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Pubbl. Mer, 2 Ott 2019

Danni all´alunno: la scuola risponde per contatto sociale qualificato

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Maria Erica Gangi
Avvocato


Commento ad Ordinanza Cassazione Civile Sez. III n. 20285 del 26 luglio 2019 Analisi di un quadro normo - giuridico complesso che ”scomoda” diverse categorie del diritto fino ad ammettere il contatto sociale qualificato che intercorre tra genitore e docente: non attuazione del neminem laedere ma responsabilità secondo buona fede e correttezza.


Sommario: 1. Premessa; 2. Analisi normo-giuridica dell'evoluzione in punto di responsabilità civile; 3. Le ipotesi di responsabilità cc.dd. speciali. 4. Natura della responsabilità dell'Istituto Scolastico per danni all'alunno; 5. Conclusioni.

1Premessa

La trattazione della questione impone, a chi scrive, un doveroso inquadramento sistematico della querelle, cui l’ordinanza – che in questa sede si commenta – ha dato magistrale risposta, configurandosi senza soluzione di continuità rispetto ad un formante giurisprudenziale ampiamente solcato e ribadito nel nostro ordinamento.

Giustappunto, al fine di rendere meglio intellegibile la questione e i profondi nodi ad essa connessi, è opportuna un’analisi del “tipo” di responsabilità invocata.

Va osservato, invero, che la precisazione compiuta dagli Ermellini, per cui in caso di danno all’alunno la scuola risponde per contatto sociale qualificato, trova la propria ragion d’essere ove si collochi nell’ampio dibattito afferente la ammissibilità delle responsabilità cc.dd. speciali il cui criterio di imputazione soggettiva è diverso dalla colpa senza – per ciò solo – porsi in un rapporto di regola/eccezione, ma, più semplicemente, dando seguito ad un diverso – e ultroneo – criterio di imputabilità di responsabilità civile1.

Parimenti ammesso e, seppur con non poche difficoltà, riconosciuto.  

Tanto presentato è possibile – prima di entrare nel merito dell’ ordinanza di cui si discute – analizzare l’evoluzione storico-normativa che oggi riconosce ipotesi di responsabilità civile complesse ed articolate poste in rapporto di indipendenza tra esse e non anche di regola/eccezione.

2. Analisi normo-giuridica dell'evoluzione in punto di responsabilità civile.

Il nostro codice, invero, accanto alla responsabilità civile di cui all’art. 2043 c.c. – caratterizzata da un criterio di imputabilità a titolo di dolo o colpa – conosce altre ipotesi cc. d.d. di responsabilità speciale la cui imputazione prescinde dalla colpa.

Sebbene il corredo normativo che le preveda  - artt. 2047 – 2054 - sia stato varato con il codice del 1942, la Dottrina ne ha sdoganato la disciplina soltanto a partire dagli anni sessanta, ovvero quando si è pacificamente riconosciuto che la responsabilità civile non fosse un istituto basato sul binomio regola/eccezione ma su differenti criteri di imputabilità2.

Al fine di meglio comprendere il punto di approdo è opportuno conoscere i retaggi che hanno molto ostacolato il riconoscimento di criteri di imputazione diversi dalla colpa.

Innanzi tutto la stessa funzione della responsabilità civile propria del codice del 1865, tipicamente sanzionatoria, cosicché per poter riconoscere un dovere di liquidazione del danno è necessario individuare un rimprovero – quantomeno a titolo di colpa – al danneggiante; del resto la stessa concezione romanistica della responsabilità aquiliana teorizzava la colpa quale indice adeguato e richiesto per dispiegare la risposta da parte dell’ordinamento; in tal senso remavano, parimenti, le concezioni illuministe e giusnaturaliste, fortemente radicate sulla libertà del consenso e dell’azione umana per cui un soggetto poteva venire sanzionato per il proprio agire unicamente ove questo fosse stato commesso con dolo o colpa non essendo sufficiente il mero nesso eziologico; da ultimo contribuiva a creare una certa resistenza quella politica economica tutta ancorata alla libertà dei traffici commerciali per cui ipotizzare una responsabilità oggettiva – ossia non rimproverabile – avrebbe significato indurre un timore nella realizzazione degli stessi con conseguente paralisi del sistema economico3.

Tuttavia, dette tesi negazioniste dovettero scontrarsi con il dato codicistico del 1942 che introdusse il corredo normativo sopra citato caratterizzato da ipotesi di responsabilità la cui contestazione prescinda dalla colpa.

Ad ogni buon conto va dato atto di un atteggiamento quantomeno contraddittorio del Legislatore riscontrabile già dalla lettura dell’art. 2050 c.c. circa la responsabilità per l’esercizio di attività pericolose in specie riguardo l’onere probatorio in capo all’esercente l’attività medesima4.

Invero, un primo formante ha ritenuto trattarsi di responsabilità caratterizzata da colpa presunta, pertanto aggravata rispetto al tradizionale criterio ex art. 2043 c.c.; altro orientamento ha, invece, asserito la natura di responsabilità oggettiva iscritta in detta norma nella misura in cui la prova liberatoria in capo all’esercente l’attività pericolosa appare particolarmente gravosa dovendo dimostrare di aver assolto tutte le misure – conosciute e conoscibili – idonee a scongiurare il danno: particolarmente difficile da assolvere con conseguente regime di maggior favore in capo al danneggiato che avrebbe dovuto provare unicamente il danno subito.

Il vero punto di snodo – come sopra anticipato – si ebbe negli anni sessanta allorché si ammise in Dottrina che la responsabilità civile assolve, in maniera preminente, una funzione compensativa, dunque, di allocazione del rischio, potendo aversi delle ipotesi in cui detto rischio rimanga in capo al danneggiato e altre in cui esso trasli all’autore materiale della condotta onerato in maniera più grave a titolo di colpa presunta o di responsabilità oggettiva.

Per completezza espositiva appare di interesse tracciare l’elemento discriminante tra i due suddetti criteri di imputazione da rinvenire nella c.d. causa ignota.

Essa graverà in capo al danneggiato nel caso di responsabilità con colpa presunta atteso che il terzo andrà esente da responsabilità ove provi di aver adottato tutte le regole comportamentali previste dal nostro ordinamento in materia di diligenza e salvaguardia al fine di evitare il danno e che questo si sia verificato per causa a lui non riconducibile.

Diversamente, nel caso di responsabilità oggettiva affinché il soggetto contro cui si agisce sia esente da responsabilità deve assolvere un onere ancor più gravoso dovendo provare sia la diligenza e conformità della propria condotta, sia il percorso causale alternativo cui ricondurre l’evento lesivo cagionato al danneggiato.

3Le ipotesi di responsabilità cc. dd. speciali

Il riformato codice del 1942 si è posto, dunque, quale specchio di una rinnovata concezione secondo cui non soltanto a titolo di dolo o colpa l’autore dell’illecito può essere chiamato a rispondere ma anche a titolo di responsabilità oggettiva, gravando su di lui il delicato ruolo di “liberarsi” dall’onere di risarcire il danneggiato.

Alla luce di dette considerazioni è possibile scindere le norme dedicate in tre diverse categorie:

  1. responsabilità per fatto altrui (artt. 2047 – 2049 c.c.);
  2. responsabilità per fatto cagionato da “cose” (artt. 2051 – 2054 c.c.);
  3. responsabilità per svolgimento di attività pericolose (artt. 2050 c.c. e normativa cod. cons. relativa all’attività del produttore).

L’ordinanza oggetto del presente contributo discute di quella responsabilità che si inscrive nella prima classe normativa sopra indicata trattandosi di un caso afferente la responsabilità della Scuola – e dunque del Ministero dell’Università e della Ricerca – per i danni accorsi al minore a seguito di un’attività incauta dallo stesso posta in essere, seppur giustificabile vista la di lui tenera età.

Più precisamente la norma che sembrerebbe essere centrale – ed il condizionale è d’obbligo visto l’intervento pretorio – è l’art. 2048 c.c. incardinante la responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte (dunque degli insegnanti) per i danni cagionati da fatto illecito dei figli o minori non emancipati o delle persone poste alla loro tutela.

Parimenti – secondo il dettato normativo – gli insegnanti sono responsabili per i fatti commessi dai loro alunni nel lasso temporale in cui gli stessi erano sottoposti alla loro tutela.

Innanzi tutto postula una responsabilità del soggetto preposto alla cura, tutela e controllo del c.d. sottoposto o controllato per i fatti illeciti dal secondo cagionati; è una tipica responsabilità per fatto altrui che – a priori – confessa  una posizione di garanzia in capo al controllante tenuto – per onere conferito ex lege – ad esercitare un controllo pieno sull’operato posto in essere dai soggetti che ha in custodia.

È una responsabilità articolata: invero, il docente risponde per culpa in vigilando per i danni causati a terzi dal discende durante l’orario scolastico o extra curriculare purché sia richiesto il controllo del primo sui fatti dal secondo realizzati; il genitore o il tutore vede, invece, ampliare ed aggravare la propria posizione di garanzia nella misura in cui è chiamato a rispondere tanto per culpa in vigilando che per culpa in educando.

È questa una sfumatura di origine pretoria creata per intensificare il dovere che l’ordinamento attribuisce al genitore di educare la prole e vigilare su di essa affinché, anche in caso di assenza del controllo parentale, sia in grado di porre comportamenti retti, ossequiosi, conformi ai dettami sociali e che, soprattutto, non cagionino danno alcuno ai consociati; quantunque il minore commetta verso terzi danni e/o illeciti – pur durante lo svolgimento di attività scolastiche o comunque che si articolino al di fuori della stretta sorveglianza del genitore - questi, ad ogni modo, sarà chiamato a rispondere per le conseguenze lesive occorse poiché frutto di una cattiva – se non addirittura – mancante educazione del danneggiante.

Sin qui è pacifico il contenuto della norma: postula un caso di etero – lesione, ossia di danno che il soggetto in custodia abbia cagionato a terzi, ricorrendo detta ipotesi è chiamato a rispondere civilmente il soggetto versante in posizione di garanzia tranne che – a norma dell’ultimo comma art. 2048 c.c. – dimostri di non aver potuto impedire il fatto, che lo stesso si sia realizzato nonostante la cura, perizia e diligenza con cui l’attività di controllo si sia espletata.

Maggiormente problematica è risultata la circostanza in cui il minore (n. q. di discende, minore non emancipato) produca e realizzi un atto di auto – lesionismo, ovvero infligga dolore o crei un danno alla sua stessa persona.

All’uopo, ricorrendo detta evenienza, si è discusso se, comunque, potesse scomodarsi la responsabilità speciale extracontrattuale o se, diversamente, si fosse in presenza di una responsabilità tipicamente contrattuale con ciò che ne consegue in termini di riparto dell’onere probatorio, di messa in mora e di termine prescrizionale entro cui esercitare l’azione giudiziale a tutela dei propri diritti5.

4. Natura contrattuale della responsabilità dell’Istituto Scolastico per danni all’alunno.

Questi i termini della questione che ha visto – in tempi risalenti e confermati dalla recente ordinanza – avvalorare la tesi secondo cui, ove l’alunno con la propria condotta, autonomamente posta in essere, realizzi un danno a se stesso la Scuola – dunque il MIUR – risponde per contatto sociale qualificato configurandosi, pertanto, un’ipotesi di responsabilità contrattuale attratta dalla disciplina dell’art. 1218 c.c.

È opportuno dare atto di come detta categoria sia particolarmente discussa nel nostro ordinamento.

Da sempre ritenuta una “via di mezzo” poco ortodossa tra responsabilità contrattuale ed extra contrattuale, ha trovato domicilio normativo nel corredo normativo degli artt. 1173 e 1337 c.c. laddove si ritiene la buona fede quale elemento sovrano per valutare la condotta posta in essere dall’autore del fatto ed il legittimo affidamento che il terzo riponga sulla qualifica dell’affidante.

Invero, secondo detta ricostruzione, il genitore – al pari del paziente rispetto al medico o del cliente rispetto a qualsiasi professione ordinistica – non si pone in uno status di generico “quisque de populo” ma intrattiene un rapporto qualificato confidando nella competenza, professionalità, capacità di gestire al meglio delle proprie capacità una data situazione6.

Quindi, il genitore che affida il proprio figlio all’Istituto Scolastico confida nella super visione dei docenti, non si limita a “sperare” in una visione ottimistica che al proprio pargolo nulla accada di irrimediabile ma è certo che il docente tutto faccia affinché la incolumità del discende venga salvaguardata anche da fatti che lo stesso possa – per noncuranza – auto infliggersi.

Stante dette considerazioni non può ammettersi una generica responsabilità extracontrattuale orbitante sul generale principio del neminem laedere essendo, invece, richiesta una responsabilità qualificata e giustificata dal contatto che si instaura tra gli interessati i quali, sebbene non sottoscrivano alcun contratto, regolano i loro rapporti sulla base della buona fede, diligenza e correttezza.

Tutte clausole attorno cui ruotano le ipotesi di responsabilità contrattuale.

Venendo ai fatti di causa occorre evidenziare la peculiarità occorsa al minore (di anni  8) che, nell’atto di scorrazzare nell’atrio andava a rovinarsi contro il portone di vetro, infrangendolo, con conseguente grave lesione al polso anche di natura permanente stimata al 25%.

Pur dando atto di come nessuna violazione delle regole di correttezza e buona fede sia da imputare agli insegnanti, ad ogni buon conto la Cassazione nell'ordinanza in commento, ha evidenziato come la fattispecie concreta non possa discostarsi dall’ipotesi di responsabilità tipica ex art. 1218 c.c., precisamente nella forma del contatto sociale qualificato atteso che i genitori hanno – con l’iscrizione del proprio figlio – conferito mandato ai docenti perché lo educassero e verificassero la tenuta della sua condotta affinché la stessa fosse sempre scevra da atti lesivi verso terzi e – ancor più – verso se stesso.

La lesione dal minore auto cagionatasi configura il venir meno di quell’obbligazione tacitamente riconosciuta tra le parti idonea, ex art. 1173 c.c., a costituire fonte di quel rapporto debitore/creditore in virtù del quale il primo è chiamato a rispondere e risarcire il secondo per l’inadempimento verificatosi.

Stante la precipua circostanza in cui i fatti sono occorsi potrà – secondo la ricostruzione fornita dagli Ermellini – invocarsi la disciplina dell’art. 1227 c.c. per cui ove il fatto cagionato al creditore sia imputabile, seppur parzialmente, a sua colpa, il quantum previsto a titolo di risarcimento può vedersi ridimensionato in proporzione al grado della colpa.

Nel caso di specie diretto creditore è il minore (di anni 8) che ha realizzato una condotta certamente imprudente ed ardita ma che, purtuttavia, non può giustificare l’applicazione del comma 2 art. 1227 c.c. atteso che deve valutarsi la tenera età del fanciullo e, dunque, l’alta probabilità con cui certe condotte possano realizzarsi.

Pertanto, traendo le fila di una ricostruzione puntuale sin qui condotta, la Cassazione ha riaffermato la ricorrenza del contatto qualificato tra genitore ed Istituto Scolastico talché il primo potrà agire in via contrattuale per i danni cagionati dal minore alla sua stessa persona secondo le regole dell’art. 1218 c.c.; ben può applicarsi la disciplina del concorso del fatto colposo ex art. 1227 c.c. purché scremata e guardata alla luce dell’età anagrafica del minore nonché della probabilità statistica con cui determinati fatti possano venire ad esistenza.

5Conclusioni

Ancora una volta si profila e si conferma un quadro normativo ampiamente corredato dai flussi pretori.

Sul rilievo secondo cui è demandata, com'è noto, alla giurisprudenza l'attività interpretativa tesa alla ricerca del sillogismo del caso concreto, si delinea un quadro complesso secondo cui accanto alla responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c. si colloca quella extracontrattuale ex art. 2043 c.c.7, bipartizione, questa, cui va ad aggiungersi un’ultronea categoria data dalle ipotesi di responsabilità speciali anche dette ad imputazione oggettiva, diversa da quella della colpa e da quella del dolo.

Ma v’è di più, atteso che – si guardi al caso ivi esaminato – la stessa norma che incardina una indiscussa ipotesi di responsabilità speciale (art. 2048 c.c.) in realtà cela una responsabilità da contatto sociale qualificato ove il minore leda se stesso e non terzi.

Caso, questo, esteso in via pretoria anche alla circostanza del paziente di clinica psichiatrica che realizzi atti di autolesionismo per cui, sempre per contatto sociale, l’Istituto risponde in via contrattuale ex art. 1218 c.c.

Non rimane, dunque, che ribadire il ruolo ancestrale dell’interprete, chiamato a conferire domicilio normativo ai molteplici casi concreti posti all’attenzione nelle aule giudiziarie.

Note e riferimenti bibliografici

1. Il criterio di imputazione della responsabilità civile - ritenuto primario - si fonda sul dolo e la colpa, esso radica la propria domiciliazione normativa nell'art. 2043 c.c. per cui "qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno"; accanto a detto criterio, la Dottrina degli anni '60 ha collocato ipotesi di cc.dd responsabilità speciali con base differente dalla colpa e/o dal dolo ma di matrice oggettiva.

2. M. Di Pirro; "Diritto Civile"; Edizioni Giuridiche Simone - 2017;

3. Per un'analisi ex professo della evoluzione dei predetti pensieri si veda: V. Roppo; "il Contratto; Giuffrè Editore - 2011;

4. Appare di interesse il confronto normativo tra l'art. 2050 c.c. e la responsabilità del produttore la cui disciplina è contenuta negli artt. 117 e ss. Cod. Consumo D. Lgs 206/2005;

5. Per una visione di insieme si veda R. Giovagnoli; "il Contratto"; Itaedzioni - 2019;

6. Chiarificatrice in punto gli atti del Convegno tenuto dalla Dott.ssa A. Scotti e P. Graziano in occasione del Seminario del 17 Aprile 2009 presso la Facoltà di Giurisprudenza di Napoli "Federico II" e avente ad oggetto: "L'art. 2043 c.c. nel diritto vivente";

7. Un inquadramento completo si individua ne M. Fratini; "Il sistema del diritto civile - La responsabilità extracontrattuale" Volume 2; Dike Giuridica Editrice - 2017.