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Pubbl. Mer, 24 Giu 2015

La distinzione tra l’invalidità ad effetto viziante e invalidità ad effetto caducante

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Maria Pina Di Blasio


Il rapporto tra due atti amministrativi e le possibili conseguenze dell’illegittimità dell’atto “a monte".


Massima
 
“Per giurisprudenza consolidata, in presenza di vizi accertati dell’atto presupposto, deve distinguersi tra invalidità ad effetto caducante e invalidità ad effetto viziante, solo per la prima ammettendosi che l’annullamento dell’atto presupposto si estenda automaticamente  a quello consequenziale, anche ove quest’ultimo non sia stato tempestivamente impugnato. Quanto alla concreta individuazione della predetta tipologia di effetti, è pacifico che si debba valutare l’intensità del rapporto di consequenzialità, con riconoscimento dell’effetto caducante solo ove tale rapporto sia immediato, diretto e necessario, nel senso che l’atto successivo si ponga, nell’ambito della stessa sequenza procedimentale, come inevitabile conseguenza di quello anteriore, senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, con particolare riguardo appunto al coinvolgimento di soggetti terzi” (Cons. Stato, Sez. IV, 13 giugno 2013 n. 3272; Sez. VI, 27 novembre 2012 n. 1418).
 
 
 
Breve nota a sentenza
 
Cons. Stato, Sez., V, 20 gennaio 2015, n. 163
 
Nella pronuncia in epigrafe, il Consiglio di Stato torna nuovamente a pronunciarsi sul tema del rapporto che può avvincere due atti amministrativi e sulle possibili conseguenze che l’eventuale illegittimità dell’atto “a monte” spiega sull’atto che ad esso fa seguito. In altre parole, il punto centrale della questione è la verifica degli effetti che la sentenza di annullamento produce nei confronti di atti che rinvengono in quello impugnato, e quindi  caducato, il proprio antecedente logico e cronologico, a prescindere dalla loro contemporanea impugnazione.
 
Si ricorderà che, tradizionalmente, dottrina e giurisprudenza hanno distinto la portata di tali effetti a seconda della natura del rapporto. Orbene, la sentenza in commento conferma questa opzione ermeneutica, che pare ormai ormai consolidata.
 
Sulla base di tale assunto, la pronuncia di annullamento può estendere i suoi effetti esclusivamente nei casi in cui il rapporto intercorrente fra due atti amministrativi (nel casi di specie riguardava il tema dell’energia e della tutela dell’ambiente) si configuri in termini di derivazione – presupposizione. Gli atti sulla cui sorte ci si interroga, cioè, devono porsi nei confronti di quello oggetto di pronuncia caducatoria, “come conseguenza immediata, diretta e necessaria dell’emanazione dell’atto presupposto”.
 
E’ possibile, così, operare una summa divisio nell’ambito del più ampio genus dell’invalidità, in base alle diverse tipologie di rapporto.
 
Nell’ipotesi in cui l’atto annullato costituisca il presupposto per l’adozione dell’atto successivo, l’invalidità si staglia, per dir così, ad effetto “caducante”. L’annullamento del primo, pertanto, spiegherà automaticamente i suoi effetti sul secondo, comportandone tout court la caducazione.  Come è facilmente intuibile, non sarà necessario impugnare autonomamente il provvedimento successivo.
 
Laddove, viceversa, il rapporto non sia di stretta derivazione, non entrando l’atto caducato nel paradigma strutturale e funzionale degli atti applicativi, in quanto potrebbe essere presente una qualche e ulteriore discrezionalità dell’atto consequenziale, dovrà allora farsi riferimento alla sottocategoria dell’invalidità ad effetto “viziante”. L’illegittimità persiste. Il vizio viene, anche in tale ipotesi, mutuato. Tuttavia, l’atto non potrà ritenersi automaticamente caducato, in quanto rimane efficace fino quando non lo si porta all’attenzione dell’autorità giudiziaria, denunciando i vizi ch lo inficiano. Ne deriva, pertanto, che dovrà formare oggetto di autonoma impugnazione, entro il relativo termine decadenziale, pena il consolidamento della sua efficacia.