Pubbl. Ven, 6 Nov 2020
L´affidamento condiviso non importa una frequentazione paritaria di entrambi i genitori
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Chiara Imbalzano
Il presente contributo commenta l´ordinanza n.19323 del 17 Settembre 2020, con cui la Corte di Cassazione ha ribadito che il regime di affidamento condiviso non impone tempi di frequentazione perfettamente identici del figlio con entrambi i genitori, soprattutto se ciò possa essere foriero di pregiudizio per la prole.
1. Il caso
Con l’Ordinanza n. 19323 del 17 Settembre 2020[1] la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di affidamento condiviso e in particolare ha ritenuto legittima la decisione con cui la Corte d’ Appello di Genova, in riforma del provvedimento del giudice di prime cure, ha disposto che il minore trascorra week-end alternati con la madre collocataria e con il padre il quale, nelle settimane in cui non avrà con sé il figlio, potrà trascorrere insieme al minore due giorni infrasettimanali.
Nel giudizio d’appello, il padre ha proposto reclamo incidentale volto a rimodulare l'obbligo di mantenimento a suo carico stabilito dal primo giudice in euro 250,00 mensili; la Corte d’Appello ha respinto il reclamo osservando che il quantum stabilito dal Tribunale fosse giustificato dalle nuove modalità di frequentazione tra i genitori e il minore le cui esigenze sono destinate ad aumentare col trascorrere del tempo.
Ad adire il Supremo Consesso è il padre con due motivi di ricorso: con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art.337-ter c.c., poiché il regime di affidamento condiviso, in ossequio al diritto alla bigenitorialità, postulerebbe tempi di frequentazione del minore con il genitore non collocatario, quantitativamente pari rispetto a quelli di permanenza presso il genitore collocatario; l’affidamento condiviso implicherebbe l’indefettibile giudizio prognostico volto a valutare, nell'esclusivo interesse morale e materiale del minore, le competenze genitoriali nella nuova situazione determinata dalla cessazione del vincolo coniugale, giudizio da cui la Corte d’ Appello si sarebbe astenuta.
Il ricorrente deduce, inoltre l’omesso esame di un fatto decisivo, in quanto il giudice di secondo grado non avrebbe attribuito rilevanza alla centralità della figura paterna così come risultante dalla relazione del Servizio Sociale, né al radicamento affettivo e sociale nel luogo di residenza del padre, rappresentato dalla presenza del fratello e del luogo ove il minore svolge attività sportiva.
Con il secondo motivo di gravame, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 337-ter c.c. nella misura in cui la Corte d’Appello, confermando la quantificazione dell’assegno di mantenimento, avrebbe adottato una determinazione “in via apodittica ed automatica” , omettendo di valutare la documentazione versata in atti e le dichiarazioni rese dalle parti nel corso del processo.
La Corte di Cassazione respinge il ricorso ribadendo il principio di diritto per cui “la regolamentazione dei rapporti con il genitore non convivente non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori, ma deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice del merito che, partendo dall'esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, tenga anche conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all'esplicazione del loro ruolo educativo”[2].
2. L’affidamento condiviso
Il legislatore ha sostanzialmente dettato un’unica disciplina dell’affidamento dei figli, indipendentemente dalla causa di disgregazione della coppia genitoriale che sia separazione, divorzio, invalidità del matrimonio, ovvero cessazione della convivenza more uxorio.
A seguito della riforma della filiazione operata dalla L. 219/2012 e portata a completamento dal D.lgs. 154/2013, la disciplina precedentemente contenuta negli artt. 155- 155 sexies c.c. è stata trasposta nel capo II del titolo IX del libro I del Codice Civile, agli artt. 337-bis e ss..
Ai sensi dell’art. 337-ter che essenzialmente ha recepito quanto in precedenza stabilito dall’art.155 c.c. relativamente ai provvedimenti riguardo ai figli, si dispone che anche in caso di crisi della coppia genitoriale, il minore abbia diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, nei cui confronti vanta il diritto di essere mantenuto, istruito ed educato, nonché assistito moralmente; al figlio deve essere, altresì, garantito il mantenimento di rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ambedue i genitori.
Si tratta di una disposizione che valorizza la necessità che il figlio coltivi e mantenga un rapporto significativo e intenso con i genitori e con i membri delle rispettive famiglie, al fine di assicurare al minore una continuità affettiva avulsa dalla crisi sentimentale e relazionale dei propri genitori.
Per conseguire tali risultati il giudice è tenuto ad adottare tutti i provvedimenti ritenuti necessari al soddisfacimento dell’interesse morale e materiale della prole.
Quanto al regime di affidamento che primariamente deve essere valutato quale possibilità da parte del giudice, esso corrisponde all’affidamento condiviso, i cui caratteri non vengono esplicitati dal legislatore codicistico, ma che a ben vedere dal punto di vista etimologico rimanda all’esercizio condiviso della responsabilità genitoriale.
Sul punto la giurisprudenza ha, sin dall’entrata in vigore della disciplina, rilevato che il regime de quo non vada inteso quale duplice residenza del minore e parità di tempi di permanenza dello stesso presso entrambi i genitori, quanto come paritaria condivisione della funzione genitoriale[3].
3. La decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso proposto dal padre del minore ribadendo quanto copiosamente stabilito da suoi precedenti[4] anche recenti in tema di affidamento condiviso, e cioè che tale regime di regolamentazione dei rapporti tra genitori e figli, affinché possa ritenersi ossequioso del principio di bigenitorialità, non debba necessariamente equivalere ad un collocamento alternato e paritario, ovvero a tempi di frequentazione perfettamente simmetrici del figlio con ciascun genitore.
Il diritto alla bigenitorialità, come asserito dalla giurisprudenza[5] della stessa Corte, si configura come munus, per cui lo stesso diritto di visita del genitore non collocatario rappresenta uno strumento affievolito e ridotto per l’esercizio della responsabilità genitoriale di entrambi gli ascendenti; in particolare ci si riferisce al diritto- dovere di mantenere istruire ed educare i figli, previsto dall’art. 30 Cost..
La Corte ritiene il primo motivo di ricorso tanto infondato quanto inammissibile, di fatti non viene ravvisato l’errore di diritto dedotto dal ricorrente; la Corte premette che l’art. 337-ter impone al giudice, quale criterio da adottare nell’ambito dei provvedimenti riguardo ai figli, quello costituito dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole, privilegiando la soluzione che riduca al minimo l’impatto della crisi coniugale o di coppia sulla dimensione affettiva e relazionale del figlio.
Tale esito risulta, in linea di massima, realizzabile mediante il regime di affidamento condiviso, e proprio per questo esso deve essere disposto anche in caso di forte conflittualità tra i genitori, potendo essere derogato solo qualora ritenuto idoneo a determinare causalmente un pregiudizio per l’interesse del minore[6].
Orbene, la disposizione dell’affidamento condiviso del figlio a favore di entrambi i coniugi non implica un’ automatica collocazione paritaria dello stesso presso il padre e la madre. Tale approdo risale alla vigenza dell’art. 155 c.c., ed è stato ribadito a seguito della riforma del 2013 con riferimento all’art. 337-ter c.c., per cui il minore pur essendo affidato ad entrambi i genitori può essere collocato presso uno di loro, assicurando in ogni caso il regolare diritto di visita dell’altro.
Nel caso di specie la decisione impugnata è stata ritenuta legittima, in quanto adeguatamente motivata, avendo la Corte d’Appello rilevato che la distanza intercorrente tra i luoghi di residenza dei genitori avrebbe imposto al minore tempi e sacrifici di viaggio idonei a comprometterne lo studio, e l’equilibrio psico-fisico e relazionale.
In particolare la Corte di Cassazione, richiamando un proprio precedente, ribadisce che la questione dell'affidamento della prole è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, il quale, ove dia sufficientemente conto delle ragioni della decisione adottata, esprime un apprezzamento di fatto non suscettibile di censura in sede di legittimità[7].
Quanto al secondo motivo di ricorso, relativo alla quantificazione dell’assegno di mantenimento, la Corte di Cassazione si pronuncia ritenendolo espressione di un mero dissenso motivazionale rispetto ad un apprezzamento di fatto riservato alla discrezionalità del giudice di merito e, pertanto, non suscettibile di valutazione in sede di legittimità.
4. Osservazioni conclusive
Il Legislatore del 2013 ha operato una vera e propria rivoluzione copernicana nell’ambito del diritto di famiglia, adottando una prospettiva fortemente puerocentrica, di cui è testimonianza il passaggio dalla nozione di potestà a quella di responsabilità genitoriale.
Tale mutamento si traduce nella circostanza che il genitore esercita le funzioni correlate alla responsabilità genitoriale incontrando un limite che è al contempo fonte di legittimazione : il precipuo interesse del minore, il quale ha il diritto di essere mantenuto istruito ed educato da parte di entrambi i genitori, già costituzionalmente garantito ex art. 30 Cost, ma anche ad essere assistito moralmente tenendo conto delle sue capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni.
La genitorialità assume, dunque una dimensione sempre più posta in funzione del perseguimento del benessere psicofisico del minore; orbene, la disciplina dell’affidamento condiviso risponde alla medesima ratio, nel senso che mira ad assicurare la continuità affettiva tra genitori e figli, a prescindere dalla crisi della coppia genitoriale, ovvero dallo scioglimento della stessa, purché tale continuità e stabilità dei rapporti anche con il genitore non collocatario si traduca in concreto nella situazione effettivamente più confacente all’interesse della prole.
L’ordinanza in commento conferma e ribadisce la centralità dell’interesse del minore nell’assetto dei rapporti familiari, in un certo senso relativizzando il diritto del genitore ricorrente a godere di una frequentazione paritaria con il figlio rispetto alla madre collocataria, o in altri termini subordinandolo ad altre esigenze ritenute prevalenti per il sereno sviluppo psicofisico e relazionale del minore, quali i tempi di studio e di riposo sacrificati da quelli di viaggioper raggiungere il luogo ove si trova il genitore non collocatario, data la distanza dalla residenza abituale del figlio presso la madre.
D’altro canto la bigenitorialità inerisce all’esercizio della responsabilità genitoriale, intesa non solo come dovere di istruire, educare e assistere moralmente il figlio, ma anche quale dovere di mantenerlo e dunque di provvedere alla soddisfazione dei bisogni del minore in misura proporzionale al proprio reddito.
Sul punto la stessa Corte in un proprio precedente chiarisce che "il giudice può disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico, il quale, in caso di affidamento condiviso con collocamento prevalente presso uno dei genitori, può essere posto a carico del genitore non collocatario"[8].
Anche la dottrina ante riforma del 2013 ha ritenuto che l’affidamento condiviso non equivalga a collocamento paritario e alternato del minore presso ciascun genitore, ma a potestà (oggi responsabilità) genitoriale congiunta e dunque anche a flessibilità nelle modalità e nei tempi di frequentazione tra genitori e figli[9].
Il collocamento prevalente presso uno dei genitori, oltretutto, non può determinare un rimodulazione in diminuzione dell’assegno di mantenimento a carico del genitore non collocatario, poiché esso è comunque un dovere del genitore ricompreso nell’esercizio della responsabilità genitoriale.
Indipendentemente dalla quotidianità della convivenza, che viene meno a seguito della cessazione della loro relazione, i genitori sono chiamati ad esercitare la responsabilità genitoriale condividendo le scelte e confrontandosi sui criteri di crescita, in un rapporto paritario nei confronti dei figli e nel comune superiore interesse della loro serena crescita e formazione[10].
Alla luce della ricostruzione operata dalla Corte di Cassazione può concludersi che il principio di bigenitorialità, di cui l’affidamento condiviso è applicazione, sia finalizzato a garantire la presenza di entrambi i genitori in modo apprezzabile e significativo nella vita del figlio, il che non equivale a prevedere tempi di frequentazione quantitativamente identici se ciò collide con il complesso delle esigenze di vita del minore.
[1] Disponibile in Dir. Giust., fasc.179, 2020, con nota di MASCIA, Affidamento condiviso del minore: la frequentazione dei genitori può non essere paritaria in presenza di serie ragioni.
[2] Cass., Sez. I, 13/02/2020, n. 3652, in Banca dati De Jure.
[3] SESTA, Manuale di Diritto di Famiglia, Padova, 2015.
[4] Cass. Civ., sez. I, ord. 13 febbraio 2020, n. 3652; Cass. civ., sez. I, ord. 10 Dicembre 2018, n. 31902.
[5] Cass. Civ , 30 Luglio 2018, n. 20151; cfr. Cass. Civ. 19 Aprile 2002, n. 5714.
[6] Cass. Civ., Sez. I, 17 Gennaio 2017, n. 977.
[7] Cass. Civ., sez. VI-I, 4 Novembre 2019, n. 28244.
[8] Cass. Civ. Sez. I, 4 Novembre 2009, n. 23411; cfr. Cass. Civ. , 17 Gennaio 2001 n. 566.
[9] M. SANTINI, Il mantenimento dei figli a seguito dell’entrata in vigore della legge 54/2006 sull’affidamento condiviso ed in particolare il concetto di "tenore di vita" di cui al quarto comma, in Filodiritto, 21 ottobre 2007.
[10] M. RUVOLO, La responsabilità dei genitori nelle genitorialità fragili, in Minorigiustizia, fasc. n. 4/2016, 35-40.