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Pubbl. Ven, 22 Mag 2020
Sottoposto a PEER REVIEW

Isolamento da COVID-19 e codice rosso: prospettive e problematiche applicative durante la quarantena

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Francesco Martin



Il presente contributo analizza la nuova riforma per la tutela della violenza di domestica e di genere introdotta nell’ordinamento con la legge 19 luglio 2019, n. 69, il c.d. Codice rosso. In particolare si esaminano l’evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha portato all’attuale disciplina, nonché le principali modifiche di diritto penale sostanziale e processuale, analizzando altresì il collegamento tra il regime di quarantena e auto isolamento dovuto all’emergenza da Covid-19 e l’esponenziale aumento dei casi di violenza domestica, alla luce delle indicazioni e del monito lanciato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite.


ENG This contribution analyses the new reform for the protection of domestic and gender-based violence introduced in the Italian legal system with the law of 19 July 2019, no. 69, the so-called Red code. In particular, it being examined the regulatory and jurisprudential evolution that led to the current legislative provision, as well as the main changes in substantive and procedural criminal law Finally, it will be examined the connection between the quarantine and self-isolation regime due to the emergency from Covid-19 and the exponential increase in cases of domestic violence, as well as the indications and warning given by the Secretary General of the United Nations.

Sommario: 1. Premessa normativa. - 2. Recenti prospettive di riforma: la legge 19 luglio 2019, n. 69. - 3. Aspetti di natura processuale. - 4. L’emergenza da Covid-19: l’aumento dei reati di violenza domestica. - 5. Conclusioni.

1. Premessa normativa

Per sua stessa struttura intrinseca il nostro codice penale, fin dagli albori nell’epoca fascista, ha sempre cercato di evitare di intromettersi nelle questioni attinenti alla vita familiare e di relazione. La pretesa punitiva dello Stato quindi si fermava e arretrava di fronte al fulcro familiare, in quanto il Legislatore voleva evitare di andare a sanzionare penalmente delle condotte che attenevano strettamente alla vita familiare. Un chiaro e lampante esempio si rinviene all’art. 649 c.p. il quale prevede che, qualora uno dei reati contenuti nel Libro II, Titolo XIII del codice penale sia commesso in danno del coniuge, l’autore del reato può non essere punito[1]. Tuttavia nella sua evoluzione il diritto penale, su impulso anche del legislatore europeo, ha deciso di superare tale limite, considerando non la famiglia nella sua globalità, bensì il singolo individuo che necessita di adeguata tutela e protezione. Proprio in tale ottica s’inseriscono le numerose riforme volte a tutelare, all’interno del nucleo familiare, il soggetto più debole e bisognoso di una maggiore protezione. Ci si riferisce ai fenomeni di c.d. violenza assistita o indiretta[2] comprensiva di quelle condotte che, pur non traducendosi in forme di violenza fisica direttamente rivolte, in particolare, a un soggetto vulnerabile, cagionino allo stesso sofferenze morali capaci di incidere in maniera negativa sulla sua integrità psico-fisica.

A fronte di fenomeni di questo tipo, la fattispecie chiamata a sorreggere il peso di una risposta penale indubbiamente non scontata è anzitutto quella dei maltrattamenti contro familiari o conviventi (art. 572 c.p.), che, del resto, ha visto progressivamente ampliare la propria sfera di operatività: si pensi alla rilevanza attribuita dalla giurisprudenza ai c.d. maltrattamenti omissivi e al concorso per omissione in condotte commissive maltrattanti o, ancora, alla sostanziale “riscrittura” legislativa del concetto di “famiglia” [3].

Come detto, l’evoluzione normativa ha di fatto esteso le maglie della tutela penale anche ai soggetti c.d. deboli. La l. n. 119 del 2013 (di conversione del d.l. n. 93 del 2013) ha introdotto all’art. 61, n. 11-quinquies c.p. una circostanza aggravante applicabile quando, nei delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale, contro la libertà personale nonché in relazione al delitto di cui all’articolo 572 c.p., il fatto fosse commesso in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero in danno di persona in stato di gravidanza. La stessa legge abrogava l’allora secondo comma dell’art. 572 c.p., che prevedeva un aumento di pena per il fatto commesso in danno di persona minore degli anni quattordici. Ai fini di pervenire a un coerente coordinamento sistematico tra l’art. 61, n. 11-quinquies c.p. e la fattispecie di maltrattamenti in famiglia, la giurisprudenza era pervenuta a distinguere due ipotesi, con evidenti ripercussioni sul piano processuale. Nel caso in cui le condotte vessatorie commesse nei confronti dell’altro genitore si traducessero in veri e propri maltrattamenti (in forma omissiva) del minore, la Corte di Cassazione, sviluppando un orientamento già emerso nella giurisprudenza di legittimità[4], concludeva per la “diretta” applicabilità dell’art. 572 c.p.: in questo caso il minore sarebbe stato considerato persona offesa del reato.Al contrario, qualora il minore “fosse stato presente” agli atti di violenza, senza però che nei suoi confronti potesse considerarsi superata la soglia dei maltrattamenti, avrebbe trovato applicazione l’art. 61, n. 11-quinquies c.p. e il minore non avrebbe potuto considerarsi soggetto passivo del reato[5].

Dalla l. 15 ottobre 2013, n. 119 (c.d. legge sul femminicidio), è inoltre ricavabile la definizione di “violenza domestica”, che comprenderebbe cioè “tutti gli atti, non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o persone legate da relazione affettiva in corso o pregressa, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima". La “violenza di genere” è invece definita dalla direttiva 2012/29/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, come quella «diretta contro una persona a causa del suo genere, della sua identità di genere o della sua espressione di genere o che colpisce in modo sproporzionato le persone di un particolare genere. Può provocare un danno fisico, sessuale o psicologico, o una perdita economica della vittima. La violenza di genere è considerata una forma di discriminazione e una violazione delle libertà fondamentali della vittima e comprende la violenza nelle relazioni strette, la violenza sessuale (compresi lo stupro, l’aggressione sessuale e le molestie sessuali), la tratta di esseri umani, la schiavitù e varie forme dannose, quali i matrimoni forzati, la mutilazione genitale femminile e i c.d. reati d’onore» [6]

2. Recenti prospettive di riforma: la legge 19 luglio 2019, n. 69.

Come è noto la legge 19 luglio 2019, n. 69 - Tutela delle vittime di violenza domestica o di genere - c.d. codice rosso, ha apportato delle consistenti modifiche al codice penale e al codice di procedura penale. La novella si compone di 21 articoli[7], che individuano un catalogo di reati attraverso i quali si esercita la violenza domestica e di genere e, in relazione a queste fattispecie, interviene sul codice di procedura penale al fine di velocizzare l'instaurazione del procedimento penale e, conseguentemente, accelerare l'eventuale adozione di provvedimenti di protezione delle vittime. Il provvedimento, inoltre, incide sulla stessa disciplina sostanziale, prevedendo ora l’inasprimento della cornice edittale di taluni reati, ora la rimodulazione di alcune circostanze aggravanti, ora infine l’introduzione di alcune nuove fattispecie incriminatrici.

Si tratta di un elenco che è solo in parte coincidente con quello dei reati che generano la “vulnerabilità presunta” della vittima, indicati nell'elenco contenuto negli artt. 351, comma 1-ter e 392, comma 1-bis, c.p.p.(richiamato dall'art. 362, comma 1-bis, c.p.p.), cui è riservato uno statuto speciale di raccolta della testimonianza: il reato di diffusione di immagini sessuali, il reato di deformazione permanente del volto, e le lesioni aggravate non sono compresi nell'elenco dei reati cui è associata la vulnerabilità “tipica” della vittima, sicché in relazione a tali fattispecie l'attivazione delle garanzie che il codice riserva ai dichiaranti in condizione di particolare vulnerabilità deve essere valutata caso per caso sulla base dei parametri previsti dall'art. 90-quater c.p.p.. L'obiettivo del testo di legge è quello di creare una corsia celere - di fatto preferenziale – riservata ai reati che segnalano non solo gravi crisi relazionali, ma che rivelano altresì un elevato pericolo di reiterazione delle devianze e un grave rischio per la persona: trattasi di situazioni in cui, in altri termini, eventuali ritardi nello svolgimento delle indagini rischierebbero di pregiudicare la tutela dell’integrità fisica o della vita dell’offeso.

La violenza domestica o di genere viene ricondotta dal disegno di legge alle seguenti fattispecie: maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.); violenza sessuale, aggravata e di gruppo (artt. 609-bis, 609-ter e 609-octies c.p.); atti sessuali con minorenne (art. 609-quater c.p.); corruzione di minorenne (art. 609-quinquies c.p.); atti persecutori (art. 612-bis c.p.); diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter c.p.); lesioni personali aggravate e deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 582 e 583-quinquies, aggravate ai sensi dell'art. 576, comma 1, nn. 2, 5 e 5.1 e ai sensi dell'art. 577, comma 1 n. 1 e comma 2 Viene poi previsto che la Polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato, riferisca immediatamente al Pubblico Ministero, anche in forma orale; alla comunicazione orale seguirà senza ritardo quella scritta (art. 1). Viene inoltre stabilito che la P.G. debba procede senza ritardo al compimento degli atti di indagine delegati dal Pubblico Ministero e che debba porre, sempre senza ritardo, a disposizione dello stesso la documentazione delle attività svolte (articolo 3).

Il Pubblico Ministero, entro tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato, assume informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato; il termine di tre giorni può essere prorogato solo in presenza di imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni diciotto o della riservatezza delle indagini, anche nell'interesse della persona offesa. L'art. 4 introduce, all'articolo 387-bis c.p., e disciplina il nuovo reato di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

Il nuovo reato punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni chiunque violi gli obblighi o i divieti derivanti dal provvedimento che applica le misure cautelari dell'allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.) e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282-ter c.p.p.) o l'ordine di allontanamento d'urgenza dalla casa familiare (art. 384-bis c.p.p.). L'art. 6 aggiunge un ulteriore comma all'articolo 165 c.p. in materia di sospensione condizionale della pena. La nuova disposizione prevede che, con riguardo ai reati di violenza domestica e di genere, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati.Gli oneri derivanti dalla partecipazione a tali corsi di recupero sono a carico del condannato.
L'art. 7 introduce nel codice penale, all'articolo 558-bis, il nuovo delitto di costrizione o induzione al matrimonio punito con la reclusione da uno a cinque anni. L'art. 9 interviene sui delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti persecutori (art. 612-bis) prevedendo l'aumento della pena per il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.). L'attuale pena della reclusione da 2 a 6 anni viene sostituita con la reclusione da 3 a 7 anni.

È inoltre prevista una fattispecie aggravata quando il delitto di maltrattamenti è commesso in presenza o in danno di minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità, ovvero se il fatto è commesso con armi; in questi casi la pena è aumentata fino alla metà. Sussiste anche un sensibile aumento della pena per il delitto di atti persecutori (art. 612-bis c.p.): l'attuale pena della reclusione da 6 mesi a 5 anni viene sostituita con quella della reclusione da un anno a 6 anni e 6 mesi.

Vi è l'inserimento del delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.) nell'elenco dei delitti che consentono, nei confronti degli indiziati, l'applicazione di misure di prevenzione. Inoltre è previsto che il Tribunale, nel disporre in ordine alle misure di prevenzione, possa, anche con riguardo agli indiziati di stalking, imporre il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente da minori. L'articolo 10 introduce nel codice penale, all'articolo 612-ter, una nuova e apposita fattispecie, volta a sanzionare il fenomeno del c.d. revenge porn.

Il nuovo articolo 612-ter c.p., rubricato «Diffusione illecita d’immagini o video sessualmente espliciti», sanziona, con la pena della reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000, la condotta di chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde, senza l’espresso consenso delle persone interessate, immagini o video sessualmente espliciti, destinati a rimanere privati. L'articolo 612-ter c.p. punisce poi con la stessa pena la diffusione - posta in essere da soggetto diverso da quello che per primo ha diffuso il materiale illecito - di immagini o video privati sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.

La disposizione prevede poi l’introduzione di alcune circostanze aggravanti ad effetto speciale. In particolare la pena è aggravata se il reato di pubblicazione illecita è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, ovvero da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa; se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici; se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza (in questi casi la pena è aumentata da un terzo alla metà).

Per quanto concerne la procedibilità l'ultimo comma dell'articolo 612-ter c.p. prevede che il reato sia punibile a querela della persona offesa. La querela, che può essere proposta nel termine di sei mesi (corrispondente a quello più elevato previsto per i reati di violenza sessuale), può essere rimessa solo in sede processuale. La diffusione illecita di video o immagini sessualmente esplicite aggravata in quanto commessa in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza, è invece punibile d'ufficio. L'art. 11 modifica il codice penale intervenendo sull'omicidio aggravato dalle relazioni personali, di cui all'art. 577 c.p., per estendere il campo d'applicazione delle aggravanti. L'articolo 12, comma 1, inserisce nel codice penale il delitto di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, conseguentemente abrogando l'attuale corrispondente ipotesi di lesioni personali gravissime.

La nuova fattispecie è inserita all'art. 583-quinquies c.p., dopo il delitto di lesioni, e punisce con la reclusione da 8 a 14 anni la lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso (primo comma). Alla condanna - cui è equiparato il patteggiamento della pena - consegue anche la pena accessoria della interdizione perpetua dagli uffici attinenti alla tutela, alla curatela ed all'amministrazione di sostegno (secondo comma). Dall’analisi delle disposizioni contenute nella l. 69/19 emerge chiaramente la volontà del legislatore di contrastare e punire, attraverso la sanzione penale, una serie di condotte riconducibili alla macro area della violenza domestica. Tale scopo è stato raggiunto, da una parte, attraverso l’introduzione di nuove norme ad hoc e, dall’altra, attraverso l’inasprimento del trattamento sanzionatorio di fattispecie già esistenti. La nozione di “violenza domestica e di genere”, non richiamata dalla legge, viene ricondotta alle fattispecie di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.), violenza sessuale, aggravata e di gruppo (artt. 609-bis, 609-ter, 609-octies c.p.), atti sessuali con minorenne (art. 609-quinquies c.p.), atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e ai neo introdotti reati di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (c.d. revenge porn, art. 612-ter c.p.) e deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.)[8].

3. Aspetti di natura processuale.

Come già accennato, uno dei fondamenti della l. 69/19 è quello di imprimere una forte accelerazione e dare una corsia preferenziale per quanto riguarda la trattazione dei procedimenti penali. Il primo atto da cui traggono origine i procedimenti penali è la comunicazione della notizia di reato all’autorità giudiziaria, che - nel caso di reati ricompresi all’interno dell’elenco della predetta legge - deve essere immediata e può intervenire anche in forma orale. Tale disposizione ha quindi il fine di rendere più fluide e rapide le indagini, anche se è prevedibile che tale forma “semplificata” di comunicazione riguardi i casi, seppur non isolati, di flagranza di reato. L’obiettivo del legislatore è quello di ridurre o eliminare quella situazione di stasi che si determina fra l’acquisizione della notizia di reato da parte della Polizia giudiziaria, la sua trasmissione alla Procura della Repubblica competente, l’iscrizione nel registro informatico e, soprattutto, il necessario approfondimento istruttorio al fine di avanzare al GIP, in presenza dei presupposti normativi, la richiesta di applicazione di una misura coercitiva a carico dell’indagato che fosse necessaria.

La l. 69/19 ha peraltro introdotto delle ulteriori e consistenti modifiche al codice di procedura penale. La nuova norma ha infatti integrato l’art. 347, comma 3, c.p.p. che, nella versione previgente, prevedeva che la comunicazione della notizia di reato fosse data dalla Polizia giudiziaria al Pubblico Ministero “immediatamente anche in forma orale” solo per i gravi delitti indicati nell'art. 407, comma 2, lett. a), n. da 1 a 6, c.p.p. e, in ogni caso, quando sussistono “ragioni di urgenza”.Con questa modifica, il legislatore ha manifestato la volontà di equiparare la disciplina applicabile ai reati indicati a quelli che solitamente sono collegati alla criminalità organizzata e al terrorismo, indicando al Pubblico ministero e alla Polizia giudiziaria che tali delitti devono essere trattati con assoluta speditezza per consentire la tutela della vittima.

La formulazione letterale della disposizione sembra tale da non prevedere che la Polizia giudiziaria debba valutare le ragioni dell’eventuale urgenza della comunicazione. Essa, infatti, pare tenuta in ogni caso all’immediata comunicazione della notizia di reato. Il legislatore, pertanto, ha esteso ai delitti indicati una sorta di presunzione di urgenza già disciplinata in relazione ai reati di cui all’art. 407, comma 2, lett. a), n. da 1 a 6, c.p.p., riconoscendo che i reati in tema di violenza domestica e di genere impongano un’immediata informazione al Pubblico Ministero, il quale, una volta ragguagliato, è posto in grado di intervenire, sollecitando l’adozione dei provvedimenti opportuni per evitare l’aggravamento delle conseguenze dannose o pericolose dell’illecito.

Nella pratica, l’introduzione di tale obbligo si traduce nel fatto che la Polizia giudiziaria, in molti casi, informa telefonicamente il Pubblico Ministero addetto al c.d. turno esterno della acquisizione della notizia di reati di violenza domestica e di genere, indipendentemente dalla applicazione di eventuali misure pre-cautelari o dalla necessità di un confronto con il magistrato in merito a qualsivoglia questione, ingenerando un appesantimento, talvolta inutile, delle attività correlate al turno.

Un’altra norma che ha comportato un notevole mutamento da un punto di vista processuale è quella di cui all’art. 2 della legge n. 69 del 2019, a mente del quale, quando si procede per delitti in tema di violenza domestica e di genere, il Pubblico Ministero, entro tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato, assume informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato.

A tale proposito è stato inserito nell’art. 362 c.p.p., relativo all'assunzione di informazioni da parte del Pubblico Ministero, un nuovo comma 1-ter, che prevede il termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’art. 335 c.p.p. entro il quale devono essere assunte informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini. La raccolta delle dichiarazioni è affidata al Pubblico Ministero, ma l'atto può essere delegato alla Polizia giudiziaria che deve effettuarlo, documentarlo e trasmetterlo “senza ritardo”, in ossequio alle indicazioni contenute nel medesimo testo di legge. Dal mancato rispetto del termine indicato per l’assunzione delle informazioni non sembrano derivare conseguenze sul piano processuale. In assenza di disposizioni che consentano di individuare un carattere di perentorietà, infatti, il termine non può che essere ordinatorio. Anche in questo caso, dunque, come in precedenza, si tratta di una norma senza sanzione. E’ appena il caso, però, di ricordare che l’art. 124 c.p.p. impone ai magistrati di osservare le norme del codice anche quando l’inosservanza non importa nullità o altra sanzione processuale. La raccolta delle dichiarazioni è affidata espressamente al Pubblico Ministero, ma non sembra escluso che l'atto possa essere delegato ex art. 370 c.p.p. alla Polizia giudiziaria, che deve effettuarlo, documentarlo e trasmetterlo, come meglio si vedrà nel prosieguo, “senza ritardo”, in ossequio alle indicazioni contenute nella medesima legge n. 69 del 2019.

La nuova norma prevede che il Pubblico Ministero assuma informazioni dalla persona offesa e dal denunciante, dal querelante o dall’istante «entro il termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato». Il dies a quo per il compimento dell’atto è ancorato alla data di iscrizione della notizia di reato e non alla sua acquisizione. La norma illustrata, pertanto, sottende l’immediata iscrizione della notizia di reato, superando quella forbice temporale fra il deposito della notizia di reato e l’effettiva iscrizione da parte dell’ufficio di Procura che precede l’inizio dell’attività investigativa. Il termine appare ordinatario, in difetto della previsione di una sanzione per il suo mancato rispetto. La ratio di un così breve tempo (tre giorni) è stata scelta dal Legislatore in quanto i reati attinenti alla sfera dei maltrattamenti in famiglia si insinuano all’interno di situazioni familiari e psicologiche molto complesse e quindi necessitano di essere immediatamente individuati, prima cioè che la vittima possa subirne ulteriori oppure decida di non esporre quanto accaduto.

Il Legislatore ha tuttavia previsto una deroga al protocollo legislativo d'indagine proprio nei casi in cui emerga la necessità di tutelare il minore. Deroghe sono previste anche per garantire la «riservatezza dell'attività investigativa»: invero la raccolta precoce della testimonianza dell'offeso potrebbe danneggiare la raccolta delle prove nei casi in cui la vittima sia soggiogata e dipendente dall'autore e non intenda collaborare; o in quelli, non infrequenti, in cui la raccolta delle dichiarazioni si profili come elemento di prova non immediatamente indispensabile: si pensi all'emersione di una grave degenerazione della relazione emersa da intercettazioni disposte in altro procedimento, ovvero ad un caso in cui la raccolta della testimonianza della vittima, ignara dell'avvio del procedimento, potrebbe tradursi in una inopportuna discovery anticipata del procedimento [9]. In tale previsione vengono, più in generale, fatti rientrare tutti quei casi in cui sia opportuno far precedere all’escussione della persona offesa/denunciante il compimento di attività di riscontro delle propalazioni accusatorie (eventualmente anche tecniche o comunque a sorpresa).

La scelta di non procedere alla (immediata) escussione della persona offesa e/o del denunciante deve essere, secondo l’interpretazione alla quale sembrano aver aderito i vari uffici delle Procure, esplicitata in un apposito provvedimento e adeguatamente motivata [10]. In definitiva, il termine dei tre giorni viene meno qualora sussistano le esigenze di “tutela dei minori”, che consigliano di rinviare l’assunzione di informazioni, debbono essere “imprescindibili”, aggettivo con il quale si intende sottolinearne la peculiare consistenza: si pensi, ad esempio, alla necessità di compiere una valutazione della capacità a testimoniare di minori in età pre-scolare, al bisogno di accertare per mezzo di un consulente lo stadio evolutivo della personalità del dichiarante, le sue capacità cognitive e la sua propensione alla suggestione sia “generica” che “specifica” (ovvero quella orientata nei confronti di persone determinate).

L’esigenza di riservatezza delle indagini, invece, potrebbe discendere dalla necessità di ricorrere a mezzi di ricerca della prova come le intercettazioni oppure scaturire dallo stesso atteggiamento della vittima che, soggiogata dall'autore del reato, si preveda poco o per nulla collaborativa. Il ritardo dello svolgimento dell’attività̀ del Pubblico Ministero può dipendere anche dall’interesse della persona offesa, locuzione con la quale si è voluto evidentemente rimarcare che la mancata tempestiva assunzione di informazioni non deve rilevarsi, a sua volta, lesiva per la vittima del reato. La raccolta delle dichiarazioni dell'offeso non esaurisce evidentemente gli oneri investigativi che gravano sul Pubblico ministero, che deve tempestivamente attivare tutti i mezzi di ricerca della prova disponibili: dalla raccolta delle dichiarazioni delle persone informate, alle intercettazioni, alle ispezioni dello stato dei luoghi, alle perquisizioni, alle consulenze tecniche etc., nella consapevolezza che non sono stilabili protocolli investigativi rigidi e precostituiti dato che quando emerge un reato da “codice rosso”, spia di una pericolosa crisi relazionale, la progressione delle indagini deve sempre essere progettata in relazione alla specificità del singolo caso.

La l. 69/19 introduce poi ulteriori modifiche di carattere procedurale, degne di nota, concernenti le informazioni e comunicazioni alla persona offesa (artt. 90-bis e 90-ter c.p.p., 190-bis c.p.p. nonché 282-quater c.p.p. e 299 c.p.p. ritoccati dagli artt. 14 e 15 l. n. 69/2019) e i criteri di scelta delle misure cautelari (v. art. 16 con riferimento all’art. 275 c.p.p.). L’art. 14 interviene anche sulle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, introducendo l’art. 64-bis in base al quale, se sono in corso procedimenti civili di separazione dei coniugi o cause relative ai figli minori di età o relative alla potestà genitoriale, il giudice penale che procede per un delitto di violenza domestica o di genere deve trasmettere, senza ritardo, al giudice civile, copia di una serie di provvedimenti, ivi indicati [11].

Proprio in tema di scarcerazione, ovvero di modifiche della misura cautelare, sussiste una consistente modifica in materia di comunicazione all'offeso della scarcerazione o della sostituzione delle misure cautelari. Si introduce un comma 1-bis nel corpo dell'art. 90-ter c.p.p. che prevede che i provvedimenti di “scarcerazione” e di “cessazione” della misura di sicurezza detentiva, l'evasione e la volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva, sono “sempre” comunicati alla persona offesa dei reati da “codice rosso” oltre che al suo difensore, ove nominato. Inoltre è stato modificato il comma 2-bis dell'art. 299 c.p.p. prevedendo che i provvedimenti di revoca e sostituzione della misura cautelare imposta nei reati consumati con “violenza alla persona” siano immediatamente comunicati «alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore», laddove prima della novella la comunicazione era diretta esclusivamente al difensore e, solo in caso di sua assenza, alla persona offesa.

Infine è stato oggetto di modifica anche l'art. 659 c.p.p., nella misura in cui si prevede ora che la scarcerazione dei condannati per reati da “codice rosso” sia immediatamente comunicata dal magistrato di sorveglianza «alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore».

Viene quindi meno, o meglio si supera, l’obbligo di informare la persona offesa solamente nel caso in cui questa ne abbia fatto richiesta. Tale ratio si rinviene anche nell’art. 15, comma 5, della legge n. 69 del 2019 che ha modificato l'art. 659 c.p.p. mediante l’introduzione comma 1-bis. In forza di questa norma, il Pubblico Ministero che cura l’esecuzione, quando a seguito di un provvedimento del giudice di sorveglianza deve essere disposta la scarcerazione del condannato per uno dei delitti previsti dagli artt. 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612- bis c.p., nonché dagli artt. 582 e 583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli artt. 576, comma 1, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, comma 1, numero 1, e secondo comma, c.p. ne dà immediata comunicazione alla persona offesa o al suo difensore. La comunicazione deve essere data a mezzo della Polizia giudiziaria.

Sempre in merito alle modifiche più rilevanti del codice di procedura penale, l'art. 16 modifica l'art. 275, comma 2-bis, c.p.p. in materia di criteri di scelta delle misure cautelari; detto comma prevede che la custodia cautelare in carcere non possa essere applicata se il giudice ritenga che, "all'esito del giudizio", la pena detentiva "irrogata" non sarà superiore a tre anni. Tale previsione non trova applicazione con riguardo ad una serie di reati: l'incendio boschivo (art. 423-bis c.p..), i maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p..); il furto in abitazione o con strappo (art. 624-bis c.p..) e lo stalking (art. 612-bis c.p).L'art. 16 aggiunge ai reati appena citati anche il nuovo delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti di cui all'art. 612-ter c.p.. Infine, la l. 69/19 ha apportato delle modifiche anche alla fase dell’esecuzione della pena modificando l’art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, stabilendo che al condannato per il reato di cui all’art. 583 quiquies c.p. possano essere concessi i benefici di cui all’art. 4-bis, comma 1, O.P. solamente dopo un anno di osservazione scientifica della personalità.La commissione di una dei delitti indicati nell’art. 4-bis O.P., nello specifico il delitto ex art. 583 quinquies c.p., è ostativo alla concessione delle misure alternative alla detenzione nonché ai benefici premiali, prima che sia stata esperita l’osservazione scientifica della personalità del condannato per almeno un anno.

 

4. L’emergenza da Covid-19: l’aumento dei reati di violenza domestica

L’attuale emergenza sanitaria che ha colpito il nostro Stato ha richiesto, da parte del Governo, l’adozione di drastiche misure volte alla prevenzione della diffusione del contagio.In particolare è stato imposto ai cittadini di limitare gli spostamenti, concessi solo per particolari e motivate esigenze, con l'ovvia conseguenza che la maggior parte della giornata si svolge all'interno delle mura domestiche. Come ormai noto nella Gazzetta Ufficiale n. 70, è stato pubblicato il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 – c.d.decreto “Cura Italia” – recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19". Tale disposizione ha posto in essere i primi adeguamenti, a seguito dell'emergenza sanitaria, in settero strategici quali quello della giustizia. In particolare, l’art. 83 del richiamato decreto legge stabilisce che dal 9 marzo al 15 aprile 2020 (data poi modificata in quella dell’11 maggio, a seguito dell'emanazione del d.l. 8 aprile 2020, n. 23) le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d’ufficio a data successiva al 15 aprile, stabilendo altresì, per il medesimo periodo, la sospensione del decorso dei termini di qualsiasi atto, ivi compresi i termini per la conclusione delle indagini preliminari, per la proposizione degli atti ntroduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere,tutti i termini procedurali. Al terzo comma sono tuttavia previste alcune eccezioni, date dal carattere di urgenza e degli specifici interessi meritevoli di adeguata tutela. 

Ci si deve quindi chiedere se e in che modo si possano o si debbano trattare i procedimenti da “codice rosso” nell'attuale fase emergenziale. Come in precedenza esposto il d.l. 18/20 ha previsto il rinvio d’ufficio delle udienze civili e penali, nonché la sospensione del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali, ivi compresii termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari; anche tale disposizione interessa, in generale e salve le eccezioni di cuisi dirà, i procedimenti per reati di violenza di genere, come tutti gli altri. 

Le due disposizioni sopra indicate trovano nello stesso articolo 83 specifiche e tassative eccezioni, previste nell’articolato III comma.In particolare, per quanto attiene all’analisi dei reati oggetto del presente contributo,alla lettera a) vengono indicate una serie di cause di competenza del Tribunale per i minorenni ovvero dei giudici civili ritenute urgenti ed indilazionabili anche dal legislatore dell’emergenza, in quanto afferenti all’irrinunciabile tutela dei minori, degli incapaci o comunque dei diritti fondamentali della persona, anche nell’ambito infrafamiliare; non è indifferente notare che tra taliprocedimenti ritenuti urgenti vengono specificamente indicati, tra gli altri, i procedimenti per l’adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari.Alla lettera b) del medesimo articolo, vengono invece indicati i procedimenti penali ritenuti urgenti, ovvero i procedimenti di convalida dell’arresto del fermo o dell’ordine di allontanamento immediato della casa familiare (quest'ultimo inserito in sede di conversione del decreto legge), quelli per i quali scadononel periodo di sospensione i terminidi cui all’articolo 304 c.p.p., i procedimenti per la consegna all’estero ai fini estradizionali, quelli in cui sono applicate o richieste misure di sicurezza e – solo se vi è richiesta espressa degli imputati o dei loro difensori -altresì i procedimenti a carico di persone detenute, quelli in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza, quelli in cui sono richieste o applicate misure di prevenzione. 

Infine alla lett. c) vengono indicati i procedimenti che presentano carattere di urgenza, per la necessità di assumere prove indifferibili, nei casi di cui all’articolo 392 c.p.p.[12]. In tali ipotesi, spetta al Giudice o al Presidente del collegio formulare la dichiarazione di urgenza, su richiesta di parte; tale provvedimento, che dovrà essere fornito di adeguata motivazione, non sarà soggetto ad alcun tipo impugnazione. Ed in tal senso non possono che essere ricompresi i casi in cui sia necessario assumere con urgenza una prova decisiva e indeferibile, attraverso il mezzo dell'incidente probatorio, così come avvine nei procedimenti concernenti i reati di violenza domestica. Inoltre la dichiarazione di urgenza può essere sollecitata anche dalla parte ivi compreeso il Pubblico Ministero, magari su invito e indicazione del difensore della persona offesa.In tale fase dunque come si potrà conciliare l'emergenza sanitaria e le indagini preliminari, nonchè la tutela della persona offesa? In particolare, il termine di tre giorni che il Pubblico Ministero ha per assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato opera oppure è anche esso sospeso? Nel silenzio del decreto è necessaria effetuare una interpretazione che tenga conto della ratio che ha spinto il legislatore, nel 2019, ed emanare la l. 69/19 nonchè della finalità escatologica che la norma persegue. 

Non sussistono dubbi circa il fatto che il termine di cui all'articolo 362,comma 1 ter, c.p.p. è per sua natura indifferibile, tanto che il Pubblico Ministero può rinviare l’atto solo se sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori di anni diciotto o della riservatezza delle indagini, anche nell'interesse della persona offesa.Il Pubblico Ministero dovrà quindi effettura, nel singolo caso concreto, una valutazione circa la necessità di ascoltare un soggetto minorenne e quidi di esporlo, potenzialmente, ad un possibile contagio da Covid-19. 

Medisimi ragionamenti devono essere fatti anche con riferimentoall’esame di persona maggiorenne, posto che le particolari restrizioni imposte alla libertà di movimentodalla legislazione emergenziale possono rendere più evidenti le uscite e gli spostamenti di chi deve recarsi presso la Procura della Repubblica e che, in questi tempi di forzata convivenza con familiari e di quasi impossibilità di muoversi, potrebbe trovarsi in una condizione di maggior rischio proprio ove quest'ultimo uscisse per l’atto istruttorio. Il termine di cui all'art. 362, comma 1-ter, c.p.p. non è stato posto per consentire un’attività o l’esercizio di una prerogativa ad una parte, ma per imporre un limite temporale al Pubblico Ministero, ovvero per impedire ingiustificati ritardi nel considerare una notizia di reato ritenuta ex lege grave e meritevole della massima attenzione. Se così è, non sembra ragionevole ritenere applicabile la sospensione. L’esame della persona offesa ex art.362, comma 1-ter, c.p.p.è atto urgente per definizione e per scelta legislativa e va svolto sia pur con le necessarie cautele, quanto meno se, al primo esame, la notizia di reato risulti effettivamente avere profili di grave serietà e di urgenza. In definitiva quindi, nonostante l'emergenza sanitaria e nel silenzio delle norme recentemente emanate dal Governo, si deve ritenere, sulla base di una interpretazione che tenga conto della volontà del legislatore del 2019 nonchè degli obbiettivi di tutela della norma che i termini di cui art.362 comma 1-ter c.p.p. non siano sospesi e continuino ad operare, ferma la possibilità - in casi eccezionali - del Pubblico Ministero di effettuare una valutazione tra le esigenze istruttorie e il diritto alla salute dei soggetti interessati. 

Il fenomeno della violenza domestica e di genere, come il virus, non conosce confini ne limitazioni riscontrandosi - sia pure con percentuali differenti - in ogni parte del mondo.

Proprio per tale ragione il 6 aprile l’ONU ha pubblicato l’intervento di António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, il quale chiede misure straordinarie per affrontare la «spaventosa ondata globale di violenza domestica» connessa all’isolamento “forzato” per Coronavirus[13]. L’emergenza sanitaria infatti non influisce solamente sulla salute delle persone, ma intacca anche la sfera economica, sociale e psicologica. Le tensioni raggiungono livelli tali che la quarantena rischia di mettere in pericolo la vita di molti soggetti c.d. deboli vittime delle violenze domestiche.A tal proposito, il Segretario Guterres esorta tutti i governi a fare della prevenzione e del contrasto alla violenza domestica una parte fondamentale dei loro piani di risposta nazionali all’emergenza Covid-19 e ha delineato diverse azioni che possono essere intraprese per migliorare la situazione. Le Forze dell’ordine e i presidi medico ospedalieri e psicologici sono attualmente oberati di lavoro per fronteggiare l’emergenza da Covid-19 e conseguentemente non riescono a tutelare le vittime dei reati violenti che, consce di questo, molte volte decidono di non denunciare rafforzando in tal modo la condotta aggressiva del soggetto attivo.Il Segretario Generale delle Nazioni Unite suggerisce alcuni metodi volti a contrastare l’aumento dei reati come, ad esempio, aumentare gli investimenti nei servizi online e nelle organizzazioni della società civile, assicurare che i sistemi giudiziari continuino a perseguire gli autori di abusi, predisporre sistemi di allarme d’emergenza nelle farmacie e nelle drogherie, dichiarare i rifugi come servizi essenziali, creare modi sicuri di sostegno alle vittime, non allertando gli abusatori, evitare di rilasciare i detenuti condannati per violenza domestica e aumentare le campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, in particolare quelle rivolte agli uomini e ai ragazzi[14].Ecco dunque che le novità legislative introdotte dalla l. 69/19 si scontrano con l’emergenza sanitaria e la mancanza di risorse e mezzi per poterle attuare. 

In particolare, risulta difficile poter concedere quel percorso, rapido e privilegiato, per la trattazione dei reati di violenza domestica o di genere a fronte di una marcata epidemia.Si pensi solo all’intervento delle forze dell’ordine all’interno di un luogo in cui è appena successo un episodio di violenza domestica e il problema della possibile diffusione, anche agli operanti, di eventuali virus ivi presenti. E ancora, si pensi all’applicazione della misura dell’allontanamento dalla casa familiare o del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.Tale misure infatti contrasterebbero con la ratio dei decreti emanati dal Governo in quanto, di fatto, obbligherebbero un soggetto ad allontanarsi dal domicilio senza magari averne un altro idoneo. La soluzione non può nemmeno essere trovata con l’applicazione di una misura cautelare più grave come la custodia cautelare in carcere, sia perché lesiva di principi costituzionali, sia perché introdurrebbe all’interno delle carceri, luoghi già densamente popolati, un soggetto proveniente dall’esterno e potenzialmente contagioso. Quale soluzione quindi? La risposta non è semplice né agevole.

Quando si parla di violenza domestica ci si riferisce a reati che vengono commessi all’interno delle mura domestiche, al riparo da testimoni e da occhi indiscreti, in un mondo che a volte risulta avvolto dalla nebbia dell’omertà e della vergogna anche da parte delle vittime.Il fulcro della l. 69/19, quello di dare una trattazione prioritaria ai procedimenti per i reati ivi indicati, rischia di essere frustrata in quanto non riesce - in questo periodo di particolare emergenza sanitaria - a trovare un agevole riscontro nella realtà quotidiana.Le indicazioni del Segretario Generale dell’Onu rappresentano sicuramente un punto di partenza e di possibili risvolti applicativi, così come l’introduzione di apposite app da utilizzare sullo smartphone che permettano celermente e senza rivelarlo, di segnalare alle Forze dell’ordine episodi violenti. Tuttavia, seppure con un certo pensiero utopistico, la migliore difesa e soluzione rimane sempre l’educazione, sia da un punto di vista maschile che femminile, al rispetto e alla comprensione dell’altro.

5. Conclusioni

Come si è avuto modo di evidenziare in precedenza le recenti riforme emanate dal Governo per fronteggiare l'emergenza da Covid-19 ed evitare il diffondersi endemico del contagio hanno anche interessato la giustizia penale nella sua globalità. La sospensione dei termini processuali ed il rinvio d'ufficio delle udienze tuttavia conosce delle significative eccezioni volte a tutelare tutte quelle situazioni di necessità ed urgenza che devono essere immediatamente cristallizzate, al fine di consentire il corretto espletamento delle attività di indagine. Nel silenzio del d.l. 18/20, opportunamente modificato in sede di conversione, è necessario che l'interprete, attraverso un percorso euristico, comprenda e applichi la ratio della l. 69/19 provvedendo a compiere tutti gli atti di indagini riteuti opportuni nei modi e nei tempi stabiliti. Gli atti urgenti, a cui fa riferimento in maniera laconica il decreto legge, ricomprendono certamente anche quelli previsti dall'art. 362 comma 1-ter c.p.p., essendo gli stessi necessari per la corretta prosecuzione delle indagini. Tuttavia l'organo inquirente dovrà effetture, nello specifico caso concreto, le idonee valutazioni bilanciando da un lato le esigenze di acquisizione probatoria e dall'altro la tutela del diritto alla salute dei soggetti le cui informazioni devono essere assunte. Tale scelta risulterà certamente di non facile applicazione sia per gli interessi contrapposti, sia per la delicatezza e le esigenze di tutela che la l. 69/19 ha voluto offrire alle vittime di violenza domestica e di genere. 

Accanto al dato normativo vi è un secondo elemento di carattere prettamente numerico: l'aumento dei casi di violenza domestica ed il drastico calo delle denunce di tali fenomeni. 

Questa situazione è stata rilevata in gran parte dei paesi interessati da misure di contenimento dell’epidemia, tanto che il Segretario generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejčinović Burić [15], ha espresso preoccupazione per l’aumento della violenza domestica durante l’isolamento dovuto al Coronavirus, riferendo di numerose segnalazioni degli Stati membri sul tema nelle ultime settimane relative agli ostacoli all’emersione della violenza tra le mura domestiche. Il Segretario generale sul punto ha sottolineato che i numeri telefonici di assistenza hanno ricevuto una quantità di chiamate quattro volte inferiore rispetto al solito, mentre sarebbero aumentati i messaggi istantanei diretti alle organizzazioni di soccorso pertinenti in tutta Europa. Dello stesso tenore è l'allarme lanciato dall’Associazione Differenza Donna che a partire dal 9 marzo ha registrato una diminuzione pari all’85% degli accessi delle donne ai centri anti violenza e agli sportelli gestiti, rimasti attivi diurnamente che di notte, pur adottando tutte le misure di sicurezza coerenti con le disposizioni entrate in vigore [16]. Si rileva, inoltre, anche una riduzione degli invii delle donne presso le strutture protette da parte delle forze dell’ordine.

Se quindi da un lato vi è, dal momento in cui sono state applicate le disposizioni restrittive della libertà di movimento, un esponenziale aumento dei casi di violenza domestica dall'altro susssiste una drastica diminuzione delle denunce od anche delle mere chiamate ai numeri di emergenza. Sarà quindi necessario che il legislatore da un lato ponga in essere chiare disposizioni con particolare riferimento alla modalità di acquisizione delle informazioni dalla persona offesa e all'applicazioni di eventuali misure cautelari in caso di commissione di reati contenuti nella l. 69/19 e dall'altro individui, anche attraverso l'ausilio della tecnologia, nuovi strumenti che permettano di segnalare agevolmente e senza timore di ritorsioni i casi di violenza domestica.


Note e riferimenti bibliografici

Bibliografia

FALCINELLI D., La “violenza assistita” nel linguaggio del diritto penale. Il delitto di maltrattamenti in famiglia aggravato dall’art. 61 n. 11 quinquies c.p., in Riv. it. dir. proc. pen., 1/2017.

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MASSARO A, G. BAFFA, LAURITO A., Violenza assistita e maltrattamenti in famiglia le modifiche introdotte dal c.d. codice rosso, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 3.

PADOVANI T., Diritto penale parte generale, Giuffrè, Milano, 2019.

RECCHIONE S., Codice Rosso, Come cambia la tutela delle vittime di violenza domestica e di genere con la legge 69/19, in Il Penalista, 26.07.19.

RUSSO D., Emergenza “Codice Rosso”. A proposito della della l. legge 19 luglio 2019, n. 69 in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, in Sistema Penale, Fasc. 1/20.

VIGLIONE G., Codice rosso ed emergenza Covid-19, in Unicost, 29.04.20.

Note

[1] I commi 1 e 2 del medesimo articolo prevedono tuttavia dei casi in cui tali disposizione non opera e l’autore è perseguibile.

[2] D. FALCINELLI, La “violenza assistita” nel linguaggio del diritto penale. Il delitto di maltrattamenti in famiglia aggravato dall’art. 61 n. 11 quinquies c.p., in Riv. it. dir. proc. pen., 1/2017, 173 ss. 

[3] A. MASSARO, G. BAFFA, A. LAURITO, Violenza assistita e maltrattamenti in famiglia le modifiche introdotte dal c.d. codice rosso, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 3.

[4] Cass. pen. sez. VI, 10.12.14, n. 4332; Cass. pen., sez. VI, 23.02.18, n. 18833; Cass. pen., sez. V, 29.03.18, n. 32368.

[5] Intervenendo su questo assetto normativo, la legge n. 69 del 2019 (c.d. codice rosso) ha modificato tanto la formulazione dell’aggravante prevista all’art. 61, n. 11-quinquies c.p. quanto quella dell’art. 572 c.p.. Più nel dettaglio, dall’art. 61, n. 11-quinquies c.p. è stato “espunto” il riferimento all’art. 572 c.p., facendo transitare l’aggravante direttamente nel testo dello stesso articolo. 

[6] D.RUSSO, Emergenza “Codice Rosso”. A proposito della della l. legge 19 luglio 2019, n. 69
in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere,
 in Sistema Penale, Fasc. 1/20.

[7] In questa sede saranno trattati, per ovvie ragioni, solamente gli articoli che hanno posto in essere le modifiche più significative da un punto di vista sostanziale e processuale.

[8] Si veda A.S. 1200 – Disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, nota breve pubblicata dal Servizio studi del Senato, n. 121 – luglio 2019. La riconducibilità della nozione di “violenza domestica e di genere” alle fattispecie sopra elencate, si ricava dal riferimento alle stesse contenuto negli artt. 1-3 della novella, contenenti disposizioni procedurali. Al riguardo l’omesso richiamo dell’art. 612-ter c.p. nell’art. 2 l.n. 69/2019 (“assunzione di informazioni”) appare il frutto di una mera svista del legislatore. 

[9] S. RECCHIONE, Codice Rosso, Come cambia la tutela delle vittime di violenza domestica e di genere con la legge 69/19, in Il Penalista, 26.07.19.

[10] Si vedano in tal senso le linee guida della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sassari, in Sistema Penale, 20.11.19.

[11] D. RUSSO, Op. cit.

[12] G. VIGLIONE, Codice rosso ed emergenza Covid-19, in Unicost, 29.04.20.

[13] Il testo integrale è disponibile al presente link

[14] Violenza domestica: aumento del fenomeno a livello globale, in Diritto Penale e Uomo Blog.

[15] Si rinvia all’intervista rilasciata dalla Segretaria Generale del Consiglio d’Europa Marija Pejčinović Burić alla Deutsche Presse Agentur (DPA), https://urly.it/367xk.

[16] Ass. Differenza Donna, Problematiche dei centri antiviolenza, delle case rifugio e sportelli antiviolenza e antitratta, 18.03.20.