Pubbl. Mer, 8 Apr 2020
Il reato di scambio elettorale politico-mafioso nella legge n. 43 del 2019
Modifica paginaIn questo contributo si proverà ad analizzare la portata della nuova fattispecie di scambio elettorale politico mafioso (art. 416 ter c.p.). In particolare, verrà approfondito il tema dei rapporti strutturali con la vecchia fattispecie, evidenziandone le principali criticità ermeneutiche.
Sommario: 1. Le fattispecie a confronto. 2. Il fondamento storico-criminologico. 3. L’evoluzione normativa. 4. Analisi strutturale. 4.1. Il soggetto attivo. 4.2. La provenienza della promessa illecita. 4.3. L’oggetto dell’accordo. 4.4. L’evento aggravante. 4.5. La sanzione interdittiva. 5. Conclusioni.
Abstract ENG The central part of this paper revolves around the structural analysis of the exchange vote case. The absence of specific jurisprudential supports, due to the novelty of the regulatory intervention, pushes to valorise the ratio (through the reconstruction of the parliamentary works) and the normative evolution of the case in order to trace the intentions of the legislator: relevant data on the interpretative level.
Abstract ITA Il cuore di questo contributo ruota attorno all’analisi strutturale della fattispecie di voto di scambio. L’assenza di supporti giurisprudenziali specifici, data la novità dell’intervento normativo, spinge a valorizzare la ratio (attraverso la ricostruzione dei lavori parlamentari) e l’evoluzione normativa della fattispecie per risalire alle intenzioni del legislatore: dato rilevante sul piano interpretativo.
1. Le fattispecie a confronto
La legge n. 43 del 2019 ha sostituito l’art. 416 ter c.p. rubricato “scambio elettorale politico-mafioso”.
Per cogliere immediatamente la grande portata estetica della riforma è sufficiente accostare graficamente il nuovo testo con quello abrogato.
L’attuale testo prevede che “chiunque accetta, direttamente o a mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all'articolo 416 bis o mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416 bis in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità o in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa è punito con la pena stabilita nel primo comma dell'articolo 416 bis.
La stessa pena si applica a chi promette, direttamente o a mezzo di intermediari, di procurare voti nei casi di cui al primo comma.
Se colui che ha accettato la promessa di voti, a seguito dell'accordo di cui al primo comma, è risultato eletto nella relativa consultazione elettorale, si applica la pena prevista dal primo comma dell'articolo 416 bis aumentata della metà.
In caso di condanna per i reati di cui al presente articolo, consegue sempre l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.”.
Il testo della vecchia disposizione invece prevedeva che “chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’art. 416 bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modaalità di cui al primo comma”.
E’ evidente la notevole diversità strutturale delle due fattispecie, tra l’altro, dal punto di vista del soggetto attivo del reato, della condotta, dell’oggetto dell’accordo criminoso; cambia la cornice edittale; il reato si configura come eventualmente aggravato dall’evento ed è prevista una pesante sanzione interdittiva.
2. Il fondamento storico-criminologico
La ratio della riforma, come emerge dai lavori parlamentari[1] e come rilevato dai primi commentatori[2], è evidentemente quella di allargare l’ambito applicativo del reato di scambio elettorale politico-mafioso e di inasprire il trattamento sanzionatorio.
L’art. 416 ter c.p. è stato più volte interessato negli ultimi anni da vari interventi legislativi (v. par. 3). La legge n. 43 del 2019 si inserisce infatti nel solco tracciato da una serie di recenti modifiche legislative che hanno inciso sulla tipicità e sugli effetti della fattispecie.
La tendenza è quella di potenziare gli strumenti di intervento nella “zona grigia” tra mafia e politica, uno degli ambiti in cui è storicamente difficile una proficua operatività del diritto penale anche per la potenziale coincidenza tra il legislatore e destinatario della norma penale. Gli intrecci tra mafia e politica sono un cancro storico del sistema istituzionale repubblicano e sono alla base di eventi che hanno segnato la storia recente: si pensi, tra l’altro, all’omicidio di Piersanti Mattarella – fratello dell’attuale Presidente della Repubblica – presumibilmente assassinato perché “nel suo operato politico si era battuto per sradicare i vincoli di reciproco condizionamento tra politici, forze imprenditoriali e organizzazioni mafiose”[3]. In questo ambito, sempre sul piano storico, le azioni di contrasto si sono rivelate sempre poco efficaci: a partire dal “processo del secolo” a Giulio Andreotti, concluso senza una condanna nonostante la pubblica accusa avesse tentato di dimostrarne la vicinanza a Cosa Nostra[4].
Si può ragionevolmente inferire, dal dato storico e dalla costante attenzione del legislatore, che l’art. 416 ter c.p. è una norma-bandiera capace di calamitare l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema della lotta ai fenomeni di contiguità tra mafia e politica.
Il valore simbolico, oltre che giuridico, della fattispecie è ben sintetizzato nella relazione parlamentare sul disegno di legge A.S. 510. Il relatore correttamente sottolinea nella discussione orale che “il voto di scambio politico-mafioso è uno dei reati più gravi che può essere commesso in una democrazia. Esso infatti attenta alla libertà del voto, all'effettiva rappresentatività delle istituzioni e all'esercizio della sovranità da parte dei cittadini. Il reato di voto di scambio politico-mafioso attenta alla vita stessa della democrazia.
Non a caso, questo reato è stato introdotto nel nostro ordinamento per la prima volta nel 1992, nel momento in cui cosa nostra portava l'attacco più feroce al cuore dello Stato, massacrando Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e gli uomini che li proteggevano. Il reato di voto di scambio politico-mafioso viene introdotto a seguito del lavoro di Giovanni Falcone, che prima di essere ucciso stava lavorando al Ministero proprio a queste modifiche da introdurre nel codice, in particolare alla modifica dell'articolo 416-bis del codice penale, concernente il reato di associazione mafiosa, proprio per introdurre il suo attuale terzo comma il quale stabilisce che è espressione tipica del sodalizio mafioso il fine di «impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali». Questo inserimento nel codice penale veniva collegato, immediatamente dopo, in modo forte e potente, con all'articolo 416-ter. Il primo comma dell'articolo 416-ter pensato da Giovanni Falcone prevedeva il collegamento della pena fra il 416-bis e il 416-ter: il politico che si fosse accordato con il mafioso per avere i voti avrebbe subito la stessa pena dell'associato alle cosche. Questo, era il testo del 1992. Ma la classe politica del 1992 tradì Falcone e approvò una norma zoppa, come disse la dottrina; non ebbero il coraggio di approvare tutta la norma che aveva preparato Giovanni Falcone. E voi sapete - molti di voi erano qua nella scorsa legislatura - che c'è stato il tentativo e la domanda di riformare nella scorsa legislatura questo reato, per superare quella norma cosiddetta zoppa.”[5].
L’importanza del contrasto all’interferenza della criminalità mafiosa nella lotta politica è particolarmente rilevante per difendere le fondamenta del sistema democratico. Una operazione efficace di contrasto non è però semplice da attuare con strumenti normativi.
Il fenomeno mafioso è per natura caratterizzato, tra l’altro, da flessibilità e diffusività: tende a penetrare in ogni attività da cui possa trarsi beneficio economico. Storicamente le mafie sono caratterizzate da vari stadi evolutivi nei quali tendono a condizionare progressivamente la società civile, il circuito economico e il circuito politico.
La dottrina distingue i vari step evolutivi in: fase predatoria; fase corruttiva; fase simbiotica[6].
Nella prima fase, attraverso l’uso dell’intimidazione, resa possibile con la capitalizzazione della violenza, la mafia tende a sfruttare assoggettamento e omertà della popolazione per far prosperare i propri traffici. La società civile, percependo di essere indifesa contro la violenza del sodalizio criminoso, rinuncia a ostacolare l’esercizio delle attività delittuose.
Nella seconda fase, l’associazione mafiosa, ottenuto il controllo “militare” del territorio, aspira a ottenere il controllo economico: attraverso il condizionamento sia delle attività economiche private (il racket delle estorsioni) che di quelle pubbliche (infiltrazioni nel settore degli appalti).
L’esercizio di attività economiche legali aumenta esponenzialmente le potenzialità operative della mafia: consente, da un lato, di riciclare i proventi delle attività criminose e, dall’altro, di conseguire nuovi utili nel circuito economico legale falsando la concorrenza.
L’infiltrazione nel settore degli appalti è storicamente il fenomeno più pericoloso in questa fase perché rischia di indirizzare fondi pubblici alla criminalità, penalizzando le imprese sane e ledendo l’ordine pubblico economico[7]. Inoltre, è immanente il rischio di pregiudizio per il buon andamento della pubblica amministrazione[8], che deriva dall’instaurazione di rapporti contrattuali con operatori economici vicini a soggetti sistematicamente dediti al crimine.
In questo settore, hanno grande importanza, a tutela dell’ordine pubblico economico, gli strumenti amministrativi di intervento previsti dalle leggi di settore: tra cui, vi sono le comunicazioni antimafia[9] , le informative prefettizie antimafia[10], l’amministrazione giudiziaria dei beni[11], il controllo giudiziario delle aziende[12], le misure straordinarie di gestione delle imprese[13].
L’ultima fase di espansione dell’influenza mafiosa culmina col condizionamento del circuito politico-democratico. Il metodo mafioso o l’appartenenza ad un sodalizio sono utilizzati per veicolare il consenso elettorale, pregiudicando la libertà del voto su cui si fonda la vita democratica[14] e istituendo un vero e proprio rapporto contrattuale, paritetico e corrispettivo, con gli attori della competizione politica.
L’art. 416 ter c.p.è stato storicamente introdotto proprio per tentare di scardinare e reprimere tali rapporti che esprimono la pericolosità dell’influenza mafiosa nei rapporti politici, quindi nel suo stadio più avanzato di penetrazione nel tessuto sociale.
3. L’evoluzione normativa
L’attuale configurazione dell’art. 416 ter c.p. è l’esito di una costante evoluzione normativa. Infatti, questa fattispecie è stata spesso rimaneggiata, nel corso del tempo, dal legislatore, tra l’altro, al fine di superarne i limiti evidenziati nella prassi.
Non sembra perciò superfluo ripercorrere brevemente il percorso della norma perché in chiave interpretativa l’argomento storico-evolutivo può rivelarsi utile.
La fattispecie di scambio elettorale politico-mafioso, come noto, è stata introdotta negli anni ’90.
Prima dell’intervento del legislatore gli unici reati specificamente rilevanti in materia elettorale erano le fattispecie di corruzione elettorale[15] e di coercizione elettorale[16], previste, rispettivamente, dagli artt. 96 e 97 del d.P.R. n. 361 del 1957 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati).
Si tratta di fattispecie tuttora in vigore.
La versione originaria dell’art. 416 ter c.p. è stata introdotta – dopo la cd. strage di Capaci, in cui persero la vita Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della scorta – con l'art. 11 ter del d.l. n. 306 del 1992 (c.d. decreto Scotti-Martelli), convertito dalla legge n. 356 del 1992.
Il decreto del 1992 ha modificato anche la formulazione dell’art 416 bis c.p. aggiungendo, tra le finalità tipiche dell’associazione mafiosa quella di “impedire o di ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali” (comma 3).
Nella formulazione originaria il politico che otteneva la promessa di voti in cambio della promessa di denaro era punito con la stessa pena prevista per il reato di associazione mafiosa (da 7 a 12 anni). Il corrispettivo, penalmente rilevante, della promessa era limitato al solo denaro: ogni contropartita di utilità diverse (immobili, oro, orologi, appalti, ecc...) rendeva il fatto penalmente irrilevante. E’ evidente la ridotta efficacia applicativa della norma.
Il mafioso-promittente era punito ai sensi dell’art. 416 bis c.p. e dell’art. 97 D.P.R. n.361 del 1957, ovvero per coercizione qualora si fosse in concreto avvalso della capacità intimidatrice allo scopo di reperire voti. Al fine di irrigidire il trattamento sanzionatorio il decreto Martelli-Scotti ha elevato le cornici edittali dei reati di corruzione e di coercizione elettorale.
In seguito, l’art. 24 ter della legge n. 94 del 2009 (disposizioni in materia di sicurezza pubblica) ha inserito gli artt. 416, 416 bis, 416 ter c.p, nonché i delitti aggravati dal metodo mafioso o dall’agevolazione mafiosa (art. 7 del d.l. 152 del 1991), nell’elenco dei reati presupposto idonei ad attivare la responsabilità degli enti (d.lgs n. 231 del 2001).
La legge n. 62 del 2014[17], invece, ha completamente riformulato la fattispecie di voto di scambio: ampliando l'oggetto della controprestazione anche ad "altra utilità" oltre al denaro; inserendo l'esplicito riferimento al metodo mafioso che deve connotare la promessa di procurare voti in cambio di denaro o altra utilità (è inserita la locuzione "alle modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis"); trasformando il reato da plurisoggettivo improprio, a reato plurisoggettivo proprio, incriminando cioè anche la condotta del soggetto che promette di procacciare i suffragi; riducendo la cornice edittale (da 4 a 10 anni).
La riforma del 2014, quindi, da un lato, estende ma, dall’altro, restringe l’ambito applicativo della norma. Infatti, punisce anche le fattispecie concrete in cui viene accordata come corrispettivo una utilità diversa dal denaro ma, al contempo, tipizza l’uso del metodo mafioso come oggetto della promessa, implicando che il dolo del politico-contraente dell’accordo criminoso debba investire anche tali modalità di procacciamento dei voti (e occorre logicamente la prova secondo il criterio dell’oltre ogni ragionevole dubbio ai sensi dell’art. 533 c.p.p.).
La legge n. 19 del 2015 ha poi modificato la disciplina esecutiva e processuale della fattispecie in esame modificando l’art. 4 bis o.p.[18] e l’art. 51 comma 3 bis c.p.p.[19], escludendo la concessione dei benefici penitenziari e attribuendo le funzioni di Pubblico Ministero alla Direzione Distrettuale Antimafia.
Infine, la legge n. 103 del 2017 ha elevato la cornice edittale: da 6 a 12 anni.
Al termine di questo travagliato percorso evolutivo – quindi dopo due modifiche radicali in meno di cinque anni – l’art. 416 ter c.p. assume la sua attuale conformazione con la legge n. 43 del 2019, a partire dalla quale si può iniziare l’analisi strutturale.
4. Analisi strutturale
Gli elementi strutturali innovativi, come risulta evidente nello schema di raffronto riportato nel primo paragrafo, attengono al soggetto attivo del reato, alla connotazioni penalmente rilevanti dell’accordo (oggetto e parti), ai possibili corrispettivi.
Inoltre, è stato aggiunto il comma 3 che caratterizza la fattispecie come reato eventualmente aggravato dall’evento[20].
E’ stato aggiunto, tra l'altro, un quarto comma in cui si prevede una sanzione fissa interdittiva perpetua[21].
4.1 Il soggetto attivo del reato
La nuova fattispecie specifica che è penalmente rilevante l’accettazione della promessa di voti operata “direttamente o a mezzo di intermediari”. Lo scopo della riforma sembra quello di estendere l’ambito applicativo della fattispecie attraverso la previsione di nuovi soggetti attivi. La riforma è stata interpretata in questo senso dai primi commentatori[22]. In realtà, la fattispecie non allarga l’elenco dei soggetti attivi. E’ testualmente evidente che il soggetto attivo resta “chiunque” accetti la promessa. La modifica legislativa, invece, incide sulla modalità di accettazione della promessa incriminata, che ora può essere esplicitamente diretta o indiretta. In altre parole, viene modificata la condotta incriminata[23].
Partendo dalla premessa che si tratta di un reato contratto[24], si incide sulla modalità di formazione dell’accordo. Si tratta di un elemento normativo della fattispecie che rinvia all’ordinamento civilistico: in particolare, alla disciplina di formazione del contratto, cui evidentemente afferisce l’accettazione della promessa (id est: l’accordo) da cui deriva il perfezionamento del reato. Per cui se l’accordo si può di per sé concludere sia direttamente che “a mezzo di intermediari” in qualità di mandatari ricorrendo all’istituto del mandato[25], allora si deduce che la modifica normativa si rivela inutile perché non estende realmente l’ambito applicativo della fattispecie. Già prima della riforma, era punibile “chiunque accetta” la promessa: anche per l’accettazione mediata dall’intervento di un mandatario.
La norma potrebbe avere, comunque, una rilevanza nell’estendere la punibilità anche all’intermediario che intercede nella promessa di voti.
L’intenzione del legislatore sembra proprio quella di fugare ogni dubbio sulla punibilità degli intermediari. Secondo la mens legislatoris infatti “nell'emendamento si estende la punibilità a chi si adopera per far ottenere la promessa di voti, figura che corrisponde all'intermediario”[26].
Sul piano giuridico però era già sostanzialmente punibile l’intermediario in dolo alla luce della disciplina sul concorso di persone nel reato (art. 110 c.p.)[27]. Così formulata, quindi, la disposizione è poco utile.
Prima della riforma la giurisprudenza sembrava già ammettere la punibilità dell’intermediario nell’ambito dei reati-contratto[28].
Infine la norma, tipizzando espressamente la punibilità solo di chi accetta “a mezzo di intermediari” e non anche, simmetricamente, di chi promette con le stesse modalità, rischia di ingenerare il dubbio che il promittente (mafioso) che si adoperi attraverso intermediari non sia punibile. Infatti, secondo il principio ubi lex voluit dixit – che è particolarmente rilevante in ambito penale, alla luce del principio di tipicità – si dovrebbe inferire, operando una lettura rigorosa del dato letterale, che l’intermediario del mafioso non sarebbe oggi sanzionabile, a differenza dell’intermediario del politico. Il promittente tramite intermediario infatti non è attualmente incriminato: se avesse voluto farlo il legislatore lo avrebbe specificato come lo ha fatto in relazione all’accettazione. Tale lettura è evidentemente inaccettabile sul piano della politica criminale ma è quella più aderente al dato letterale della disposizione. Ove tale lettura – poco auspicabilmente – fosse confermata dalla giurisprudenza, allora certificherebbe l’esistenza di un dannosissimo effetto collaterale della riforma.
4.2. La provenienza della promessa illecita
L’ambito applicativo della fattispecie è ora esteso ai casi in cui la promessa provenga “da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all'articolo 416-bis”.
La provenienza soggettiva della promessa, a prescindere dalle modalità di reperimento dei voti, è sufficiente a rendere il fatto penalmente rilevante.
La locuzione presenta, per certi versi, profili di dubbia legittimità costituzionale. Infatti, sembra arretrare eccessivamente la soglia di difesa sociale rispetto a fatti che possono essere in concreto avulsi da una colorazione mafiosa e sganciati dal principio di offensività. Si pensi alla promessa di voti proveniente da un affiliato poco influente nella gerarchia associativa e relativa ai soli voti dei componenti – magari incensurati – del proprio nucleo familiare. Tenuto conto che il diritto di voto è costituzionalmente garantito[29] e può essere inciso solo in ipotesi tassative, allora sorge il dubbio che una fattispecie incriminatrice così strutturata possa stridere, in alcune ipotesi di confine, coi principi costituzionali: si rischierebbe, in altre parole, di sconfinare nel diritto penale d’autore.
Sul piano applicativo, il nuovo elemento costitutivo dovrebbe determinare un ampliamento dell’ambito applicativo della norma incriminatrice.
L’effetto ampliativo, alla luce della giurisprudenza precedente all’entrata in vigore della riforma, è di notevole portata.
Prima dell’aggiunta della nuova e più specifica locuzione la Suprema Corte aveva chiarito che “non è necessario che nel corso della campagna elettorale vengano realizzati comportamenti violenti, specifiche minacce o venga comunque esternata in forma cogente l’indicazione di voto essendo sufficiente invece che la predetta indicazione di voto, sia comunque percepita all’esterno come proveniente dall’organizzazione mafiosa e come tale sorretta dalla forza intimidatrice del vincolo associativo”[30]. In sostanza, occorreva sia la mafiosità del promittente che un concreto impegno in campagna elettorale. In altre parole, la provenienza soggettiva della promessa da un esponente mafioso era sufficiente a integrare il reato, solo se accompagnata da una indicazione di voto. Oggi viene superata la necessità di tale indicazione di voto in quanto in quanto è richiesta la mera provenienza soggettiva della promessa.
Il dolo di chi accetta la promessa deve ovviamente investire la sua provenienza mafiosa.
Il ricorso esplicito e concreto al metodo mafioso non era invece, nemmeno ante-riforma, un presupposto necessario per integrare il reato, essendo sufficiente una intimidazione ambientale. Ora questa coercizione indiretta è presunta sulla base della mera appartenenza del promittente all’associazione mafiosa. La presunzione sembra giustificata e non irragionevole alla luce del fenomeno mafioso. Un significativo margine di utilità la nuova locuzione potrebbe averlo in relazione alle nuove mafie, non ancora radicate sul territorio e senza un riconosciuto capitale di violenza da cui far derivare la possibilità di operare una intimidazione ambientale[31].
Sul piano probatorio, infine, la consapevolezza della provenienza della promessa da parte di un “mafioso” può essere difficile da provare. In particolare, nelle ipotesi in cui ci sia una catena di intermediari nel corso della quale sbiadisce il dolo dei soggetti coinvolti. Non è in concreto pensabile che ogni intermediario possa “spendere il nome” del soggetto mafioso in nome e per conto del quale opera.
Questo profilo critico della nuova fattispecie è stato particolarmente evidenziato in parlamento da Pietro Grasso, senza riuscire ad ottenere la modifica della norma[32].
4.3. L’oggetto dell’accordo
L’oggetto dello scambio è stato esteso a “qualunque” altra utilità. L’aggiunta è indice della volontà di ampliare il più possibile l’ambito applicativo della fattispecie. Tuttavia la giurisprudenza interpretava già la locuzione “altra utilità” in maniera estensiva al punto da includere anche l’utilità morale[33]: per cui appare quantomeno dubbia l’utilità di questa modifica, nella misura in cui è difficile immaginare una interpretazione più ampia di “altra utilità”.
Inoltre, è stata tipizzata una nuova possibile contropartita dell’accordo criminoso costituita dalla “disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa”. In questi casi, il reato è integrato con la semplice “messa a disposizione” dell’associazione senza la necessità che sia in concreto favorita.
L’aggiunta tipizza una colorazione del fatto in presenza della quale la giurisprudenza riconosce da tempo anche l’esistenza del concorso esterno in associazione mafiosa[34], il quale può essere integrato pacificamente anche dal reato di scambio elettorale politico-mafioso.
In altre parole, la “disponibilità” del politico rientrava già nell’ambito dei potenziali corrispettivi dell’accordo criminoso in quanto sussumibile nel concetto di “altra utilità”.
4.4. L’evento aggravante
Il comma 3 prevede che “se colui che ha accettato la promessa di voti, a seguito dell'accordo di cui al primo comma, è risultato eletto nella relativa consultazione elettorale, si applica la pena prevista dal primo comma dell'articolo 416 bis aumentata della metà”.
E’ una vera novità. E’ prevista una nuova aggravante ad effetto speciale. La norma pone due problemi: uno sostanziale; uno probatorio.
Da un lato, la previsione di un aumento di pena consistente in misura fissa (la metà) stride con i principi di proporzionalità e personalità[35] in quanto non consente al giudice di modulare l’aumento di pena in base alle peculiarità del fatto. Dall’altro la prova del nesso causale tra l’accordo e l’elezione risulta difficilissima alla luce della segretezza del voto[36].
4.5. La sanzione interdittiva
Il nuovo comma 4 prevede che “in caso di condanna per i reati di cui al presente articolo, consegue sempre l'interdizione perpetua dai pubblici uffici”. Si tratta di una pena interdittiva perpetua fissa. Si applica “sempre”: quindi si applica necessariamente la stessa sanzione a due ipotesi punite con pene radicalmente diverse, ovvero sia alla fattispecie base di cui al primo comma sia a quella aggravata (con un aumento di pena della metà) di cui al terzo comma. Il legislatore tratta evidentemente allo stesso modo due ipotesi diverse, per cui si può inferire quantomeno una violazione del principio di ragionevolezza.
Di recente la Corte Costituzionale ha ritenuto le pene fisse incompatibili con il “volto costituzionale della pena”. In particolare la Corte ha sottolineato la difficile compatibilità costituzionale – con particolare riferimento agli artt. 3, 27 c. 1 e 3, 117 Cost. – delle pene accessorie fisse comminate per violazione dei principi di uguaglianza/ragionevolezza del trattamento sanzionatorio e con la necessaria funzione rieducativa della pena[37].
Sorgono seri dubbi sulla tenuta costituzionale di questo nuovo comma 4.
5. Conclusioni
Per concludere, si deduce che le modifiche all’art. 416 ter c.p., introdotte con la legge n. 43 del 2019, ampliano l’ambito applicativo del primo comma della fattispecie, in modo moderatamente innovativo e non rivoluzionario.
Si introducono, invece, trattamenti sanzionatori rigidi e innovativi sia al terzo che al quarto comma: che rischiano però di essere incompatibili con i principi costituzionali.
[1] V. i lavori parlamentari relativi al disegno di legge A.S. 510 sono disponibili sui siti istituzionali delle camere.
[2] V. G. Amarelli, La riforma dello scambio elettorale, in penalecomtemporaneo.it, 4 giugno 2019; A. Cisterna, Voto di scambio: la legge pubblicata in Gazzetta, in quotidianogiuridico.it, 28 maggio 2019; G. Amarelli, L’ennesima riforma dello scambio elettorale politico-mafioso tra molte ombre e nessuna luce, in Dir. pen. proc., 2019.
[3] V. G.Turone, L’omicidio di Piersanti Mattarella, in riv. diritto penale e uomo n. 1/2020.
[4] Il caso Andreotti, come noto, non riguarda l’accusa di voto di scambio (perché all’epoca il reato non esisteva) ma quella di associazione mafiosa. Le condotte ricostruite dall'accusa (senza portare ad alcuna condanna) hanno riferito un perdurante coinvolgimento di Giulio Andreotti con Cosa Nostra. Il teorema accusatorio della Procura di Palermo, in sostanza, non portò alla condanna per violazione col principio di irretroattività delle norme penali sfavorevoli. La legge istitutiva dell’art. 416 bis c.p. (l. n. 646 del 1982) aveva disposto infatti l’entrata in vigore del nuovo delitto associativo solo a partire dal 29 settembre 1982, mentre i fatti imputati risalivano al periodo precedente. Queste informazioni sono ricavate da: Lino Jannuzzi, Il processo del secolo. Come e perché è stato assolto Giulio Andreotti, Milano, Mondadori, 2001; M. Franco, C’era una volta Andreotti-Ritratto di un uomo, di un’epoca e di un Paese, 2019, Solferino. Si legga, altresì, il dictum della Corte di Cassazione, sent. n. 49691/2004.
[5] V. resoconto stenografico della seduta n. 050 del 23.10.2018, XVIII legislatura, in senato.it
[6] V. A.Apollonio, estorsione “ambientale” e art. 416-bis.1 c.p. al cospetto dei modelli mafiosi elaborati dalla giurisprudenza, in Riv. Giur. Cassazione penale n. 10/2018.
[7] art. 41 Cost.
[8] art. 97 Cost. e art. 1 L. n. 241 del 1990.
[9] art. 84 comma 2 del d.lgs. 159 del 2011.
[10] art. 91 del d.lgs. n. 159 del 2011.
[11] art. 34 d.lgs. n. 159 del 2011.
[12] art. 34 bis d.lgs. n. 159 del 2011
[13] art. 32 d.l. n. 90 del 2014 conv. In L. n. 114 del 2014.
[14] art. 48 comma 2 della costituzione.
[15] In base al quale è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da 309 a 2.065 euro chiunque, per ottenere a proprio od altrui vantaggio […] il voto elettorale o l'astensione, offre, promette o somministra denaro, va-lori, o qualsiasi altra utilità, o promette, concede o fa conseguire impieghi pubblici o privati ad uno o più elettori o, per accordo con essi, ad altre persone. La stessa pena si applica all'elettore che ha accettato offerte o promesse o ha ricevuto denaro o altra utilità.
[16] In base al quale è punito con la reclusione da un anno a cinque anni e con la multa da 309 a 2.065 euro chiunque usa violenza o minaccia ad un elettore o ad un suo congiunto, per costringere l'elettore a […] votare in favore di una determinata lista o di un determinato candidato […] o, con notizie da lui conosciute false, con raggiri od artifizi, ovvero con qualunque mezzo illecito atto a diminuire la libertà degli elettori, esercita pressione per costringerli a […] votare in favore di determinate liste o di determinati candidati […].
[17] La qual prevede che “chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’art. 416 bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma”
[18] L’art. 416 ter c.p. rientra ora nell’elenco dei reati ostativi di cui all’art. 4 bis o.p.: “L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell'articolo 58 ter della presente legge o a norma dell'articolo 323 bis, secondo comma, del codice penale: delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319 bis, 319 ter, 319 quater, primo comma, 320, 321, 322, 322 bis, 416 bis e 416 ter del codice penale …”
[19] Art. 51 comma 3-bis c.p.p.: “Quando si tratta di procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416, sesto e settimo comma, 416, realizzato allo scopo di commettere taluno dei delitti di cui all'art. 12, commi 1, 3 e 3 ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, 416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 473 e 474, 600, 601, 602, 416 bis, 416 ter, 452 quaterdecies e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416 bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309 , e dall'articolo 291 quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, le funzioni indicate nel comma 1 lettera a) sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente”.
[20]Art. 416 ter comma 3 c.p.: “Se colui che ha accettato la promessa di voti, a seguito dell'accordo di cui al primo comma, è risultato eletto nella relativa consultazione elettorale, si applica la pena prevista dal primo comma dell'articolo 416 bis aumentata della metà”.
[21] Ar. 416 ter comma 4 c.p.: “In caso di condanna per i reati di cui al presente articolo, consegue sempre l'interdizione perpetua dai pubblici uffici”.
[22] V. G.Amarelli, op. cit.
[23] Questo risulta evidente dai lavori parlamentari nei quali si sottolinea che la fattispecie “estende la punibilità anche ai casi in cui la condotta incriminata sia stata realizzata mediante il ricorso ad intermediari”. La modifica incide sulla condotta e non amplia in nessun modo l’ambito soggettivo di applicazione della norma (Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 051 del 24.10.2018).
[24] A. Salerno, Il sistema del diritto penale, III, le forme di manifestazione del reato, I reati plurisoggettivi, cap. I, Dike 2017.
[25] Artt. 1703 ss. c.c.
[26] Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 051 del 24.10.2018.
[27] Fiandaca - Musco, Diritto Penale, Parte Generale, Concorso eventuale e reati associativi, IV ED. , Zanichelli Editore, 2005.
[28] V. Cass. penale n. 2010, n. 7921; Cass. penale n. 2012, n. 40677. La Suprema Corte riconosce pacificamente la punibilità dell’intermediario che interviene nelle “trattative” finalizzate alla conclusione dell’accordo estorsivo, partecipando alla determinazione della somma di denaro e delle modalità di pagamento.
[29] Art. 48 Cost.
[30] Cass. pen. n. 37374 del 2014.
[31] V. in generale sull’argomento delle nuove mafie: A. Apollonio, op. cit.
[32]Si riporta l’intervento orale di Pietro Grasso in Senato: “Signor Presidente, con grande dispiacere devo prendere atto che, per un'impuntatura della maggioranza, tutti gli aspetti positivi che potevano costituire un'occasione per migliorare la norma frutto di una riforma legislativa del 2014 purtroppo sono vanificati da alcune parole dell'articolo 1 del testo della Commissione, ossia che la promessa di procurare voti debba necessariamente provenire da parte di soggetti la cui appartenenza alle associazioni di cui all'articolo 416-bis sia a nota al candidato.
Non dimentico che nel 1991, da consulente della Commissione parlamentare antimafia, sono intervenuto per un'indagine in Calabria, dove le primarie si facevano a colpi di pistola uccidendo gli aspiranti candidati per poter imporre quelli appoggiati dalla 'ndrangheta. Questo è per capire cosa può succedere in certe Regioni nel momento delle consultazioni elettorali. Per fortuna, non siamo a quei tempi e di passi avanti se ne sono fatti, ma il pericolo dell'inquinamento delle consultazioni elettorali permane sempre.
Penso all'ipotesi di un esponente mafioso, protagonista delle cronache giudiziarie, un personaggio al vertice della famiglia mafiosa locale, più volte tratto in arresto, che magari si sottrae al processo rendendosi latitante prima che la sentenza diventi irrevocabile, al quale il candidato, tramite intermediari - è prevista anche l'ipotesi di intermediari - si rivolge sin dall'avvio della campagna elettorale per ottenere voti. In questo caso, saremmo o no in presenza di un'ipotesi di scambio, come previsto dall'articolo 416-ter? Se, secondo l'interpretazione rigorista, bisogna avere - la nostra Costituzione lo prevede - una condanna definitiva per essere riconosciuto responsabile del reato di cui al 416-bis, ovvero di associazione mafiosa, non c'è dubbio che questo requisito va a completare l'interpretazione della norma, per cui arriveremmo a questo assurdo.
Ancora una volta faccio un ultimo appello al rappresentante del Governo e al relatore - peraltro oggi assente e sostituito degnamente dal presidente della Commissione giustizia - in relazione all'emendamento 1.1. Se è necessario, sono pronto a ritiralo nell'ipotesi in cui il relatore o il Governo possano farlo proprio e magari riuscire a risolvere quello che per me rimane comunque un vero problema.
La riforma prevede tutta una serie di concetti che migliorano il testo, tranne nel punto in questione. Quindi, si potrebbe ricostruire il testo precedente con le ulteriori modifiche migliorative senza, però, riferire il voto di scambio soltanto all'accordo.
Vorrei poi capire: nel caso di intermediario del mafioso che viene in contatto con l'aspirante candidato - il quale può avere a sua volta un intermediario - l'intermediario deve portare la notizia che agisce in nome e per conto di un mafioso condannato in via definitiva? A me pare che questa, così come ipotizzata, sia una barzelletta” (Legislatura 18ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 051 del 24.10.2018).
[33] La locuzione “altra utilità” compare in una serie di reati, tra cui: art. 316 c.p., peculato mediante profitto dell'errore altrui;art. 317 c. p., concussione; art. 319 c.p., corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio; art. 321 c.p.; in nessun caso l’interpretazione di tale locuzione è stata restrittiva né ha mai destato dubbi tali da spingere il legislatore ad aggiungere la parola “qualunque”. L’art. 416 ter c.p. da questo punto è una norma pionieristica.
[34] Secondo Cass. pen. n. 4893 del 2000 in particolare “…un uomo politico estraneo alla associazione, ma disponibile al soddisfacimento delle esigenze della stessa, potrà rivestire, in ragione del suo comportamento, il ruolo di concorrente esterno …”; conf. Cass. pen. n. 8531 del 2013; Cass. pen. n. 44466 del 2012.
[35] Art. 27 cost.
[36] Art. 48 comma 2 cost.
[37] Corte. Cost. n. 222 del 2018 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 216, ultimo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare) nella misura in cui prevedeva una pena interdittiva fissa di dieci anni. A fortiori è indiziata di illegittimità una pena perpetua.