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Pubbl. Lun, 4 Mag 2015

Contratto preliminare e causa in concreto: l’approdo delle Sezioni Unite

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Andrea Senatore


Negli scambi economici si va sempre affermando l´esigenza per le parti di ricorrere alle trattative e ad una formazione progressiva del consenso. Ma fin dove può spingersi l´autonomia privata e l´interesse delle parti? La Cassazione risponde a questa domanda con alcune precisazioni.


Le Sezioni Unite civili della Cassazione, con la sentenza 4628/15, aggiungono un altro tassello all’indagine sull’ammissibilità del c.d. preliminare del preliminare. Di questa importante sentenza già si era occupato su questo sito Mirko Forti, che ha bene evidenziato i termini del problema, vale a dire l’ammissibilità di un “preliminare del preliminare”. La questione è stata a lungo dibattuta in giurisprudenza e dottrina, sin dall’entrata in vigore del Codice Civile, com’è testimoniato dai referenti sia in favore che contro il “preliminare del preliminare” citati nella motivazione.

Tutto ruota attorno al concetto di formazione progressiva del consenso.

All’accordo, inteso come incontro della volontà dei contraenti, elemento essenziale del contratto ex art. 1325 c.c., si può giungere attraverso le trattative  ma vi si può pervenire anche senza la necessità di un fissazione preventiva del contenuto del contratto e senza alcuna discussione, come ad es. nei contratti per adesione, senza che per questo venga vulnerata l’autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 co. 1 c.c..

La dottrina non manca di sottolineare come non sia sempre agevole stabilire il momento della conclusione delle trattative, potendo non essere sufficiente l’incontro delle volontà su tutti gli elementi essenziali del contratto, residuando ancora spazi per la fissazione di aspetti pure rilevanti come le modalità di pagamento o il luogo ed il tempo dell’adempimento. Le parti, in tale ipotesi, fissano mano a mano i punti su cui si vogliono vincolare ma non concludono ancora le trattative. Del resto, nemmeno la redazione di un documento completo nelle clausole essenziali ed accessorie costituisce certezza della conclusione di un contratto, ma una presunzione semplice e come tale suscettibile di prova contraria. Tale considerazione trova conferma nella pronuncia in commento quando rimarca che “in tema di minuta o di puntuazione del contratto, qualora l’intesa raggiunta dalle parti abbia ad oggetto un vero e proprio regolamento definitivo del rapporto non è configurabile un impegno con funzione meramente preparatoria di un futuro negozio, dovendo ritenersi formata la volontà attuale di un accordo contrattuale; per tale valutazione, ben può il giudice far ricorso ai criteri interpretativi dettati dagli artt. 1362 e segg. cod. civ.”.

La Cassazione si occupa con questa pronuncia del contratto preliminare in tema di compravendita immobiliare, non senza rilevare l’incertezza del confine tra atto preparatorio e contratto preliminare. Un interessante aspetto affrontato dalla sentenza riguarda il rapporto tra le parti del contratto preliminare e il mediatore, figura anch’essa dai confini vaghi, che rimane estraneo a quel contratto, ma che pure ha interesse alla stipula del preliminare.

Gli intermediari e le parti coinvolte nelle vendite immobiliari si sono adoperati per conferire rilevanza giuridica ad un’operazione che non riveste i caratteri della definitività, rimanendo ancora da verificare  la praticabilità della vendita.

Ripercorrendo le fasi contrattuali della mediazione professionale, la sentenza individua tre tappe: a) la formulazione da parte dell’aspirante acquirente di una proposta irrevocabile, atto accettato o rifiutato del proprietario dell’immobile oggetto di vendita; b) la stipula del contratto preliminare propriamente detto, che potrà poi essere eventualmente trascritto e c) il necessario rogito notarile con il saldo del prezzo.

Si registrano, tuttavia, numerose varianti sul tema che la Corte rinuncia ad indagare, qualificandole “ozioso impegno di un giurista da tavolino”, preferendo focalizzarsi sulla praticabilità di due fasi anteriori all’atto traslativo. Tale esigenza nasce dalla volontà di “fermare l’affare”, pur residuando per una delle parti (solitamente l’acquirente) il bisogno di compiere ulteriori verifiche, come la maggiore conoscenza della controparte o la verifica dello stato di fatto e di diritto del bene.

Il precedente arresto del 2009 (Cass. II civ., sent. 8038/09) aveva dichiarato la nullità del cosiddetto “preliminare del preliminare”, ritenendo che “riconoscere come possibile funzione del primo anche quella di obbligarsi… ad obbligarsi a ottenere quell’effetto, darebbe luogo a una inconcludente superfetazione, non sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ben potendo l’impegno essere assunto immediatamente: non ha senso pratico il promettere ora di ancora promettere in seguito qualcosa, anziché prometterlo subito”.

Le Sezioni Unite non sembrano discostarsi con decisione da questo approdo, anche se intendono evidenziare la rilevanza della causa concreta, qualificata come “scopo pratico del negozio ... sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato” (Cass. III civ., sent. 10490/06). La sentenza, quindi, rintraccia altre figure contrattuali atipiche cui corrisponde una causa meritevole di tutela “in concreto”. Una prima ipotesi la si può riscontrare nel caso in cui nel primo accordo sia stata convenzionalmente esclusa l’applicabilità dell’art. 2932 c.c. e, pur ravvisandosi un contratto preliminare, si potrà ricorrere solo al risarcimento del danno in caso di inadempimento e non all’esecuzione in forma specifica. Un altro esempio viene riscontrato nell’ipotesi in cui la pattuizione della doppia fase risponda all’esigenza di una delle parti di godere del diritto di recesso, facoltà che può essere convenzionalmente prevista nel contratto preliminare e che può comportare la perdita della caparra penitenziale versata da chi propone l’acquisto. La figura del “preliminare del preliminare” quindi sta ad indicare sia figure contrattuali atipiche sia stadi prenegoziali avanzati che intensificano l’obbligo ex art. 1337 c.c. di condurre le trattive secondo buona fede.

Come sostiene la dottrina, non vi è spazio per negare l’ammissibilità di procedimenti contrattuali graduali, la cui utilità sia riscontrata e manifestata dalle parti, in assenza di violazioni di una norma imperativa. E del resto, la negoziazione consapevole ed informata ben può essere traguardata quale autonomo interesse meritevole di tutela, come non può essere connotata da disvalore ex se la segmentazione delle fasi contrattuali, allorquando corrisponda ad un complesso di interessi che stanno realmente alla base dell’operazione negoziale.

Le Sezioni Unite giungono a formulare, quindi, il seguente principio di diritto: “in presenza di contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare che sia scandita in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale accordo costituisca già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti ex art. 1351 e 2932 c.c., ovvero anche soltanto effetti obbligatori ma con esclusione dell’esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento.

Riterrà produttivo di effetti l’accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga la configurabilità dell’interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare.

La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, potrà dar luogo a responsabilità per la mancata conclusione del contratto stipulando, da qualificarsi di natura contrattuale per la rottura del rapporto obbligatorio assunto nella fase precontrattuale”.

Il “preliminare del preliminare”, quindi, non viene completamente sdoganato, proprio in funzione della causa in concreto utilizzata per renderlo ammissibile, e rimane dunque esclusa la validità del mero “obbligo di obbligarsi” a produrre un vincolo, senza alcun contenuto ulteriore o differenziato rispetto a quello appena assunto.

È evidente come in questo modo venga rimarcato il ruolo del giudice di merito, tenuto a valutare caso per caso l’interesse delle parti, onde poter tutelare la loro effettiva volontà e gli impegni assunti.

Resta da verificare l’impatto di questa pronuncia sulla giurisprudenza di merito e su quella della stessa Corte di legittimità.

 

Andrea Senatore

Dottore di ricerca