Pubbl. Lun, 6 Mag 2019
Traffico di influenze illecite: dalla Legge Severino alle novità del cd. Spazzacorrotti
Modifica paginaIl traffico di influenze illecite è un reato relativamente recente. È stato introdotto nel 2012 dall’art. 1 comma 75 lett. r) della legge n. 190 (cd. Legge Severino) all’articolo 346bis c.p. nel Libro II, Titolo II, Capo II tra i delitti contro la pubblica amministrazione. La disciplina è stata riformata dalla l. n. 3/2019, cd. Spazzacorrotti.
Sommario: 1. Nascita della norma. – 2. Traffico di influenze illecite, corruzione e millantato credito. – 3. La disciplina introdotta con la Legge Severino. – 4. Oggetto giuridico. – 5. Soggetti attivi. – 6. Relazione tra soggetti, pactum sceleris e sfruttamento. – 7. La mediazione. – 8. La retribuzione. – 9. Le novità del c.d. Spazzacorrotti.
1. Nascita della norma.
La nascita del delitto di traffico di influenze illecite si deve a due diverse esigenze[1]: da un lato vi era la necessità di conformarsi agli obblighi internazionali, dall’altro si avvertiva l’impellenza di incriminare condotte lesive del buon andamento e del prestigio della pubblica amministrazione alle quali non era applicabile la fattispecie del millantato credito.
Quanto al primo profilo, le fonti internazionali obbligavano l’Italia a estendere la portata incriminatrice del delitto di millantato credito fino a ricomprendere l’ipotesi di traffico di influenze illecite. L’art.12 della Convenzione europea sulla corruzione, firmata a Strasburgo il 27 gennaio 1999 e ratificata con la l. n.110/2012 mirava a criminalizzare sia il comportamento di “proporre, offrire o dare, direttamente o indirettamente, qualsiasi indebito vantaggio a titolo di rimunerazione a chiunque dichiari o confermi di essere in grado di esercitare un’influenza sulle decisioni di determinati pubblici funzionari”, sia il comportamento di colui che accetta la retribuzione a titolo di remunerazione dell’influenza esercitata. L’art.18 della Convenzione ONU, firmata a Merida il 31 ottobre 2003 e ratificata con la l. n.116/2009, imponeva agli Stati membri di sanzionare penalmente la condotta di chi, abusando di influenze reali o supposte, riceve un indebito vantaggio al fine di ottenere un “indebito vantaggio da un’amministrazione o da un’autorità pubblica dello Stato Parte”, comprendendo in tal caso tanto il già previsto millantato credito nell’ipotesi di influenza supposta, quanto la fattispecie del traffico di influenze illecite.
Quanto al secondo profilo, già il Group of States against Corruption[2] aveva evidenziato nel 2012 con riferimento alla Convenzione europea sulla corruzione, che nell’ordinamento italiano, in tema di traffico di influenze illecite, vi era una lacuna normativa in quanto il “passive trading in influence is covered in Article 346 CP (…)” mentre “active trading in influence (…) is not criminalised”. Il traffico di influenze illecite infatti costituisce una configurazione speciale del diritto di millantato credito tale da superarne, grazie ad alcuni elementi specializzanti, i limiti. Anzitutto, il millantato credito sanziona ipotesi di millanteria, in cui un soggetto fa presumere di avere di avere nei confronti del pubblico impiegato un’influenza o un credito che in vero sono solo supposti e non anche esistenti. Inoltre il millantato credito incrimina solo il venditore di fumo e non anche il compratore di fumo, il quisque de populo che è considerato vittima di truffa.
2. Traffico di influenze illecite, corruzione e millantato credito.
Il delitto di traffico di influenze illecite si connota per un rapporto trilaterale tra un privato, un faccendiere ed un pubblico ufficiale o un pubblico impiegato i quali stipulano un pactum sceleris.
Rispetto al reato di corruzione, così come ha avuto modo di evidenziare la giurisprudenza[3], nel traffico di influenze illecite il denaro o le altre utilità sono destinate solo a retribuire l’intervento dell’intermediario e non anche il pubblico ufficiale o agente corrotto.
Gli elementi caratterizzanti il traffico di influenza illecita sono necessari per porre le dovute differenze rispetto al delitto di millantato credito.
Anzitutto, il millantato credito presuppone che il credito e la relazione con il pubblico ufficiale siano solo millantanti, dunque presunti ma inesistenti, mentre debbano essere esistenti nella fattispecie del traffico di influenze illecite[4], nel qual caso è necessario che il faccendiere abbia una capacità di condizionare o orientare la condotta del pubblico ufficiale. Tesi consolidata dalla giurisprudenza di legittimità[5]. Il discrimine tra il delitto di cui all’art. 346 c.p. e quello di cui all’art. 346bis c.p. è da ravvedersi pertanto nel concretarsi nella seconda fattispecie della vanteria del credito, dell’ostentazione di essere in grado di influenzare le decisioni di un pubblico ufficiale, “sensibile a favorire interessi privati in danno degli interessi pubblici di imparzialità, di economicità e di buon andamento degli uffici, cui deve ispirarsi l’azione della pubblica amministrazione”[6].
In secudis, nella fattispecie del millantato credito la punibilità non è estesa al cd. compratore di fumo, mentre questi, che corrisponde il denaro o il diversi vantaggio patrimoniale, è soggetto a punibilità nel traffico di influenze illecite, il compratore di fumo è fatto salvo dall’ipotesi-base perché considerato vittima del millantatore, il solo quest’ultimo a ledere l’oggetto giuridico tutelato dalla norma. Nel caso del traffico di influenze illecite, il legislatore ha invece equiparato la condotta del privato, quoad poenam, a quella del faccendiere in quanto, per ragioni di politica criminale, si è voluto punire condotte prodromiche alla lesione del bene giuridico tutelato. Il compratore di influenze può essere ritenuto soggetto attivo solo qualora sia consapevole che sia reale il potere di influenza del pubblico ufficiale sulla base di un rapporto esistente tra pubblico ufficiale e faccendiere[7].
Prova ne è il fatto che, sebbene l’oggetto giuridico sia il medesimo, nel caso del millantato credito si presume che vi sia una lesione concreta al patrimonio del compratore di fumo e solo astratta alla pubblica amministrazione.
Ancora ex art.346 bis c.p. (prima della riforma l.3/2019), il pubblico ufficiale asseritamente manovrabile compie un atto contrario ai doveri di ufficio ovvero un’omissione o un ritardo di un atto del suo ufficio.
Infine, a differenza dell’ipotesi-base di cui all’art. 346 c.p., la nuova fattispecie di reato presuppone che la remunerazione data al faccendiere non consista in denaro o altra utilità ma in denaro e altro vantaggio patrimoniale, quale prezzo della mediazione ovvero della remunerazione del pubblico ufficiale. Profilo questo che è legato a due scopi distinti nel millantato credito: l’uno, quello di promettere la sua mediazione verso il pubblico ufficiale; l’altro, quello di promettere la corruzione del funzionario in quanto riceve la dazione o promessa.
3. La disciplina introdotta con la Legge Severino
Ai sensi della norma, chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli , sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, è punito con la reclusione da uno a tre anni.
La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale.
La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sè o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.
Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie.
Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita.
Il reato introdotto dalla norma, per le ragioni che si evidenzieranno, è un reato parzialmente comune, di danno, di mera condotta, a forma libera, per il quale è previsto un dolo generico ed è procedibile d’ufficio. Inoltre, esso è un reato plurisoggettivo bilaterale proprio e presuppone, come per il reato di corruzione, un rapporto paritario tra i soggetti coinvolti.
4. Oggetto giuridico
L’oggetto giuridico tutelato dalla norma è il medesimo di quello previsto per l’ipotesi di millantato credito e consiste nel buon andamento e nel prestigio della pubblica amministrazione, il quale viene leso quando un pubblico ufficiale si dimostri influenzabile da un privato a danno dei superiori interessi della pubblica amministrazione.
5. Soggetti attivi
Il delitto di traffico di influenze illecite è caratterizzato da un rapporto trilaterale tra un faccendiere, un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio e un privato.
Il faccendiere è colui il quale sfrutta una relazione esistente e pregressa con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio al fine di far dare o promettere indebitamente denaro o altro vantaggio patrimoniale come corrispettivo per la sua mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o come remunerazione a quest’ultimo. Secondo la norma, questi può essere “chiunque”. Invero, il reato non può definirsi né totalmente comune né proprio. Non può definirsi un reato proprio perché non è necessario che il faccendiere assuma una qualifica nell’ipotesi di cui al comma 1, mentre si prevede al comma 3 un’ipotesi aggravata qualora il faccendiere assuma la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio. Neppure può essere definito un reato comune tout court, in quanto il faccendiere non può essere il quisque de populo ma solo colui che ha una relazione esistente con un pubblico ufficiale e un reale potere di influenza nei confronti di quest’ultimo. Pertanto, come un’attenta dottrina ha avuto modo di sottolineare[8], si tratta di un reato proprio a soggettività ristretta.
È propria la fattispecie di cui al comma 3, la quale presuppone che il faccendiere ricopra la carica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.
Alla stregua del faccendiere, soggiace alla stessa pena anche il compratore, colui il quale si avvale della mediazione indebita.
6. Relazione tra soggetti, pactum sceleris e sfruttamento.
Elemento imprescindibile del rapporto trilaterale alla base del reato in esame è la presenza di un accordo, un pactum sceleris tra il privato e il mediatore con cui l’uno si impegna a mediare le richieste del privato al pubblico ufficiale, sfruttando la sua relazione pregressa ed esistenze e la sua influenza reale, l’altro si impegna a corrisponderne denaro o altro vantaggio.
Con riferimento al contenuto del pactum sceleris, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio non devono necessariamente porre in essere atti del proprio ufficio ma, qualora non sia competente ad emanare l’atto oggetto di interesse del privato, può anche limitarsi a influenzare un’altra carica in grado di emanarlo[9].
La relazione tra faccendiere e pubblico ufficiale è il presupposto del reato, ma non è sufficiente a connotare la sussistenza del reato perché la vera causa del negozio illecito tra il mediatore e il soggetto privato è lo sfruttamento della relazione esistente al fine di determinare il comportamento o le scelte del pubblico ufficiale[10]. Lo sfruttamento è quindi la causa che determina l’accordo tra il mediatore e il privato.
7. La mediazione
La condotta del faccendiere incriminata dalla norma è quella consistente nella mediazione tra l’interesse del privato e il pubblico ufficiale che può soddisfare le sue richieste. Una mediazione che si deve basare su un rapporto tra pubblico ufficiale e faccendiere esistente e non solo supposto o millantato.
Arduo talvolta può essere per l’interprete distinguere le condotte di mediazione prossime alla legittima rappresentanza di interessi da quelle incriminate[11], un problema che rende concreto il rischio di incriminare attività altrimenti lecite. Protagonista del dibattito è anche la mancanza di una definizione dell’attività di lobbying, in quanto le lobby, quali gruppi di interesse squisitamente economico, sono una delle forme tipiche attraverso cui i portatori di interessi si rapportano con i rappresentanti delle istituzioni per influenzarne le determinazioni[12]. Si può affermare però che l’illiceità della mediazione discenda dall’illiceità del fine perseguito dalle parti nell’accordo[13]. Non è pertanto illecita quella mediazione volta a sollecitare un comportamento secundum legem ovvero a impedire che si perseguano condotte contra legem[14].
8. Retribuzione
Uno degli elementi di discrimine tra il millantato credito e l’ipotesi del traffico di influenze illecite attiene alla retribuzione. Nel primo il legislatore ha inteso quale retribuzione del millantatore denaro o altra utilità, mentre nel secondo, denaro o altro vantaggio corrisposti o promessi “indebitamente”. Da ciò discende che la retribuzione corrisposta al faccendiere debba essere indebita. Indebita è quella retribuzione che non ha alcuna giustificazione causale, neppure naturale e che è corrisposta a fronte di una condotta contra ius. Pertanto, qualora il denaro o il diverso vantaggio venga corrisposto dal privato al faccendiere a fronte di un obbligo iure o non contra ius diverso dalla mediazione, quella corresponsione in quanto avulsa dalla mediazione è lecita e non indebita. Mentre, nel caso in cui colui che solleciti al pagamento per l’adempimento di un obbligo, avente causa diversa dalla mediazione illecita, sfrutti la sua posizione di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, la retribuzione è illecita in quanto gli interessi pubblici sono piegati per l’ottenimento di un vantaggio privato, seppur lecito[15].
9. Le novità dello c.d. Spazzacorrotti
La l.n. 3/2019 (cd. Spazzacorrotti) ha riformato il comparto del codice penale relativo ai delitti contro la pubblica amministrazione.
Nel caso del Traffico di influenze illecite, la norma recita: chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319 ter e nei reati di corruzione di cui all’articolo 322 bis, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322 bis, indebitamente fa dare o promettere, a sè o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322bis, ovvero per remunerarlo in relazione all’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, è punito con la reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi.
La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità.
La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sè o ad altri, denaro o altra utilità riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.
Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie o per remunerare il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322 bis in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio.
Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita.
Il legislatore della riforma ha accorpato nell’articolo 346 bis c.p. i reati di millantato credito e di traffico di influenze illecite, abrogando l’articolo 346 c.p. Come sottolineato, il millantato credito rappresenta un’ipotesi generica di traffico di influenze illecite. Le due fattispecie coprono, infatti, la stessa area di disvalore penale e tutelano il medesimo bene giuridico.
A tal proposito, la giurisprudenza sussumeva nella fattispecie di cui all’art. 346 bis c.p. condotte che erano riconducibili al millantato credito prima della riforma del 2012[16]. La norma così novellata sanziona il comportamento di colui che promette l’esercizio di una influenza nei confronti di un pubblico ufficiale o di un incaricato di pubblico servizio, anche qualora non si attivi concretamente. Pertanto, qualora vi sia una mera promessa di influenza illecita nei confronti di un pubblico ufficiale, si applicherà quanto previsto ex art. 346 bis c.p. Qualora il patto corruttivo tra le parti si concluda, si perfezionerà il concorso trilaterale in corruzione, coinvolgendo il mediatore. Se invece il patto corruttivo non si concluda, ma il mediatore si è prodigato nei confronti del pubblico ufficiale e del privato, allora si integrerà il reato di istigazione alla corruzione. Accorpando le due fattispecie, il legislatore ha esteso la punibilità anche al compratore di fumo, prescindendo dall’esistenza del rapporto tra il faccendiere/venditore di fumo e il pubblico ufficiale. Per integrare il reato è sufficiente che il mediatore asserisca di avere una relazione con un pubblico ufficiale, tale da influenzarne il comportamento, anche qualora il rapporto asserito sia solo presunto e non reale.
La prima modifica viene introdotta in apertura, con riferimento alla clausola di riserva che originariamente contemplava le sole ipotesi di corruzione per atti contrari al dovere di ufficio di cui all’art. 319 c.p. e di corruzione in atti giudiziari di cui all’art. 319 ter c.p. La riforma introduce nella suddetta clausola anche l’ipotesi di corruzione per l’esercizio della funzione ex art. 318 c.p. e di corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee di Stati esteri, di cui all’art. 322 bis c.p. Il legislatore ha quindi superato le difficoltà avvertite in sede di interpretazione in merito all’estensione della clausola di riserva all’ipotesi di corruzione “impropria”. Prima della riforma, ex littera legis l’art. 346 bis c.p. non era applicabile ai casi in cui il pubblico funzionario fosse stato influenzato a compiere un atto conforme ai doveri d’ufficio, integrando il reato di corruzione “impropria”. Con l’introduzione dell’art. 318 c.p. si rende evidente la voluntas del legislatore, mirata a punire non solo i comportamenti contrari ai doveri di ufficio ma tutte le condotte, anche secundum legem, che siano influenzate da un accordo.
Un’altra modifica riguarda la contropartita degli accordi illeciti. Mentre prima della riforma, differentemente da quanto previsto dalla fattispecie del millantato credito, si prevedeva “denaro o altro vantaggio patrimoniale”, ora la nozione viene estesa ad ogni altra utilità, così come previsto nelle fattispecie di corruzione, concussione, induzione indebita. Venendo meno il carattere della patrimonialità, la contropartita può consistere in qualsiasi altra prestazione non patrimoniale, qualsiasi vantaggio materiale, morale, patrimoniale e non[17], basti pensare ad una raccomandazione per il conferimento di un incarico importante incarico di dirigenza pubblica[18], alla promessa di un posto di consigliere di amministrazione[19] o persino delle prestazioni sessuali.
Tra le novità, vi è anche l’inasprimento della cornice edittale la quale, interessando sia le ipotesi di millantato credito, sia quella di traffico di influenze illecite, ha un minimo di un anno e un massimo di sei anni e quattro mesi. Si prevedono inoltre tre circostanze aggravanti. La pena è aumentata se il mediatore è un pubblico ufficiale o un pubblico servizio o uno dei soggetti avente la qualifica di cui all’articolo 322 bis c.p., in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o di ritardo di un atto.
Tali modifiche hanno influito su profili di diritto processuale: non si possono disporre le intercettazioni, applicabili invece nella disciplina previgente concernente il millantato credito, perché, ai sensi dell’art. 266, comma 1, lett. b), c.p.p., prevedono che il massimo edittale della pena sia di cinque anni di reclusione; non si può richiedere l’applicazione della misura cautelare coercitiva ai sensi dell’art.280, comma 2, c.p.p. Inoltre, il compratore di fumo non può essere chiamato in giudizio come testimone in quanto non è più considerato soggetto passivo del reato.
Note e riferimenti bibliografici
[1] D. Tarantino, Il traffico di influenze illecite nel contesto della frammentata regolamentazione italiana del lobbying, in Le Società n.4/2018, pag. 499.
[2] Third Evaluation Round, Evaluation Report in Italy Incriminations (ETS 173 and 191. GPC 2), Theme I, Strasburgo, 20-23 Marzo 2012.
[3] Cass. Pen., Sez. VI, 27/03/2018, n. 16510
[4] Cass. Pen., Sez. VI, 23/11/2017, n.53332
[5] Cass. Pen., Sez. VI, 27/07/2017, n.37463; Id., Sez. VI, 27/01/2017, N.4113; Id., Sez. VI, 11/12/2014, n.51688.
[6] C. Cucinotta, Sul concetto di influenza illecita nell’articolo 346bis c.p., in Diritto Penale e Processo, n.8/2018, pag.1051.
[7] Ibidem.
[8] Canestrari, Cornacchia, De Simone, Manuale di diritto penale. Parte Speciale. Delitti contro la Pubblica Amministrazione, Il Mulino, 2005, pag.360.
[9] F. Cingari, Sul traffico di influenze illecite, in Diritto Penale e Processo, n. 4/2015, pag.480
[10] C. Cucinotta, Sul concetto di influenza illecita nell’art.346bis c.p., in Diritto Penale e Processo, n. 8/2018, pag. 1052.
[11] D. Tarantino, Il traffico di influenze illecite nel contesto della frammentata regolamentazione italiana del lobbying, in Le Società, n. 4/2018, pag. 498.
[12] E. Scaroina, Lobbying e rischio penale, in Diritto Penale e Processo, n. 6/2016, pag. 824.
[13] Canestrari, Cornacchia, De Simone, Manuale di diritto penale. Parte Speciale. Delitti contro la Pubblica Amministrazione, Il Mulino, 2005, pag.363.
[14] Ibidem.
[15] Canestrari, Cornacchia, De Simone, Manuale di diritto penale. Parte Speciale. Delitti contro la Pubblica Amministrazione, Il Mulino, 2005, pag.363.
[16] Cass. Pen., Sez. VI, 28/11/2014, n.51688.
[17] Cass. Pen., Sez. VI, 9/2/2016, n.18707
[18] Ibidem.
[19] Cass. Pen., Sez. VI, 27/1/2016, n.8203