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Pubbl. Ven, 22 Mag 2015

Il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del “promesso sposo”

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Andrea Senatore


In questa pronuncia di merito si esamina, tra l’altro, la possibilità di risarcire il danno da morte del proprio fidanzato, in prossimità delle nozze, nell´ambito dell´inesausta tematica del danno non patrimoniale. Il Tribunale di Firenze equipara la posizione della fidanzata prossima alle nozze al coniuge convivente e la risarcisce come tale.


Sommario: 1) Premessa sistematica; 2) La responsabilità civile nella storia della giurisprudenza; 3) Il risarcimento del danno da incidente stradale riconosciuto alla fidanzata. Nota a Tribunale Firenze, II civile, sentenza 26.3.2015, n. 1011; 3.1) Il risarcimento del danno non patrimoniale; 3.2) I principi cardine della sentenza del Tribunale di Firenze e il recupero di orientamenti giurisprudenziali meno recenti; 3.3) La posizione della fidanzata per il risarcimento del danno non patrimoniale; 4) Conclusioni

1) Premessa sistematica

Il tema della responsabilità civile, nonostante sia stato oggetto di puntuale attenzione degli operatori del diritto e forse proprio in virtù di tale attenzione, si presenta come argomento sempre attuale, alla luce non solo delle innovazioni apportate dal legislatore (codice del consumo, codice delle assicurazioni private, l. 241/90, codice del processo amministrativo ecc.), ma anche degli sviluppi del formante giurisprudenziale. L'argomento nell’ultimo decennio ha richiamato l'attenzione di dottrina e giurisprudenza in modo più specifico su settori, prima ignorati, che pretermettevano gli interessi sostanziali posti a base delle regole giuridiche.
In definitiva si è venuta valorizzando la ricerca dei princìpi generali e, quindi, della base etica posta a fondamento delle regole di imputazione della responsabilità.

2) La responsabilità civile nella storia della giurisprudenza

La prima tappa di questo quindicinale revirement a "testo legislativo invariato" possiamo rintracciarla nella pronuncia delle Sezioni Unite civili della Cassazione 500/991. La Corte, investita quale giudice della giurisdizione, colse l'occasione per iniziare una risistemazione dell'intero titolo XII del libro IV del codice civile e in tale sede esaminò l'art. 2043La norma, fin troppo nota, ha avuto, è appena il caso di ricordare, ben tre interpretazioni, nonostante non sia tra le più "oscure" del panorama legislativo italiano.

La prima, la più risalente, forte del parallelismo tra "fatto" (qualificato come illecito) e "reato", concentrava la sua analisi sull'evento piuttosto che sul danno ingiusto, venendo a leggere la norma in questo modo: "qualunque fatto ingiusto doloso o colposo che causi ad altri ecc.".
Tale visione era agevolata da quello che all'epoca era ritenuto pacifico: la diretta relazione tra l'art. 185 del codice penale e gli artt. 2043 e 2059 codice civile.

Seguendo tale impostazione, il principio neminem laedere rimane una norma secondaria che prevede una sanzione e non prescrive un comportamento.

 

Intorno agli anni '70, in seguito anche a tragici eventi che coinvolgono il Torino calcio (casi Superga2 e Meroni3), il dibattito sul risarcimento dei danni ritorna all'attenzione della Corte. In questa sede si "riscrive" ulteriormente la norma che correttamente qualifica il danno come ingiusto, ma continua ad ancorarlo alla lesione di una situazione giuridica "piena" come il diritto soggettivo.
Solo la lesione di un diritto soggettivo, anche relativo come quello di credito, a seguito di un danno ingiusto è fonte dell'obbligazione risarcitoria. La "limitazione" della norma, che nell'interpretazione costante delle supreme magistrature escludeva gli interessi legittimi dal risarcimento, rischiava di gettare un'ombra di incostituzionalità, per possibile lesione degli artt. 3, 24 e 113 Cost., per irragionevole disparità di trattamento tra situazioni giuridiche.

Infine con la sentenza 500/SU/99 "gli argini crollano" e la Corte suprema, con un'osservazione condivisibilissima, statuisce che il danno ingiusto può colpire ogni situazione giuridica tutelata dall'Ordinamento, e dunque, in caso di lesione consegue ipso iure il diritto al risarcimento del danno, indipendentemente dal nomen iuris "diritto soggettivo" o "interesse legittimo".

Dottrina e giurisprudenza, una volta affrontata la norma aprifila, passano a "battere in breccia" gli altri capisaldi della tematica. Si incomincia ad affrontare l'art. 2059, con le sentenze del 2003 nn. 8827 e 88284, sul c.d. danno da rimbalzo. Successivamente viene investita nella sua interezza l'intera norma, con riferimento alla natura e alle fonti del danno non patrimoniale.

Parallelamente la Cassazione manovra anche su argomenti "classici" della responsabilità civile provvedendo a definirne meglio i campi di applicazione. È il caso, ad es. della responsabilità per cose in custodia o del danno cagionato da animali (si pensi alla fauna selvatica ed all’individuazione dell’ente di appartenenza eventualmente da citarsi in caso di danni). Sotto certi altri aspetti, invece, la responsabilità extracontrattuale è recessiva rispetto al modello contrattuale, evocato per il tramite del "contatto sociale qualificato"5.

3) Il risarcimento del danno da incidente stradale riconosciuto alla fidanzata. Nota a Tribunale Firenze, II civile, sentenza 26.3.2015, n. 1011.

Fatta questa brevissima premessa, possiamo addentrarci nel commento a Tribunale Firenze, II civile, sentenza 26.3.2015, n. 1011. In primo luogo va rilevata una certa difficoltà nel ricostruire pienamente i fatti di causa, posto che la sentenza non ci si sofferma troppo, forse esagerando la "concisione" prevista dall’art. 132 del codice di procedura civile. Ad ogni modo, per quel che ci riguarda, dall'oggetto della domanda e da qualche riferimento sparso nel testo, si può dire che la questione verta sul risarcimento del danno da incidente stradale, con istantaneo esito letale, richiesto dagli stretti congiunti del de cuius e dalla sua fidanzata.

3.1) Il risarcimento del danno non patrimoniale

Conviene a questo punto riassumere, sinteticamente, la questione del risarcimento del danno non patrimoniale. Com'è noto, nel nostro Ordinamento, il risarcimento del danno patrimoniale costituisce la regola, mentre l'eccezione è costituita dal danno non patrimoniale, risarcibile "sono nei casi determinati dalla legge".

A marcare ancora di più il parallelismo tra illecito civile e illecito penale nell'art. 2059 c.c., sta l'intenzione del legislatore, espressa nelle Relazioni ministeriali, laddove si dice che "il danno non patrimoniale ha fonti meno sicure del lucro cessante: e, poiché il suo risarcimento dovrebbe procurare al soggetto leso soltanto una soddisfazione che lo ripaghi del dolore subito, la sua riparazione si appalesa giustificata solo nel campo dei reati, per rafforzare l'efficienza della sanzione afflittiva comminata per essi, o quanto meno può avere luogo solo in via eccezionale all'infuori del reato, quando, cioè, la legge ritenga, per la natura della lesione, di consentire la particolare sanzione, o sotto forma di indennità, o sotto una forma diversa"6Per lungo andare, quindi, si è affermato che l'art. 2059 c.c. operasse solo in combinato disposto con l'art. 185 c.p., risarcendo il c.d. danno morale soggettivo (il c.d. pretium doloris), individuandosi nel tessuto normativo sporadiche eccezioni a tale regola7. A tale secchezza del disposto normativo, la giurisprudenza, specie quella di merito, inizia negli anni '70 una lettura ampliativa, saggiandone i limiti di compatibilità con il testo costituzionale allorquando è in gioco il bene salute, ovvero nelle ipotesi di danno c.d. biologico.

La giurisprudenza di legittimità, a fronte di molteplici richieste risarcitorie sotto le più disparate voci8, fa il punto nel 2008 sull'art. 2059 c.c., con le famose sentenze di San Martino in tema di danno non patrimoniale9. Con una presa di posizione decisa, le Sezioni Unite affermano che il danno non patrimoniale non può essere suddiviso in diverse poste risarcitorie, ma va considerato essenzialmente come unicum.

In tale contesto i giudici di legittimità individuano tre ipotesi specifiche di sussistenza del danno non patrimoniale, che continua ad essere ancorato ad una previsione di legge. La prima ipotesi è quella tradizionale, ricollegata alla commissione di un reato e quindi al disposto dell'art. 185 codice penale. La seconda, invece, rinviene la risarcibilità del danno non patrimoniale nell'espressa previsione di legge10. Infine la previsione di legge può anche essere rinvenuta nella Costituzione, in virtù del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili, a patto che la violazione di un diritto costituzionalmente garantito sia seria, non bagatellare, ed il sacrificio non sia giustificabile alla stregua degli obblighi solidaristici dell'art. 2 della Carta11.

3.2) I principi cardine della sentenza del Tribunale di Firenze e il recupero di orientamenti giurisprudenziali meno recenti

Proprio a tali principi si rifà in apertura la sentenza in commento, aderendo rigidamente alla posizione della Suprema Corte del 2008, anche se poi finisce con l'accomunare il danno morale e quello esistenziale in un unico "tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva anche transeunte"; mentre con tale espressione ci si riferisce sia in dottrina che in giurisprudenza all'aspetto interiore del danno, laddove il danno esistenziale è il deterioramento della vita quotidiana.

In tal modo il tribunale toscano sembra non volere seguire quella giurisprudenza di legittimità molto meno rigida e più recente. Difatti, subito dopo le pronunce di San Martino, inizia una lenta ma costante rimeditazione giurisprudenziale della tematica, con lo scopo di pervenire ad un risarcimento unitario del danno, senza duplicare le poste, che quindi sono gli addendi di un unico risultato, i.e., il risarcimento integrale del danno non patrimoniale.

Da ultimo, infatti, la Cassazione ha precisato, che "il danno biologico (cioè la lesione della salute), quello morale (cioè la sofferenza interiore) e quello dinamico-relazionale (altrimenti definibile "esistenziale", e consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane, risarcibile nel caso in cui l’illecito abbia violato diritti fondamentali della persona) costituiscono pregiudizi non patrimoniali ontologicamente diversi e tutti risarcibili; né tale conclusione contrasta con il principio di unitarietà del danno non patrimoniale sancito dalla sentenza n. 26972 del 2008 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, giacché quel principio impone una liquidazione unitaria del danno, ma non una considerazione atomistica dei suoi effetti"12.

Sul danno esistenziale è da segnalare la sentenza che esclude "che le Sezioni Unite del 2008 abbiano negato la configurabilità e la rilevanza a fini risarcitori anche del c.d. danno esistenziale"13. Ancora più incisiva, riguardo al danno morale, quella pronuncia secondo cui "il danno morale configura una autonoma ipotesi di danno non patrimoniale, risarcibile al verificarsi di determinati presupposti, dotato di piena autonomia ontologica rispetto al danno biologico"14.

Dopo aver affrontato la tematica del danno non patrimoniale, sotto l'aspetto teorico, il giudice provvede alla sua liquidazione secondo l'ordinario criterio tabellare. Tuttavia non si rifà unicamente alle consolidate "tabelle milanesi", che utilizza per individuare il quantum per il risarcimento del danno biologico, ma utilizza anche quelle del tribunale di Roma per definire il danno da perdita parentale. Tale, condivisibile, scelta si basa sulla considerazione che le tabelle capitoline hanno il merito di indicare valori precisi quanto ai parenti delle vittime.

3.3) La posizione della fidanzata per il risarcimento del danno non patrimoniale

La sentenza, dopo aver analizzato la posizione dei familiari della vittima, passa a quella della fidanzata.

Il giudice anzitutto richiama la recente sentenza n. 46351/201415 con cui la Cassazione penale ha riconosciuto la configurabilità di un danno a carico della fidanzata non convivente della vittima primaria di un reato.

Tale posta risarcitoria sorge, senza che sia necessario un rapporto di coniugio, occorrendo piuttosto un rapporto caratterizzato da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti. Sotto tale aspetto, quindi, non rilevano gli artt. 29 e 30 Cost., bensì l'art. 2 della Carta. 

Incidentalmente, si può notare come la giurisprudenza penale consideri variamente la convivenza more uxorio. Difatti questa non rileva nelle ipotesi di favoreggiamento16, mentre per quanto riguarda l'applicabilità dell'art. 649 c.p. si segnalano due pronunce contrastanti: la prima estende la causa di non punibilità al convivente more uxorio17, mentre la seconda, dello stesso anno, la esclude18. Si deve, infine, segnalare come sia pendente la questione di legittimità costituzionale dell'articolo in commento, sollevata dal Tribunale di Parma in riferimento all'art. 3 e 24 della Costituzione19.

Del pari il giudice richiama e fa propria la sentenza n. 7123/13 della Cassazione civile20, che riconosce "rilevanza giuridica all'esistenza di un rapporto affettivo, non necessariamente assimilabile ad un rapporto di coniugio, purché già instaurato alla data di verificazione dell'illecito ed avente caratteri di serietà e stabilità. Spetta al danneggiato, che chieda il risarcimento del danno non patrimoniale attinente alla propria sfera relazionale, dare la prova dell'esistenza e della natura di tale rapporto, potendo tuttavia questa essere fornita con ogni mezzo, ed anche mediante elementi presuntivi, tra cui peculiare rilievo va attribuito al successivo matrimonio ed alla creazione di una famiglia legittima. Giova precisare che trattasi di rilievo da attribuirsi a tali circostanze, nell'apprezzamento dei fatti in concreto riservato al giudice di merito, senza tuttavia che possa assurgere ad elemento decisivo, in senso contrario, che la relazione affettiva non sia stata seguita da matrimonio; ben potendo, in astratto, una relazione essere seria e stabile, tale da accertarsi con riferimento al momento dell'illecito, ed in tal caso rilevante a fini risarcitori, e pur tuttavia venire a cessare in epoca successiva, senza che la cessazione del rapporto valga ad escludere, in linea di principio, l'antecedente evento lesivo, cagione di danni non patrimoniali risarcibili"21.

Nel caso in commento la fidanzata, a riprova della stabilità e serietà della relazione, aveva documentato l'acquisto di una casa, con la divisione al 50% delle spese, dove aveva fissato la propria residenza col fidanzato; inoltre i nubendi avevano formalizzato le reciproche promesse con la richiesta di pubblicazione del matrimonio, che si sarebbe dovuto celebrare pochi giorni dopo l'incidente mortale. Il giudice, quindi, assimila la fidanzata, prossima al matrimonio, alla moglie e la equipara al coniuge convivente. Pertanto liquida il danno "morale ed esistenziale" secondo le richiamate tabelle romane e utilizza quelle milanesi per  il danno biologico.

Non vengono, invece, risarciti i danni dedotti in relazione alla vendita della casa destinata ad abitazione familiare ed all'estinzione del mutuo e quelli relativi alle spese per la celebrazione delle nozze, in quanto il giudice, per i primi, non rinviene un rapporto diretto di causa-effetto, ovvero li ritiene non provati, come nel caso delle spese per il mutuo e per "l'evento nuziale".

Il giudice, inoltre, non riconosce il c.d. danno tanatologico, sulla scorta dell'immediato decesso della vittima, affermando che "chi perde la vita non acquista un diritto risarcitorio, poiché, fino a quando egli è in vita, non vi è  perdita; quando è morto, non è titolare di alcun diritto e non è in grado di acquistarne"; in tal modo il giudicante si rifà a quell'orientamento più risalente della giurisprudenza22 che richiede un apprezzabile lasso di tempo tra evento e decesso, affinché si possa riconoscere tale danno in capo alla vittima, posta risarcitoria che si trasferisce agli eredi. 

4) Conclusioni

Conclusivamente si può notare come da un lato la sentenza in analisi si mostra in qualche modo refrattaria alle evoluzioni dommatiche e giurisprudenziali sull'art. 2059 c.c., mentre dall'altro sottolinea la rilevanza del rapporto affettivo, che assume rilevanza sociale, etica e giuridica per le sue affinità al rapporto di coniugio.

Bisogna in ogni caso precisare come la giurisprudenza, sia civile che penale, sottolinea l'insufficienza di una "semplice" relazione affettiva, ma questa deve essere seria e stabile, con relativo carico dell'onus probandi in capo all'attore, per poter chiedere in giudizio il risarcimento del danno non patrimoniale. Ancora, affinché si abbia quell'equiparazione di status, che ancora formalmente non è avvenuta, sono necessari ulteriori elementi in fatto che depongano in favore della volontà di contrarre matrimonio23.

 

 

 


Note e riferimenti bibliografici

1 Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, sentenza n. 500 del 22.7.1999. In Foro it., 1999, I, 2, 2487, con note di Palmieri e Pardolesi ed ibidem, 3201, con note di Caranta, Fracchia, Romano, Scoditti.

Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza n. 2085 del 4.7.1953, in Foro it., 1953, I, 1087.

3 Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, sentenza n. 174 del 26.1.1971, in Foro it., 1971, I, 1284, con nota di Busnelli e Jemolo.

4 Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, sentenze nn. 8827 e 8828 del 31.5.2003, in Foro it., I, 1284, con nota di Navaretta.

5 Rossi S., Contatto sociale (fonte di obbligazione), in Dig. disc. priv., sez. civ., Appendice di aggiornamento V,  Torino, 2010, pag. 346. Allo stato, la giurisprudenza ha individuato delle ipotesi specifiche di “contatto sociale”: responsabilità del medico-chirurgo nei confronti del paziente (Cass., III civ., sent. 9085/06), della banca per il pagamento dell'assegno non trasferibile a persona diversa dal beneficiario (Cass., SU civ., sent. 14712/07), del mediatore per la violazione dei doveri di correttezza e di informazione (Cass., III civ., sent. 16382/09), del docente per l'autolesione dell'allievo (Cass., III civ., sent. 5087/10) e dell'ex datore di lavoro per le informazioni inesatte fornite all'ex dipendente (Cass., III civ., sent. 15992/11).

6 Relazione n. 40 al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni, 1941, v. anche la Relazione del Ministro Guardasigilli del 4.4.1942 al Codice Civile, 803.

7 Ad es. nel caso di lesione del diritto al nome o all'immagine (artt. 7-10 c.c.), oppure nel caso espressioni offensive nel processo civile (art. 89 c.p.c.).

Tra cui anche alcune, per così dire, "originali" come ad es. rottura del tacco della scarpa della sposa, mancata fruizione di una partita di calcio via cavo, diritto al tempo libero.

9 Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, sentenze nn. 26972-5 dell'11.11.2008, in Giur. it., 2009, 2, 317, con nota di Tomarchio, Dir. fam. pers., 2009, 1, I, 73, con nota di Gazzoni.

10 Ad es. ingiusta detenzione (art. 643 c.p.p.), atti discriminatori (art. 4 d.lgs. 215/03), discriminazione nei confronti dello straniero (art. 44 co. 7 d.lgs. 286/98, ora abr.), violazione dei diritti relativi ai dati personali (art. 15 d.lgs. 196/03), danno da vacanza rovinata (art. 47 d.lgs. 79/11, che parla di "irripetibilità dell'occasione perduta").

11 Per alcuni spunti critici in dottrina v. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2006, 735 ss., Viola, Il danno esistenziale esiste? La posizione delle Sezioni Unite, http://www.altalex.com/index.php?idnot=18.

12 Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza n. 2314 dell'11.10.2013, in Giur. it., 2013, 11, 2211, con nota di Carbone V. e P..

13 Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza n. 1361 del 23.1.2014, in Giur. it., 2014, 4, 833, con nota di Valore, NGCC, 2014, 5, I, 396, con nota di Gorgoni.

14 Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza n. 10524 del 14 maggio 2014.

15 Corte di Cassazione, sezione IV penale, sentenza n. 46351 del 10.11.2014, in Il Quotidiano Giuridico del 21.11.2014, con nota di Crimi.

16 Corte Costituzionale, sentenza n. 8 dell'11.1.1996, che dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 384, co. 1, 378 e 307, co. 4, c.p. - nella parte in cui non estende al convivente di fatto, imputato di favoreggiamento personale, la causa di non punibilità prevista per chi ha commesso il fatto, costretto dalla necessità di salvare il coniuge da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore - sollevata con riferimento all'art. 3, co. 1, della Costituzione.

17 Corte di Cassazione, sezione IV penale, sentenza n. 32190 del 6.8.2009, in Cass. Pen., 2011, 3, III, 1024, con nota di Beltrani. In motivazione, la Corte ha precisato che la prevalenza dell'interesse alla riconciliazione rispetto a quello alla punizione del colpevole, posto a fondamento della causa soggettiva di esclusione della punibilità di cui all'art. 649 c.p., ricorre anche con riguardo ai soggetti che siano, o siano stati, legati da un vincolo non matrimoniale, ma ugualmente caratterizzato da una convivenza tendenzialmente duratura, fondata sulla reciproca assistenza e su comuni ideali e stili di vita.

18 Corte di Cassazione, sezione II penale, sentenza n. 44047 del 18.11.2009, fattispecie di ricettazione di assegno bancario il cui smarrimento era stato denunciato dal convivente more uxorio della persona offesa all'epoca del fatto.

19 Tribunale di Parma, ordinanza del 22.9.2014, in G.U. n. 52 del 17.12.2014.

20 Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza n. 7128 del 21.3.2013, rv. 625496.

21 Punto 5.1. della motivazione.

22 V. ad. es. Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza n. 15706 del 2.7.2010 e ordinanza n. 25264 del 14.12.2010. Tuttavia è da segnalare un recentissimo orientamento della Cassazione, tra cui la richiamata sent. 1361/14, secondo il quale il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita della vita, bene supremo della persona e per ciò oggetto di un diritto assoluto ed inviolabile, è garantito, in via primaria, dall'Ordinamento anche sul piano della tutela civile, presentando carattere diverso ed autonomo, in ragione della diversità del bene tutelato, dal danno alla salute nella duplice considerazione di "danno biologico terminale" e di "danno catastrofale". Esso, pertanto, rileva ex se, a prescindere dalla consapevolezza che il danneggiato ne abbia avuto, dovendo essere ristorato anche in caso di "morte immediata" od "istantanea", senza che assumano rilievo né la persistenza in vita della vittima per un comunque apprezzabile lasso di tempo, né l'intensità e la durata della sofferenza della vittima subita per la cosciente e lucida percezione dell'ineluttabilità della propria fine. Il contrasto è stato denunciato dalla III sezione civile, compulsando con l'ordinanza n. 5056/14 le Sezioni Unite che, allo stato, non hanno ancora assunto la propria decisione.

23 La scelta di contrarre o meno matrimonio rientra ex art. 29 Cost., 12 CEDU, 16 dich. univ. diritti dell'uomo, tra i diritti fondamentali della persona. Pertanto la volontà di sposarsi deve essere libera e consapevole (cfr. artt. 79, 117 ss. c.c.) e può essere revocata fino al momento del "sì".