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Pubbl. Mar, 25 Ago 2020

Il regime di adempimento collaborativo o cooperative compliance

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Vincenzo Sica



Il presente contributo vuole descrivere e analizzare il regime di adempimento collaborativo o cooperative compliance in funzione anche degli ultimi sviluppi dovuti all´emergenza epidemiologica da COVID-19.


ENG This contribution aims to describe and analyze the collaborative compliance or cooperative compliance regime also according to the latest developments due to the epidemiological emergency from COVID-19.

Sommario: 1. Premessa; 2. Cornice normativa; 3. Aspetti premiali e cause di esclusione; 4. Conclusione.

1. Premessa

Il cd. procedimento di adempimento collaborativo o “cooperative compliance” vede muovere i primi passi con la L. n. 23 del 24 marzo 2014, rectius delega al Governo per predisporre un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita.[1] Possiamo definirla come una riforma di scopo, ascrivibile alle esigenze di certezza del diritto, semplificazione, riduzione della pressione tributaria, ovvero di tutela dei diritti dei contribuenti. Il progetto si inserisce, nell’alveo utopico (stando all’attuale concezione del sistema tributario uti cives, ovvero del mondo produttivo), di creazione di un rapporto collaborativo (para-sinallagmatico)[2] tra Agenzia delle Entrate e contribuente finale. La morfologia del rapporto che viene a instaurarsi corre lungo le pendici (ripidissime) di un nuovo modo di intendere l’amministrazione centrale tributaria. C’è la volontà di creare le basi per un nuovo patto fiduciario ovvero di un nuovo modello di organizzazione fiscale.

L’Italia ha seguito l’esempio di altri paesi che fanno parte dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). In tal senso, occorre rilevare che l’obiettivo fondamentale dell’Organizzazione è quello di promuovere politiche che migliorino il benessere economico e sociale dei cittadini, ragion per cui la partecipazione alla stessa è preclusa a quei Paesi che non abbiano adottato norme idonee a garantire la trasparenza e la lotta alla corruzione, anche in relazione ai reati commessi dalle (rectius: a vantaggio delle) persone giuridiche.[3]

Questo nuovo regime di “adempimento collaborativo”, porta con sé, in uno alla volontà politico-tributaria, il sugellarsi di quel patto para-fiduciario che dovrebbe essere il corollario di ogni stato democratico. È in questo solco che si creano le basi, si spera durature, di una nuova visione che, nell’intento del Legislatore, vuole sotterrare i vecchi arnesi, oggi più che mai anacronistici e superati, dell’imposizione coercitiva, che come abbiamo potuto osservare, ha solo aumentato l’evasione fiscale del nostro paese.

Il progetto prende il via da un comunicato stampa, datato 25 giugno 2013, in cui le Entrate sperimentano il regime di adempimento collaborativo con i “Grandi contribuenti”.[4]

Il presente contributo ha nel suo intento la volontà di ripercorrere le tappe che hanno portato al nuovo regime di adempimento collaborativo, in un’ottica di real collaboration tra l’amministrazione centrale-finanziaria e il tessuto contributivo di questo Paese (in questa prima fase, principalmente macro-gruppi), analizzandone i tratti peculiari senonché le storture ovvero i risultati fin qui raggiunti, con l’auspicio che possa fare da catalizzatore a nuovi modelli di compliance, estesi a tutti i contribuenti. 

2. Cornice normativa

Il regime di adempimento collaborativo rientra in quel programma, più ampio e meglio conosciuto nella letteratura fiscale internazionale, come “collaborative compliance”. Di seguito ripercorreremo le tappe che hanno portato a questo nuovo “regime”. Il prefato affonda le radici nel Forum on Tax Administration (FTA)[5] del 2008, con cui l’OCSE, nel report “Study into the Role of Tax Intermediaries”[6] ha voluto porre le basi per una proficua collaborazione tra Amministrazione finanziaria e contribuente finale. Il report ha come scopo, quello di predisporre strumenti atti a creare “enhanced relationship” tra Amministrazione finanziaria, che deve assolvere al suo compito di controllore fiscale con modalità nuove – per incidens, con un approccio innovativo ed imparziale – rispetto al passato, e contribuente (rectius: grandi imprese), che deve assolvere ai suoi compiti con procedure più snelle, ispirate ai principi di trasparenza e correttezza tipiche della P.A. (in un paradigma quasi rovesciato). “Approccio collaborativo” ancorato saldamente al rispetto delle norme tributarie che disciplina questo unicum nel paradigma Stato-cittadino. Vieppiù, nel report si fa riferimento a cinque pilastri (cd. five key pillars) e nello specifico:

- comprensione dei driver commerciali (cd. commercial awareness);

- imparzialità (cd. impartiality);

- proporzionalità nella gestione delle risorse (cd. proporzionality); - apertura e reattività (cd. openess and responsiveness);

- comunicazione e trasparenza da parte dei contribuenti (cd. disclosure and trasparency).

In nuce, il coacervo di operosità e intenti del 2008, ha trovato il suo intendimento nel report del 2013, stilato ancora una volta dall’OCSE, titolato “Co-operative compliance: a framework from enhanced relationship to co-operative”[7], nel quale si passa da un rapporto di “enhanced relationship” ad uno propriamente di “co-operative compliance” (cd. adempimento collaborativo). Tutti i 24 Paesi aderenti all’OCSE hanno, nel tempo e con modalità differenti, implementato il regime di cooperative compliance.[8] Tra i Paesi dell’area euro che hanno preso parte a questo nuovo progetto, sin dagli albori, vi sono l’Irlanda e i Paesi Bassi, che hanno avuto il coraggio di osare e sradicare la vecchia convinzione che solo uno Stato forte e talvolta “invasivo”, possa realmente ottenere quanto dovuto. L’Olanda, nel caso di specie, ha esteso il regime di adempimento collaborativo anche alle PMI (piccole e medie imprese), allargando la pletora di beneficiari, già adoperato dai grandi gruppi di imprese con fatturato a dieci zeri.

L’Italia inaugura la stagione del cambiamento con il progetto pilota dell’Agenzia delle Entrate, dal frontespizio “Le Entrate sperimentato il Regime di adempimento collaborativo. Dialogo avanzato con i Grandi contribuenti”[9], che inerisce alla possibilità di implementare modalità di dialogo incentrate sui principi della collaborazione, trasparenza e fiducia reciproca. Orbene, seguitando quanto predisposto nel progetto pilota, il Legislatore ha dato una prima attuazione al regime di adempimento collaborativo nel perimetro della Legge delega n. 23/2014. La completa attuazione è avvenuta, altresì, con il D.Lgs. 128/2015[10], circoscrivendone l’indirizzo al titolo III, artt. 3-7:

- art. 3 – Finalità e oggetto;

- art. 4 - Requisiti;

- art. 5 - Doveri;

- art. 6 - Effetti[11];

- art. 7 - Competenze e procedura.

Il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate prot. n. 54237/2016, contiene i requisiti per l’accesso al regime agevolato di adempimento collaborativo.

L’art. 2 riguarda i requisiti soggettivi per aderire al progetto:

a) i soggetti residenti e non residenti che realizzano un volume di affari o di ricavi non inferiore a dieci miliardi di euro;

b) i soggetti residenti e non residenti che realizzano un volume di affari o di ricavi non inferiore a un miliardo di euro e che abbiano presentato istanza di adesione al Progetto Pilota;

c) le imprese che intendono dare esecuzione alla risposta dell’Agenzia delle Entrate, fornita a seguito di istanza di interpello sui nuovi investimenti, di cui all’art. 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, indipendentemente dal volume di affari o di ricavi.

Quest’ultimo requisito si aggiunge ai due precedenti (lett. a e b), già inseriti nel corpo iniziale del D.Lgs. 128/2015.

In particolare, i soggetti che intendono aderire al regime di collaborative compliance (cd. cooperazione rafforzata) devono essere in possesso, alla data di presentazione della domanda, di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inserito nel contesto del sistema di governo aziendale e di controllo interno (c.d. Tax Control Framework)[12]. A tali fini, il sistema deve garantire la promozione di una cultura aziendale improntata a principi di onestà, correttezza e rispetto della normativa tributaria, assicurandone la completezza e l'affidabilità nonché la conoscibilità a tutti i livelli aziendali.

I requisiti essenziali[13] sono i seguenti:

- strategia fiscale: obiettivi dei vertici aziendali in relazione alla variabile fiscale e ai processi di gestione del rischio fiscale;

- ruoli e responsabilità: chiara attribuzione di ruoli e responsabilità connesse ai processi di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale;

- procedure: mappatura dei rischi fiscali associati, determinazione dell’entità dei rischi fiscali in termini quantitativi e qualitativi, definizione e attuazione dell’azione o dell’insieme di azioni finalizzate a presidiare i rischi e prevenire il verificarsi degli eventi;

- monitoraggio: procedure di monitoraggio che, attraverso un ciclo di autoapprendimento, consentano l’individuazione di eventuali carenze o errori nel funzionamento dello stesso e la conseguente attivazione delle necessarie azioni correttive;

- adattabilità rispetto al contesto esterno e interno: principali cambiamenti che riguardano l’impresa, ivi comprese le modifiche della legislazione fiscale;

- relazione agli organi di gestione: l’invio di una relazione agli organi di gestione, per l’esame e le valutazioni conseguenti, contenente gli esiti dell’esame periodico e delle verifiche effettuate sugli adempimenti tributari, le attività pianificate, i risultati connessi e le misure messe in atto per rimediare alle eventuali carenze emerse a seguito di monitoraggio.

L’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 38/E del 16 settembre 2016 ha fornito ulteriori chiarimenti, rispettivamente, su quesiti e dubbi applicativi concernenti il regime di adempimento collaborativo. In particolare, in riferimento alla lett. c) del provvedimento prot. n. 54237/2016, si estende la platea dei beneficiari anche a coloro che non hanno completato l’investimento e alle imprese, anche diverse dalla holding che possono essere ricomprese nella medesima, purché svolgano funzioni di indirizzo riguardo il TCF.

Orbene, l’OCSE nel report del 2016, “Building Better Tax Control Frameworks”[14], detta le linee guida del sistema di governo aziendale e di controllo interno (Tax Control Framework)[15], racchiudendole in sei punti:

- Tax Strategy Established (cd. Strategia fiscale stabilita): questo dovrebbe essere chiaramente documentato e di proprietà della direzione senior dell’impresa, vale a dire a livello del Consiglio di Amministrazione;

- Applied Comprehensively (cd. Applicazione onnicomprensiva): tutte le transazioni effettuate da un'impresa sono in grado di influenzare la sua posizione fiscale in un modo o nell'altro, il che significa che il sistema di controllo fiscale (cd. Tax Control Framework) deve essere in grado di governare l'intera gamma delle attività di impresa e idealmente dovrebbe essere incorporato nella gestione quotidiana delle operazioni aziendali;

- Responsibility Assigned (cd. Responsabilità): il consiglio di amministrazione di un'impresa è responsabile della progettazione, dell'attuazione e dell'efficacia del quadro di controllo fiscale di tale impresa. Il ruolo del dipartimento delle imposte dell'impresa e la sua responsabilità per l'attuazione del quadro di controllo fiscale dovrebbero essere chiaramente riconosciuti e dotati di risorse adeguate;

- Governance Documented (cd. Monitoraggio): è necessario un sistema di regole e relazioni che garantisca il confronto delle transazioni e degli eventi con le norme attese e il potenziale di non conformità identificato e gestito. Questo processo di governance dovrebbe essere esplicitamente documentato e disporre di risorse sufficienti per attuare il quadro di controllo fiscale e verificarne periodicamente l'efficacia;

- Testing Performed (cd. Test eseguiti): la conformità alle politiche e ai processi incorporati nel quadro di controllo fiscale dovrebbe essere oggetto di monitoraggio, verifica e gestione regolare;

- Assurance Provided (cd. Garanzia): il quadro di controllo fiscale dovrebbe essere in grado di fornire garanzie alle parti interessate, comprese quelle esterne come un'Amministrazione finanziaria, che i rischi fiscali sono soggetti a controllo adeguato e che si può fare affidamento su risultati come la dichiarazione dei redditi. Ciò si ottiene stabilendo la “propensione al rischio” dell'entità e quindi assicurando che il loro quadro di gestione del rischio sia in grado di identificare gli scostamenti da quello, con meccanismi che possano mitigare/eliminare il rischio aggiuntivo.

3. Aspetti premiali e cause di esclusione

Il regime di adempimento collaborativo introduce nella dicotomia fisco-contribuente nuove modalità di interlocuzione continua e prudenziale con l’Agenzia delle Entrate, con la possibilità di pervenire a una valutazione univoca delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali (di fatto la dichiarazione del contribuente avviene ex ante rispetto al tradizionalissimo controllo effettuato dall’Agenzia ex post). Difatti, tale ipotesi offre l’opportunità di gestire le situazioni di incertezza nel solco di un confronto preventivo su elementi di fatto che può ricomprendere anche l’anticipazione del controllo e si presta, pertanto, a prevenire e a risolvere anticipatamente le potenziali controversie fiscali.      

L’art. 6 del D.Lgs. 128/2015 conta diversi effetti premiali per le imprese che chiedono l’adesione all’adempimento collaborativo, quali: l’esonero dal presentare garanzie per i rimborsi delle imposte dirette e indirette per tutto il periodo di permanenza nel regime; applicazione di sanzioni ridotte della metà, e comunque in misura non superiore al minimo edittale, con sospensione della riscossione fino alla definitività dell’accertamento, per i rischi comunicati in modo tempestivo ed esauriente, laddove l’Agenzia delle entrate non convalida la posizione dell’impresa; procedura abbreviata di interpello preventivo, nell’ambito della quale l’Agenzia si impegna a rispondere ai quesiti delle imprese entro quarantacinque (45) giorni decorrenti dal ricevimento dell’istanza o della eventuale documentazione integrativa richiesta. Altro aspetto non di poco conto riguarda il co. 4 del suindicato articolo, ovvero, che in caso di denuncia per reati fiscali, l'Agenzia delle entrate comunica alla Procura della Repubblica se il contribuente abbia aderito al regime di adempimento collaborativo, fornendo, se richiesta, ogni utile informazione in ordine al controllo del rischio fiscale e all'attribuzione di ruoli e responsabilità previsti dal sistema adottato.

Il provvedimento prot. n. 101573/2017, titolo III, all’art. 9, indica le cause di esclusione dal regime di adempimento collaborativo e conseguente revoca.

In particolare, l’ufficio, con provvedimento motivato, può dichiarare l’esclusione dei soggetti, precedentemente ammessi, dal regime di adempimento collaborativo, per la perdita dei requisiti di cui agli articoli 4 e 7, comma 4, del decreto, ovvero per l’inosservanza degli impegni di cui all’articolo 5, comma 2, del D.Lgs. 128/2015[16].

Rappresentano cause di esclusione dal regime:

I)- il conseguimento, per tre esercizi consecutivi, di volumi di affari o di ricavi significativamente inferiori ai limiti dimensionali di cui all’articolo 7, comma 4[17], del decreto, sempre che tale evento non dipenda da fattori di mercato, esogeni all’impresa e da essa non controllabili, valutati dall’ufficio come non significativi ai fini della perdita dei requisiti di permanenza nel regime. In ogni caso non si tiene conto della perdita dei requisiti dimensionali derivanti da operazioni di aggregazione o disaggregazione aziendale infragruppo;

II)- la mancata comunicazione o individuazione di un rischio fiscale rilevante;

III)- la presenza di uno o più episodi gravi di mancata collaborazione o trasparenza, ivi inclusa la mancata rappresentazione di rischi fiscali significativi e di operazioni che possono rientrare nella pianificazione fiscale aggressiva ovvero la mancata rappresentazione o la rappresentazione non veritiera di circostanze di fatto rilevanti ai fini dell’istruttoria i quali, apprezzati complessivamente, determinino il venir meno del rapporto di fiducia alla base del regime.

Costituisce altresì causa di esclusione dal regime la condanna, con sentenza passata in giudicato, di amministratori, dirigenti o firmatari delle dichiarazioni fiscali dei soggetti ammessi al regime, per i reati di cui agli articoli 2, 3, 8 e 11mdel decreto legislativo del 10 marzo 2000 n. 74, per fatti avvenuti in vigenza del regime di adempimento collaborativo. L’ufficio, con atto motivato da inoltrare con lettera raccomandata, ovvero telematicamente, attraverso posta elettronica certificata, dà comunicazione al soggetto delle ipotesi di esclusione, invitandolo a far pervenire, entro 60 giorni dalla data della comunicazione, eventuali memorie a difesa del proprio operato. Qualora l’ufficio valuti inidonee le memorie presentate, ovvero il soggetto non le abbia presentate entro il termine previsto, emette il provvedimento di esclusione dal regime di adempimento collaborativo e ne dà comunicazione al contribuente con lettera raccomandata, ovvero telematicamente, attraverso posta elettronica certificata ovvero ancora mediante consegna a mani proprie, con le modalità di cui all’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

L’esclusione dei soggetti dal regime ha effetto dalla data di consegna o notifica del provvedimento di esclusione. Da tale data le istruttorie in corso relativamente ai rischi fiscali comunicati dal contribuente si considerano improcedibili e gli eventuali interpelli abbreviati presentati inammissibili. Sono fatti salvi gli effetti delle risposte già fornite o degli accordi sottoscritti salvo che gli episodi gravi di mancata collaborazione o trasparenza che hanno determinato l’esclusione del contribuente dal regime non si riferiscano a comportamenti tenuti o fatti accaduti nel corso delle relative istruttorie. Il contribuente può comunicare a mezzo lettera raccomandata ovvero telematicamente, attraverso posta elettronica certificata, in qualunque momento, la volontà di non permanere nel regime. Ricevuta la comunicazione l’ufficio emette il provvedimento di esclusione dal regime e ne dà comunicazione al contribuente.

4. Conclusione

Nel decennio successivo l’istituto dell’adempimento collaborativo sarà sempre più incentivato e affinato nella “tecnica e nello spirito”.

Gli atti di volizione, in tal guisa, sono sempre più numerosi e non ultimo il riferimento è al D.L. n. 120 del 11 maggio 2020[18], in uno all’art. 139 del D.L. n. 34 del 19 maggio 2020[19], noto come Decreto Rilancio.

Con il primo, il Ministero dell’Economia e Finanze, tende ad incentivare, per il biennio 2020-2021, l’ingresso nel regime di adempimento collaborativo ai contribuenti che conseguono un volume di affari o di ricavi non inferiore a cinque miliardi di euro, abbassando la soglia iniziale pari a dieci miliardi di euro prevista dagli artt. 3 e 7 del D.Lgs. n. 128/2015.

Con l’art. 139 ci immergiamo a pieno titolo nei provvedimenti adottati per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, ossia, “Rafforzamento delle attività di promozione dell'adempimento spontaneo da parte dei contribuenti e orientamento dei servizi offerti dalle agenzie fiscali”.

L’articolo in questione, per il triennio 2020-2022, vuole incentivare, per contribuenti e imprese che aderiscono al regime di adempimento collaborativo, i sistemi di assistenza e consulenza delle agenzie fiscali al fine di rendere più agevole e snelle le procedure online.

Altro punto direttamente inciso riguarda l’adozione di forme cd. premiali per i dipendenti di AdE che riescono a raggiungere risultati riguardo la lotta all’evasione fiscale in uno alla promozione dell’istituto in questione, da parte di imprese che abbiano al loro interno validi sistemi di tax corporate governance, nonché del Modello 231 per la prevenzione dei reati di natura tributaria, ricercando verosimilmente una svolta copernicana volta a riequilibrare il rapporto Stato-Contribuente, con il soccorso, se concessomi, della “Fenomenologia dello Spirito” in cui Hegel riuscì benissimo a dimostrare e ribaltare l’anacronistica dicotomia Herrschaft und Knechtschaft (signore-servo).


Note e riferimenti bibliografici

[1](G.U. Serie Generale n. 59 del 12-03-2014).

[2]G. M. ESPOSITO, Il sistema amministrativo tributario italiano, cit., p. 255., 2017, Cedam.

[3]A. R. Castaldo, Il ruolo dei modelli nella nuova disciplina della responsabilità dell’ente da reato in Argentina, p. 217, in La responsabilità dell’ente da reato nel sistema generale degli illeciti e delle sanzioni anche in una comparazione con i sistemi sudamericani, di A. Fiorella, A. Gaito, A. S. Valenzano, 2018, Sapienza Università Editrice.

[4]Si definiscono grandi contribuenti, i soggetti che, con riferimento all’anno di imposta 2011, hanno conseguito un volume d’affari o ricavi di almeno 100 milioni di euro. In questa prima fase, l’Agenzia ha inviato una richiesta d’adesione ai “contribuenti” che hanno un volume d’affari non inferiore ai 10 miliardi di euro.

[5]Da https://www.oecd.org/tax/forum-on-tax-administration/ “Il Forum on Tax Administration (FTA), è un organo unico che riunisce i commissari di 53 amministrazioni fiscali avanzate ed emergenti di tutto il mondo, compresi tutti i membri dell’OCSE e del G 20.”

[6]http://www.oecd.org/tax/administration/39882938.pdf.

[7]https://read.oecd-ilibrary.org/taxation/co-operative-compliance-a-framework_9789264200852-en#page1.

[8]Cfr. OECD, “Co-operative compliance: a framework from enhanced relationship to co-operative”, 2013.

[9]Agenzia delle Entrate, comunicato stampa del 25 giugno 2013.

[10]G.U., 18/08/2015, n. 190.

[11]Per la sospensione dei termini di cui al presente articolo, vedi l'articolo 67, comma 1, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27.

[12]Cooperative Tax compliance: building better tax control frameworks, OECD, 2016.

[13]Art. 3.3, prot. n. 54237/2016.

[14]http://www.oecd.org/publications/co-operative-tax-compliance-9789264253384-en.htm.

[15]OECD, Building Better Tax Control Frameworks, p. 15, 2016.

[16]Rif. art. 7, co. 3, D.Lgs. 128/2015.

[17]Rif. “limiti” lett. a), art. 7 co. 4, D.Lgs. 128/2015 ovvero: “Il regime è riservato ai contribuenti di maggiori dimensioni, che conseguono un volume di affari o di ricavi non inferiore a dieci miliardi di euro e, comunque, ai contribuenti che abbiano presentato istanza di adesione al Progetto Pilota sul Regime di Adempimento Collaborativo di cui all’invito pubblico del 25 giugno 2013, pubblicato sul sito ufficiale dell’Agenzia delle entrate, dotati di un sistema di controllo interno per la gestione del rischio fiscale e che conseguono un volume di affari o di ricavi non inferiore a un miliardo di euro”.

[18]https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/05/11/20A02486/sg

[19]https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/05/19/20G00052/sg