• . - Liv.
ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Lun, 11 Mag 2020

Il potere di ordinanza al cospetto del principio di legalità: il caso del Sindaco di Messina

Modifica pagina

Luigi Moschiera



Il presente contributo si propone di esaminare il potere di ordinanza, con particolare riguardo a quello riconosciuto ai Sindaci in situazioni eccezionali di necessità ed urgenza e di verificare, alla luce del recente parere consultivo reso dal Consiglio di Stato sull´ordinanza n.105 del 5 aprile 2020, emessa dal Sindaco di Messina per fronteggiare il Covid-19, il rispetto dei limiti cui siffatto provvedimento dovrebbe soggiacere.


ENG This contribution aims to examine the power of ordinance, with particular regard to that recognized to the Mayors in exceptional situations of necessity and urgency and to verify, on the ground of the recent consultative opinion made by the Council of State on the order Nomber 105 of April 5, 2020 issued by the Mayor of Messina to face Covid-19, the observance of the limits to which this ordinance should be subject.

Sommario: 1. Il potere di ordinanza ai tempi del Covid-19; 2. La pericolosa tensione dell’ordinanza con il principio di legalità dell’azione amministrativa; 3. Una manifestazione della distonia del potere di ordinanza con il principio di legalità: il caso “De Luca”; 4. Considerazioni conclusive: alla ricerca della legalità violata

1. Il potere di ordinanza ai tempi del Covid-19

Sullo sfondo dell’emergenza epidemiologica da Corona-virus, è emerso l’esercizio di un potere quanto mai controverso nel complesso panorama delle fonti del diritto del nostro ordinamento: il potere di ordinanza.

Le ordinanze sono provvedimenti a contenuto atipico, assunti dai livelli del potere esecutivo a ciò autorizzati da un’espressa statuizione legislativa, per fronteggiare situazioni eccezionali non predeterminabili in via normativa[1].

La necessità, quale presupposto facoltizzante la loro adozione, è in grado di giustificare la vis specialis che le contraddistingue e che si sostanzia nell’attitudine a derogare alla disciplina normativa di rango primario, seppur nel rispetto della Costituzione e dei principi generali dell’ordinamento giuridico[2].

Con riferimento alla situazione attuale, l’esercizio del potere di ordinanza, tanto a livello regionale quanto a livello comunale, è stato legittimato dall’interesse supremo della salus rei publicae, sub specie di necessità di salvaguardare il fondamentale diritto alla salute di cui all’art. 32 della Carta costituzionale, suscettibile di essere leso, con riferimento a ciascuno degli individui presenti sul territorio nazionale, dall’elevato grado di contagiosità e dalla potenziale letalità del Covid-19.

Sembrano, dunque, icto oculi, integrati i requisiti necessari per l’emanazione dei provvedimenti in discorso, cioè il pericolo di danno grave e l’indifferibilità dell’intervento, da cui il carattere dell’urgenza, nonché l’impossibilità di avvalersi degli ordinari mezzi offerti dalla normativa, da cui deriva il carattere della contingibilità.

Ai fini del presente elaborato, non ci si soffermerà sul potere di ordinanza del governo regionale, ma si circoscriverà la trattazione al potere di ordinanza espressamente riconosciuto ai Sindaci dall’art. 54 del T.U.E.L. (d.lgs. 267/2000).

Ai sensi del comma 4 della disposizione sopra citata, infatti, “il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione”. Il comma 4-bis, aggiunge che “ i provvedimenti adottati ai sensi del comma 4 concernenti l'incolumità pubblica sono diretti a tutelare l'integrità fisica della popolazione, quelli concernenti la sicurezza urbana sono diretti a prevenire e contrastare l'insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l'accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero riguardano fenomeni di abusivismo, quale l'illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all'abuso di alcool o all'uso di sostanze stupefacenti”.

Tale disposto è stato, tuttavia, inciso dal calamo del Giudice costituzionale, che ha dichiarato, nella sentenza n. 115/2011, l’illegittimità costituzionale dell’art. 54, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), come sostituito dall’art. 6 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 luglio 2008, n. 125, nella parte in cui comprende la locuzione «, anche» prima delle parole «contingibili e urgenti». La Corte costituzionale, in particolare, ha affermato che la disposizione censurata vìola sotto più profili il dettato costituzionale: in primis, si pone in contrasto con la riserva di legge relativa, di cui all’art. 23 Cost., “in quanto non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello della imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati. Questi ultimi sono tenuti, secondo un principio supremo dello Stato di diritto, a sottostare soltanto agli obblighi di fare, di non fare o di dare previsti in via generale dalla legge”; in secundis viene in rilievo il contrasto con l’art. 97 Cost., che si ravvisa nell’assenza di una legge, di carattere formale e contenutistico, che guidi l’esercizio imparziale del potere sindacale di ordinanza e che comporta la conseguente lesione del principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge ex art. 3 Cost., “giacché gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti, a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci (…)” sicché ciò consentirebbe ai sindaci “restrizioni diverse e variegate, frutto di valutazioni molteplici, non riconducibili ad una matrice legislativa unitaria”[3].

Dagli stralci della pronuncia sopra riportata, si evince, dunque, che la maggiore preoccupazione della Consulta è quella di garantire che il ricorso da parte delle autorità amministrative locali al potere di ordinanza non si trasformi in uno strumento volto ad aggirare surrettiziamente il principio di legalità, ma che il suo esercizio si ponga in armonia con lo stesso. In altre parole, la Corte ammette che soltanto le ordinanze contingibili e urgenti possano derogare alle norme legislative vigenti, pur essendo sottoposte alle stringenti condizioni di tipicità dei presupposti e della temporaneità dei loro effetti, entro i limiti della situazione eccezionale e urgente cui far fronte, mentre nega che le cd. ordinanze di ordinaria amministrazione possano derogare alle norme legislative e regolamentari vigenti, in quanto incompatibili con il principio di legalità[4]. Tuttavia, una disarmonia – perlomeno apparente - con siffatto principio non può non riscontrarsi anche con riferimento alle ordinanze contingibili e urgenti: se, da un lato, esse sono giustificate dalla necessità, dall’altro non può negarsi che determinino nei fatti una deroga agli atti normativi di rango primario. La tenuta dell’equilibrio del nostro sistema delle fonti ha imposto, pertanto, a dottrina e giurisprudenza l’individuazione di limiti all’emanazione delle ordinanze, in modo tale che le stesse non oltrepassino il perimetro della legalità.

Da ultimo, si ricordi che sul potere di ordinanza del Sindaco, sia quale ufficiale del Governo sia come Capo dell’Amministrazione locale, ha inciso il recente decreto legge 20 febbraio 2017 n.14, recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48. La novella legislativa ha introdotto significative modificazioni al T.U.E.L., in particolare individuando analiticamente agli artt. 50 e 54 le situazioni che giustificano l’adozione delle ordinanze di necessità e di urgenza.

2. La pericolosa tensione dell’ordinanza con il principio di legalità dell’azione amministrativa

Posto che il principio di legalità, nella sua accezione sostanziale, prescrive non solo che l’azione amministrativa sia genericamente guidata dalla legge, ma che quest’ultima individui in modo pervasivo il contenuto e le modalità di esercizio del potere amministrativo, non si può negare che le ordinanze di necessità e di urgenza, dato il loro carattere derogatorio ai caratteri della tipicità e della nominatività propri dell’agere amministrativo, risultino stridenti con lo stesso[5].

E’ all’attività ermeneutica della giurisprudenza che si deve la costruzione di un “sentiero della legalità” lungo il quale le ordinanze contingibili e urgenti sono in grado di dispiegare i propri effetti senza alterare la gerarchia delle fonti del diritto. Non si deve dimenticare, infatti, che – assumendo che alle ordinanze si debba riconoscere rango di fonti normative di secondo grado – va salvaguardato quell’ordine gerarchico che le colloca in posizione subordinata rispetto alle fonti normative di rango costituzionale, comunitario e primario.

Sono, dunque, anzitutto questi i limiti di carattere sostanziale alla cui osservanza le ordinanze de quibus sono tenute: quanto ai precetti costituzionali, si deve senz’altro salvaguardare il principio di separazione dei poteri, essendo precluso alla P.A. l’esercizio del potere legislativo, pur essendo consentita la deroga a norme di rango primario; circa i principi generali dell’ordinamento, non si può sottacere la rilevanza in materia del fondamentale principio di proporzionalità in base a cui l’amministrazione deve adottare una soluzione idonea e adeguata che comporti il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti, sicché un’ordinanza ex art. 54 T.U.E.L. sarebbe illegittima se contenesse misure sproporzionate, cioè tali da comprimere la sfera giuridica dei destinatari in misura ultronea rispetto a quanto necessario per il raggiungimento dello scopo cui è volta l’azione amministrativa[6].

Quanto alla questione della compatibilità delle ordinanze contingibili ed urgenti con il diritto comunitario, l’applicazione rigorosa, fra i criteri di risoluzione delle antinomie normative, del principio gerarchico condurrebbe a ritenere che siffatti provvedimenti extra ordinem debbano essere in armonia con le fonti europee[7]. Queste ultime, infatti, nell’ideale piramide kelseniana delle fonti del diritto, si collocano ormai, addirittura, al di sopra della Costituzione, per effetto di quell’interpretazione della Consulta che le subordina esclusivamente all’osservanza dei principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico (cd. nucleo duro della Costituzione)[8]. Il tema non è stato, però, così seccamente liquidato in giurisprudenza: inizialmente, infatti, la giurisprudenza amministrativa aveva sostenuto la possibilità che le norme di diritto europeo fossero derogate dalle ordinanze extra ordinem; oggi, la dottrina e la giurisprudenza maggioritaria negano questa possibilità, facendo leva sul principio, edificato in via giurisprudenziale dalla CGUE e normalmente avallato dalle Corti costituzionali nazionali degli Stati membri dell’UE, della primauté del diritto comunitario sul diritto nazionale[9].

Accanto ai limiti sostanziali appena messi in evidenza, devono essere senz’altro menzionato i limiti procedimentali che trovano fondamento nelle fonti di rango primario. Il primo è l’obbligo di motivazione ex art. 3 della L. 241/90, che al comma 1 dispone che “ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria.”

La motivazione, alla luce dell’eccezionalità delle ordinanze, della loro atipicità contenutistica e della loro attribuzione alla stessa pubblica amministrazione, deve essere “rinforzata” e riguardare la sussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere extra ordinem[10]. La doverosità della motivazione sottintende il conseguente obbligo di condurre un’adeguata istruttoria ai fini dell’adozione dell’atto[11], che tuttavia potrebbe risultare difficoltosa alla luce della tempestività che il provvedimento deve avere per rispondere alla situazione emergenziale. L’amministrazione, tuttavia, non può fare a meno di esplicitare nella motivazione gli accertamenti istruttori indispensabili a verificare se sussistano i rischi concreti sulla base di cui dev’essere emessa l’ordinanza contingibile e urgente[12].

Il carattere tempestivo ed eccezionale cui si è appena fatto riferimento è alla base di un ulteriore limen all’esercizio del potere di ordinanza, rappresentato dal tempus: giacché la ragion d’essere delle ordinanze è legata alla necessità e all’urgenza, ne consegue – secondo l’interpretazione tradizionale della giurisprudenza – che le stesse non possano produrre i propri effetti indefinitamente, ma entro un limite temporale ben preciso, oltrepassato il quale, non si potrebbe giustificare il protrarsi dell’efficacia del provvedimento, salva la sopravvenienza di ulteriori ragioni di urgenza o il protrarsi della medesima situazione emergenziale. Un diverso orientamento, invece, sottolinea che la temporaneità o la permanenza delle ordinanze extra ordinem debba essere oggetto di un vaglio ex post del caso concreto che ne ha legittimato l’emanazione[13].

Analizzati i “parametri di legalità” del potere di ordinanza, non resta che verificare – per quel che ai nostri fini interessa - se gli stessi siano stati rispettati dal Sindaco di Messina che ha emesso l’ordinanza n.105 del 5 aprile 2020 per far fronte all’emergenza epidemiologica dovuta al Covid-19.

3. Una manifestazione della distonia del potere di ordinanza con il principio di legalità: il caso “De Luca”

Le preoccupazioni manifestate nel 2011 dal Giudice delle Leggi in ordine alla compatibilità fra le modalità di esercizio potere di ordinanza da parte delle autorità amministrative a ciò preposte e il principio di legalità dell’azione amministrativa si sono rivelate fondate, secondo l'opinione di molti, in relazione all’ordinanza del Sindaco di Messina n.105 del 5 Aprile 2020, avente ad oggetto “Ordinanza contingibile e urgente ex art. 50 D. Lgs. 267/2000. Misure urgenti per l’attuazione dei D.P.C.M. 8/3/2020, D.P.C.M. 9/3/2020 e D.P.C.M. 11/3/2020. Attraversamento dello Stretto di Messina attivazione del sistema di prenotazione online www.sipassaacondizione.comune.messina.it. Revoca Ordinanza Sindacale n. 80 del 26 marzo 2020 e disciplina utilizzo banca dati finalizzata alla verifica delle condizioni per l’attraversamento dello Stretto”.

 Il provvedimento suddetto, finalizzato, com’è noto, a fronteggiare la pandemia da Covid-19, trova il proprio fondamento normativo nell’art. 50 T.U.E.L., che al comma 5 statuisce che “In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all'urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. Negli altri casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali”. Al comma 6 precisa, tuttavia, che “in caso di emergenza che interessi il territorio di più comuni, ogni sindaco adotta le misure necessarie fino a quando non intervengano i soggetti competenti ai sensi del precedente comma”.

Prima di analizzare i profili di illegittimità dell’ordinanza in discorso, pare opportuno soffermarsi sul contenuto della stessa. L’ordinanza in esame ha introdotto l’obbligo per “Chiunque intende fare ingresso in Sicilia attraverso il Porto di Messina (Rada San Francesco, Porto Storico), sia che viaggi a piedi sia che viaggi a bordo di un qualsiasi mezzo di trasporto” di registrarsi, almeno 48 ore prima dell’orario previsto di partenza, “nel sistema di registrazione on-line www.sipassaacondizione.comune.messina.it, disponibile sul web e sulla pagina istituzionale del Comune di Messina”, fornendo una serie di dati identificativi personali e relativi alla località di provenienza, a quella di destinazione e ai motivi del trasferimento, e di “Attendere il rilascio da parte del Comune di Messina, e per esso della Polizia Municipale alla quale è demandata l’attuazione e la vigilanza sulla esecuzione della presente Ordinanza, del Nulla Osta allo spostamento”. La stessa, inoltre, esclude dal suo ambito di applicazione “i mezzi di soccorso e [al]le Forze dell’Ordine e di Polizia che viaggiano per motivi di servizio” e prevede poi un regime semplificato per i passeggeri viaggiatori c.d. “pendolari dello Stretto” (per i quali la prenotazione on-line verrà eseguita solo la prima volta senza bisogno di ripetere la procedura giornalmente). Al punto 8 dell’ordinanza si prevede correlativamente che “Chiunque intende fuoriuscire dalla Sicilia attraverso i collegamenti navali del Porto di Messina (Rada San Francesco e Porto Sorico) è tenuto a registrarsi accedendo al portale www.sipassaacondizione.comune.messina.it prima dell’imbarco”. La sua efficacia era prevista dalle ore 00.01 dell’8 aprile 2020 fino al 13 aprile 2020, con possibilità di proroga qualora dovessero ancora sussistere i caratteri di contingibilità ed urgenza che l’hanno determinata[14].

Fatta questa doverosa premessa di contenuto, l’esame dei profili di illegittimità dell’ordinanza verrà effettuato sulla base dei rilievi formulati dal Consiglio di Stato, del quale è stato chiesto dal Ministero dell’interno il parere consultivo per la proposta di annullamento straordinario del provvedimento in esame, ai sensi dell’art. 138 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e dell’art. 2, comma 3, lettera p), della legge n. 400 del 1988.

L’art. 138 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 dispone, infatti, che “In applicazione dell'articolo 2, comma 3, lettera p), della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, a tutela dell'unità dell'ordinamento, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, ha facoltà, in qualunque tempo, di annullare, d'ufficio o su denunzia, sentito il Consiglio di Stato, gli atti degli enti locali viziati da illegittimità”.

Il potere di annullamento straordinario degli atti degli enti locali, dunque, come si evince dalla lettera del sopra citato art. 138, trova fondamento nell’art. 2 c.3 lett.p) della L. 400/1988, che include, tra le “Attribuzioni del Consiglio dei ministri”, “le determinazioni concernenti l'annullamento straordinario, a tutela dell'unità dell'ordinamento, degli atti amministrativi illegittimi, previo parere del Consiglio di Stato e, nei soli casi di annullamento di atti amministrativi delle regioni e delle province autonome, anche della Commissione parlamentare per le questioni regionali”. Così individuata la radice normativa dell’istituto dell’annullamento straordinario e il ruolo rispetto allo stesso assunto dal Supremo Consesso, si passerà adesso alla disamina dei profili di illegittimità dell’ordinanza n.105 del 5 aprile 2020, adattando lo schema dei limiti al potere di ordinanza sopra esposto alle indicazioni contenute nel parere del Consiglio di Stato.

Con riferimento ai limina di carattere sostanziale l’Adunanza di Sezione del 7 Aprile del 2020 con parere n.735, ha individuato tre ordini di violazioni, che verranno di seguito descritti in ordine crescente, a partire dalla fonte di rango gerarchicamente inferiore.

In primis, il Consiglio di Stato ha affermato che, nella misura in cui l’ordinanza ha come destinatari “tutti gli individui che intendano fare ingresso in Sicilia”, attribuisce al Sindaco un potere non configurabile nel nostro ordinamento giuridico, giacché l’art. 50 T.U.E.L. limita l’efficacia del provvedimento extra ordinem dell’autorità amministrativa comunale al territorio locale, fatta salva la possibilità di emettere un’ordinanza che interessi il territorio di più Comuni solo laddove non intervengano i livelli di governo superiore, la quale ultima ipotesi, vista l’esistenza di provvedimenti statali in materia, non è riscontrabile[15]. Il giudice amministrativo precisa, poi, che un effetto espansivo dell’ordinanza a territori ulteriori rispetto a quello locale non può “comunque conseguito in via indiretta, in ragione del fatto che, per ragioni fisiche e geografiche o legate alla concreta configurazione attuale delle infrastrutture e delle reti di comunicazione, sia necessario un qualche attraversamento del territorio comunale da parte di persone provenienti da altre aree territoriali e dirette verso altri comuni di destinazione”[16].

Viene, altresì, ravvisata la violazione da parte dell’ordinanza del Sindaco di Messina di un ulteriore atto avente rango primario, cioè del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, in particolare nella parte in cui pone il divieto per i Sindaci di adottare ordinanze contingibili e urgenti in contrasto con le misure statali o che eccedano i limiti previsti dalla normativa speciale statale in materia. Si deve menzionare, a tal proposito, l’art. 2 del decreto legge sopra citato, che al c.1 prevede che le misure di contenimento del virus “sono adottate con uno o piu' decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentiti il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia, nonche' i presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l'intero territorio nazionale. I decreti di cui al presente comma possono essere altresi' adottati su proposta dei presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero del Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l'intero territorio nazionale, sentiti il Ministro dellasalute, il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia. Per i profili tecnico-scientifici e le valutazioni di adeguatezza e proporzionalita', i provvedimenti di cui al presente comma sono adottati sentito, di norma, il Comitato tecnico scientifico di cui all'ordinanza del Capo del dipartimento della Protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630”. Si deve citare, altresì, l’art. 3 dello stesso decreto-legge, rilevante per la descrizione nitida dei limiti che le autorità governative subordinate rispetto allo Stato incontrano nell’esercizio del potere di ordinanza per fronteggiare l’emergenza sanitaria: “Nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento, le regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive, tra quelle di cui all'articolo 1, comma 2, esclusivamente nell'ambito delle attivita' di loro competenza e senza incisione delle attivita' produttive e di quelle di rilevanza strategica per l'economia nazionale. I Sindaci non possono adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l'emergenza in contrasto con le misure statali, ne' eccedendo i limiti di oggetto cui al comma 1. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano altresi' agli atti posti in essere per ragioni di sanita' in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente”. I limiti posti dalla disciplina emergenziale di livello statale – prosegue l’Alto Consesso – risultano senz’altro travalicati, in quanto i profili trattati dall’ordinanza del Sindaco di Messina erano stati già oggetto di puntuale disamina sia da parte del d.P.C.M. 22 marzo 2020, che all’art. 1 c. 1 lett.b vieta “a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute”, sia da parte dell’art. 2 del decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e trasporti n. 120 del 17 marzo 2020, modificato con successivo decreto 18 marzo 2020, n. 122 (e prorogato con ordinanza del Ministro della salute, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 28 marzo 2020), che, con specifico riferimento all’attraversamento dello Stretto di Messina, ha disposto la sospensione del trasporto marittimo dei viaggiatori da e verso la Sicilia, la prosecuzione del solo trasporto delle merci possibilmente su unità di carico isolate non accompagnate, la limitazione degli spostamenti via mare dei passeggeri da Messina per Villa San Giovanni e Reggio Calabria e viceversa a sole 4 corse giornaliere A/R da effettuarsi nella fascia oraria dalle ore 6 alle 21 ed esclusivamente per gli appartenenti alle forze dell’ordine e alle forze armate, agli operatori sanitari pubblici e privati, ai lavoratori pendolari o per comprovate esigenze di lavoro, gravi motivi di salute e situazioni di necessità[17].

Siffatte disposizioni di rango statale, dunque, non prevedevano particolari modalità per la certificazione dello spostamento sul territorio nazionale, modalità che erano illegittimamente imposte, seguendo il ragionamento dal Consiglio di Stato, dall’ordinanza del Sindaco di Messina.

Proseguendo nella disamina della violazione dei limiti sostanziali, i giudici amministrativi affermano anche che l’ordinanza sindacale si ponga in contrasto con la disciplina di derivazione comunitaria in materia di protezione di dati di cui al d.lgs. 196/2003, “nella parte in cui impone, senza alcuna base di legge statale, alle persone di dichiarare e iscrivere, nel sito indicato, una pluralità di dati personali riservati in funzione dell’esercizio di un diritto fondamentale di circolazione costituzionalmente riconosciuto”[18]. Da ultimo meritano di essere analizzati i profili di illegittimità dell’ordinanza sindacale derivanti dalla violazione di disposizioni costituzionali di vertice del sistema delle fonti, rientranti nel cd. nucleo duro della Costituzione.

Nel dettaglio, risultano disattesi l’art. 23 della Costituzione, nella misura in cui non esiste una legge che legittimi l’obbligo di natura personale contenuto nell’ordinanza; l’art. 3 della Costituzione, poiché il provvedimento sindacale “introduce una irragionevole disparità di trattamento nei confronti delle persone che per motivi legittimi hanno necessità di attraversare lo Stretto, rispetto alla generalità dei cittadini sul restante territorio nazionale”; gli art. 13 e 16 della Costituzione relativi rispettivamente alla libertà personale e alla libertà di circolazione, che risultano indebitamente compromesse, al di fuori dei limiti posti dalla Carta costituzionale, dalla previsione, introdotta dall’ordinanza sindacale in questione, di un potere comunale di previa autorizzazione all’ingresso e al transito sul territorio comunale; da ultimo l’art. 117 Cost. lett h. e q., in quanto l’ordinanza sindacale ha un contenuto che sconfina nelle materie dell’ordine pubblico e sicurezza (lett.h) e della profilassi internazionale (lett. q.), che sono, invece, di competenza legislativa esclusiva dello Stato[19].

Infine, non sono stati rilevati dal Consiglio di Stato peculiari profili di censura relativamente all’inosservanza dei limiti procedimentali e temporali cui è sottoposto il potere di ordinanza.

4. Considerazioni conclusive: alla ricerca della legalità violata

Posto che il Consiglio di Stato ha rilevato i diversi profili di illegittimità sopra descritti dell’ordinanza n. 105 del 5 Aprile 2020, sembra opportuno esprimere qualche considerazione relativamente allo strumento cui si è fatto ricorso per ripristinare la legalità violata.

Il Governo, come prima accennato, si è avvalso del potere di annullamento straordinario contemplato nell’art. 138 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per il dispiegamento del quale si è reso necessario il parere – nel caso di specie favorevole – del Consiglio di Stato. Sulla ricostruzione di tale istituto si è espresso il Giudice costituzionale nella sentenza n. 229 del 1989, affermando che tale potere è stato concepito, a seconda dell’orientamento interpretativo, talora come una forma speciale di controllo sugli atti; tal altra come una species dell'autotutela e dell'annullamento di ufficio; altre volte ancora, infine, come espressione dell'attività di o di per il rilievo assunto dalla discrezionalità dell’intervento[20]. La conclusione da ultimo abbracciata dalla Consulta si sostanzia nella costruzione di un ibrido, in quanto la stessa propende per identificare l’annullamento straordinario come un atto che reca in sé tanto elementi del controllo di legittimità degli atti, con particolare riferimento al fatto che tale potere viene esercitato da un soggetto diverso dall'amministrazione che ha emesso l'atto oggetto di annullamento e nei confronti di atti comunque viziati sotto il profilo della legittimità, quanto dell'amministrazione attiva, in relazione a tre fattori: la mera facoltatività dell'annullamento, la mancanza di un limite temporale per il suo esercizio, l’ampia discrezionalità di cui gode l’Esecutivo nell’operare la valutazione circa la sussistenza di un interesse attuale di carattere generale in grado di giustificare il suo intervento straordinario[21].

Il Consiglio di Stato ha peraltro ribadito che tale potere “trova la sua ragion d’essere nell’obbligo gravante sul Presidente del Consiglio dei Ministri, sancito dall’art. 95 Cost., di assicurare il mantenimento dell’unità di indirizzo politico ed amministrativo, nel quadro di unità e di indivisibilità della Repubblica, di cui all’art. 5 Cost.”. L’individuazione di siffatti fondamenti costituzionali dell’annullamento straordinario rafforza la tesi secondo cui si tratterebbe di uno strumento nelle mani del Governo – che, laddove utilizzato, si estrinseca nella veste giuridica di decreto del Presidente della Repubblica – volto a garantire la tutela dell’unità dell’ordinamento attraverso l’esercizio dei poteri di alta amministrazione[22].

Sicché, da tale punto di vista, le illegittimità dell’atto annullato, sostanziantisi nella violazione dei limiti di competenza dell’autorità di governo dell’ente locale, rilevano, come sottolinea il giudice amministrativo, “solo in quanto mezzo o strumento attraverso il quale si attua la lesione dell’unità dell’ordinamento giuridico, la cui tutela costituisce il fine precipuo dell’istituto straordinario in esame”[23].

Si può, dunque, affermare che laddove un’ordinanza sindacale provi a turbare l’equilibrio del nostro sistema delle fonti del diritto, ponendosi in pericolosa frizione con il fondamentale principio di legalità, lo stesso equilibrio potrà essere agevolmente ripristinato da un intervento governativo demolitorio ab alto, sulla scorta dell’esigenza di tutela dell’unità dell’ordinamento.

Siffatta esigenza è ben tenuta a mente dal Consiglio di Stato, che alla fine del suo parere sottolinea come in presenza di emergenze nazionali, pur nel rispetto delle autonomie costituzionalmente tutelate, “vi deve essere una gestione unitaria della crisi per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o effettuare interventi ma anche di limitare le libertà costituzionali”[24]. La necessità dell’unitarietà dell’azione amministrativa è, peraltro, confermata dal disposto dell’art. 3 comma1 del decreto legge 19/2020 che circoscrive la facoltà per le Regioni di emettere misure di contenimento "a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, esclusivamente nell'ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l'economia nazionale".


Note e riferimenti bibliografici

[1] R. Garofoli, Manuale di diritto amministrativo – Parte Generale e Speciale, Nel Diritto Editore, 2019, pp. 65-71.

[2] Ibidem.

[3] Corte Cost., 7/04/2011, n.115.

[4] R.Bin, G, Pitruzzella, Le fonti del diritto, Giappichelli, Torino, Terza edizione, pp. 290-298.

[5] Sul principio di legalità si veda la dettagliata disamina di G. Corso, Manuale di diritto amministrativo, Giappichelli editore, VIII edizione, pp. 168-176.

[6] Ibidem, pp. 261-263.

[7] R.Bin, G.Pitruzzella, Diritto costituzionale, Giappichelli, Torino, 2014, pp. 332-343.

[8] Sul punto si vedano Corte Cost. 183/1973 e 170/1984; in dottrina la letteratura è sterminata. Si citano, a titolo esemplificativo, i contributi raccolti in I controlimiti. Primato delle norme europee e difesa dei principi costituzionali, a cura di A. Bernardi, Napoli 2017; G. Demuro, I contro-limiti e le identità costituzionali, in Diritto costituzionale. Rivista quadrimestrale, 2/2018, 15 ss.

[9] Sul principio della primazia del diritto comunitario si veda L. Daniele, Diritto dell’Unione europea, Giuffré, Milano, 2018,  pp. 294-303.

[10] R. Garofoli, Manuale di diritto amministrativo – Parte Generale e Speciale, Nel Diritto Editore, 2019, pp. 65-71.

[11] Sull’obbligo di adeguata istruttoria, v. Con. St., Sez. V, 21 febbraio 2017, n. 774.

[12] R. Garofoli, Manuale di diritto amministrativo – Parte Generale e Speciale, Nel Diritto Editore, 2019, pp. 65-71.

[13] E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè editore, 2011, pp. 361 ss.

[14] Cons. di St., Sez. I, N. affare 00260/2020, Adunanza di Sezione del 7 aprile 2020, punto 2.

[15] Ibidem, punto 6.1

[16] Ibidem, punto 6.1

[17] Ibidem, punto 8.2

[18] Ibidem, punto 7.1

[19] Ibidem, punti 6.2, 6.4, 7.2, 7.3.

[20] Corte Cost., 13/04/89, n. 229.

[21] Ibidem.

[22] Sul tema dell’ annullamento straordinario, si veda L. Sambucci, Annullamento governativo degli atti degli enti locali e sistema costituzionale delle autonomie, in www.contabilità-pubblica.it, 2012.

[23] Cons. di St., Sez. I, N. affare 00260/2020, Adunanza di Sezione del 7 aprile 2020, punto 5.

[24] Ibidem, punto 8.5