Pubbl. Lun, 15 Lug 2019
Punibile l´albergatore che tollera la presenza in hotel di prostitute ad ore
Modifica paginaNota a Cassazione penale, sentenza n. 18003 del 18 gennaio 2019, depositata il 2 maggio 2019.
Sommario: 1. Introduzione; 2. Legge 20 febbraio 1958, n. 75 (cd. Legge Merlin); 2.1 Tolleranza abituale della prostituzione; 3. Cassazione penale, sentenza n. 18003 del 18 gennaio 2019; 3.1 vicenda; 3.2 Decisione della Corte
1. Introduzione
La Suprema Corte si è pronunciata sull'eventuale responsabilità penale ascrivibile al gestore di una struttura alberghiera il quale tolleri che donne esercenti l'attività di meretricio vadano a svolgere quest'ultima attività in detta struttura.
2. Legge 20 febbraio 1958, n. 75 (cd. Legge Merlin)
Con detto intervento legislativo furono recepiti i principi esplicitati dalla Convenzione ONU del 1949-1951 sulla prostituzione e la tratta degli esseri umani.
Tra gli altri, detta Convenzione si poneva l'obiettivo di contrastare il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione.
La l. 75/1958, infatti, prevedette il divieto di esercizio di case di prostituzione su tutto il territorio italiano1 e ordinò che le case di prostituzione in esercizio fossero chiuse entro sei mesi dall'entrata in vigore di detta legge2.
Per una seppur breve ma compiuta trattazione della legislazione in materia di prostituzione, è opportuno definire la figura della donna esercente l'attività di meretricio.
La giurisprudenza di legittimità3 ha delineato i tratti distintivi tra le figure della "prostituta" e della "mantenuta": la prima instaura con il cliente un rapporto sinallagmatico in virtù del quale concede una prestazione sessuale in cambio di una dazione monetaria; la cd. mantenuta, invece, acconsente all'esecuzione di una prestazione sessuale nel contesto di una relazione di libero amore seppur caratterizzata da regalie di valore rilevante.
Il bene giuridico protetto dalla legge 75/1958 è rinvenibile nella libertà di determinazione della donna al compimento di atti sessuali4. L'anzidetta legge infatti punisce tutte le condotte esplicantesi in uno sfruttamento o in un'agevolazione dell'attività di meretricio. Viene altresì punito il comportamento del soggetto che, in luogo pubblico o aperto al pubblico, invita al libertinaggio in modo scandaloso o molesto e di colui che segue per la pubblica via le persone, invitandole al libertinaggio con parole o atti5
Al contrario, non costituisce illecito, neppure amministrativo, la condotta della persona che svolge l'attività di meretricio in luogo privato.
Per atto di prostituzione, deve intendersi qualunque comportamento, anche se non implicante un contatto fisico tra i soggetti coinvolti, finalizzato al soddisfacimento della concupiscenza di colui che ha chiesto o è destinatario della prestazione6.
2.1 Tolleranza abituale della prostituzione
L'art. 3 comma 3 della l. 75/1958 punisce il proprietario, il gerente o il preposto di un locale aperto al pubblico o utilizzato dal pubblico il quale tolleri abitualmente la presenza di una o più persone che, all'interno del locale stesso, si danno alla prostituzione.
L'elemento soggettivo del reato è rinvenibile nel dolo generico ossia nella coscienza e nella volontà di tollerare abitualmente la presenza di una o più persone che svolgono l'attività di meretricio, all'interno di un luogo aperto al pubblico o utilizzato dal pubblico di cui è proprietario o gerente il soggetto agente.
Ai fini dell'integrazione del reato, è richiesto che il soggetto attivo ponga in essere una condotta abituale ossia reiteri durante un apprezzabile lasso di tempo la condotta tollerante7.
3. Cassazione penale, n. 18003 del 18 gennaio 2019
3.1 Vicenda
L'imputato depositava ricorso per Cassazione avverso la sentenza di condanna della Corte di Appello territoriale con la quale era stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 3 n. 3 della l. n. 75 del 1958, poichè quale gerente di alcuni alberghi permetteva ad alcune donne esercitanti il meretricio di accedere a detti alberghi anche omettendone le registrazioni di cui all'art. 109 t.u.l.p.s., tollerando così l'attività svolta dalle donne.
Il ricorrente lamentava che la decisione della Corte di Appello territoriale non avesse tenuto conto dell'insussistenza: dell'elemento oggettivo dell'abitualità della tolleranza e, in subordine; dell'elemento psicologico del reato di tolleranza abituale; dell'elemento oggettivo del delitto di favoreggiamento della prostituzione; del concorso di persone per i delitti di tolleranza e favoreggiamento della prostituzione;
3.2 Decisione della Corte
La Corte di Cassazione ha ritenuto esente da censure la decisione resa dalla Corte di Appello territoriale.
In particolare, i Giudici della Suprema Corte hanno dapprima richiamato l'orientamento giurisprudenziale in materia di tolleranza abituale della prostituzione, il quale ritiene che sia integrata tale figura delittuosa qualora il gerente di una struttura alberghiera reiteri, per un tempo apprezzabile, un comportamento permissivo idoneo a consentire che uno o più soggetti svolgano l'attività di meretricio nell'anzidetta struttura.
I giudici della Corte di Cassazione hanno ritenuto provata la responsabilità penale dell'odierno ricorrente. In particolare, dalle dichiarazioni dei dipendenti dell'albergo, è emerso che era noto ai dipendenti dell'albergo l'attività di meretricio cui erano dedite le ragazze. Peraltro, queste ultime si recavano più volte nella medesima nottata presso l'albergo in compagnia di uomini diversi e con la quale vi era una notevole differenza di età. Da ultimo, il personale dell'albergo contravveniva alla disposizione di cui all'art. 109 t.u.l.p.s. omettendo la registrazione dei soggetti richiedenti l'occupazione della camera.
Il Supremo Consesso ha ritenuto che l'imputato avesse tenuto una condotta integrante il delitto di tolleranza abituale della prostituzione, attesa la politica alberghiera secondo la quale era opportuno riempire il maggior numero di camere possibili anche se, per raggiungere tale obiettivo, era necessario violare le regole in materia di registrazione degli occupanti.
E' stato accertato che il gerente dell'albergo consentiva che avvenisse una registrazione solo parziale degli occupanti le camere: solo la prostituta; o solo l'uomo, nelle coppie clandestine.
In definitiva, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso depositato dall'odierno ricorrente e lo ha condannato al pagamento delle spese processuali.
Note e riferimenti bibliografici
1. art. 1 legge 20 febbraio 1958, n. 75;
2. art. 2 l. 75/1958;
3. Cassazione penale, sez. III, 17 dicembre 2015, n. 49643;
4. Cassazione penale, sez. III, 2 settembre 2004, n. 35776;
5. art. 5 comma 1 nn. 1 e 2 l. 75/1978;
6. Cassazione penale, sez. III, 31 marzo 2015, n. 1598;
7. Cassazione penale, sez. III, 1 marzo 2012, n. 8037.