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Pubbl. Mer, 11 Set 2024

La nozione di beneficiario effettivo in ambito convenzionale e interno

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Gabriele Pacifici Nucci
Avvocato CassazionistaUniversità degli Studi di Camerino



Nell’ambito del diritto internazionale e nazionale, ai fini convenzionali e non, l’identificazione del beneficiario effettivo non è semplice e, soprattutto, univoca sul piano applicativo. L’assenza di una specifica definizione rimettono all´interprete la ricerca di comuni denominatori tra i plurimi concetti sovente definiti espressamente per singole fattispecie e la residua interpretazione giurisprudenziale delle corti estere e nazionali.


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The notion of beneficial owner in the conventional and internal context

In the context of international and national law, about conventional and non-conventional purposes, identification of the beneficial owner is not simple and, above all, univocal in terms of application. The absence of a specific definition leaves the interpreter with the task of finding common denominators among the multiple concepts often expressly defined for individual cases and the residual jurisprudential interpretation of foreign and national courts.

Sommario: 1. Premessa; 2. La nozione di beneficiario effettivo nel diritto internazionale e comunitario; 3. Il titolare effettivo nel diritto italiano e il legame tra normativa antiriciclaggio e disciplina fiscale; 4. Conclusioni.

1. Premessa

Una prima definizione di beneficiario effettivo è stata elaborata, costruita e modellata, a livello internazionale, con lo scopo di limitare il fenomeno elusivo rispetto all'utilizzo dell'intestazione fiduciaria.

Stiamo evidentemente parlando del c.d. abuso del diritto.

Il riferimento a tale figura mirava, infatti, a far emergere quelle pratiche di interposizioni “fittizie” tra soggetti giuridici nelle transazioni economiche, finanziarie e commerciali per ottenere indebiti risparmi di imposta. La clausola opera subordinando l’applicazione dei benefici convenzionali (esenzione o limitazione della tassazione nello Stato della fonte) alla sussistenza in capo al percettore di determinati redditi (dividendi, interessi e canoni) della qualifica di beneficiario effettivo.

L’O.C.S.E., nella versione del 15 luglio 2014 del Commentario agli artt. 10, 11 e 12 del Modello di Convenzione fiscale (“Commentario 2014”), dopo aver raccolto i commenti degli operatori, ha fornito nuovi chiarimenti sul significato di effettivo beneficiario, a cui tali disposizioni subordinano la fruizione dei benefici convenzionali sui dividendi, interessi e canoni dopo quasi quaranta anni dalla sua prima  introduzione nel Modello di Convenzione fiscale del 1977.

L’identificazione del beneficiario effettivo, in molte situazioni appare infatti difficoltosa. L’assenza di una unitaria definizione ed al tempo stesso l’insufficiente approfondimento offerto dal Commentario, lasciano ampi margini di incertezza.

Se è infatti chiaro chi non può essere qualificato beneficiario effettivo, ovvero agenti, fiduciari o meri amministratori, non altrettanto può dirsi al di fuori di questi ambiti dove è necessaria un’indagine sul caso concreto. Si pensi alla c.d. società conduit, società utilizzate per convogliare flussi di reddito da Stati ad alta tassazione a Stati a bassa tassazione. Sostanzialmente, tramite tale modello, una società residente in uno Stato “a” controlla una società residente nello Stato “b”, non acquistando partecipazioni, ma creando un’intermediaria ad hoc nello stato “c”, la conduit company, “sfruttando” di solito le “opportunità” che derivano dai trattati bilaterali tra i vari stati e dai diversi livelli di tassazione. Ebbene, in merito alle società conduit, uno studio dell’O.C.S.E., afferma che non può essere considerata beneficiario effettivo una società conduit la quale, pur formalmente proprietaria dei beni-fonte, ha poteri talmente limitati sugli stessi da poter essere considerata una mera fiduciaria/amministratrice.

Lo studio suggerisce anche l’opportunità di indagare questi modelli societari poiché non è detto che una conduit non possa mai essere un beneficiario effettivo(1). L’interpretazione ufficiale appare, quindi, privilegiare un orientamento di tipo sostanzialistico che richiede la sussistenza “di qualche potere discrezionale dell’interposto nell’attività di gestione del bene e/o del diritto da cui scaturisce il reddito, ovvero (o meglio) se questo fornisce qualche contributo alla sua produzione”. In altri termini, ai fini dell’individuazione del beneficiario effettivo, oggetto d’indagine dovrebbero essere tutte le relazioni giuridiche ed economiche intercorrenti tra le parti, nonché le attività svolte e i rischi assunti dal soggetto interposto.

In tale contesto, un contributo determinante per la definizione del concetto potrebbe essere quello della giurisprudenza delle varie Corti estere(2). Se, infatti, dalle indicazioni che si traggono dalle fonti internazionali si deduce che, al di fuori dei casi esplicitamente previsti che stabiliscono chi non è un beneficiario effettivo (agenti, fiduciari ed intermediari), occorre procedere ad un’indagine del singolo caso, è chiaro che l’esame dei casi sottoposti alle varie Corti diventa di estrema utilità(3).

 La giurisprudenza delle varie Corti straniere potrebbe infatti tracciare un filone interpretativo uniforme, in grado di definire finalmente con maggior certezza la nozione di beneficiario effettivo nelle Convenzioni internazionali(4). In questa sede si intendono analizzare e mettere a confronto tutti gli elementi a disposizione che siano di origine legislativa (internazionale e nazionale), giurisprudenziale e dottrinale. Interessante sarà anche identificare la prassi delle amministrazioni finanziarie per comprendere come tale concetto si sia evoluto in questi cinquanta anni di sua storia(5-6).

2. La nozione di beneficiario effettivo nel diritto internazionale e comunitario

L'argomento in esame, negli ultimi venti anni, ha assunto una valenza certamente più rilevante tanto quanto e nella stessa misura/proporzione della crescita del commercio sovranazionale, ma soprattutto del crollo delle barriere nazionali dovuto alla nascita dell'e-commerce(7)

Nel corso del tempo il diritto tributario internazionale è stato oggetto di una rapidissima evoluzione, giustificata e stimolata proprio dalla globalizzazione dei mercati(8), nonché dal tentativo delle varie amministrazioni finanziarie nazionali di normare gli effetti di questa trasformazione, sia singolarmente che in forma congiunta.

Il diritto tributario odierno, dunque, appare molto più complesso rispetto al passato per effetto della molteplicità delle fattispecie transnazionali e della frequente impalpabilità dei criteri di collegamento tra queste e i vari ordinamenti coinvolti, cui si affianca, da un punto di vista legislativo, la pluralità di fonti, nazionali e sovranazionali, che si intersecano e incidono sulle finalità perseguite, talvolta fra loro contrastanti(9).

Lo sviluppo sociale e, soprattutto, tecnologico ha comportato cambiamenti radicali nei processi economico-produttivi e nei modelli di business adottati dalle imprese, il cui ruolo è particolarmente interessante in una duplice prospettiva. Innegabile che la produzione abbia trasferito le proprie basi logistiche in paesi low cost dove l'impatto fiscale sia ridotto al minimo e, sovente, dove il costo complessivo del lavoro sia il più basso possibile(10). Bisogna, infatti, rammentare che quando parliamo di tassazione internazionale, in questo contesto, sarà necessario intenderla nella sua più ampia accezione, facendo riferimento anche, ad esempio, ai costi contributivi legati al lavoro e non solo a quelli meramente tributari in senso stretto. Altrettanto innegabile è la circostanza che la maggior parte del commercio si sia spostato (e sia stia ancora spostando) sul web, rendendo difficilmente tangibile la transazione commerciale stessa ai fini impositivi(11)

In questo contesto veloce, fortemente evolutivo e spesso immateriale, si comprende come proprio a livello internazionale sia nata la necessità di individuazione del c.d. beneficiario effettivo. Proprio per evitare il fenomeno cosiddetto treaty abuse, formula con la quale si intende fare riferimento, in senso ampio, ai tentativi di abuso dei trattati(12) attraverso costruzioni create artificiosamente dai contribuenti per consentire l’applicazione indebita o distorta delle norme contenute nelle Convenzioni. I metodi ai quali generalmente si ricorre per realizzare fenomeni di evasione o elusione fiscale internazionale, sebbene molteplici e diversificati, possono essere ricondotti a due schemi tradizionali:

- il trasferimento del contribuente, ossia il posizionamento strumentale della persona fisica o dell’ente in un’area in cui la pressione fiscale è meno invasiva rispetto a quella del Paese di origine;

- il trasferimento della materia imponibile, che, a sua volta, può realizzarsi sia con la semplice allocazione strumentale delle fonti di produzione del reddito, che attraverso una sua riqualificazione(13).

La tipologia più importante di abuso che rileva in questa sede, consiste nella violazione indiretta delle norme del trattato, fenomeno indicato come “treaty shopping(14). Trattasi di un meccanismo attraverso il quale vengono create apposite strutture societarie allo scopo precipuo di sfruttare le migliori Convenzioni contro le doppie imposizioni(15) e così ottenere vantaggi fiscali non dovuti(16), violando lo “ratio” dei trattati. Nella maggior parte dei casi, le procedure di treaty shopping sono attuate dal contribuente per eliminare o ridurre le imposte applicate dallo Stato in cui è allocato l’investimento (Stato della fonte), in particolar modo attraverso la costituzione di società intermediarie (conduit), in uno Stato che ha concluso con lo Stato della fonte una Convenzione bilaterale che garantisca una disciplina fiscalmente più vantaggiosa.

E' così che troviamo la nostra prima fonte normativa nel Modello O.C.S.E. di cui sopra già si è detto. 

Gli artt. 10, 11 e 12 del Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni O.C.S.E. dispongono determinati benefici a favore dei contribuenti residenti in un determinato Paese, che percepiscono dei dividendi, interessi e canoni provenienti da un altro Paese, in termini di limitazione della tassazione in quest’ultimo Stato della fonte. In particolare, attraverso la c.d. clausola del beneficiario effettivo, viene previsto che tale trattamento sia riservato solo al soggetto che si qualifichi come beneficiario effettivo del reddito. In pratica la c.d. clausola del beneficiario effettivo ha lo scopo di evitare che determinati redditi, corrisposti a titolo di dividendi, interessi e canoni, possano godere dei particolari benefici convenzionali previsti dagli artt. 10, 11 e 12 del Modello di Convenzione O.C.S.E., quando il percettore sia, ad esempio, una società conduit, la quale è destinata a trasferire dette provviste ad un altro soggetto che, essendo residente in un Paese terzo, diversamente non avrebbe avuto diritto ad alcun beneficio(17).

Le caratteristiche del beneficiario effettivo vengono precisate dal Commentario O.C.S.E., laddove viene previsto, in via interpretativa, che beneficiario effettivo è colui che, in primo luogo, percepisce direttamente il reddito, in relazione allo stesso venga tassato nel rispettivo Stato di residenza. Per cui si esclude la qualità di beneficiario effettivo per il soggetto intermediario.

Altresì, per risultare beneficiario effettivo dei proventi, il contribuente deve anche avere il potere di impiegare e godere liberamente degli stessi. 

Tale condizione non si verifica, come anzidetto, nel caso in cui a percepire i dividendi, interessi e canoni siano delle società conduit, le quali non hanno la libera disponibilità dei suddetti redditi, essendo obbligate a trasferirli ai reali titolari(18).

In pratica, una società non potrà ritenersi beneficiario effettivo dei redditi se questa è obbligata a retrocedere detti redditi ad un altro soggetto. Diverso è il caso, invece, in cui l’obbligo in capo alla società sia quello di corrispondere determinati proventi ad un altro soggetto, a prescindere dalla sua effettiva percezione dei dividendi, interessi e canoni. Infatti, in questo caso, non vi sarebbe una diretta corrispondenza tra quanto effettivamente percepito e quanto corrisposto ad altro soggetto(19).

Chiaramente quella esposta è l’interpretazione data dall’O.C.S.E. al beneficiario effettivo, la quale non ha trovato pronta corrispondenza nella nozione fornita dalla Corte di Cassazione nostrana, la quale, forse più semplicisticamente, con delle ultime pronunce ha ritenuto di attribuire la qualità di beneficiario effettivo al soggetto che abbia l’uso e il godimento dei redditi che hanno formato oggetto di imposizione, tale da permettere di configurarlo come il destinatario finale degli stessi. 

Una volta chiarito il significato attribuito dall’O.C.S.E. alla figura del beneficiario effettivo, bisogna anche sottolineare che, anche qualora il soggetto rispetti tutte le condizioni per essere qualificato come beneficiario effettivo, ciò non esclude che i benefici previsti dagli artt. 10, 11 e 12 del Modello di Convenzione O.C.S.E. possano essere comunque disconosciuti nei suoi riguardi qualora, nel caso concreto, si verifichi un abuso delle predette disposizioni convenzionali di favore(20).

Deve, infatti, essere ricordato che di recente le Convenzioni O.C.S.E., oltre all’obiettivo di evitare le doppie imposizioni, hanno anche assunto lo scopo di evitare le doppie “non imposizioni” e, in ogni caso, di ostacolare, oltre alle condotte di evasione fiscale internazionale, anche le pratiche di abuso del diritto e di elusione fiscale.

Riprova di tale nuove direttive della fiscalità internazionale è data dal contenuto della nuova Convenzione multilaterale elaborata dall’O.C.S.E. (art. 6), laddove si suggerisce agli Stati di prevedere nei loro rapporti delle clausole anti abuso volte a scongiurare i fenomeni di elusione fiscale internazionale(21).

L’Italia si è spinta oltre, facendo valere il divieto dell’abuso del diritto nei rapporti con altri Stati esteri, prevedendo, nelle rispettive Convenzioni, l’operatività nei rapporti transnazionali delle disposizioni antielusive interne (es. Arabia Saudita, Azerbaigian, Ghana, Giordania, Hong Kong, Islanda, Libano, Mongolia, Qatar, Romania e San Marino).

Da ciò discende che anche qualora il percettore dei dividendi, interessi e canoni possa essere qualificato come “beneficiario effettivo” dei redditi, ciò non esclude la possibilità per l’Italia di negare i relativi benefici convenzionali, qualora venga accertato che la relativa fruizione sarebbe l’effetto di una manovra elusiva(22).

Da questo punto di vista, quindi, l’analisi sulla effettiva spettanza dei benefici convenzionali riconosciuti al beneficiario effettivo impone una prima verifica sulla qualifica del percettore dei redditi come beneficiario effettivo e, in caso positivo, il riscontro della eventuale sussistenza di pratiche elusive che ostacolano l’applicabilità del trattamento fiscale di favore.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata in merito alla portata del requisito del “beneficiario effettivo” e del principio di “anti-abuso” nell’ambito del diritto dell’Unione Europea ai fini dell’applicazione della Direttiva Madre-Figlia e della Direttiva Interessi-Royalties(23).

Le sentenze in questione sono state pronunciate il 26 febbraio 2019 nell’ambito delle “cause danesi”, di cui ai procedimenti riuniti C‑116/16 e C‑117/16, per quanto concerne l’applicazione della Direttiva Madre-Figlia, e C‑115/16, C‑118/16, C‑119/16 e C‑299/16, per quanto riguarda la Direttiva Interessi-Royalties.

Le cause muovono dalla questione dell’applicabilità o meno, in relazione ad alcune società danesi, dell’obbligo di applicazione delle ritenute alla fonte sui dividendi e interessi, rispettivamente distribuiti e pagati nei riguardi di società non residenti(24).

Con riferimento alla definizione di “beneficiario effettivo”, ai fini dell’applicazione della Direttiva Interessi-Royalties, la Corte di Giustizia afferma che per beneficiario degli interessi deve essere inteso colui che beneficia realmente degli interessi percepiti, quindi non solo come rappresentante di un’altra entità, così come avviene per gli amministratori fiduciari e per i firmatari autorizzati.

Il “beneficiario effettivo” è, quindi, colui che, in via sostanziale, può fruire economicamente e disporre liberamente degli interessi ricevuti, senza essere vincolato al relativo trasferimento ad altro soggetto. In tale ottica, ad avviso della Corte di Giustizia, la definizione di beneficiario effettivo viene a coincidere con quella prevista dall’art. 11 del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni e del relativo Commentario, che quindi si rivelano utili per l’interpretazione e l’applicazione della stessa Direttiva Interessi-Royalties, essendo questa diretta, non solo ad evitare le doppie imposizioni, ma anche ad ostacolare i fenomeni di frode ed evasione fiscale(25).

Altresì, viene osservato come la sola circostanza che la società percettrice degli interessi, residente in uno Stato membro, non ne sia il “beneficiario effettivo” non esclude necessariamente l’applicabilità dell’esenzione prevista dalla Direttiva Interessi-Royalties, essendo concepibile che gli interessi medesimi siano esentati a tal titolo, nello Stato della fonte, nel caso in cui la società percettrice ne trasferisca l’importo ad un beneficiario effettivo stabilito nell’Unione che risponda peraltro a tutti requisiti indicati dalla Direttiva Interessi-Royalties ai fini del beneficio dell’esenzione(26).

La Corte di Giustizia fornisce anche risposta in merito alla necessità, per lo Stato membro che voglia negare i benefici delle Direttive in questione, di fare riferimento ad una precisa norma anti-abuso presente nel proprio ordinamento domestico, oppure se sia sufficiente fare riferimento ai principi o disposizioni anti-abuso nazionali o convenzionali.

Richiamando dei propri precedenti, la Corte rileva come nell’ambito del diritto dell’Unione Europea sussiste il principio per cui i soggetti non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente delle norme dell’Unione Europea, ivi comprese le Direttive qui involte. Quello dell’ “anti-abuso” costituisce, pertanto, un principio generale dell’Unione Europea cui i singoli Stati membri possono attingere direttamente, per negare i benefici previsti dalle Direttive, senza la necessità che questo venga recepito nei singoli ordinamenti nazionali. In particolare, viene precisato che l’applicazione delle norme dell’Unione Europea non può essere estesa sino a comprendere pratiche abusive, ossia operazioni effettuate non nell’ambito di normali operazioni commerciali, ma unicamente allo scopo di beneficiare abusivamente dei vantaggi previsti dal diritto dell’Unione.

A ciò non osta l’argomento del diritto dei singoli Paesi membri di trarre vantaggio dalla concorrenza che s’instaura nel mercato unico dell’Unione Europea per effetto della mancata armonizzazione dell’imposizione diretta(27).

In definitiva, il contribuente non può beneficiare dei vantaggi delle Direttive quando l’operazione sia puramente artificiosa sotto il piano economico e sia diretta a sottrarre lo stesso alla normativa del Paese membro in considerazione.

Per cui il diniego di un beneficio previsto dalle Direttive non si risolve nell’imporre un obbligo al singolo interessato in base alle stesse Direttive, ma costituisce la semplice conseguenza derivante dalla constatazione che le condizioni necessarie ai fini dell’ottenimento del beneficio richiesto, pur ricorrendo formalmente, non rispondono allo scopo della norma(28).

La Corte individua, quindi, quali sono gli elementi costitutivi di una operazione abusiva per la quale non devono essere riconosciuti i benefici delle Direttive.

La condotta viene ritenuta abusiva quando risulti provato, da una parte, un insieme di circostanze oggettive dalle quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione, l’obiettivo perseguito da tale normativa non sia stato conseguito e, dall’altra, un elemento soggettivo consistente nella volontà di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa dell’Unione Europea, per mezzo della creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento(29)

Ad esempio, costituisce un indizio dell’esistenza di una costruzione volta a beneficiare indebitamente dell’esenzione di cui alle Direttive Madre-Figlia o Interessi-Royalties, il fatto che i dividendi o gli interessi vengano ritrasferiti, integralmente o quasi, entro un lasso di tempo molto breve successivo al loro percepimento, dalla società percettrice ad entità non rispondenti ai requisiti d’applicazione della rispettiva Direttiva; vuoi perché non stabilite in alcuno Stato membro, vuoi perché non costituite in alcuna delle forme contemplate dalle citate Direttive, vuoi perché non soggette ad alcuna delle imposte elencate nelle Direttive medesime senza beneficiare di un’esenzione, vuoi, ancora, in quanto prive dello status soggettivo richiesto dalla stessa normativa.

In tal caso, l’assenza di un’effettiva attività economica può essere dedotta alla luce di diversi fattori inerenti all’operatività della società, quali:

  • la gestione della società;
  • il suo bilancio d’esercizio;
  • la struttura dei suoi costi e i costi realmente sostenuti;
  • il personale impiegato;
  • le attrezzature di cui dispone.

Altra questione di particolare interesse sulla quale si è espressa la Corte, costituisce la ripartizione dell’onere probatorio in materia di riscontro dei benefici e di abuso tra Amministrazione finanziaria e contribuente(30).

Viene affermato come principio generale quello per cui spetti alla società che richieda l’applicazione del beneficio fiscale la dimostrazione dei requisiti previsti dalla Direttiva in questione. Per cui l’Amministrazione finanziaria ha il potere di esigere dal contribuente la prova della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dei benefici previsti dalle Direttive e, in sua assenza, di negare l’esenzione sul pagamento dei dividendi o di interessi o royalties.

Al contrario, nel caso in cui fosse l’Amministrazione finanziaria dello Stato membro d’origine intendesse, per un motivo attinente all’esistenza di una pratica abusiva, negare l’esenzione prevista dalle Direttive in questione ad una società che abbia distribuito dividend, oppure pagato interessi o royalties  ad una società stabilita in un altro Stato membro, spetterà alla medesima dimostrare la sussistenza di elementi costitutivi di una pratica di tal genere, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti, in particolare del fatto che la società destinataria degli interessi versati non ne sia la beneficiaria effettiva.

Per cui, sebbene non spetti all’Amministrazione finanziaria individuare i beneficiari effettivi di dividendi o interessi o royalties, la stessa dovrà dimostrare che il presunto beneficiario non sia altro che una società fittizia, interposta in vista della realizzazione dell’abuso.

Le recenti pronunce della Corte di Giustizia UE sopra commentate, fanno luce su argomenti come quello del “beneficiario effettivo” e dell’”abuso del diritto”, rispetto ai quali da tempo si attendevano risposte. Per effetto di queste decisioni sempre più attenzione dovrà essere prestata alle attività delle società holding che detengono partecipazioni societarie all’interno dell’Unione Europea, onde evitare il diniego, da parte delle Autorità fiscali, dell’esenzione sulla distribuzione di dividendi oppure sul pagamento di interessi o royalties.

Le Amministrazioni finanziarie degli Stati Membri avranno maggiori argomentazioni per negare l’applicazione dell’esenzione sul pagamento di dividendi, interessi e royalties infragruppo, sul rilievo della abusività della operazione o perché il percettore non si configuri come “beneficiario effettivo”, specialmente alla luce del riassetto dell’onere probatorio delineato della Corte di Giustizia.

3. Il titolare effettivo nel diritto italiano e il legame tra normativa antiriciclaggio e disciplina fiscale  

Nel nostro ordinamento, il legislatore ha fatto sicuramente una scelta più decisa legando a stretto filo la disciplina fiscale con quella più rigorosa, posto a baluardo del sistema economico-finanziario da fenomeni di criminalità organizzata ovvero, meglio, dall'intrusione della finanza illecita nel sistema economico.

Secondo la Normativa Antiriciclaggio (d.lgs. 21 novembre 2007 n. 231), il titolare effettivo è la persona fisica per conto della quale è realizzata un’operazione o un’attività. Nel caso di un’entità giuridica, si tratta di quella persona fisica – o le persone – che, possedendo suddetta entità, ne risulta beneficiaria. Tutte le entità giuridiche devono perciò essere dotate di titolare effettivo, fatta eccezione per imprese individuali e liberi professionisti, in cui il titolare effettivo coincide con la persona fisica(31).

Alla luce di quanto previsto dal Decreto Ministeriale MEF n. 55 dell’11 Marzo 2022 “Regolamento recante disposizioni in materia di comunicazione, accesso e consultazione dei dati e delle informazioni relativi alla titolarità effettiva di imprese dotate di personalità giuridica, di persone giuridiche private, di trust produttivi di effetti giuridici rilevanti ai fini fiscali e di istituti giuridici affini al trust”, e dalle “Linee Guida per lo svolgimento delle attività di controllo e rendicontazione degli interventi PNRR di competenza delle Amministrazioni centrali e dei Soggetti attuatori” emanate dal MEF - Servizio centrale per il PNRR con circolare n. 30 dell’11 agosto 2022, anche i soggetti partecipanti ad avvisi e bandi del PNRR hanno l’obbligo di fornire i dati necessari per l’identificazione del titolare effettivo. Anche la Comunicazione UIF dell’11 aprile 2022 ribadisce l’importanza di accertare il “titolare effettivo” ex art. 22 Reg. 241/2021.

In particolare “Ai fini degli accertamenti in materia di titolarità effettiva, in analogia a quanto previsto per i destinatari degli obblighi di adeguata verifica dei clienti, è opportuno che le pubbliche amministrazioni tengano conto della nozione e delle indicazioni contenute nel d.lgs. 231/2007, si avvalgano degli ausili derivanti da database pubblici o privati, ove accessibili, e tengano evidenza dei criteri seguiti per l’individuazione della titolarità effettiva”(32).

Più in dettaglio, ai sensi dell’art. 1 del citato Decreto MEF n. 55/2022, per l’individuazione del titolare effettivo, in caso di:

− imprese dotate di personalità giuridica, si fa riferimento alla persona fisica o alle persone fisiche cui è riconducibile la proprietà diretta o indiretta ai sensi dell'articolo 20, commi 2, 3 e 5, del decreto antiriciclaggio;

− persone giuridiche private, si fa riferimento ai soggetti individuati dall'articolo 20, comma 4, del decreto antiriciclaggio;

− trust e istituti giuridici affini, si fa riferimento ai i soggetti individuati dall'articolo 22, comma 5, primo periodo, del decreto antiriciclaggio.

I dati identificativi dei soggetti cui è riferita la titolarità effettiva sono: il nome e il cognome; il luogo e la data di nascita; la residenza anagrafica; il domicilio, se diverso dalla residenza anagrafica; il codice fiscale.

Le “Linee Guida per lo svolgimento delle attività di controllo e rendicontazione degli interventi PNRR di competenza delle Amministrazioni centrali e dei Soggetti attuatori” emanate dal MEF -Servizio centrale per il PNRR con circolare n.30 dell’11 agosto 2022, nel fare riferimento al d.lgs. n. 231/2007, come modificato dal d.lgs. n.125 del 2019, richiama l’applicazione di 3 criteri alternativi per l'individuazione del titolare effettivo:

1. criterio dell’assetto proprietario: sulla base del presente criterio si individua il titolare/i effettivo/i quando una o più persone detengono una partecipazione del capitale societario superiore al 25%. Se questa percentuale di partecipazione societaria è controllata da un’altra entità giuridica non fisica, è necessario risalire la catena proprietaria fino a trovare il titolare effettivo;

2. criterio del controllo: sulla base di questo criterio si provvede a verificare chi è la persona, o il gruppo di persone, che tramite il possesso della maggioranza dei voti o vincoli contrattuali, esercita maggiore influenza all’interno del panorama degli shareholders. Questo criterio è fondamentale nel caso in cui non si riuscisse a risalire al titolare effettivo con l’analisi dell’assetto proprietario;

3. criterio residuale: questo criterio stabilisce che, se non sono stati individuati i titolari effettivi con i precedenti due criteri, quest’ultimo vada individuato in colui che esercita poteri di amministrazione o direzione della società. Nel caso in cui si faccia ricorso al subappalto (se previsto dall’Avviso/Bando di gara e dal Contratto di appalto) la comunicazione dei dati relativi al titolare effettivo dovranno essere effettuate oltre che dall’aggiudicatario dell’appalto, anche dal soggetto terzo (subappaltatore) cui l’appaltatore affida in tutto o in parte, l'esecuzione del lavoro ad esso appaltato. In caso di Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI) la comunicazione dei dati sul titolare effettivo dovrà essere eseguita da tutti gli operatori economici che fanno parte del Raggruppamento.

In questo rigido contesto legislativo interno, segue pedissequamente questa linea la Suprema Corte con interpretazione congiunta di norme internazionali e nazionali, tesa ad una valorizzazione del concetto di "sostanza" nella necessaria individuazione del beneficiario effettivo(32).

Con l’Ordinanza 9 marzo 2021, n. 3380, i cui contenuti di seguito si riportano, la Corte di Cassazione ha riepilogato la propria posizione in merito ai requisiti affinché un operatore economico possa essere considerato “beneficiario effettivo” dei redditi percepiti e, quindi, poter usufruire dei vantaggi offerti dall’applicazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni e delle Direttive UE.

Ripercorrendo la genesi dell’istituto del “beneficiario effettivo” nell’ambito del diritto tributario internazionale, la Suprema Corte ha osservato che la prassi internazional-tributaria ha elaborato il concetto di “beneficiario effettivo” al fine di contrastare quelle pratiche volte proprio a trarre profitto dalla autolimitazione della potestà impositiva statale(33).

La Corte di legittimità ricorda che, in ambito OCSE, il concetto di “beneficiario effettivo” è comparso per la prima volta nel modello di convenzione del 1977, negli artt. 10 e 11 (dedicati rispettivamente a regime di tassazione di dividendi e degli interessi).

La prassi statale si è conformata a tale orientamento, adottando la clausola del “beneficiario effettivo” (“beneficiai owner”) nei diversi trattati sottoscritti(34).

Questa clausola generale dell’ordinamento fiscale internazionale, ritiene la Suprema Corte, è volta ad impedire che i soggetti possano abusare dei trattati fiscali attraverso pratiche di Treaty shopping, con lo scopo di riconoscere la protezione convenzionale a contribuenti che, altrimenti non ne avrebbero avuto diritto o che avrebbero subito un trattamento fiscale, comunque, meno favorevole. Il Tretay shopping implica lo sfruttamento delle differenze nei trattati stipulati fra le varie nazioni, mediante la frapposizione di un soggetto residente in uno Stato terzo (conduit) nel flusso reddituale tra lo Stato della fonte e quello del beneficiario effettivo(35).

Pertanto, secondo la Corte di Cassazione, può fruire dei vantaggi garantiti dai trattati il “beneficiario effettivo”, ossia solo il soggetto sottoposto alla giurisdizione dell’altro Stato contraente, che abbia l’effettiva disponibilità giuridica ed economica del provento percepito, realizzandosi altrimenti una traslazione impropria dei benefici convenzionali o addirittura un fenomeno di non imposizione.

Infatti, nel caso degli agenti, dei nominees e delle conduit companies, che operano quali fiduciari, il precettore degli interessi non ne sarebbe il beneficiario effettivo, in quanto il medesimo non ha il diritto di disporre degli interessi percepiti, ma ha l’obbligo di trasferirli ad altro soggetto(36).

La società conduit si configurerebbe come un soggetto che si frappone nei rapporti tra erogante e beneficiario finale, come soggetto percipiente solo formalmente, la cui costituzione non è supportata da motivazioni economiche apprezzabili diverse dal risparmio fiscale.

La società “condotto” fungerebbe da mero “canale di transito” dei redditi e, quindi, dalla fonte al beneficiario finale, sicché la scelta di “canalizzazione” si giustifica unicamente nelle più vantaggiose implicazioni fiscali del “transito”.

Il “beneficiario effettivo”, invece, avrebbe sia la titolarità che la disponibilità del reddito percepito e non è tenuto ad alcun trasferimento dello stesso a terzi(37).

Non potrebbero, quindi, essere ricomprese tra i “beneficiari effettivi” le “società relais” (società interposte), ossia società che, sebbene formalmente titolari di redditi, dispongono nella pratica soltanto di poteri molto limitati, risultando essere semplici fiduciarie o semplici amministratori agenti per conto delle parti interessate(38).

Sarebbe quindi necessario utilizzare le norme anti-abuso volte a far prevalere la sostanza sulla forma, nonché le regole di “sostanza economica“.

La Suprema Corte prosegue ricordando che nella versione 2014 del Commentario al modello O.C.S.E., che rileva ai fini della individuazione del beneficiario effettivo, non sarebbe il diritto esclusivo ad usare e godere dei flussi reddituali (“the full right to use and enjoy“), come previsto nel draft (bozza) del 2011, ma la circostanza che il diritto del beneficiario dei flussi non sia vincolato da specifici obblighi legali o contrattuali di ritrasferimento. Sarebbe, quindi, esclusa la qualifica di beneficiario effettivo, qualora il diritto di disporre e godere delle somme sia limitato da obbligazioni contrattuali o legali a trasferire il pagamento ricevuto ad altro soggetto(39).

Per cui, nella prassi OCSE nei casi di agente, nomineeconduit company, fiduciario o amministratore, il percettore non si qualificherebbe come beneficiario effettivo, perché il suo diritto di godere e disporre dei flussi sarebbe limitato da un’obbligazione legale o contrattuale di trasferire i pagamenti ricevuti a terzi. Tale obbligo che, di norma, deriverebbe da documenti legali, ma può anche discendere da circostanze di fatto, dovrebbe però riguardare lo specifico pagamento ricevuto.

La Corte di Cassazione ha ricordato la propria giurisprudenza secondo cui, seppure in materia di dividendi, anche una subholding “pura” può essere considerata “beneficiario effettivo”, ove gli stessi siano regolarmente appostati in bilancio e siano quindi aggredibili dai creditori e liberamente utilizzabili.

In particolare, si è ritenuto che la circostanza che la società percipiente detenga, tra le proprie attività, unicamente delle partecipazioni di controllo, così come l’eventualità che essa stessa sia a sua volta controllata interamente da altra società non residente in uno Stato stipulante (c.d. controllo “a cascata”), non comporterebbe, di per sé, l’artificiosità ovvero la strumentalità della medesima.

In tal caso, sarebbe necessario valutare alcuni parametri-spia per valutare in concreto la sussistenza dell’unico elemento normativamente rilevante ai fini della nozione di “beneficiario effettivo”, costituito dalla padronanza ed autonomia della società-madre percipiente, sia nell’adozione delle decisioni di governo ed indirizzo delle partecipazioni detenute, sia nel trattenimento ed impiego dei “dividendi” percepiti, in alternativa alla loro tassazione alla capogruppo sita in un Paese terzo.

In caso di holding o subholding “pura”, quindi, non potrebbe farsi riferimento agli elementi caratteristici della società operativa, dando rilievo ai modesti crediti operativi, alla mancanza di dipendenti e di una struttura organizzativa adeguata, dovendosi, invece, apprezzare l’autonomia organizzativa e gestionale della società. Inoltre, la relazione di controllo tra capogruppo ed holding, o sub-holding, avente ad oggetto la pura detenzione di partecipazioni geografiche non escluderebbe di per sè che quest’ultima sia dotata di autonomia organizzativa e gestionale. Tali profili rilevano specificamente nel caso qui in esame, come si dirà subito.

Inoltre, la Suprema Corte ha richiamato la giurisprudenza della Corte di Giustizia Ue che, proprio in tema di individuazione del beneficiario effettivo per i pagamenti di “interessi” e di “canoni” fra società consociate di Stati membri diversi, ha affermato che la prova di una pratica abusiva richiede, da una parte, un insieme di circostanze oggettive dalle quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione, l’obiettivo perseguito da tale normativa non sia stato conseguito e, dall’altra, un elemento soggettivo consistente nella volontà di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa dell’Unione per mezzo della creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento.

Inoltre, nella giurisprudenza comunitaria si rileverebbe che la natura artificiosa di una costruzione possa risultare avvalorata dalla circostanza che, il gruppo di società sia strutturato in modo tale che la società percettrice degli interessi versati dalla società debitrice, debba essere ritrasferire gli interessi medesimi ad una terza società, non rispondente ai requisiti d’applicazione della direttiva 2003/49 (regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni), con la conseguenza che essa realizzi unicamente un utile imponibile insignificante, agendo da società interposta al fine di consentire il flusso finanziario dalla società debitrice verso l’entità effettiva beneficiaria delle somme versare.

D’altra parte, la circostanza che una società agisca come società interposta può essere accertata quando l’unica attività della medesima sia costituita dal percepimento degli interessi e dal loro successivo trasferimento al beneficiario effettivo.

Tre sarebbero le condizioni, per l’individuazione del “beneficiario effettivo”, quantomeno ai fini dell’applicazione  della Direttiva su interessi e canoni (Direttiva 2003/49): in primo luogo la società deve rivestire una delle forme elencate nell’allegato della Direttiva 2003/49; in secondo luogo esse deve essere considerata, in base alla normativa fiscale di uno Stato membro, come se fosse ivi fiscalmente residente e non essere considerata, in base ad una convezione contro le doppie imposizioni, come fiscalmente residente al di fuori dell’Unione Europea; in terzo luogo, esse deve essere soggetta ad una delle imposte elencate all’art. 3, lettera a), iii), della Direttiva 2003/49, senza beneficiare di un’esenzione.

Infine, la Corte di Cassazione ha ricordato che, con le medesime pronunce, la Corte di Giustizia avrebbe espresso il principio per cui beneficiario effettivo sia chi non risulti costruzione di mero artificio, fornendo ulteriori indicatori o indizi-spia la cui presenza è indice di intento esclusivo.

4. Conclusioni

Le conclusioni a cui si deve, allo stato, pervenire risultano identificabili nella misura in cui, ai fini della valutazione della sussistenza in capo ai percettori di redditi della qualifica di beneficiario effettivo, prediligono un approccio basato sulla prevalenza della sostanza sulla forma. Tuttavia, tale principio dovrebbe essere circoscritto alla valutazione secondo canoni di ordinaria diligenza della sussistenza dei requisiti per la qualificazione di una società quale beneficiario effettivo e non dovrebbe condurre, invece, all’affermazione dell’esistenza di ulteriori e complessi obblighi di “indagine” gravanti sul sostituto di imposta tali da sostituire i poteri dell’Amministrazioni finanziaria.

Vale la pena evidenziare che in passato, invece, con riferimento alla diversa valutazione circa la valenza probatoria di una dichiarazione di residenza prodotta dall’Autorità olandese, la Corte di cassazione si era conformata all’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia, secondo la quale ciascuno Stato membro avrebbe l’obbligo di riconoscere i documenti prodotti dalle altre Amministrazioni comunitarie nel rispetto dei principi di mutuo riconoscimento e leale cooperazione.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, si ritiene che anche l’orientamento della Corte di cassazione, volto a privilegiare gli elementi fattuali piuttosto che le circostanze meramente formali, giunga a postulare il principio secondo cui la dimostrazione circa l’effettiva titolarità (giuridica ed economica) dell'operazione in questione richieda un’analisi complessiva delle circostanze di fatto.


Note e riferimenti bibliografici

(1) A. RIGHINI, Il beneficiario effettivo nelle Convenzioni internazionali: alcuni recenti casi affrontati dalla giurisprudenza straniera, in Fiscalità Internazionale - Diritto tributario internazionale, Milano, gen-feb. 2009, pp.17 e ss.

(2) G. PERRONE, Brevi note sul significato convenzionale del concetto di beneficiario effettivo, in Rass. Trib. n. 1/2003, p.151 e s.

(3) G. ESCALAR, La nuova definizione OCSE di effettivo beneficiario, in Corriere Tributario 47-48/2017, pp.3685 e ss.

(4) L’OCSE, nel Commentario 2014 al Modello di Convenzione fiscale, sebbene abbia sottolineato che gli artt. 10, 11 e 12 del Modello fanno riferimento all’effettivo beneficiario dei dividendi, interessi e canoni, invece che al proprietario dei beni da cui tali proventi trovano fonte, e cioe` le azioni, i crediti e i beni immateriali, ha continuato a riconoscere tale qualita` al loro diretto percipiente al ricorrere di due presupposti, e cioe` a condizione che i proventi medesimi siano a lui fiscalmente imputabili nel suo Stato di residenza, escludendo quindi che possieda la qualita` di effettivo beneficiario chi agisca come nominee o mandatario, e a condizione che egli disponga del potere di impiego e godimento dei proventi medesimi, escludendo quindi che possiedano tale qualita` le societa` conduit, e cioe` le societa` che dispongono di poteri cosı` ridotti da renderle mere fiduciarie o amministratrici per conto altrui.

(5) A titolo esemplificativo, l’Agenzia delle entrate nella circolare n. 6/E del 30 marzo 2016 ha ritenuto che, per stabilire se le società non residenti che in operazioni di MLBO concedano finanziamenti alle società veicolo acquirenti, siano effettive beneficiarie dei relativi interessi occorre stabilire se tali finanziamenti siano back to back sulla base della verifica non solo dei relativi importi, condizioni, tassi e termini di pagamento, ma anche della previsione di clausole di non-recourse e cioè di clausole di esonero da garanzie.

(6)) Si consideri, ad esempio, il caso di una società che abbia acquistato da terzi partecipazioni o diritti su beni immateriali, procurandosi una quota del capitale necessario mediante la conclusione di un mutuo con altra società nei cui confronti abbia assunto l’obbligazione di pagare interessi commisurati ai dividendi o canoni percepiti. In tal caso il pagamento degli interessi non può dar luogo alla retrocessione dei dividendi o canoni al mutuante in quanto, sebbene comporti l’assunzione di un’obbligazione di retrocessione del relativo controvalore economico e l’obbligazione medesima dipenda dall’incasso dei predetti proventi, tale retrocessione non trova fonte nella titolarità di partecipazioni o diritti su beni immateriali.

(7) I. HASAN, P. KARAVITISs, P. KAZAKIS, W.S. LEUNG, Corporate social responsibility and profit shifting, in MPRA Paper No. 91580, 2019, https://mpra.ub.uni-muenchen.de/91580.

(8) V. UCKMAR, G. CORASANITI, P. DE CAPITANI, Diritto tributario internazionale. Manuale, Padova, 2009, 3. 59 . 60

(9) P. VALENTE, F. ROCCATAGLIATA, G. ROLLE, Concorrenza fiscale internazionale. Scenari sulla fiscalità comunitaria e riflessi sulle imprese, Milano, 2002, 7. 61

(10) Cfr. M. BURGIO, L’Union européenne et la fiscalité directe des entreprises, in Revue des Affaires Européennes, 1995, 2, 20

(11) G. KOFLER, M. POIARES MADURO, , Human rights and taxation in Europe and the World, Amsterdam, 2011

(12) Sul tema si segnala la completa disamina di P. PISTONE, L’abuso delle convenzioni internazionali in materia fiscale, in Corso di diritto tributario internazionale, op. cit., 643-701 dove si evidenziache né il Modello di Convenzione OCSE, né quello elaborato dall’ONU contengono una esplicita definizione di abuso. 

(13) Vedi Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza, volume III - parte V - capitolo 11 “Il contrasto all’evasione e alle frodi fiscali di rilievo internazionale”, 333 e ss.

(14) In merito all’origine semantica, l’espressione deriverebbe dal “forum shopping”, ossia l’attività di ricerca dell’autorità giudiziaria che si ritiene più indicata al fine di ottenere una decisione favorevole cfr. R. S. AVI-YONAH, C. HJI PANAYI, Rethinking Treaty Shopping: Lesson for the European Union, Amsterdam, IBFD, 2010, Online Books, Part II.

(15) H. BECKER, Treaty Shopping: An Emerging Tax Issue and its Present Status in Various Countries, Deventer: Kluwer, 1988.

(16) Cfr. Cass., 9 settembre 2022, n. 26290; Cass., 3 febbraio 2022, n. 3380, secondo cui il treaty shopping implica lo sfruttamento delle differenze nei trattati stipulati fra le varie nazioni, mediante la frapposizione di un soggetto residente in uno Stato terzo (conduit) nel flusso reddituale tra lo Stato della fonte e quello del beneficiario effettivo. 

(17) A. TOMASSINI - A. SANDALO, La mera funzione di holding statica non esclude la qualifica di beneficiario effettivo, in GT-Rivista di giurisprudenza tributaria, 2017, 3, pp.233 e ss.

(18) confronta sul punto, L. ROSSI - F. BRUNELLI, Gli impatti della sentenza della Corte UE C-116/16 e C-117/16 sulle holding utilizzate nelle operazioni di acquisizione, in www.dirittobancario.it, 2020

(19) La struttuta delloperazione, dal punto di vista sostanziale e non meramente formale, va a classificare il tipo di atteggiamente giuridico dell'operatore e fa la differenza nella sua valutazione ai fini antielusivi. Sul punto con molta attenzione S.M. RONCO, I piccoli passi non bastano più? Le acquisizioni della giurisprudenza sui casi danesi in tema di abuso del diritto, in Diritto e pratica tributaria internazionale, 2020, 1, pp.315 e ss.

(20) L. ROSSI - M. AMPOLLILA, Le holding nella giurisprudenza della corte di giustizia (riflessioni in ordine alla sentenza cause riunite C-116/16 e C-117/16), in Bollettino tributario, 2020, 3, pp.189 e ss.

(21) P.PISTONE, Beneficiario effettivo e clausole generali antielusione, in Diritto e pratica tributaria internazionale, 2020, 4, pp.1552 e ss.

(22) A. GIANNELLI - F. PITRONE, Beneficiario effettivo, in D. AVOLIO (a cura di), in Fiscalità internazionale e dei gruppi societari, Milano, 2020, pp.699 e ss.

(23) A. GATTO - D.A. ROSSETTI, Subholding pura e beneficiario effettivo di interessi alla luce della direttiva 49/03: un binomio possibile, in Rivista diritto tribuatario, 2021, 1, IV, pp.16 e ss.

(24) F. FAMA', Clausola del "beneficiario effettivo" e articolazione dell'onere della prova nell'evoluzione del diritto tributario dei trattati ed europeo, in Rivista telematica diritto tributario, 2021, 1, XV, pp.600 e ss.

(25) E. DELLA VALLE, La nozione di beneficiario effettivo alla luce delle decisioni della Corte di Giustizia dell'UE sui "casi danesi", in Strumenti finanziari e fiscalità, 2019, 41 pp.123 e ss.

(26) C.P. DU TOIT, Devolution of term "benefical owernship", Relation to international taxation over the past 45 years, in Bull. Intl Taxn., 2010, vol.64, n.10

(27) O. CIMAZ, Le relazioni tra abuso del diritto e beneficiario effettivo nella recente giurisprudenza della Corte di Giustizia: ancora dubbi e problemi irrisolti, in Strumenti finanziari e fiscalità, 2019, 43, pp.111 e ss.

(28) A. CONTRINO, Note in tema di dividendi "intraeuropei" e "beneficiario effettivo", tra commistioni improprie della prassi interna e nuovi approdi della giurisprudenza europea, in Rivista telematica diritto tributario, 2020, 1, II, pp.106 e ss.

(29) B. CORASANITI, L'evoluzione della nozione di beneficiario effettivo tra il modello di convenzione OCSE e la giursisprudenza della Corte di Cassazione e della CGUE, in Diritto e pratica tributaria, 2021, 6, pp.2493 e ss.

(30) P. ARGINELLI, Spunti ricostruttivi della nozione di beneficiario effettivo ai fini delle convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni concluse dall'Italia, in Rivista diritto tributario, 2017, 4, V, pp.29 e ss.

(31) Nello specifico, da un documento rilasciato da una società di revisione internazionale, emergeva chiaramente che la Società Tedesca rappresentava una tipica holding company, i cui componenti positivi di reddito consistevano in proventi finanziari (canoni o royalties) e la cui attività principale era rappresentata dalla concessione di licenze per lo sfruttamento di diritti immateriali di proprietà della casa madre americana che agiva in qualità di licenziataria esclusiva dei diritti immateriali.

(32) n senso conforme, inter alia, CTR Abruzzo, n. 1041, 12 novembre 2018; CTR Lombardia, n. 2707, 13 giugno 2018; CTR Lazio, n. 3535, 24 maggio 2018; Cass. n. 27112, 28 dicembre 2016; Cass. n. 27113, 28 dicembre 2016; Cass. n. 27115, 28 dicembre 2016; Cass. n. 27116, 28 dicembre 2016; Cass. n. 25281, 16 dicembre 2015.

(34) Cfr. Commentario al modello di convenzione OCSE, ove si legge: “the direct recipient of the [dividend/interest/royalties] is not the ‘beneficial owner’ because that recipient’s right to use and enjoy the [dividend/interest/royalties] is constrained by a contractual or legal obligation to pass on the payment received to another person” (art. 10, § 12.4; art. 11, § 10.2; art. 12, § 4.3).

(35) Sul punto, la Commissione tributaria provinciale di Milano si è pronunciata in senso opposto affermando che “i diritti riconosciuti dalla normativa dell’Unione Europea, qualora siano soddisfatti i relativi requisiti sostanziali, non possono essere disconosciuti per il mancato rispetto dei requisiti puramente formali. Pertanto, quando sia stato assodato che siano stati soddisfatti i requisiti sostanziali, l’Amministrazione finanziaria non può subordinare la fruizione di tali diritti al rispetto di ulteriori requisiti formali. (…) Giustappunto, il requisito formale sollevato dall’ufficio non può prevaricare il requisito sostanziale per l’accesso al regime invocato. Quindi è la sostanza che prevale sulla forma” (cfr., CTP Milano, del 2 dicembre 2015, n. 9819, in seguito richiamata da CTR Pescara 4 ottobre 2017, n. 825).

(36) In senso conforme, ex multis, cfr. CTR Abruzzo, 12 novembre 2018, n. 1041; CTR Lombardia, 13 giugno 2018, n. 2707; CTR Lombardia, 17 novembre 2016, n. 5986.

(37) Cfr. CTR Lombardia, 13 marzo 2018, n. 1068, a mente della quale “La verifica circa l’effettività e la corrispondenza delle dichiarazioni tese da terze parti contraenti, non può essere esigibile nei confronti del sostituto d’imposta che abbia dimostrato di ottemperare agli obblighi imposti dalla legge usando l’ordinaria diligenza, a meno di non snaturare il ruolo attribuito dalla legislazione fiscale”. Nello stesso senso, ex multis, CTR Pescara 4 ottobre 2017, n. 825. Di diverso avviso, invece, altra parte della giurisprudenza ha inteso conferire indubbia valenza probatoria vincolante alla documentazione ufficiale proveniente da altre amministrazioni finanziarie, ritenendo che tale certificazione costituisse una condizione sufficiente a godere dell’esenzione dalle ritenute alla fonte sui pagamenti in uscita dal territorio dello Stato (cfr.,ex multis, CTR Lazio, 24 maggio 2018, n. 3535; CTR Lombardia, 13 marzo 2018, n. 1068; CTR Lombardia, 27 novembre 2017, n. 6579; CTR Abruzzo, 4 ottobre 2017, n. 825; CTP Milano, 2 dicembre 2015, n. 9819; CTR Lombardia, 29 giugno 2015, n. 2897; CTR Piemonte, 4 maggio 2012, n. 28; Cass. Sent. 3 febbraio 2012, n. 1553; CTR Abruzzo, 30 giugno 2009, n. 154).

(38) Cfr. Cass. Sent. 3 febbraio 2012, n. 1553.

(39) Cfr. Corte di Giustizia, 2 maggio 1996 causa C-206/94.