integrazione ad opera di una fonte esterna diversa; in altri termini, la determinazione del tasso limite si evince in ragione del provvedimento amministrativo costituito dalla rilevazione del Ministero del Tesoro.

2. La disciplina antiusura l. n. 108 del 1996

L’usurarietà si calcola art. 2 co. 4 l. 108 del 1996, il tasso soglia, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata in gazzetta ufficiale, aumentato di ¼, cui si aggiunge un margine di ulteriori 4 punti percentuali; la differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a 8 punti percentuali.

Il comma 3 dell’art. 2 l. cit. ha la ratio di garantire la conoscibilità dei tassi medi per le singole categorie di operazioni.

Come anticipato, l’atto di natura regolamentare che integra il precetto di cui all’art. 644 c.p. è il decreto ministeriale adottato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze il quale, di concerto con la Banca d’Italia, rileva su base trimestrale il c.d. TEGM (Tasso Effettivo Globale Medio) degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari ad operazioni della stessa natura. Il TEGM così determinato è poi aumentato di 1/4 al quale si aggiunge un ulteriore margine di 4 punti percentuali: il risultato che si ottiene è il c.d. TSU (Tasso Soglia Usurario), che non può comunque superare il predetto tasso medio per più di 8 punti percentuali.

3. Brevi riferimenti alla ricostruzione civilistica degli interessi corrispettivi e moratori

È necessario operare una breve disamina della disciplina civilistica, atteso il carattere trasversale al diritto civile e al diritto penale della materia in esame. Il tema dell’usura è tradizionalmente tema che riguarda gli interessi corrispettivi.

Gli interessi corrispettivi sono dovuti a titolo di corrispettivo sulle somme date a mutuo o concesse in godimento, maturano di diritto su crediti liquidi ed esigibili, e rientrano a pieno titolo nella nozione dei c.d. frutti civili. Rappresentano la pacifica espressione della naturale fecondità del denaro e possono essere legali o convenzionali, ovverosia stabilita dalle parti.

Gli interessi moratori, invece, si caratterizzano in quanto scattano in presenza di un ritardo imputabile nell’adempimento. Trattasi di interessi legali in quanto tali interessi decorrono automaticamente dal giorno della mora (art. 1224 c.c.)

Si dimostra una funzione risarcitoria degli interessi moratori, a differenza della funzione prettamente remunerativa da riconoscere agli interessi corrispettivi.

Secondo alcuni è dall’art. 1224 co. 2 c.c. che emergerebbe un principio di omogeneità di trattamento tra interessi moratori e corrispettivi, in quanto tale norma prevede che se gli interessi corrispettivi erano previsti prima della mora, gli interessi moratori, in assenza di diversa convenzione, sono previsti nella stessa misura, salvo prova del maggior danno ad opera del creditore.

4. L’ordinanza interlocutoria n. 26946 del 22.10.2019

L’ordinanza in esame affronta la questione centrale circa la estensione o meno della disciplina antiusura agli interessi moratori. Tale questione si articola in due quesiti specifici, ovvero, in primis, l’an dell’estensione, e, in secundis, ove si acceda alla ricostruzione che ritiene ammissibile tale estensione, il quomodo circa la valutazione dell’usurarietà degli interessi moratori.

4.1 I problemi circa l’applicazione della disciplina antiusura agli interessi moratori: TEGM e TEG e principio di simmetria

La problematicità originaria della questione attiene al riconoscimento di un c.d. principio di simmetria degli elementi costitutivi il TEGM e il TEG del singolo rapporto.

Il TEGM è l’acronimo di Tasso Effettivo Globale Medio ed è rilevato trimestralmente a norma dell’art. 2 co. 1 l. 108 del 96; il TEGM è la base di calcolo per la determinazione del TSU (Tasso Soglia Usurario).

Il TSU si calcola aumentando di 1/4 il TEGM, aggiungendo a tale risultato 4 punti percentuali, con il limite di 8 punti tra predetto TEGM e la soglia usuraria di riferimento.

il TEG è il Tasso Effettivo Globale della singola operazione.

Il principio di simmetria, paventato dagli interpreti, richiede l’identità degli elementi da far valere nella individuazione del TEG e, di conseguenza, nella individuazione del TEGM, così da mettere a raffronto elementi omogenei. La necessaria corrispondenza tra gli elementi che compongono rispettivamente il TEG e il TEGM deriverebbe da «ragioni di correttezza metodologica» del procedimento[5].

Il problema nasce perché nella determinazione del TEGM non si tiene conto, tra le voci di costo, degli interessi moratori.

La ratio di tale esclusione si identifica nel fatto che si innalzerebbe troppo il TEGM, e di conseguenza il TSU, a detrimento della tutela della clientela. In altri termini, infatti, «la ricomprensione degli interessi moratori (medi) nel calcolo del TEGM finirebbe per applicarsi sempre, determinando (a scapito dei clienti delle banche) un innalzamento della “soglia” usuraria anche in un rapporto»[6] che potrebbe avere uno svolgimento fisiologico, e quindi senza mora del debitore.

In realtà, però, la esclusione dal TEGM non deve necessariamente comportare la corrispettiva esclusione degli interessi moratori nella individuazione del TEG del singolo rapporto. Ciò detto sembra dimostrato anche dal fatto che il TSU non corrisponda sic et simpliciter al TEGM, ma sia più alto di quest’ultimo, in quanto assorbe spese ulteriori non costituenti base di calcolo dei tassi medi praticati. La stessa modalità di calcolo del TEGM dimostra un non perfetto parallelismo tra le voci di costo e il tasso soglia usurario così ricavato.

Il divario tra TSU e tassi medi assorbe costi ulteriori non calcolati nel TEGM, ma presi in considerazione nel TEG per valutare il costo totale del singolo rapporto.

In particolare, deve sottolinearsi come TEGM e TEG rappresentino grandezze ontologiche differenti, ovverosia due tassi che rimangono separati nel rispettivo calcolo prestabilito[7]. In particolare, l’esclusione della mora dal TEGM si spiega perché quest’ultimo tende a «fotografare il costo fisiologico del credito» [8], e non quello patologico, tradizionalmente riconducibile all’ipotesi della mora del debitore.

In definitiva, «TEGM e TEG si riferiscono, dunque, a operazioni diverse, rispondenti a funzioni diverse e aventi ad oggetto aggregati di costi non perfettamente sovrapponibili» [9]. Se, da un lato, la funzione del TEGM consiste nell’operare una rilevazione statistica, dall’altro lato la funzione del TEG è quella di «definire il limite massimo della forbice all’interno del quale il corrispettivo può essere determinato legalmente e costituisce parametro di verifica della legalità penale»[10] .

4.2 L’orientamento contrario all’estensione della disciplina antiusura agli interessi moratori

L’orientamento anzidetto si avvale di una serie di argomenti che possono essere così sintetizzati:

1) argomento letterale: l’art. 644 c.p. parla di somme date in corrispettivo di una somma di denaro, e la corrispettività evoca gli interessi corrispettivi e non quelli moratori dovuti per il ritardo nel pagamento di una somma di denaro che avrebbe dovuto essere corrisposta tempestivamente;

2) di tipo sistematico: l’usura è una delle limitazioni più importanti dell’autonomia negoziale, e tale limitazione è da considerare in senso restrittivo e ha senso solo se colpisce interessi che costituiscono il corrispettivo del prestito della somma di denaro;

3) di tipo funzionale: deve tenersi conto della differente funzione da riconoscere agli interessi corrispettivi e moratori, in quanto i primi rappresentano la il corrispettivo del prestito di una somma di denaro, a differenza dei secondi, i quali costituiscono il risarcimento dovuto a seguito dell’inadempimento della parte in mora.

La giurisprudenza sul punto, infatti, evidenzia come la clausola di determinazione degli interessi moratori «non è funzionale alla determinazione di un corrispettivo, neppure nel senso più lato e meno tecnico del termine, ma ha esclusivamente natura risarcitoria e, al più, funzione sanzionatoria e di deterrente all’inadempimento»[11] .

Ciò che emerge è il fatto che la mora attenga ad un momento patologico del rapporto contrattuale[12], e non fisiologico, che tipicamente viene in considerazione per la valutazione dell’usurarietà degli interessi pattuiti.

4.3 L’orientamento favorevole all’applicazione della disciplina antiusura agli interessi moratori

Allo stesso modo, l’orientamento opposto consta di tali argomentazioni:

1) l’art. 1 co. 1 d. l. n.394 del 2000 conv. in l. n. 24 del 2001 di interpretazione autentica dell’art. 644 c.p.: ai fini dell’applicazione del reato di usura si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono promessi o comunque convenuti “a qualunque titolo” indipendentemente dal momento del loro pagamento.

L’espressione “a qualunque titolo” avvalora l’ambito dell’applicabilità della fattispecie il più esteso possibile.

2) la comune finalità degli interessi moratori e corrispettivi: entrambi sono caratterizzati dalla ratio di «remunerare un capitale di cui non si ha la disponibilità, la funzione è sostanzialmente sovrapponibile»[13] .

3) entrambe le ipotesi di interessi si delineano quali interessi convenzionali, ma mentre l’interesse corrispettivo ha come unico presupposto il contratto, l’interesse moratorio, viceversa, trova la sua fonte nella convenzione e nella condizione di mora.

In definitiva, «va rilevato (…) che la legge n. 108 del 1996 ha individuato un unico criterio ai fini dell’accertamento del carattere usurario degli interessi (la formulazione dell’art. 1, 3 comma, ha valore assoluto in tal senso) e che nel sistema era già presente un principio di omogeneità di trattamento degli interessi, pur nella diversità di funzione» [14].

In altri termini, la diversità di funzioni riconosciuta agli interessi corrispettivi e interessi moratori non giustifica una disomogeneità di trattamento in punto di applicabilità della disciplina antiusura.

4.4 La giurisprudenza sul punto e le conclusioni dell’ordinanza interlocutoria

Sin dalla sentenza della Cass. III Sez. 2018 n. 27442 si è evidenziato come «gli interessi usurari non possono che estendersi anche a quelli moratori, vanno trattati nella stessa maniera di fronte all’usurarietà dell’interesse», e ciò alla luce di una serie di argomenti che richiamano i presupposti su evidenziati dell’orientamento favorevole all’estensione della disciplina antiusura agli interessi moratori. Si aggiunga che «la pretesa distinzione ontologica e funzionale tra le due categorie di interessi non solo è dunque un falso storico (…); tale inesistente distinzione funzionale non giustifica affatto la pretesa che gli interessi moratori sfuggano all’applicazione della l. 108/96».

In particolare, si evidenziano una serie di argomenti tra cui:

a) argomento letterale: le norme in tema di usura non distinguono, dal punto di vista definitorio e normativo, il riferimento ad interesse di tipo corrispettivo o moratorio;

b) argomento funzionale: trattasi in entrambi i casi di una remunerazione, distinguendosi meramente per il carattere volontario o involontario della stessa, rispettivamente per gli interessi corrispettivi e moratori; in altri termini, «in entrambi i casi – corrispettivi e moratori – siamo di fronte ad un interesse che remunera la mancata disponibilità di una somma di denaro che poteva essere utilizzata proficuamente dal creditore»[15]. Si aggiunga che «gli interessi moratori rappresentano la remunerazione involontaria di un capitale di cui il creditore non ha goduto; quelli corrispettivi si distinguono sol perché rappresentano remunerazione volontaria del capitale di cui il creditore non ha goduto». La differenza attiene alla mera volontarietà o meno della remunerazione[16].

c) argomento sistematico, coerente con le disposizioni vigenti in materia;

d) lettura storica: si tende a reprimere il fenomeno dell’usura nelle eterogenee ipotesi nella quale essa possa realizzarsi.

A sostegno della tesi a favore dell’estensione della disciplina antiusura agli interessi moratori è intervenuta anche la Corte Cost. che con la sentenza n. 29 del 25 febbraio 2020, nella quale si legge, da un obiter dictum, che «va in ogni caso osservato (…) che il riferimento, contenuto nell’art. 1, comma 1, del decreto – legge n. 394 del 2000, agli interessi ‘a qualunque titolo convenuti’ rende plausibile – senza necessità di specifica motivazione – l’assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori»[17].

Le differenze tra interessi corrispettivi e moratori in punto di fonte (in quanto al contratto si aggiunge l’inadempimento per i moratori), di decorrenza (immediata per i corrispettivi, a seguito della mora per i moratori), e di funzione (meramente remunerativa ovvero remunerativa e risarcitoria), non legittimano una disciplina differente in sede di usura.

In definitiva, «la Cassazione, dunque, pur non contestando la diversità di funzione delle varie tipologie di interessi, equipara gli interessi moratori ai corrispettivi ai fini dell’applicazione della disciplina antiusura facendo leva sull’unicità del criterio adottato dal legislatore del ’96 ai fini della determinazione del carattere usurario degli interessi e sull’esistenza di un supposto principio di omogeneità del trattamento degli interessi che informerebbe il nostro ordinamento e che emergerebbe dall’art. 1224 nella parte in cui equipara la quantificazione degli interessi moratori a quelli corrispettivi»[18].

Il principio di omogeneità degli interessi risulta prevalente rispetto al principio di simmetria degli elementi considerati nelle voci del TEGM e TEG. Bisogna, in un certo senso, rifuggire da «un’idea troppo angusta del concetto di corrispettività» [19], cui fa riferimento l’art. 644 c.p., onde valorizzare, invece, l’esigenza di tutela sottesa a tale disposizione incriminatrice, ovverosia una tutela quanto più possibile ampia e completa della parte debole del rapporto.

5. Le Sezioni Unite del 18.09.2020 n. 19597: le conclusioni circa l’an e il quomodo dell’estensione della disciplina antiusura agli interessi moratori

Le Sezioni Unite del 2020 espressamente stabiliscono che «il concetto di interesse usurario e la relativa disciplina repressiva non possano dirsi estranei all’interesse moratorio, affinché il debitore abbia più compiuta tutela».

In definitiva, «la disciplina antiusura si applica agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria sia dovuta in relazione al contratto concluso».

In particolare, «la mancata indicazione dell’interesse di mora nell’ambito del t.e.g.m. non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali, i quali contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali, statisticamente rilevato in modo del pari oggettivo ed unitario, essendo questo idoneo a palesare che una clausola sugli interessi moratori sia usuraria, perché “fuori mercato”, donde la formula “T.e.g.m. più la maggiorazione media degli interessi moratori, il tutto moltiplicato per il coefficiente in aumento, più i punti percentuali aggiuntivi, previsti quale ulteriore tolleranza dal predetto decreto».

Le Sezioni Unite sottolineano, quindi, la necessità di utilizzare come punto di riferimento i DM che contengano l’indicazione del tasso di mora medio applicato dagli operatori; «ove i decreti ministeriali non rechino neppure l’indicazione della maggiorazione media dei moratori, resta il termine di confronto del T.e.g.m. così come rilevato, con la maggiorazione ivi prevista».

Tali coordinate ermeneutiche valorizzano l’esigenza primaria di tutela del finanziato. Una volta risolto favorevolmente l’an circa l’applicazione ed estensione della disciplina antiusura agli interessi moratori, le Sezioni Unite analizzano la problematica concernente il quomodo di tale estensione.

La questione concerne la necessità di comprendere se il procedimento da seguire debba essere lo stesso delineato per gli interessi corrispettivi, o se necessiti di correzioni in ragione della peculiarità degli interessi moratori, non costituenti elementi del TEGM.

Una prima tesi prospettata ritiene che, ai fini della considerazione degli interessi moratori nel TEGM, questi debbano essere sommati numericamente agli interessi corrispettivi individuati.

Altra tesi, maggioritaria, avalla l’orientamento secondo cui il vaglio antiusura per gli interessi moratori debba essere autonomo, proprio in ragione del fatto che il TEGM non considera gli interessi moratori.

Le Sezioni Unite ritengono maggiormente coerente alla ricostruzione della disciplina che gli interessi moratori debbano essere considerati autonomamente, senza procedere ad una sommatoria numerica rispetto agli interessi corrispettivi totalmente priva di base legale di riferimento che possa giustificare tale procedimento.

Avallata la tesi dell’autonomia degli interessi moratori, la questione da dirimere concerne il parametro da utilizzare per valutare l’usurarietà di tali interessi. È necessario, in altri termini, comprendere se si debba utilizzare lo stesso TSU delineato per gli interessi corrispettivi ovvero, viceversa, individuare un iter procedimentale autonomo per la descrizione del TSU per gli interessi moratori.

Le Sezioni Unite avallano la tesi secondo cui, ai fini della valutazione dell’usurarietà degli interessi moratori, si debba maggiorare il TEGM con l’aumento medio della mora così come riportato nei DM di riferimento, prima di procedere al calcolo del TSU.

In conclusione, i giudici avallano la necessità di rilevare l’usurarietà degli interessi moratori sia per quanto riguarda il tasso in astratto previsto nel contratto, pur in corso di regolarità del rapporto, sia con riferimento al tasso in concreto applicato al momento dell’inadempimento.

Con riferimento alla prima questione, il Supremo Collegio ha dato risposta affermativa, in quanto l’interesse ad agire in relazione ad una clausola ritenuta nulla – perché usuraria – sussiste sin dal momento della pattuizione medesima, nell’ottica di garantire la certezza del diritto.

Tuttavia, realizzatosi successivamente l’inadempimento in concreto, rileva il tasso che di fatto sia stato applicato al debitore inadempiente. Ciò che rileva successivamente in concreto è quindi non più il tasso moratorio delineato in sede di pattuizione, ma il tasso in concreto applicato.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Secondo G. CENTAMORE, Interessi di mora e usura: questioni irrisolte e ricerca di equilibri, www.giurisprudenzapenale.com, n. 10/2019, p.3, il reato di cui all’art. 644 c.p. «protegge il regolare ed affidabile andamento del credito, unitamente alla libertà di autodeterminazione dei contraenti». V. altresì P. DE ANGELIS, v. Usura, in Enc. Giur. Treccani, Roma, 1997, p. 7, il quale individua tre beni giuridici tutelati dalla norma incriminatrice: patrimonio della vittima, compromissione della sua libertà morale di autodeterminazione, interesse pubblico alla corretta gestione dei rapporti giuridici in tale materia.

[2] Cfr. D. SINESIO, Gli interessi usurari, profili civilistici, Napoli, 1999, pp. 14 e ss., il quale descrive la c.d. usura oggettiva quale usura oggettiva «o per solo tasso elevato, cioè senza altri elementi».

[3] Cfr. P. DE ANGELIS, v. Usura, in op. cit., 1997, p. 2, secondo cui il concetto di sproporzione è stato accolto positivamente in quanto «segna il momento di emersione normativa della tendenza a superare il dogma dell’autonomia contrattuale in favore della tutela del contraente effettivamente più debole».

[4] V. sul punto D. SINESIO, Gli interessi usurari, profili civilistici, op. cit., p. 14, il quale definisce tale ipotesi «usurarietà soggettiva o per altri elementi».

[5] Sul punto v. C. ROBUSTELLA, Usura bancaria e determinazione del tasso soglia, Bari, 2017, p. 108.

[6] In questi termini G. D’AMICO, Interessi usurari e contratti bancari, in Gli interessi usurari, quattro voci su un tema controverso, a cura di G. D’AMICO, II ed., Torino, 2017, p. 54.

[7] Tale ricostruzione si evince in R. MARCELLI, L’usura “fotografata” dalla Cassazione e l’usura gestita dalla Banca d’Italia, in ebook Altalex, 2015, p. 6.

[8] Cfr. A. STILO, Il c.d. principio di simmetria oltre le Sezioni Unite: nuovi scenari interpretativi e possibili effetti collaterali, in I Contratti, 2018, 5, p. 537.

[9] Emblematica la ricostruzione di M.B. MAGRO, Riflessioni penalistiche in tema di usura bancaria, in Archivio Penale n.3/2017, p. 74.

[10] Ibidem. In particolare, l’A. sottolinea come cambi anche il metodo di approccio all’elaborazione delle regole, in quanto nella definizione del TEGM emerge «la discrezionalità tecnica della banca d’Italia nella scelta della metodologia di rilevazione e dei dati da aggregare, anche scegliendo di escludere alcuni costi o voci». A differenza della individuazione del TEG delle singole operazioni creditizie, rispetto alle quali si è «soggetti solo alla legge, il margine di discrezionalità tecnica si appiattisce fino a scomparire».

[11] In questi termini Trib. Roma 1.2.2001 in Il corriere giuridico 2001, 8, 1082 p., con nota di A. LAMORGESE, Interessi moratori e usura.

[12] In questi termini G. D’AMICO, Interessi usurari e contratti bancari, op. cit., p. 43, che sull’applicabilità dell’art. 1815 co. 2 c.c. agli interessi moratori sottolinea come «tale orientamento (…) tralascia tuttavia di considerare la differente natura degli interessi moratori rispetto a quelli corrispettivi. Questi ultimi appartengono – come spesso si osserva – alla ‘fisiologia’ del rapporto, mentre i primi riguardano un’ipotesi meramente eventuale, qual è quella dell’inadempimento da parte del debitore».

[13] A favore dell’equiparazione degli interessi moratori e corrispettivi ai fini dell’applicazione della disciplina antiusura M. GIORGIANNI, L’inadempimento, Giuffrè, 1975, pp. 146 e ss., poi B. INZITARI, La moneta, Tratt.dir.comm.e.dir.pubb. econ., pp. 206 e ss., a cura di F. GALGANO, Padova, 1983, IV, secondo cui «il terreno su cui opera l’art. 1282 è (…) perfettamente corrispondente a quello dell’art. 1224 c.c.».

[14] In questi termini v. Cass. 22 aprile 2000 n.5286 in Banca, borsa e titoli di credito, 2000, p. 620 e ss., con nota di A.A. DOLMETTA, Le prime sentenze della Cassazione civile in materia di usura ex lege n. 108/96.

[15] V. F. PIRAINO, Usura e interessi, in Gli interessi usurari, quattro voci su un tema controverso, a cura di G. D’AMICO, II ed., Torino, 2017, p. 211, secondo cui gli interessi moratori mantengono «funzione e veste di corrispettivo» limitatamente alla messa a disposizione del denaro.

[16] V. sul punto P.L. FAUSTI, Il mutuo, Tratt.dir.civ. Cons.naz.Notariato, diretto da P. PERLINGIERI, Napoli, 2004, p. 123 – 124, secondo cui «una funzione risarcitoria o indennitaria debba essere riconosciuta ad ogni specie di obbligazione di interessi». V. altresì G. FIENGO, Clausola penale per il ritardo e usura, in Giur.Mer., 2012, 10, p.2043, valorizzando la funzione reintegrativa di entrambi i tipi di interesse – corrispettivo e moratorio – tant’è che «l’esigibilità del credito finisce con il coincidere con la mora del debitore» (rif. artt. 1282 – 1224 c.c.).

[17] V. Corte Cost. 25 febbraio 2002 n. 29 in Foro. It 2002 I cc933, con nota di A. PALMIERI, Interessi di mora: una nuova partenza.

[18] In questi termini emblematica la ricostruzione di C. ROBUSTELLA, La dibattuta questione della rilevanza degli interessi di mora ai fini dell’applicazione della disciplina antiusura, in Jus civile n.3/2016, p.160.

[19] Cfr. N. RIZZO, Gli interessi moratori usurari nella teoria delle obbligazioni pecuniarie, in Banca, borsa e titolo di credito, 2018, 3, I, pp. 359 e ss.

Bibliografia

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