Pubbl. Mar, 3 Mar 2020
Sigarette elettroniche: applicabile la disciplina sul contrabbando tradizionale
Modifica paginaLa Corte di Cassazione ha recentemente affermato che l’art. 291 bis comma 2 del d.P.R. n. 43 del 1973 sul contrabbando di tabacchi trova applicazione anche ai liquidi per sigarette elettroniche: sussiste infatti equivalenza tra liquido da inalazione e tabacco lavorato.
Sommario: 1. La vicenda giudiziaria; 2. La normativa di riferimento: l’art. 291 bis comma 2 del d.P.R. n. 43 del 1973; 3. Segue: l’art. 62 quater del d.P.R. n. 504 del 1995 ed i provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli; 4. La sentenza della Suprema Corte: l’equivalenza tra sigarette elettroniche e tabacco lavorato; 5. L’art. 291 bis del d.P.R. n. 43 del 1973 come norma penale in bianco; 6. Il principio di diritto.
1. La vicenda giudiziaria.
La vicenda giudiziaria dalla quale trae origine la pronuncia in esame (Cass. Pen. Sez. III, n. 3465 del 3.10.2019) è la seguente.
Nell’ambito di un’indagine in materia di contrabbando, il personale dell’Agenzia delle Dogane, coordinato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Varese, rinveniva e sequestrava flaconi contenenti liquidi per sigarette elettroniche di varie marche in quantitativo non corrispondente a quanto dichiarato al momento del controllo doganale e in misura eccedente rispetto alla franchigia prevista per il pagamento dei diritti doganali.
In data 25.05.2019 il Procuratore della Repubblica emetteva nei confronti dell’indagato decreto di convalida di perquisizione e sequestro probatorio avente ad oggetto tale materiale, ipotizzando indizi del reato di tentato contrabbando di prodotti liquidi da inalazione previsto dagli artt. 291 bis e 293 del d.P.R. n. 43 del 1973.
Con ordinanza del 13.06.2019 il Tribunale di Varese confermava il decreto.
Avverso l’ordinanza l’indagato proponeva ricorso per cassazione ex art. 325 c.p.p., chiedendone l’annullamento in base a due motivi.
Con il primo motivo lamentava l’omessa considerazione, da parte dei Giudici del Riesame, della dichiarazione doganale inerente il possesso di liquidi per sigarette elettroniche rilasciata dall’indagato, elemento documentale da cui si poteva desumere la mancanza del dolo.
Con il secondo motivo deduceva l’erronea applicazione degli artt. 291 bis, 293 e 301 del d.P.R. n. 43 del 1973, invece del più mite art. 295, che prevede solamente una sanzione amministrativa.
2. La normativa di riferimento: l’art. 291 bis comma 2 del d.P.R. n. 43 del 1973.
L’occasione è propizia alla Suprema Corte per descrivere sinteticamente la tutela penale in tema di contrabbando di sigarette e tabacco lavorato all'estero.
Tale tutela è contenuta in primis nel summenzionato d.P.R. n. 43 del 1973, ovvero il Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale (altresì detto T.U.L.D.).
L’art. 291 bis del citato d.P.R., rubricato “Contrabbando di tabacchi lavorati esteri”, punisce con una multa e con la reclusione da due a cinque anni "chiunque introduce, vende, trasporta, acquista o detiene nel territorio dello Stato un quantitativo di tabacco lavorato estero di contrabbando superiore a 10 chilogrammi convenzionali".
Il reato de quo è comune ed è caratterizzato dal dolo generico.
Per la nozione di “chilogrammo convenzionale” deve farsi riferimento all’art. 9 della legge n. 76 del 1985 – che regola l’imposizione fiscale sui tabacchi lavorati - secondo cui "per chilogrammo convenzionale si intendono duecento sigari o quattrocento sigaretti ovvero mille sigarette".
Con l’entrata in vigore del D. Lgs. 6.02.2016, n. 8, recante “Disposizioni in materia di depenalizzazione a norma dell’art. 2 co. 2 della l. 28.04.2014, n. 67” è stato depenalizzato il contrabbando semplice di tabacchi, prevedendo la sola sanzione amministrativa da un minimo di 5.000 euro a un massimo di 50.000 euro se il quantitativo di tabacco importato sia inferiore a 10 kg.
Il contrabbando semplice di tabacchi, ovvero fino a quantità pari a 10 kg, non ha dunque più rilevanza penale. Per tale illecito, solo in caso di recidiva, l’art. 296 T.U.L.D. prevede la reclusione fino ad un anno.
Interessante anche quanto dispone l’art. 293 T.U.L.D., che rappresenta un’eccezione alla disciplina generale del delitto tentato di cui all’art. 56, comma 2, c.p.: la norma prevede che in caso di tentativo si applichi "la stessa pena stabilita per il reato consumato".
Nei confronti di un contrabbandiere che venga scoperto a trasportare illegalmente tabacchi si dovrà dunque procedere mediante stesura di un verbale di sequestro del materiale di contrabbando. Le quantità di tabacco sequestrate assumeranno un ruolo dirimente in relazione alla sussistenza del reato, che potrà dirsi integrato solo nel caso sia rinvenuto un quantitativo di sigarette superiore ai 10 kg. In caso di ritrovamento di una quantità inferiore, invece, al responsabile verrà comminata una semplice sanzione amministrativa pecuniaria.
3. Segue: l’art. 62 quater del d.P.R. n. 504 del 1995 ed i provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
In materia di tutela penale da contrabbando di tabacchi assume rilevanza anche la disposizione di cui all’art. 62 quater del d.P.R. n. 504 del 1995, il Testo Unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative.
La norma, inserita nel Capo dedicato alle sanzioni, rubricato "Imposta di consumo sui prodotti succedanei dei prodotti da fumo", prevede al comma 7 bis, che "le disposizioni degli articoli 291-bis, 291-ter e 291-quater del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale (…) si applicano anche con riferimento ai prodotti di cui ai commi 1 e 1-bis del presente articolo (…) secondo il meccanismo di equivalenza di cui al comma 1-bis".
Orbene, le merci di cui al comma 1 e al comma 1 bis sono rispettivamente "i prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonche' i dispostivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo" (comma 1) e "i prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali ai sensi del d.lgs. 24.04.2006, n. 219" (comma 1 bis).
Sul tema dell’equivalenza tra sigarette convenzionali e liquidi da aspirazione rileva anche quanto stabilito nella Direttiva doganale n. 11038/RU del 25.01.2018 del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli, nonché della correlata direttiva n. 6615 del 10.01.2015.
Tali documenti sanciscono l’equivalenza di 1 ml di prodotto liquido da inalazione per sigarette elettroniche a 5,63 sigarette tradizionali.
4. La sentenza della Suprema Corte: l’equivalenza tra sigarette elettroniche e tabacco lavorato.
Sul complesso panorama legislativo sopra sinteticamente descritto, interviene la pronuncia della Corte di Cassazione in commento (Cass. Pen. Sez. III, n. 3465 del 3.10.2019, dep. il 28.01.2020).
Orbene, i Supremi Giudici ritengono il primo motivo di ricorso, concernente l’asserita mancanza del dolo, infondato. Nel reputarlo tale, offrono un utile riepilogo dei principi fondamentali in materia di poteri di cognizione del Tribunale del Riesame. In particolare, evidenziano come detto organo non possa effettuare una valutazione circa la sussistenza del dolo in capo all’indagato, essendo questa riservata al giudizio di merito.
In sede di riesame del decreto di sequestro probatorio, infatti, il Tribunale deve solamente verificare l’astratta configurabilità del reato ipotizzato, valutando il fumus commissi delicti in relazione agli elementi su cui si fonda la notizia di reato (cfr., ex multis: Cass. Pen. sez. III, n. 15254 del 10.03.2015). E ciò, sottolinea la Corte, "vale anche con riferimento al’elemento soggettivo del reato, il cui accertamento nel merito si fonda proprio sulle ulteriori indagini cui il sequestro probatorio è preordinato".
I Supremi Giudici, peraltro, sanciscono l’infondatezza anche del secondo motivo di ricorso.
La difesa aveva sostenuto l’erronea applicazione dell’art. 9 della legge n. 76 del 1985, sulla base della considerazione che, nel caso di specie, non si trattasse di tabacco lavorato estero ma di liquidi da inalazione per sigarette elettroniche indicati nella Direttiva doganale n. 11038/2018.
Con conseguente applicazione non dell’art. 291 bis T.U.L.D., ma dell’art. 295 bis, che si riferisce a diritti di confine dovuti per beni diversi dai tabacchi e prevede solamente una sanzione amministrativa pecuniaria.
Gli Ermellini, dal canto loro, sottolineano innanzitutto come nessuna disposizione di rango legislativo preveda espressamente un meccanismo di equivalenza tra liquido da inalazione e tabacco lavorato estero, rinviando a tale scopo alla determinazione effettuata sulla base di apposite procedure tecniche. Tali procedure sono definite nel citato provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli n. 11038/RU del 25.01.2018 e stabiliscono il rapporto di 1 ml di liquido / 5,63 sigarette.
5. L’art. 291 bis del d.P.R. n. 43 del 1973 come norma penale in bianco.
La Corte sottolinea come le Direttive doganali richiamano la disciplina di cui all’art. 62 quater allo scopo di estendere ai prodotti da inalazione ivi contemplati la disciplina penale dei tabacchi di cui all’art. 291 bis T.U.L.D. In tale quadro, i commi 1 bis e 7 bis dell’art. 62 quater del d.P.R. n. 504 del 1995 rappresentano norme penali in bianco che sono integrate dalle Direttive doganali.
Tale tecnica normativa – affermano i Supremi Giudici – va ritenuta legittima perché "le norme penali possono essere rivestite di contenuti in base alle norme extrapenali integratrici del precetto penale che possono essere emanate anche da autorità amministrative o sovranazionali" (cfr., ex multis: Cass. Pen. Sez. II, n. 4296 del 02.12.2003).
Ciò che avviene nel caso del raffronto tra sigarette tradizionali ed elettroniche. La norma infatti individua il nucleo di disvalore penale nell’attività di contrabbando rinviando a provvedimenti amministrativi come le Direttive doganali per l’identificazione precisa del quadro normativo applicabile.
6. Il principio di diritto.
La Corte, nel rigettare il ricorso e condannare il ricorrente alla refusione delle spese legali, enuncia dunque il seguente principio di diritto: "L’art. 291-bis, co. 1, d.p.r. 43/1973 trova applicazione, in forza dell’art. 62-quater, co. 1 e 7bis del d.p.r. 504/1995, anche ai liquidi per sigarette elettroniche, secondo i criteri di equivalenza determinati sulla base di apposite procedure tecniche, con provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, in forza dei quali 1 ml di prodotto liquido da inalazione corrisponde a 5,63 sigarette convenzionali".