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Pubbl. Mar, 27 Ago 2019

I genitori vanno sottoposti a psicoterapia di coppia se i conflitti ostacolano la serenità dei figli

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Gabriella Inguscio


La Corte di legittimità, in posizione mediana rispetto all´ordinamento italiano ed ai documenti internazionali, ha riaffermato il potere del Giudicante di valutare i mezzi istruttori, quando da essi scaturisca la necessità di ovviare ad una conflittualità familiare: se lesiva dei diritti dei figli, giustifica un percorso di recupero psicologico.


Sommario: 1. Preambolo: focus sulle norme e sulla giurisprudenza 2. Fatti oggetto dell’ordinanza n. 11842/2019 3. Le considerazioni della Corte; 4. Conclusioni.

1. Preambolo: focus sulle norme e sulla giurisprudenza

La Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sui limiti del diritto all’autodeterminazione degli ex-coniugi e sul superiore interesse della prole.

È utile una breve premessa sulla definizione di matrimonio nella nostra Costituzione: essa insegna che è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare di talché il Giudice deve necessariamente pronunciarsi in caso di disaccordo dei coniugi che abbiamo richiesto la separazione personale [1].

Ne consegue che la filiazione tanto degna di pregio, quanto la scelta di contrarre matrimonio, viene coadiuvata: nella evoluzione fisiologica della famiglia ovvero nella involuzione patologica quando i coniugi si separino.

In quest’ottica si pone la modifica[2] dell’art. 155 c.c., il quale chiede al Giudice di preferire l’affido condiviso a quello esclusivo ove possibile e di adottare le misure opportune alla tutela del preminente interesse dei minori.

Per una più ampia trattazione della materia giova menzionare lo strumento, a disposizione delle parti, che è la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, ex art. 337-quinquies c.c., a mente del quale, i genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli e l’attribuzione dell’esercizio della responsabilità genitoriale su di essi [3]. Si definisce superiore interesse della prole quel bene incommensurabile che sorregge la ratio della norma. In tal modo, i provvedimenti di codesta portata non passano mai in giudicato [4].

Non c’è da stupirsi che il legislatore abbia voluto sottolineare più volte il substrato di questo percorso separatizio: i provvedimenti sono emanati rebus sic stantibus.

Per converso, l’orientamento di legittimità si dimostra altalenante ma sempre attento a contemperare gli interessi in gioco. In una precedente pronuncia [5] esso si esprime nel senso di ritenere errata la confusione tra percorso psicoterapeutico individuale e percorso di sostegno alla genitorialità e lesiva, fuori dai casi previsti dalla legge, l’imposizione di trattamenti sanitari. La motivazione, alla base di tali asserzioni, destituisce di fondamento il potere del giudice di far maturare la coppia: tale percorso è esclusivo appannaggio del diritto all’auto-determinazione ed estraneo alla possibilità di adottare provvedimenti concernenti il minore.

L’opera della giurisprudenza di merito è, invero, tesa ad ottenere un bilanciamento tra diritti fondamentali quali il diritto alla genitorialità e il diritto ad essere figli. Ed il diritto/dovere di essere figli è derivato dal diritto/dovere di essere genitori.

Ne discende che il nostro codice civile, all’art. 147, vi riconnetta il dovere di mantenere, istruire, educare ed assistere moralmente la prole anche quando i coniugi si separino perché, se la legge non può imporre ai coniugi la comunione materiale e spirituale, può certamente impedire che i figli paghino il fio della rottura. Per fare ciò, il giudice della separazione adotta i provvedimenti opportuni [6] ascoltando i minori.

Seguendo questo iter argomentativo, vi è una inversione di rotta sino a giungere al provvedimento de quo nella qual controversia, la minore, derubata della tranquillità, si è trovata ad affrontare un disagio intollerabile.

2. Fatti oggetto dell’ordinanza n. 11842/2019

La Corte d’Appello di Trieste respingeva i reclami, principale ed incidentale nel procedimento ex art. 337-quinquies c.c. ove l’ex coniuge vedeva il Tribunale determinarsi per l’affido condiviso della figlia minore, la visita del padre tre volte a settimana e la riduzione dell’assegno di mantenimento in favore della minore. La Corte territoriale disponeva altresì che il consultorio competente attivasse un percorso di sostegno per la minore, di supporto alla genitorialità ed infine che i servizi sociali osservassero costantemente l’andamento della situazione.

Tra i motivi di doglianza del ricorso in Cassazione si legge in sentenza: aver proposto, il padre, procedimento ex art. 337 quinquies c.c. in pendenza dei termini per proporre reclamo avverso altro provvedimento avente stesso oggetto; la violazione degli artt. 2, 13, 32, 111 della Costituzione e 337 ter c.c. avendo leso, la Corte territoriale, il diritto dei coniugi all’autodeterminazione; il vizio di motivazione circa la mancata ammissione dei mezzi istruttori; la violazione o falsa applicazione dell’art. 337 ter c.c. per non aver, il giudice, tenuto in debito conto, l’inadeguatezza dei comportamenti del padre e le sue effettive disponibilità.

L'ordinanza succitata avalla la decisione del Giudicante che si trovi a bilanciare la situazione di disagio familiare con il preminente interesse superiore della prole [7] : il primo motivo risulta manifestamente infondato a  causa del diritto della parte di instaurare nuovo giudizio; il secondo motivo allo stesso modo risulta manifestamente infondato in quanto viene ridimensionata la portata dell’intervento della Corte d’Appello di Trieste, la quale si era solo determinata alla presa in carico, da parte del consultorio, del nucleo familiare ed alla predisposizione di un percorso di sostegno psicologico. Viene anche sottolineato che il precedente della Corte [8] richiamato non calzasse al caso di specie poiché concernente un percorso psicoterapeutico individuale.

3. Le considerazioni della Corte

La vicenda de qua è stata analizzata dalla Corte prendendo le mosse dai propri precedenti: il testo dell’ordinanza richiama l’esercizio in concreto del potere di emettere provvedimenti riguardo ai figli. Il potere del giudice, nella separazione personale dei coniugi, deve costituire espressione di conveniente protezione del preminente diritto dei figli alla salute e ad una crescita serena ed equilibrata; le sole limitazioni ai richiamati diritti e libertà fondamentali sono i pari diritti e libertà altrui e i concorrenti doveri di genitore fissati nell’art. 30 Cost., co. 1 e nell’art. 147 c.c. [9]

Tali principi più volte menzionati[10] hanno consentito alla Cassazione di esplicare nella decisione perché, nel caso caduto alla sua attenzione, il disagio si fosse manifestato in modo da alterare e porre in pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli tale da pregiudicare il loro interesse [11] e, dunque, da giustificare una misura di sostegno al nucleo familiare.

Orbene, nella fattispecie, il decreto non ha fatto altro che ricalcare in modo iconico quanto già asserito precedentemente in merito al preminente diritto dei figli alla salute e ad una crescita serena, giustificando la compressione di garanzie costituzionali e subordinando a ciò principi sovranazionali come il diritto all’autodeterminazione. L’interesse della prole che diventa criterio-guida delle pronunce, ad opinione insindacabile della Suprema Corte, non solo legittima l’intervento del Giudice ma previene altri gravi danni al minore.

Tra le ragioni che rendono infondati la maggior parte dei motivi di ricorso, è ricordato che il Giudice ha facoltà di individuare le fonti del proprio convincimento[12] e riconvocato il principio del libero convincimento affinché lo strumento processuale del ricorso in Cassazione non aggiri i poteri riconosciuti dalla legge, ex art. 337-ter, di discrezionale valutazione dei mezzi di prova.

Infine, spiega l’ordinanza, per quanto il percorso del Giudicante debba essere motivato e debba condurre a logiche conclusioni, da questo non inferisce il potere delle parti di addivenire a diverse conclusioni e pretendere un migliore e più appagante coordinamento.

In tal guisa argomentando, viene richiamata la legge n. 184 del 1983 sull'adozione, legittimando il sostegno alla genitorialità dal primario dettato costituzionale ex art. 30 Cost. al secondario dettato normativo ex art. 155 c.c., per salvare quella nuova formazione sociale creatasi e versante nella situazione d’intollerabilità della convivenza.

4. Conclusioni

Successivamente si esprime ancora la Corte [13], statuendo che un invito giudiziale integri una forma di condizionamento non sorretta dal superiore interesse della prole e che solo al servizio sociale il Giudice si può rivolgere per attenuare la conflittualità. Stando alle notizie di cronaca che disgraziatamente ci attanagliano, la disposizione ex art. 32 Cost. permea il provvedimento della Corte di legittimità: il diritto alla salute è premessa e conseguenza delle situazioni di conflittualità.

Così letta l’ordinanza, si ravvisa una piena applicazione del summenzionato diritto piuttosto che una violazione di esso. Sotto l’egida di una giustificazione congrua, quali siano le nefaste conseguenze che si possano prevenire, il sacrificio di interessi costituzionalmente garantiti, come la libertà di autodeterminazione, appare un detrimento sopportabile.

Note e riferimenti bibliografici

 [1] F. CARINGELLA L. BUFFONI, Manuale di diritto civile, VII ed., DIKE, 2016

[2] art. 1 L. 8 febbraio 2006 n. 54

[3] CIAN TRABUCCHI, Commentario breve al codice civile, CEDAM 2015

[4] D. GRAMAGLIA, Manuale breve Diritto processuale civile, GIUFFRE’ 2016

[5] Cass. civ., sez. I, 1/7/2015 n. 13506

[6] P. TRIMARCHI, Istituzioni di diritto privato, XX ed., GIUFFRE’, 2014

[7] D. BARDONI, La famiglia, AD MAIORA, 2017

[8] Cass. civ., sez. I, 1/7/2015 n. 13506

[9] Cass. civ. sez. I, 12/6/2012 n. 9546

[10]  Cass. civ. sez. I, 24/5/2018 n. 12954 e Cass. civ. sez. I, 4/11/2013 n. 24683

[11] Cass. civ., sez. I, 29/3/2012 n. 5108

[12] Cass. sez. lav., 29/5/2017 n. 13485

 [13] Cass. civ., sez. I, 5/7/2019 n. 18222