Pubbl. Gio, 4 Giu 2020
Surroga e regresso nelle obbligazioni solidali
Modifica paginaNel presente contributo vengono esaminate le obbligazioni solidali nella forma attiva e passiva. Sono oggetto di trattazione, inoltre, i rapporti con l´azione di regresso e le differenze con la surrogazione, con particolare riguardo al caso della fideuissione. I rimedi relativi sono esperibili in via cumulativa o alternativa? Lo scritto ne indaga la possibile risposta.
Sommario: 1. Obbligazioni solidali: una definizione; 2. Rapporti «esterni» ed «interni»; 3. Azione di regresso; 4. La surrogazione; ; 5. Un caso particolare: la fideiussione; 5.1. Il regresso del fideiussore; 5.2. La surrogazione nella fideiussione; 6. I rapporti tra regresso e surrogazione; 7. Considerazioni conclusive
1. Obbligazioni solidali: una definizione
Con il termine “obbligazione solidale” si fa riferimento a uno speciale tipo di obbligazione plurisoggettiva.
L’art. 1292 c.c., norma di riferimento, ne definisce i caratteri essenziali stabilendo che “l'obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all'adempimento per la totalità e l'adempimento da parte di uno libera gli altri; oppure quando tra più creditori ciascuno ha diritto di chiedere l'adempimento dell'intera obbligazione e l'adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori.”
Tale disposizione include due fattispecie di obbligazione in solido: nel primo caso – c.d. obbligazione solidale passiva - ciascuno dei più debitori è obbligato ad effettuare, a favore di un unico creditore, l’intera prestazione e questa, fatta da uno qualunque di essi, ha effetto liberatorio a favore di tutti; nel secondo caso - c.d. obbligazione solidale attiva - ciascuno dei più creditori ha diritto, nei confronti dell’unico debitore, all'intero della prestazione. L'esecuzione fatta a favore di uno dei creditori estingue l’obbligazione.
Pertanto, si ritiene generalmente che i presupposti della solidarietà passiva siano una pluralità di debitori (o di creditori, nel caso di solidarietà attiva) e la medesima prestazione (eadem res debita).
Si è discusso a lungo su quest’ultimo requisito, cercando di comprendere se il legislatore abbia inteso riferirsi ad una prestazione non sempre uguale, ma unica [1]ovvero ad una pluralità di prestazioni con identico contenuto giuridico[2] o, ancora, ad una pluralità di prestazioni anche diversa ma tra loro equivalenti rispetto all’interesse del creditore.
La soluzione preponderante appare la prima, in virtù del disposto dell’art. 1229 c.c. e del disposto secondo cui la solidarietà non è esclusa dalla previsione di modalità, luoghi e tempi di adempimento diversi.
In presenza di tali condizioni la solidarietà passiva si presume, ex art. 1294 c.c.. Pertanto, l’esclusione di solidarietà è possibile solo per espressa previsione di legge o del titolo.
Diversamente, la solidarietà attiva deve essere espressamente prevista dal titolo del rapporto obbligatorio o dalla legge non essendo sufficiente all'esistenza del vincolo l'identità qualitativa delle prestazioni (eadem res debita) e delle obbligazioni (eadem causa debendi)[3].
La diversità delle due disposizioni è da rinvenire nella specifica funzione dell’obbligazione solidale.
Invero, nel caso di solidarietà passiva, l’intento della norma è quello di rafforzare il credito e la possibilità per il creditore di esigere la prestazione[4].
Nel caso della solidarietà attiva, invece, è più mutevole e difficile da definire. Certamente è da rinvenirsi nella possibilità per ognuno di operare disgiuntamente dagli altri. Tuttavia, la situazione può complicarsi dal momento che, una volta ottenuta la prestazione, ognuno dei concreditori dovrà rivolgersi al creditore che ha ottenuto la prestazione per ricevere la propria quota.
2. Rapporti esterni ed interni
Alla definizione di solidarietà seguono numerose norme volte a disciplinare i «rapporti esterni» tra i debitori in solido ed il creditore e i «rapporti interni» tra condebitori e concreditori.
Si afferma, in genere, che l’obbligazione solidale sia un tipo di obbligazione “bifronte”, che passa attraverso due fasi successive: la prima, relativa ai rapporti tra soggetti attivi e passivi, in cui ad essere tutelato è l’interesse comune, e una seconda fase, interna al gruppo, in cui rileva l’interesse individuale dei singoli partecipanti al gruppo[5].
Infatti, definita la fase relativa ai rapporti esterni, attraverso il pagamento dell’intera prestazione e la liberazione dei debitori nei confronti del creditore (o del debitore nei confronti dei creditori), non sempre si verifichi, nei rapporti interni, l’estinzione dell’obbligazione. Invero, nella maggior parte dei casi si apre una successiva fase (alla quale sono dedicati gli artt. 1298 e 1299 c.c.) in cui ciò che rileva è la regolamentazione dei rapporti tra i soggetti del gruppo solidale, di modo che ciascuno sopporti quella parte di prestazione che gli sarebbe spettata in mancanza della solidarietà, salvo che l’adempimento della prestazione non sia avvenuta nell’interesse esclusivo di uno dei condebitori.
Nei rapporti esterni valgono le regole secondo cui:
a) il creditore può rivolgersi ad uno qualunque dei coobligati al fine di ottenere la prestazione: il coobligato non potrà rifiutare l’adempimento totale salvo che la legge o il titolo non prevedano, in suo favore il c.d. beneficio di escussione, con l’onere per il creditore di procedere preventivamente nei confronti di altri condebitori;
b) l’adempimento integrale della prestazione la estingue: conseguentemente ogni altro debitore è liberato da ogni obbligo nei confronti del creditore;
c) ai sensi dell’art. 1297, comma 1 c.c., il condebitore cui sia chiesta la prestazione può sollevare le eccezioni c.d. comuni, che fanno riferimento all’intero rapporto obbligatorio (es. estinzione della prestazione)[6] ma non quelle c.d. personali, che attengono allo specifico rap), ai sensi dell’art. 1297, comma 1 c.c.[7];
d) la costituzione in mora nei confronti di uno dei debitori non ha effetto nei confronti degli altri, diversamente dagli atti di interruzione della prescrizione che ha effetto nei confronti di tutti;
e) la rinuncia della solidarietà a favore di uno dei debitori non si estende agli altri (art. 1311 c.c.).
In tale ultimo caso si ritiene che la rinuncia alla solidarietà non abbia davvero l’effetto di far venir meno la solidarietà tra il condebitore beneficiario e gli altri ma, semplicemente, quello di introdurre il c.d. beneficium divisionis. In tal caso, infatti, il creditore non potrà esigere nei suoi confronti altro che la sua quota[8].
Gli altri saranno, in ogni caso, obbligati per l’intero e, qualora il beneficiario paghi spontaneamente la sua parte, gli altri saranno liberati esclusivamente per la sua quota.
Diversamente, nei rapporti interni, valgono i principi secondo cui:
a) il carico della prestazione di divide in quote uguali, salvo che l’obbligazione non sia sorta dall’interesse esclusivo di alcuni debitori (art. 1298, comma 2 c.c.);
b) se uno dei condebitori ha soddisfatto la prestazione per l’intero potrà richiedere a ciascuno degli altri la parte di loro competenza – c.d. azione di regresso, ex art. 1299 c.c.;
c) se, invece, l’obbligazione è sorta nell’interesse di un solo condebitore, l’altro avrà diritto alla ripetizione dell’intera prestazione;
d) l’insolvenza[9] di uno va ripartita tra gli altri condebitori (art. 1299, commi 2 e 3 c.c.).
In questo ultimo caso, qualora vi sia stata una rinuncia da parte del creditore alla solidarietà, con i c.d. beneficium divisionis, qualora uno dei condebitori sia insolvente, il debitore che ha pagato ha diritto di regresso verso il beneficiario della rinuncia sia della parte proporzionale della quota dell'insolvente, sia dell'intera quota propria dello stesso beneficiario.
Infatti, il creditore che rinuncia alla solidarietà a favore di taluno dei condebitori non può mutare la qualificazione della natura dell'obbligazione, la quale, se dipende da un medesimo titolo, non può atteggiarsi consolidale soltanto nei confronti di alcuni e non di tutti i coobbligati.
3. Azione di regresso
La peculiarità delle obbligazioni solidali è rappresentata dalla regolamentazione dei rapporti interni tra condebitori solidali attraverso il ricorso allo strumento del diritto di regresso fra le parti di un’obbligazione contratta in solidum.
Nel codice civile il termine regresso è utilizzato in modo polivalente, con riferimento a situazioni eterogenee neppure accostabili, in linea di massima, con una necessaria opera di ricostruzione di una nozione unitaria dell’istituto.
Indubbiamente, però, l’accezione più diffusa del termine regresso indica il diritto – e la conseguente azione – riconosciuto a colui che abbia adempiuto ad un’obbligazione, in adempimento della quale era tenuto con vincolo , solidale assieme agli altri, di ottenere in tutto o in parte il rimborso nei confronti di colui sul quale gravi il debito, nei rapporti interni.
L’art.1299 c.c., sul punto, dispone che “il debitore in solido che ha pagato l'intero debito può ripetere dai condebitori soltanto la parte di ciascuno di essi. Se uno di questi è insolvente, la perdita si ripartisce per contributo tra gli altri condebitori, compreso quello che ha fatto il pagamento. La stessa norma si applica qualora sia insolvente il condebitore nel cui esclusivo interesse l'obbligazione era stata assunta.”
È da evidenziare che il diritto ad esperire tale azione sorge, anche, in tutte quelle figure di coobbligazione radicate sullo schema dell’obbligazione solidale tipica, dalla quale deriva la disciplina nei rapporti esterni, mentre quella dei rapporti interni fra coobbligati può differire, anche, in maniera piuttosto macroscopica. Il riferimento, in particolare, è alle ipotesi di solidarietà fideiussoria.
La ratio legis della norma è quella di evitare che il debitore adempiente sopporti da solo il rischio di insolvenza degli altri debitori. Per tale motivo, egli può richiedere a ciascuno dei condebitori la quota di propria spettanza, fermo restando che l'insolvenza di uno grava anche su di lui perché, in caso contrario, otterrebbe un vantaggio indebito.
La prima lettura dell’art. 1299 c.c. evidenzia lo stretto collegamento che tale norma instaura tra l’azione di regresso e l’esistenza di un condebito in forza di una eadem causa obligandi alla medesima prestazione, e l’adempimento dell’obbligazione comune da parte di uno dei condebitori.
Il debitore che paga il debito, quindi, estingue l’obbligazione nei confronti del creditore. Da questo momento, i condebitori diventeranno a loro volta debitori nei confronti del debitore solvente[10].
In tal caso, però, l’obbligo dei condebitori non è solidale ma parziario[11]: colui che paga potrà ripetere da ognuno solo la propria quota.
In tal senso, il diritto di regresso si atteggia come un diritto nuovo[12]. Tale diritto comprende il rimborso delle spese fatte per il pagamento e gli interessi dal giorno del pagamento, che può avvenire con ogni mezzo di estinzione del debito.
Il codice utilizza il termine “azione di regresso” con riferimento alla solidarietà passiva. Tuttavia, può discutersi della stessa anche nell’ambito del concreditore che ha ricevuto per intero la prestazione.
Secondo una ricostruzione dottrinale, il fondamento di tale azione è nell’indebito arricchimento del creditore che ha ricevuto la prestazione per l’intero oppure dei condebitori che non hanno pagato.
In tal senso si è espressa anche la giurisprudenza di merito[13], secondo la quale “nelle obbligazioni solidali il regresso trova fondamento nella corresponsabilità ed è volto ad evitare l’ingiustificato depauperamento del patrimonio di chi abbia anticipato al terzo, anche per conto del condebitore, quanto dovuto. Come detto il debitore in solido, che ha pagato l’intero debito, ha diritto di regresso nei confronti dell’inadempiente per la quota di sua spettanza ma la condizione per agire per la rivalsa è il già avvenuto pagamento del debito solidale da parte di uno solo dei condebitori in luogo di entrambi.”
In tal caso la funzione del regresso è quella di redistribuzione, legata al sacrificio patrimoniale di una pluralità di soggetti, in modo che ciascuno risponda in maniera speculare al proprio interesse nella vicenda obbligatoria[14].
Diversamente, la c.d. teoria del rapporto di mandato[15] riconosce che il creditore solidale che riscuote l’intero patrimonio incamera per sé e per gli altri la somma (o nel caso del debitore, paga per sé e per gli altri). L’azione di regresso, in tal caso, è intesa come conseguenza dell’obbligo del mandatario nei confronti del mandante o dei mandanti.
Altri ancora, ritengono, invece, che chi paga il debito altrui sia da considerarsi un gestore d’affari. Quest’ultima teoria, tuttavia, ha un’evidente obiezione: colui che paga o riscuote il credito non lo fa nell’interesse altrui (come nel caso della gestione d’affari) ma nell’interesse (prevalentemente) proprio.
4. La surrogazione
Dall’azione di regresso si distingue (pur con dei punti di contatto) la surrogazione, istituto caratterizzato dalla sostituzione del creditore originario con un altro soggetto che ha provveduto al pagamento o ha fornito al debitore i mezzi per eseguirlo.
L’art. 1201 c.c. prevede che “il creditore, ricevendo il pagamento da un terzo, può surrogarlo nei propri diritti. La surrogazione deve essere fatta in modo espresso e contemporaneamente al pagamento.”
A seguito del pagamento si avrà la sostituzione del creditore con un'altra persona, con una successione nel lato attivo del rapporto.
Tale genere di modifica può avvenire:
a) Per volontà del creditore, che ricevendo il pagamento da un terzo, può disporre di volerlo far subentrare nei propri diritti verso il debitore (ex art. 1201 c.c.);
In tal caso, il creditore dovrà seguire certe determinate forme, con la stipula di un atto di surrogazione in cui il creditore dichiara espressamente di surrogare il terzo nei propri diritti. Tale dichiarazione deve essere contemporanea al pagamento, generalmente, nel momento in cui il creditore rilascia al terzo la quietanza (ex art. 1199 c.c.). Se non sono rispettate queste condizioni, con il pagamento il terzo estingue l’obbligazione senza sostituirsi al debitore.
b) Per volontà del debitore, che prendendo a mutuo una somma di denaro al fine di pagare il debito, può surrogare il mutuante nella posizione del creditore (art. 1202 c.c.);
In tal caso il debitore originario che paga, ma con soldi presi a mutuo. Se tutte le condizioni sono state rispettate, il mutuante diverrà nuovo creditore. Diversamente, si avrà solo l'effetto dell'art. 1180 c.c. quale adempimento del terzo.
c) Per volontà della legge (surrogazione legale) nei casi di cui all’art. 1203 c.c.
Ai sensi dell’art. 1204 c.c. la surrogazione ha effetto anche nei confronti dei terzi che garantivano il debito. Il pagamento può essere, anche, parziale. In tal caso, il terzo e il creditore originario concorreranno verso il creditore in proporzione di quanto è loro dovuto, salvo patto contrario.
In generale, la dottrina risulta concorde nel qualificare la surrogazione del condebitore solidale come un’ipotesi di surrogazione legale ex art. 1203 n. 3 c.c., con la particolarità che l’obbligazione da solidale diventerebbe parziaria. Tuttavia, alcuni, dubitano della correttezza di tale opinione argomentando ora dalla mancata previsione esplicita da parte del legislatore, ora, invece, dalla necessità di dover distinguere tra obbligazioni solidali ad interesse comune ed obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo[16].
Mentre in queste ultime, infatti, la pluralità dei rapporti consentirebbe alla surrogazione di poter operare senza alcun ostacolo, nelle obbligazioni solidali ad interesse comune, invece, l’unicità del vincolo escluderebbe il meccanismo surrogatorio in quanto il condebitore adempirebbe, esclusivamente, al debito proprio determinando sia l’attuazione del credito che l’estinzione dell’obbligo.
Tale tesi è negata dalla dottrina maggioritaria, secondo la quale la struttura dell’obbligazione solidale, così come desumibile dalla disciplina legislativa, permette al condebitore di adempiere al proprio obbligo e a quello altrui, determinando sia l’estinzione del credito per la parte adempiuta sia il subentro nel credito del condebito, nella parte spettante agli altri.
5. Un caso particolare: la fideiussione
Tra le obbligazioni contrattuali il principale esempio di obbligazione solidale contratta nell’interesse di uno solo degli obbligati (cd. interesse unisoggettivo) è rappresentato dalla fideiussione.
Tale solidarietà è il frutto di una precisa scelta del legislatore, L'art. 1944 c.c., accentuando il carattere solidale di tale obbligazione, riconosce al creditore la facoltà di rivolgersi indifferentemente al debitore principale o al garante per ottenere l’adempimento dell’obbligazione principale, secondo le regole generali in tema di solidarietà; al contempo non esclude la possibilità per le parti di convenire che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima dell’escussione del debitore principale.
In quest’ultimo caso il fideiussore convenuto che intenda avvalersi del beneficio dell’escussione, sarà gravato dall’onere di indicare i beni del debitore che intende sottoporre ad esecuzione.
A parere di alcuni la solidarietà fideiussoria è «un quid che della solidarietà ha il corpo, ma non l’anima; un quid a cui si riserva il nomen di solidarietà perché il linguaggio giuridico non ha altra parola per designare il fenomeno di una pluralità di rapporti relativi ad uno stesso debito che sono in posizione e hanno cause distinte, per quanto ciascuno riguardi l’intero»[17].
Un’impostazione che coglie l’ostacolo alla sussunzione dell’obbligazione fideiussoria nello schema della solidarietà vera e propria per l’unicità della prestazione della solidarietà, di contro alla dualità delle prestazioni nella fideiussione, per il carattere unilaterale della solidarietà del fideiussore per cui è il fideiussore ad essere obbligato solidalmente con il debitore principale e non viceversa.
Allo stesso tempo, altra parte della dottrina ravvisa nell’obbligazione fideiussoria un’obbligazione solidale sui generis che trova fondamento nel presupposto della sussistenza di divergenze così profonde da non permettere di asserire che esse tocchino, soltanto, le modalità delle singole obbligazioni[18].
5.1. Il regresso del fideiussore
Il legislatore riconosce al fideiussore adempiente il diritto di regresso contro il debitore principale e ne disciplina l’esercizio mediante la relativa azione, al fine di recuperare quanto pagato in adempimento dell’obbligo del debitore principale.
La disposizione normativa di riferimento è l’art. 1950 c.c. ove, il primo comma, precisa che «il fideiussore che ha pagato ha regresso contro il debitore principale, benchè questi non fosse consapevole della prestata fideiussione».
Secondo la norma, il fideiussore per solo fatto di aver compiuto un pagamento che si risolve nell’interesse del debitore principale –indipendentemente dalle ragioni che possono averlo indotto ad addivenire al negozio– acquista il diritto ad avere rimborsata la somma pagata.
Il regresso attribuisce al solvens il diritto al rimborso di quanto pagato a titolo di capitale e di interessi, oltre, il rimborso delle spese che egli abbia dovuto rifondere al creditore (ex 1950, comma 2, c.c). Sul totale delle somme erogate per conto ed in luogo del debitore, al fideiussore competono, anche gli interessi dal giorno del pagamento, in ogni caso, nella misura del tasso legale, in misura superiore fino al rimborso del capitale, laddove fosse lo stesso debito principale, a produrli in questa misura.
A ciò si aggiunga l’ulteriore presupposto “negativo” per l’esercizio dell’azione: l’obbligazione principale non deve essere estinta in applicazione del principio fondamentale dell’accessorietà.
Infatti, qualora il pagamento del fideiussore abbia ad oggetto un debito già estinto per remissione, per avvenuto pagamento o per altra causa, egli non potrà esercitare l’azione di regresso, a meno che la liberazione del debitore abbia natura meramente personale.
Ulteriore presupposto per l’esercizio del diritto di regresso è l’onere di denuncia e/o avviso al debitore principale. Infatti, il legislatore prevede due ipotesi distinte, entrambe comportanti il divieto di agire contro il debitore principale (art. 1952).
Nella prima, ex art. 1952 comma 1, c.c. “il fideiussore non ha regresso contro il debitore principale se, per avere omesso di denunziargli il pagamento fatto, il debitore ha pagato ugualmente il debito”; nella seconda, ex art. 1952, comma 2, c.c. “se il fideiussore ha pagato senza averne dato avviso al debitore principale, questi può opporgli le eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore principale all'atto del pagamento” (art. 1952, 2° comma).
In entrambi i casi, il fideiussore potrà agire contro il creditore per la ripetizione di quanto pagato (ex art. 1952, 3° comma c.c.), anche se la disposizione va coordinata con altre norme che possono escludere, in determinati casi, l’azione di ripetizione.Tra queste, ad esempio, c'è l’ipotesi in cui il debitore principale opponga al fideiussore di aver pagato, senza preavviso, un debito prescritto. In tal caso, l’art. 2940 c.c. esclude che il fideiussore possa pretendere dal creditore la ripetizione di quanto pagato.
5.2. La surrogazione nella fideiussione
In ogni caso, nel momento in cui, a fronte della richiesta del creditore, il fideiussore paga in adempimento della sua obbligazione, si verifica un’ipotesi di surrogazione legale con la modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio al quale la garanzia si riferiva, con subentro di colui che effettua il pagamento nella posizione del soggetto soddisfatto.
Il subingresso del fideiussore nella posizione giuridica del creditore soddisfatto, va ad inscriversi, secondo la prevalente dottrina, nella cornice sistematica costituita dalla disciplina generale del pagamento con surrogazione e, più in particolare, della surrogazione legale ove, come specificazione ed estensione dell’ipotesi contemplata al n. 3 dell’art. 1203 c.c., si colloca nel contesto della surrogazione che opera di diritto “a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse di soddisfarlo”[19].
Dalla struttura dell’obbligazione fideiussoria che ha ad oggetto l’adempimento dell’obbligo altrui deriva, quale effetto, che l’esecuzione della prestazione determina ad un tempo l’estinzione dell’obbligazione fideiussoria e la liberazione del debitore originario nei confronti dell’ormai soddisfatto creditore, ma il diritto di credito a quest’ultimo spettante non si estingue, per trasferirsi, con un peculiare meccanismo legale, al fideiussore che potrà avvalersene per recuperare quel che è stato necessario a soddisfare l’interesse del creditore.
In particolare, purché sia produttivo di effetti, qualunque mezzo satisfattivo dell’obbligazione è idoneo a produrre la surrogazione.
La surrogazione è priva di effetto se risulta inesistente il rapporto obbligatorio in cui il fideiussore interviene o qualora manchi l’indefettibile requisito del nesso di accessorietà tra il credito soddisfatto e il rapporto dal quale trae origine la garanzia.
La giurisprudenza, già in tempi risalenti, è stata chiamata a chiarire che la surrogazione può operare soltanto nei limiti in cui il credito avrebbe potuto esser fatto valere dal creditore stesso, per cui non sussiste il diritto di surroga nelle ipotesi di nullità dell’obbligazione principale.
Al fideiussore che paga un’obbligazione garantita già estinta non è riconosciuto alcun diritto a potersi surrogare nella posizione del creditore.
Con la surrogazione si concede al fideiussore uno strumento di tutela che assicura la reintegrazione in forma specifica del suo patrimonio attraverso il subentro negli stessi diritti del creditore soddisfatto.
Affinché tale risultato possa realizzarsi è necessario il trasferimento in capo al garante di tutti i diritti che esistevano nella sfera del creditore e che la surrogazione ha fatto pervenire in quella del fideiussore, con estensione a tutte le garanzie che assistevano il credito originario indipendentemente dalla loro natura.
Sotto il profilo dei diritti è necessario precisare che il carattere strumentale della surrogazione fa sì che possano essere oggetto dell’azione esclusivamente quei diritti idonei a far conseguire al fideiussore la prestazione o, al più, quelli che potrebbero farla conseguire mediatamente. L’estensione delle garanzie, invece, riguarda sia quelle reali o privilegi previsti dal codice quanto per quelli previsti da leggi speciali. In ogni caso, la surrogazione nelle garanzie è considerata dal legislatore di tale importanza che, qualora il creditore per fatto proprio impedisca la produzione di questo effetto, la fideiussione si estingue ai sensi dell’art. 1955 c.c.
La surrogazione è efficace nei confronti sia del debitore principale che dei terzi che hanno prestato garanzia, senza che alcuna formalità sia necessaria.
Verso il debitore la surrogazione si risolve, oltre che nel diritto di escussione delle garanzie, anche nel diritto ad esigere la prestazione e di ottenerne la condanna ai fini dell’azione esecutiva. Contro i terzi, invece, il fideiussore potrà escutere le garanzie concesse per il debito al quale si riferiva la fideiussione oltre alla possibilità di esperire ogni azione personale, ivi comprese, la surrogatoria e la revocatoria che spettavano al creditore con riguardo al credito garantito.
La surrogazione legale si verifica anche nei casi di garanzia prestata solo per una parte di debito (fideiussione parziale). Resta esclusa, pertanto, la possibilità, per il creditore principale, di invocare una sorta di prelazione – rispetto al fideiussore - fino alla integrale estinzione del debito.
In termini sistematici, è necessario il ricorso all’art. 1205 c.c., a norma del quale, se il pagamento è parziale, il terzo surrogato e il creditore concorrono nei confronti del debitore in proporzione di quanto è loro dovuto.
Dunque, salvo patto contrario, la disciplina di carattere generale, in materia di surrogazione parziale, trova applicazione anche in caso di fideiussione stipulata per una parte del debito, senza che a ciò osti la presenza della disposizione specifica dell’art. 1949 c.c. e nonostante sia stata, in qualche caso, espressa opinione diversa in dottrina per sostenere la posizione preferenziale del creditore originario rispetto al solvens, alla stregua di un principio che si fa risalire al diritto comune, ma che comunque non è stato previsto nella legislazione vigente.
6. Rapporti tra azione di regresso ed azione di surrogazione
Il meccanismo dell’azione di regresso è molto simile a quello della surrogazione; infatti, un soggetto paga un debito altrui e, per legge, viene surrogato nel diritto del creditore.
Tale fattispecie può pienamente rientrare tra le fattispecie previste dall’art. 1203 c.c., in particolare nel n. 3) che disciplina la surrogazione legale a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse di soddisfarlo.
Il meccanismo dell’azione di regresso è molto simile a quello della surrogazione; infatti, un soggetto paga un debito altrui e, per legge, viene surrogato nel diritto del creditore.
Tuttavia, i rapporti tra l’istituto del regresso, ex art. 1299 c.c., e della surrogazione nei diritti del creditore, ex art. 1203 c.c., ha generato una tormentata disputa in cui si è imbattuta la dottrina civilistica, generando una notevole incertezza anche nell’interpretazione giurisprudenziale caratterizzata da periodiche oscillazioni.
Analoghe difficoltà si sono riproposte anche in materia di fideiussione, ove la contrapposizione tra le due azioni è resa ancora più evidente dalla particolare collocazione sistematica delle norme di riferimento, le quali riconoscono al fideiussore adempiente di potersi avvalere, per il recupero di quanto prestato, sia dell’azione in surrogazione (art. 1949 c.c.) – che gli deriva dall’essere subentrato nei diritti che il creditore aveva nei confronti del debitore principale – sia dell’azione di regresso (art. 1950 c.c.) contro il debitore principale, comprendente il capitale, gli interessi e le spese che il fideiussore ha fatto per l’adempimento del debito.
Così, se da una parte, vi è chi ha ammesso il cumulo delle azioni, affermando la strumentalità della surrogazione al recupero di quanto pagato[20], altri[21] hanno negato tale soluzione appoggiando la ricostruzione che vede il concorso alternativo tra i due istituti.
A tali teorie si è contrapposta una terza ricostruzione, secondo cui le due figure sarebbero espressione del medesimo fenomeno sotto da due diverse angolazioni: l’uno (il regresso) dal punto di vista dinamico, l’altra (la surrogazione), invece, sotto il profilo statico dei diritti del fideiussore[22].
Ciascuna delle ricostruzioni favorevoli all’unicità delle azioni muove dal comune presupposto dell’incongruità di un sistema imperniato sulla duplicità degli strumenti. Benché, di fatto, giustificata in passato, non avrebbe più alcuna ragione d’essere nel mutato contesto del sistema vigente ove, venuta meno la teoria dell’efficacia estintiva del pagamento, in favore della diversa tesi dell’estinzione relativa, risulterebbe solamente quale residuo delle passate concezioni.
A sostegno della teoria che nega l’esistenza di un autonomo diritto di regresso, assorbito tout court nella surrogazione vi sarebbe una lettura delle disposizioni normative preposte a disciplinare il regresso tra condebitori solidali. Da tali norme si evince, infatti, che il legislatore, in particolare nell’art. 1299 c.c., non abbia inteso attribuire al condebitore che adempie l’obbligazione solidale, una personale azione di regresso, accanto alla quale sussisterebbe, distinta, pur se con le medesime finalità e gli stessi presupposti, l’azione di surrogazione, ex art. 1203, n. 3, c.c., ma, al contrario, si sia limitato semplicemente a disporre, precisandone i limiti, il diritto di surrogazione già attribuito al condebitore con l’art. 1203 c.c..
Nonostante l’indiscussa autorevolezza delle posizioni espresse non riesce facile convincersi dell’esistenza di una sorta di rapporto gerarchico tra la surrogazione ed il regresso, in cui quest’ultimo costituirebbe esclusivamente l’esercizio di un potere derivante dal diritto conferito dalla prima.
Ostano a questa conclusione intuibili motivi di ordine generale che riguardano sia la diversità concettuale fra i due istituti – di subingresso l’uno e di regresso l’altro – sia la considerazione che da nessun indizio trapela la volontà del legislatore di dare alle due azioni un diverso grado di efficacia ed un aspetto reciprocamente integrativo.
A tale teoria, si contrappone diversa ricostruzione teorica che conclude per la qualificazione sostanziale della duplicità dei rimedi.
Detta opinione, senza dubbio prevalente in dottrina, ricostruisce il coordinamento tra le due azioni riconoscendo al solvens la facoltà di disporre, a seguito del pagamento, di due diversi strumenti finalizzati, entrambi, al recupero della prestazione eseguita in attuazione del meccanismo solidale: da un lato, l’azione personale e diretta di regresso (in funzione redistributiva), dall’altro, la surrogazione nei diritti del creditore soddisfatto (in funzione conservativa).
La teoria in esame, avallata da costante orientamento giurisprudenziale, fonda il proprio ragionamento sul fatto che le due azioni, sebbene uguali per presupposti (esistenza di un’obbligazione solidale e avvenuto pagamento) e petitum (l’adempiente non può, in base alla surrogazione, chiedere a ciascuno degli altri coobbligati un pagamento integrale, detratta solo la quota del richiedente, ma come nell’azione diretta e personale di regresso, può chiedere solo la quota interna del singolo condebitore cui si rivolge), presentano in realtà una diversa struttura e soggiacciono, quindi, ad una diversa disciplina.
Da tale diversità ne deriva conseguentemente, l’utilità di mantenerle distinte. Il diritto di regresso, come diritto nuovo ed autonomo, nasce in capo al suo titolare per la prima volta dal fatto del pagamento (acquisto a titolo originario del diritto). La surrogazione, invece, presuppone la continuazione dell’originario credito in capo al solvens, e determina il subentro nei diritti del creditore soddisfatto a titolo derivativo.
Ora, se con la surrogazione, per le ragioni anzidette, l’adempiente subentra ex art. 1204 c.c. anche nelle eventuali garanzie del credito, comprese le fideiussioni e i privilegi, questo, per forza di cose, non accade per il regresso al quale, in ragione della sua autonomia, si esclude che possano estenderglisi le stesse garanzie.
7. Considerazioni conclusive
In conclusione, il fatto che il legislatore non abbia stabilito quando debba esperirsi un’azione piuttosto che l’altra, ha indotto l’interprete ad interrogarsi sulla necessità per il solvens di operare una scelta tra le due ovvero di esperirle cumulativamente sulla base dei rispettivi rimedi.
Nella prospettiva del concorso alternativo tra i rimedi si pone quella parte della dottrina che, non rinvenendo alcuna giustificazione per un esercizio cumulativo delle stesse, ritiene sia la legge stessa ad attribuire, ricorrendone i presupposti, la titolarità del credito originario (nel caso di surrogazione) o del nuovo diritto (nel caso di regresso), in capo al solvens.
La scelta dell’una o l’altra azione comporterà l’applicazione per intero della disciplina e la rinuncia implicita ai diritti non esercitati.
Diversamente, la prospettiva del concorso cumulativo tra i rimedi si è formata sotto il vigore del codice civile abrogato che senza particolari difficoltà, ammetteva la possibilità, per il condebitore solidale di esercitare entrambe le azioni, quando ciò fosse necessario per ottenere vantaggi altrimenti non realizzabili attraverso il rimedio prescelto.
Il concorso cumulativo delle azioni va correttamente inteso nel senso di complementarietà tra i rimedi, di strumentalità della surrogazione all’esercizio del regresso al fine di assicurarne il rafforzamento mediante le garanzie che assistevano il credito originario. In tal senso, si è inteso attribuire all’azione di surrogazione una funzione meramente sussidiaria o di integrazione dell’azione di regresso per il recupero di quanto non ottenuto.
La rilevata assenza di indici normativi che possano deporre in modo sufficientemente chiaro in favore di una ricostruzione piuttosto che l’altra, impone la necessità di rinvenire le ragioni della scelta al di fuori del dato testuale e nel diverso grado di tutela (maggiore con il cumulo, minore con l’alternatività) che si intende riconoscere in favore del soggetto legittimato.
Si consolida, in questa prospettiva la convinzione dell’opportunità di diversificare le soluzioni avendo riguardo alla fattispecie di solidarietà: debitoria in generale, caratterizzata dalla comunanza di interessi tra i soggetti coobbligati, e quella fideiussoria, rientrante, invece nello schema della solidarietà ad interesse unisoggettivo.
Per tale motivo, se per la prima non si rinvengono fondate ragioni che possano giustificare una soluzione differente dalla ricostruzione maggioritaria volta all’alternatività dei rimedi – in ragione dell’interesse comune che non vede giustificata la necessità di riconoscere un livello di tutela maggiore di quello che il condebitore adempiente potrebbe ottenere scegliendo alternativamente quale delle due azioni esperire –per la seconda, invece, l’idea di prevedere un cumulo di azioni trova la ragion d’essere in una serie di argomentazioni, tra le quali l’altruità del debito che impone la necessità di dotare il solvens di meccanismi di rimborso delle somme versate che assicurino un’intensità di tutela maggiore a quella comune.
Tali osservazioni trovano ancora più fondamento nel caso di solidarietà fideiussoria ove si aggiungono ulteriori valutazioni di opportunità, avallate dalla presunzione di una intentio legis in tal senso, emergente dalla predisposizione delle due norme deputate alla disciplina dei rimedi.
Da ciò, può presumersi che nella voluntas legis, la volontà del legislatore sia stata quella di aggiungere qualcosa rispetto alla duplicità di azioni già altrove consacrata, e cioè la possibilità per il garante di esperirle entrambe senza dover necessariamente operare una scelta di convenienza rispetto ai propri fini.
In tal senso si è espressa che la Suprema Corte che ha riconosciuto[23] il principio secondo cui "in tema di confideiussione, ex art. 1946 c.c., al confideiussore che ha pagato l'intero spetta nei confronti degli altri un diritto che è suscettibile di duplice inquadramento: come di surroga, ex art. 1203 c.c., n. 3) e art. 1204 c.c., ma anche come di regresso, ex art. 1954 c.c., trattandosi di diritti tra i quali non sussiste alcun rapporto di alternatività o incompatibilità, in quanto chi agisce in regresso fa valere anche il diritto di surrogazione legale, sia pure nei limiti della parte di obbligazione che non deve restare definitivamente a suo carico".
[1] RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1292, Bologna-Roma, 1968, 141
[2] CAMPOBASSO, Coobbligazione cambiaria e solidarietà disuguale, Napoli, 1974.
[3] Si veda Vedi Cassazione civile sez. II, 28/01/2019, n.2267 secondo cui: "l'interesse a negare detta solidarietà non è attribuibile esclusivamente a ciascuno dei creditori, ma appartiene anche al debitore ai fini di un corretto e non pregiudizievole assetto dei rapporti obbligatori (come si evince dall'art. 1297, comma 2, c.c. limitativo della proponibilità delle eccezioni personali), giacché, nelle ipotesi di solidarietà attiva, il comune debitore non potrebbe opporre, al creditore che gli abbia chiesto l'intera prestazione, le eccezioni personali ad altro creditore e che a questo il debitore medesimo avrebbe potuto, invece, opporre nel caso di obbligazione parziale, il cui adempimento egli per la sua parte avrebbe richiesto". Si confronti, anche Cassazione civile sez. III, 07/02/2014, n.2822.
[4] Recente pronuncia della Suprema corte di Cassazione ha precisato che "la solidarietà passiva nel rapporto obbligatorio è prevista dal legislatore nell'interesse del creditore e serve a rafforzare il diritto di quest'ultimo, consentendogli di ottenere l'adempimento dell'intera obbligazione da uno qualsiasi dei condebitori, mentre non ha alcuna influenza nei rapporti interni tra condebitori solidali, fra i quali l'obbligazione si divide secondo quanto risulta dal titolo o, in mancanza, in parti uguali". Così in Cassazione civile sez. III, 15/01/2020, n.542.
[5] Cfr. AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 218.
[6] Il codebitore può eccepire i fatti estintivi, impeditivi o limitativi del debito comune, ma solo se precedenti alla data dell'adempimento e concretamente opponibili al creditore al momento dello stesso. Così in Cassazione civile sez. III, 28/11/2019, n.31062. Per altra pronuncia della Corte di Cassazione civile, sez. III, 13/06/2019, n.15869, altresì, la prescrizione eccepita da uno dei coobbligati ha effetto estintivo del rapporto obbligatorio anche nei confronti degli altri, ogniqualvolta dalla mancata estinzione generalizzata possano derivare effetti pregiudizievoli per il soggetto eccipiente, e sempre che il coobbligato non abbia rinunciato espressamente a far valere la prescrizione, ovvero, dopo essersi costituitosi in giudizio, abbia omesso di eccepirla a sua volta.
[7] Invero, al riguardo, si contrappongono due diversi orientamenti. Mentre alcuni [tra tutti RAVAZZONI, voce Regresso, in Noviss. dig. it., XV, 1968, 359; RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1299, Bologna-Roma, 1968, 248] ritengono che si debba consentire di opporre tutte le eccezioni anche se strettamente personali al convenuto, da altra parte [BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa. Profili sistematici, Milano, 1974, 425] alcuni tendono a circoscrivere tale opponibilità alle sole eccezioni strettamente personali al convenuto. In una posizione intermedia si colloca, infine, quella dottrina che, muovendo dall’art. 1952 c.c. in tema di fideiussione, trae argomenti utili a revocare in dubbio entrambe le richiamate opinioni [Cfr. CAMPOBASSO, voce Regresso, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991, 4, secondo cui il convenuto in regresso dovrebbe poter utilizzare «solo le eccezioni non aventi carattere personale, dato che, ex art. 1297 c.c., solo queste il solvens era legittimato ad opporre in sede di pagamento].
[8] In tal senso si è espressa anche la giurisprudenza di legittimità, secondo cui “nel caso di rinuncia alla solidarietà a favore di taluno dei condebitori, mentre nei rapporti esterni con il creditore il beneficiario della rinuncia rimane tenuto al pagamento soltanto della sua quota, per altro verso lo stesso creditore conserva l'azione "in solido" contro gli altri debitori, non destinatari della rinuncia, per l'intero suo credito, compresa, perciò, la quota del beneficiario ex art. 1311 c.c. Il creditore che rinuncia alla solidarietà a favore di taluno dei condebitori non può, infatti, mutare la qualificazione della natura dell'obbligazione, la quale, se dipende da un medesimo titolo, non può atteggiarsi consolidale soltanto nei confronti di alcuni e non di tutti i coobbligati. Rafforza ulteriormente tale conclusione la norma di cui all'art. 1313 c.c., che specifica la regola generale dell'art. 1299, comma 2, c.c. e che è applicabile sia ai rapporti interni di regresso tra i condebitori, sia a quelli esterni. Quanto ai rapporti interni, essa comporta che il condebitore solidale che ha pagato per l'intero e non riesce ad ottenere la quota di un condebitore insolvente, ha regresso verso il beneficiario della rinuncia sia della parte proporzionale della quota dell'insolvente sia dell'intera quota propria dello stesso beneficiario” (Cassazione civile sez. III, 28/03/2001, n.4507).
[9] Per aversi «insolvenza» di un condebitore è necessaria l’inutile escussione di costui, e cioè che il solvens non riesca a soddisfarsi neanche con l’esecuzione forzata. Per cui non è sufficiente che il secondo debitore non abbia pagato, ma occorre anche che contro di lui sia stata inutilmente attuata la procedura esecutiva.
[10] In tal caso, il debitore che ha pagato non è tenuto ad effettuare la messa in mora del condebitore per esercitare l’azione di regresso, essendo sufficiente l’aver effettuato un pagamento valido ed efficace in ordine ad un debito solidale scaduto (Tribunale Pavia sez. III, 19/02/2020, n.277)
[11] In giurisprudenza, si veda per tutte, Cass. 30 ottobre 2007, n. 22860, Mass. Giur. it., 2007;
[12] Con riferimento al “nuovo diritto” che nascerebbe dopo l’adempimento dell’obbligazione da parte di uno dei coobbligati si veda la posizione espressa da RUBINO, Delle obbligazioni in solido, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, sub art. 1298, Bologna-Roma, 1968, 219 secondo il quale "la formula legislativa, per cui nei rapporti interni l’obbligazione “si divide” fra i vari consorti, non va intesa alla lettera dal lato formale e strutturale: l’obbligazione, invero, è un vincolo concepibile ed esistente solo nei rapporti debitore-creditore, cioè solo nei cosiddetti rapporti esterni, e tanto basta ad escludere che sia raffigurabile anche nei rapporti interni, e, a fortiori, che in questi rapporti possa dividersi. Possono bene aversi obbligazioni fra i condebitori o fra i con creditori, ma non si tratta dell’originaria obbligazione che si frazioni, bensì di nuove obbligazioni, che sorgono tra i consorti, sulla base della loro preesistente comunione di interessi, allorché in seguito si verifichi un ulteriore fatto che su quella comunione venga ad incidere. Difatti, la cosiddetta divisione dell’obbligazione nei rapporti interni, per quanto riguarda il regresso, si verifica anche nel caso di prestazione indivisibile, il che sarebbe una contraddizione insuperabile se si avesse una vera e propria divisione, e invece conferma che non di ciò si tratta, bensì semplicemente di un regresso pro quota. È vero, poi, che, quando l’originaria prestazione è divisibile, una divisione avviene anche nell’altro rimedio spettante al solvens, cioè nella surrogazione, sebbene con quest’ultima rimanga in vita proprio il credito originario; ma appunto perciò la divisione avviene anche ora non in un rapporto tra coobbligati, bensì in un rapporto debitori-creditore, con l’unica particolarità che il nuovo creditore è ora una persona che prima della surrogazione militava fra i debitori. [...]l’obbligazione non può più dividersi per il semplice motivo che si è estinta; è, invece, un nuovo diritto di credito che sorge, pro quota, in favore di un condebitore contro gli altri".
[13] Tribunale Roma sez. V, 21/01/2020, n.1268
[14] Sicchiero, Regresso e surrogazione legale, in Contratto e Impresa 1996, 998 e ss.
[15] Iorio, Corso di Diritto Privato, Giappichelli, 2016, 345 e ss.
[16] In tal senso BARASSI, La teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1963, 231 il quale, argomenta dall’esplicita previsione della surrogazione in favore del fideiussore che ha pagato ed interpreta in senso negativo silenzio in materia di obbligazioni solidali. Si confronti con BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa. Profili sistematici, Milano, 1974, 425 ss., secondo cui l’unicità del vincolo nelle obbligazioni solidali ad interesse comune escluderebbe la possibilità del meccanismo surrogatorio, in quanto il condebitore adempirebbe esclusivamente al debito proprio determinando sia l’attuazione del credito che l’estinzione dell’obbligo.
[17] CARBONE, La fideiussione. Rassegna di dottrina e giurisprudenza, in Dir. giur., 1958, 330 ss.
[18] MICCIO, Dei singoli contratti e delle altre fonti delle obbligazioni, in Commentario del codice civile, IV, Torino, 1959, 543.
[19] NICOLÒ, L’adempimento dell’obbligo altrui, Milano, 1936, 99 ss.; BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, III, 2, Milano, 1955, 62 e 65. In tal senso anche RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1957, 227 e FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1968, 357.
[20] CAMPOGRANDE, Trattato della fideiussione, Padova, 1937, 461, afferma che, essendo il garante intervenuto ed eseguita il pagamento per altri, è equo e giusto che gli si conceda, oltre all’azione personale di regresso, un’altra azione con la quale egli possa approfittare delle garanzie reali creditorie, allo scopo di ottenere in modo più sicuro il rimborso di quanto gli spetta.
[21] SICCHIERO, Regresso e surrogazione legale, in Contratto e impresa, 1996, 1012 ss.
[22] FRAGALI, Della fideiussione e del mandato di credito, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, Libro IV, Delle obbligazioni, Artt. 1936-1959, Bologna-Roma, 1957, 403 “il fenomeno del regresso dunque è il momento dinamico del fenomeno della surrogazione", configurandosi il diritto del fideiussore al regresso come “il potere di valersi verso il debitore degli effetti surrogatori conseguenti al pagamento, utilizzando a proprio favore il diritto del creditore di esiger dal debitore la prestazione che era contenuto dell’obbligazione garantita”.
[23] Da ultimo Cassazione civile sez. III, 28/11/2019, n.31062; Si confronti, anche, Cassazione civile sez. III, 28/07/2017, n.18782.
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