Pubbl. Dom, 30 Giu 2019
Il nuovo scambio elettorale politico mafioso
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Ilaria Taccola
Un breve commento al nuovo art. 416 ter c.p. recentemente modificato dalla Legge 21 maggio 2019 n. 43
Sommario: 1. L'originario art. 416 ter c.p.; 2. La riforma della Legge 17 aprile 2014 n. 62; 3. La riforma della Legge 21 maggio 2019 n. 43
1. L’originario art. 416 ter c.p.
L’art. 416 ter c.p., introdotto dall’art. 11 ter del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, prevedeva originariamente che “la pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio della erogazione di denaro”
In via generale, l’originario art. 416 ter c.p. puniva solamente chi accettava la promessa di procurare voti mediante il metodo mafioso di cui all’art. 416 bis c.p. da parte di un appartenente all’associazione mafiosa. In particolare, l’elemento oggettivo consisteva nell’accettare la promessa di procacciamento di voti consegnando come corrispettivo una somma di denaro. Tale formulazione è sempre stata criticata per difetto di tassatività, non essendo chiaro e predeterminato il comportamento illecito.
Nell’originaria formulazione si trattava di un reato comune poiché poteva essere commesso da chiunque, di pericolo, essendo richiesta solo la messa in pericolo del bene protetto dalla norma, e di mera condotta, perfezionandosi solo con la promessa. Inoltre, il momento della consumazione coincideva con la semplice promessa.
Tutt’ora è rimasta questa configurazione con delle modifiche che analizzeremo nel prosieguo.
In aggiunta a ciò, si deve precisare che un requisito non espressamente richiesto dall’art. 416 ter c.p., ma deducibile dalla lettura della norma in combinato disposto con il 416 bis c.p., è quello per cui chi accetta la promessa deve essere un estraneo all’associazione, anche perché in caso contrario si integrerebbe la fattispecie associativa di cui all’art. 416 bis c.p.
I profili critici erano proprio quelli in merito alla configurazione dell’art. 416 ter c.p. come reato plurisoggettivo improprio poiché veniva punito solamente chi accettava la promessa di procurare voti, ossia il politico e non chi si adoperava per il procacciamento, ossia l’esponente dell’associazione. Inoltre, l’originaria configurazione dell’art. 416 ter c.p. puniva esclusivamente lo scambio elettorale politico mafioso che aveva come oggetto una somma di denaro.
La giurisprudenza[1] aveva colmato tale lacuna, ritenendo punibile lo scambio elettorale politico mafioso avente ad oggetto utilità diverse dal denaro attraverso il combinato disposto degli artt. 110 e 416 bis c.p., ossia il concorso esterno in associazione mafiosa. In particolare, riteneva punibile chi accettava la promessa in cambio di utilità diverse dal denaro se si fosse dimostrato che attraverso l’accordo criminoso si sarebbe rafforzato o mantenuto il sodalizio mafioso. In altri termini, attraverso un giudizio controfattuale ex post si sarebbe dovuto dimostrare l’effettivo rafforzamento dell’associazione mafiosa da parte dell’accordo criminoso tra il politico e l’esponente del clan mafioso.
2. La riforma della Legge 17 aprile 2014 n. 62
La Legge 17 aprile 2014 n. 62 ha modificato l’art. 416 ter c.p. con i termini che seguono: “Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma”.
La novità introdotta dalla Legge del 2014 è proprio la diversa configurazione della fattispecie come plurisoggettiva necessaria propria, poiché punisce, a differenza della previgente formulazione, anche il procacciatore di voti.
Inoltre, si sottolinea espressamente che la promessa di procacciamento di voti debba avvenire tramite le modalità del metodo mafioso, ossia il vincolo di assoggettamento e intimidazione che deriva dal sodalizio mafioso. In aggiunta a ciò, si prevede a chiare lettere la punibilità dell’accordo criminoso avente ad oggetto utilità diverse dal denaro. Una ulteriore novità è stata la previsione esplicita della punibilità della promessa. Infatti, nella previgente disposizione, in assenza di una precisa disposizione da parte del Legistatore, era stata la giurisprudenza ad aver ritenuto come momento consumativo la promessa di procacciamento di voti, interpretando il termine “erogazione” in senso debole[2]. In particolare, secondo un’interpretazione il termine erogazione andrebbe inteso in un’accezione debole che non richiede l’effettiva corresponsione del denaro, ma solamente la semplice promessa.
Per quanto riguarda la consumazione, la fattispecie di cui all’art. 416 ter c.p. può essere intesa a schema duplice, nel senso che il momento consumativo deve essere individuato alternativamente nella promessa o nell’erogazione della somma di denaro di altre utilità.
Per quanto riguarda le condotte pregresse, la giurisprudenza ha ritenuto che la nuova formulazione non integrasse una nuova incriminazione per quanto riguarda il promittente, poiché quest’ultimo era ritenuto punibile attraverso una interpretazione combinata degli artt. 416 bis e 110 c.p., ossia il concorso esterno in associazione mafiosa.
In merito al rapporto tra il concorso esterno ex artt. 416 bis e 110 c.p. e l’art. 416 ter c.p., la giurisprudenza ha ritenuto che sussista un concorso apparente risolvibile attraverso il criterio di specialità ex art. 15 c.p.
In altri termini, ripercorrendo l’insegnamento della citata sentenza Mannino (Cass. 12 luglio 2005 n. 33748), l’introduzione dell’art. 416 ter c.p. è stata volta a punire condotte non rientranti nel combinato disposto degli artt. 416 bis e 110 c.p., ossia quei comportamenti che non avessero rafforzato o mantenuto l’organizzazione criminosa. Infatti, se prima il concorso esterno in associazione mafiosa veniva utilizzato per colmare la mancata punibilità di quegli accordi aventi ad oggetto utilità diverse dal denaro che avessero rafforzato il sodalizio mafioso, con la riforma del 2014 queste condotte rientrano nella punibilità dell’art. 416 ter c.p. che punisce così tutti quei comportamenti che non si risolvono in un rafforzamento o mantenimento del clan mafioso. Pertanto, il novellato art. 416 ter c.p. punisce l’accordo criminoso tra un politico e un esponente dell’associazione mafiosa a prescindere dall’accertamento causale dello stesso ai fini del rafforzamento del clan.
Inoltre, secondo la dottrina e parte della giurisprudenza in merito alle modalità criminose, la legge del 2014 non ha comportato una parziale abrogazione poiché anche nella precedente formulazione occorreva l’utilizzo del metodo mafioso per il procacciamento di voti[3]. Tale assunto non è però condiviso dalla giurisprudenza prevalente che ritiene il novellato art. 416 ter c.p. una norma più favorevole rispetto alla previgente formulazione poiché, con la riforma, è stato introdotto un ulteriore elemento costitutivo, ossia che il procacciamento dei voti avvenga tramite le modalità del metodo mafioso ex art. 416 ter c.p., che rende non punibili le condotte pregresse che non abbiano espressamente contemplato le suddette modalità.
Infine, la L. 23 giugno 2017 n. 103 aveva aggravato il trattamento sanzionatorio, aumentando la pena della reclusione da sei a dodici anni.
3. La riforma della Legge 21 maggio 2019 n. 43
La legge 21 maggio 2019 n. 43 ha nuovamente modificato per la terza volta lo scambio elettorale politico mafioso ex art. 416 ter c.p.
Il novellato art. 416 ter c.p. punisce “Chiunque accetta, direttamente o a mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’articolo 416-bis o mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità o in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa è punito con la pena stabilita nel primo comma dell’articolo 416-bis.
La stessa pena si applica a chi promette, direttamente o a mezzo di intermediari, di procurare voti nei casi di cui al primo comma.
Se colui che ha accettato la promessa di voti, a seguito dell’accordo di cui al primo comma, è risultato eletto nella relativa consultazione elettorale, si applica la pena prevista dal primo comma dell’articolo 416-bis aumentata della metà.
In caso di condanna per i reati di cui al presente articolo, consegue sempre l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.”
Innanzitutto, la riforma del 2019 ha previsto un ulteriore innalzamento del trattamento sanzionatorio, aumentando la pena della reclusione da dieci a quindici anni. Si tratta della stessa pena prevista per l’appartenente all’organizzazione mafiosa ex art. 416 bis c.p. e, infatti, tale scelta legislativa appare irragionevole ed eccessiva poiché parifica delle situazioni eterogenee. Inoltre, si stabilisce come pena accessoria l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Per quanto riguarda il novero dei soggetti punibili, viene punito espressamente l’intermediario e viene prevista la possibilità che il procacciatore sia un soggetto appartenente all’associazione mafiosa ex art. 416 bis. c.p. Peraltro, la previsione della punibilità dell’intermediario sarebbe superflua visto che tale soggetto era punito anche nella previgente disposizione attraverso il combinato disposto della normativa sul concorso di persone ex art. 110 c.p. e il patto elettorale politico mafioso ex art. 416 ter c.p.
Inoltre, l’espressa previsione della punibilità degli intranei genera alcune perplessità. Innanzitutto, a parte il fatto che anche nella previgente formulazione venivano puniti gli appartenenti alla associazione mafiosa, la precisa menzione di questi soggetti genera dei dubbi sulla loro esatta individuazione. Infatti, alcuni interpreti[4] si chiedono se sia necessario una condanna in primo grado o una condanna definitiva, oppure se sia sufficiente una misura cautelare o una misura di prevenzione.
In aggiunta a ciò, per quanto riguarda l’elemento oggettivo viene aggiunta “la disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa”. Tale formulazione pecca in termini di tassatività e collide con il principio di offensività, poiché copre una serie di comportamenti difficilmente predeterminabili a priori. Inoltre, non è chiaro se una volta realizzatosi l’accordo criminoso e realizzatasi questi comportamenti di messa a disposizione, quest’ultimi integrassero dei post factum non punibili o meno. Infatti, nel caso in cui non integrassero dei post factum non punibili, vi sarebbe il concorso con ulteriori fattispecie incriminatrici.
Infine, la problematica maggiore attiene alla nuova circostanza aggravante ad effetto speciale che prevede un aumento fisso della metà della pena base prevista dall’art. 416 bis c.p. se il politico viene eletto.
Infatti, non è chiaro come si possa applicare tale circostanza aggravante visto che in sede probatoria è altamente difficile, se non impossibile, dimostrare che quel determinato soggetto è stato eletto grazie a quell’accordo criminoso, visto la segretezza del voto.
Pertanto, si attendono ulteriori interpretazioni e chiarimenti da parte della dottrina e della giurisprudenza.
Note e riferimenti bibliografici
[1] Cass. 12 luglio 2005 n. 33748
[2] Cass. 2 marzo 2012 n. 32820 “Il reato di scambio elettorale politico-mafioso si perfeziona al momento delle reciproche promesse, indipendentemente dalla materiale erogazione del denaro, essendo rilevante – per quanto attiene alla condotta dell"uomo politico – la sua disponibilità a venire a patti con la consorteria mafiosa, in vista del futuro e concreto adempimento dell"impegno assunto in cambio dell"appoggio elettorale"
[3] Cass. 10 maggio 2016 n. 36079 “In tema di delitto di scambio elettorale politico mafioso, la modifica apportata all’art. 416 ter c.p. dalla legge 17 aprile 2014, n. 62 sul contenuto dell’accordo criminoso, non ha comportato una parziale abolitio criminis, in quanto anche nel vigore della precedente formulazione della norma, occorreva, ai fini della configurazione del reato, la promessa di acquisizione del consenso elettorale facendo ricorso alle tipiche modalità mafiose della sopraffazione e dell’intimidazione.”
[4] Giuseppe Amarelli, La riforma dello scambio elettorale.