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Pubbl. Lun, 18 Mar 2019
Sottoposto a PEER REVIEW

La responsabilità medica a seguito della legge gelli - bianco. Eventuali profili di illegittimità costituzionale

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Olga Paola Greco
Funzionario della P.A.Ministero della Giustizia


La Legge n. 24 del 2017 è intervenuta per superare i contrasti interpretativi e applicativi rilevati a seguito della c.d. Riforma Balduzzi. I profili di responsabilità medica a seguito dell´ultimo intervento del legislatore: accanto alla maggiore chiarezza normativa si ravvisano ancora dubbi e sentori di eventuale illegittimità costituzionale


Sommario: 1. Premessa; 2. La responsabilità medica tra struttura sanitaria e medico; 3. Natura della responsabilità medica: excursus storico; 4. La Riforma Balduzzi; 5. La Legge 24 del 2017 (c.d. Legge Gelli-Bianco); 6. L’attuale responsabilità medica in ambito penale; 7. La responsabilità medica in ambito civile; 8. Eventuali profili di dubbio e di illegittimità della Legge Gelli 

1. Premessa 

La responsabilità medica rientra nell’ambito della responsabilità professionale in relazione alla quale l’art. 1176 co. 2 c.c.[1] richiede una diligenza qualificata dalla natura dell’attività professionale svolta. Inoltre, nel caso di prestazioni  di difficile esecuzione, trova applicazione l’art. 2236 cc.[2] che limita la responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave escludendola, dunque, in ipotesi di colpa lieve o media. Nel caso di prestazioni complesse, dunque, viene in rilievo una responsabilità soggettiva attenuata. Nella Relazione al codice civile tale previsione  viene indicata come il frutto di un bilanciamento tra opposte esigenze. In particolare, si vuole trovare un punto di equilibrio tra una eccessiva responsabilizzazione del professionista, che può disincentivarne l’iniziativa, ma anche evitare una sua deresponsabilizzazione.

Il problema della responsabilità medica ha riguardato, nel tempo, l’individuazione della sua natura. In particolare si è sempre discusso se si trattasse di una responsabilità di tipo contrattuale o, meglio, da inadempimento ex art. 1218 o di una responsabilità extracontrattuale o aquiliana ex art. 2043 c.c. Ricondurla nell’uno o nell’altro modello comporta, infatti, una serie di ricadute in punto di onere della prova e di termine di prescrizione. Se la si riconduce nell’ambito della responsabilità ex art 1218, infatti, il paziente dovrà solo allegare il titolo e l’inadempimento in quanto viene in rilievo il principio di presunzione di persistenza del diritto di credito. In virtù di tale principio, infatti, ove vi sia il titolo l’inadempimento si presume, salvo che il debitore non provi l’impossibilità oggettiva dell’inadempimento o la mancanza dell’elemento psicologico. Inoltre, se la si considera una responsabilità da inadempimento il termine di prescrizione della relativa azione è fissato in 10 anni e non in 5 anni a differenza di quanto avviene nella responsabilità extracontrattuale.

Al di là dell’inquadramento il sistema delle responsabilità medica è caratterizzato da regole peculiari e, infatti, autorevole dottrina la qualifica come “sottosistema della responsabilità civile”[3].Per rendere chiaro il sistema il legislatore è intervenuto di recente più volte, ma tali innovazioni e, in particolare l’ultima -intervenuta con la c.d. Legge Gelli Galli- se ha il pregio di restituire al sistema maggiore chiarezza, pone non pochi dubbi applicativi e di legittimità che vanno analizzati.

2. La responsabilità medica tra struttura sanitaria e medico

Quando si parla di responsabilità medica ci si riferisce sia a quella della struttura sanitaria che a quella del medico. La responsabilità della struttura sanitaria – che non è stata toccata dalla recente riforma salvo che per alcuni aspetti-  sorge in virtù del contratto di spedalità[4]. Si tratta di un contratto atipico o, meglio, socialmente tipico in quanto diffusosi nella prassi e dal quale sorgono obbligazioni principali e strumentali in capo alla struttura sanitaria che comportano una differente responsabilità[5]. Sono obbligazioni principali quelle legate all’attività del medico e che comportano una responsabilità da inadempimento ex art 1218[6]. Sono, invece, obbligazioni strumentali quelle relative all’assistenza sanitaria che, invece, danno luogo ad una responsabilità oggettiva ex art. 1228 che prescinde dalla diligenza della struttura. La struttura che si avvale della prestazione del medico, infatti, accetta il rischio del verificarsi di un danno derivante da inadempimento (c.d. teoria dell’accettazione del rischio).

Per quanto riguarda, invece, la responsabilità del medico, il problema non si pone nel caso in cui tra il medico e il paziente vi sia un contratto espresso, bensì quando questo manchi. Si osserva che proprio tale ipotesi risulta frequente, ad esempio, nel caso di interventi di urgenza. E’ in quest’ultima circostanza che, infatti, si pone il problema dell’inquadramento giuridico della responsabilità.

3. Natura della responsabilità medica: excursus storico

Come chiarito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite nel 2009[7] l’attività medica si fonda sulla scriminante di cui all’art 32 Cost. (che tutela il diritto alla salute) la quale, però, non è capace di autolegittimarsi in quanto è necessario il consenso informato del paziente posto a presidio della sua libertà di autodeterminazione. Quando il medico cagiona un danno al paziente (situazione differente dalla lesione della sua libertà di autodeterminazione) esso, laddove ricorrano i presupposti, incorre in responsabilità.

Circa la natura di questa responsabilità sono venuti in rilievo due orientamenti che hanno dato vita a reciproche diverse fasi. In un primo momento essa è stata considerata una responsabilità extracontrattuale in virtù dell’assenza di un contratto[8], in contrapposizione a quella contrattuale della struttura sanitaria. Per tale via si riteneva che il danneggiato, quindi il paziente, dovesse provare tutto lo scheletro della responsabilità e pertanto il danno, il nesso causale e l’elemento psicologico. Successivamente, però, si è rilevato come la responsabilità del medico non potesse essere quella del “tutti e nessuno” in quanto non viene in rilievo un rapporto tra estranei. Per tale via si è accolta la teoria del contatto sociale qualificato, di matrice tedesca, in virtù della quale il medico è gravato da un obbligo di protezione. Si è sostenuto, infatti, che in tal caso viene in rilievo una relazione qualificata dallo scopo (la tutela della salute) che comporta un legittimo affidamento del paziente nella professionalità del medico[9]. In tal modo si è collocata la responsabilità del medico nell’ambito della responsabilità da inadempimento ex art. 1218 con sgravio, a livello probatorio, per il paziente il quale deve limitarsi ad allegare l’inadempimento, mentre è sul medico che grava la prova liberatoria.

La giurisprudenza ha sostenuto come, in tal modo, il sistema risulta equilibrato: e ciò in quanto se è vero che da una parte il paziente è maggiormente tutelato, dall’altra il medico -in virtù dell’art. 2236 c.c.- nel caso di problemi tecnici di particolare complessità risponde solo per dolo o colpa grave. Successivamente a tale approdo, però, le cause nei confronti dei medici si sono moltiplicate e, con esse, sono aumentate le spese a carico dello Stato e le tariffe delle obbligazioni sanitarie. Si sono verificati, inoltre, fenomeni di c.d. medicina difensiva in quanto i medici, per tutelarsi, hanno spesso limitato le loro iniziative anche potenzialmente salvifiche. Preso atto di ciò il legislatore è intervenuto con la L. 189 del 2012 (c.d. Legge Balduzzi).

4. La Riforma Balduzzi

Con la Legge 189 del 2012 il legislatore, come si legge nei lavori preparatori, interviene con l’obiettivo di limitare il contenzioso, ridurre la spesa pubblica e limitare i fenomeni di medicina difensiva. La formulazione poco chiara della norma, però, ha fatto si che l’intervento non abbia prodotto i risultati attesi. L’art. 3 della legge[10], infatti, fa riferimento all’art. 2043 in maniera del tutto poco chiara. La norma citata inizialmente aveva solo natura civile ma, in sede di conversione, è stata modificata e ciò ha prodotto riflessi anche penali che la rendono poco intellegibile. Secondo alcuni con il riferimento all’art. 2043 il legislatore ha voluto qualificare la responsabilità del medico come extracontrattuale. Secondo un’altra prospettiva, invece – ed è questo l’orientamento accolto dalla Corte di cassazione[11]- la responsabilità del medico resta contrattuale in quanto con il riferimento all’art. 2043 il legislatore ha individuato “un obiettivo e non la strada da seguire”. Secondo tale orientamento, infatti, il legislatore ha voluto chiarire che la responsabilità del medico può venire in rilievo anche nel caso di colpa lieve. Oltre che dubbi in merito alla natura della responsabilità la Legge Balduzzi ha comportato perplessità in merito alla distinzione tra colpa lieve e colpa grave posta alla base della perizia e con riguardo alla natura e al rilievo delle linee guida. Proprio per esigenze di maggiore chiarezza il legislatore è intervenuto nuovamente con la L. 24 del 2017 (c.d. Legge Gelli).

5. La Legge 24 del 2017 (c.d. Legge Gelli-Bianco)

Con la legge 24 del 2017, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 17 marzo 2017, come si legge nella Relazione illustrativa, il legislatore ha operato una sorta di interpretazione autentica del dato normativo. Essa chiarisce che la legge Balduzzi ha voluto riqualificare la responsabilità medica e trasformarla in responsabilità extracontrattuale. Per tale via, dunque, viene reintrodotto un sistema a doppio binario in virtù del quale alla responsabilità contrattuale della struttura sanitaria si affianca, nel caso in cui manchi un contratto, quella extracontrattuale del medico. L’art. 5 della Legge Gelli prevede l’obbligo degli esercenti le professioni sanitarie, salve le specificità del caso concreto, di attenersi alle raccomandazioni delle linee guida[12] e al successivo art 6[13] prevede, in ambito penale, l’esclusione della punibilità per imperizia se sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida. Sempre all’art. 5 la legge contiene una previsione importante che va a colmare un vuoto normativo. Essa, infatti, specifica l’individuazione dei soggetti che devono elaborare le raccomandazioni contenute nelle linee guida e chiarisce che non si tratta unicamente delle società scientifiche, come prevedeva la precedente legge Balduzzi, ma anche gli enti e le istituzioni pubbliche e private, associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie. In tal modo ne consegue che le linee guida non rilevano solo in punto di risparmio di spesa ma anche in ambito medico. Inoltre, sempre per esigenze di certezza, la l. 24/2017 impone che tali soggetti siano iscritti in un apposito elenco che deve essere istituito e regolamentato con decreto dal Ministro della salute e che deve essere aggiornato con cadenza biennale[14]. All’art. 7 chiarisce, infine, che il giudice deve tenere debitamente conto, in sede di risarcimento, dell’osservanza delle linee guida.

6. L’attuale responsabilità medica in ambito penale.

L'art. 6 della Legge Gelli riforma la responsabilità penale del medico. La legge Balduzzi, all’art. 3, aveva previsto la non punibilità del fatto colposo del medico nel caso di rispetto delle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica e della colpa lieve. In tal modo, però, aveva creato difficoltà in merito all’interpretazione del concetto di colpa lieve in ambito penale[15]. La riforma Gelli-Bianco ha, così, abrogato l’art. 3, legge Balduzzi ed ha inserito nel codice penale l’art. 590- sexies (Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario) con cui si è eliminato il riferimento alla colpa lieve e si è prevista  l’operatività della scriminante per i soli casi di colpa per imperizia. Negligenza e imprudenza, come chiarito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, infatti,  possono comportare la punibilità del medico anche quando questi abbia agito in linea con le linee guida. Va precisato, poi, a fini di esaustività, che  la norma  si riferisce solo ai reati di omicidio colposo e lesioni colpose, restando esclusi dalla sua applicazione gli altri reati, quali ad esempio l'interruzione colposa di gravidanza  (oggi tradotta nel codice penale a seguito della c.d. riserva di codice prevista dalla riforma Orlando).

7. La responsabilità medica in ambito civile

Come chiarito, la legge Gelli-Bianco qualifica espressamente come extracontrattuale la responsabilità del medico e prevede l’obbligo del medico di attenersi alle linee guida salve le specificità del caso concreto. Inoltre, all’art. 7 prevede un criterio di liquidazione del danno anomalo. La norma, infatti, in maniera peculiare, prevede un ulteriore criterio che si affianca a quello risarcitorio e, oggi, a quello punitivo e cioè un criterio premiale. Se il medico si è attenuto alle linee guida, infatti, il risarcimento può essere inferiore al danno. Il che rappresenta una deroga al principio dell’integralità del risarcimento di cui all’art. 1227, in virtù del quale va risarcito tutto il danno. Per quanto riguarda, poi, l’esclusione della colpa per imperizia nel caso di rispetto delle linee guida, la Corte di Cassazione Penale a Sezioni Unite[16] ha chiarito che, in tal modo, si esclude solo la colpa per imperizia e non la colpa in assoluto e, quindi, può venire in rilievo una colpa per negligenza, per imprudenza o per scelta della linea guida. Il medico, dunque, se rispetta le linee guida non può rispondere per imperizia ma la colpa può venire in rilievo sotto gli altri profili. Questa legge ha il pregio di aver chiarito la natura della responsabilità del medico, nonché il valore delle linee guida e di aver disancorato la valutazione dell’imperizia dalla graduazione fra colpa lieve e colpa grave (problemi che aveva creato la precedente Legge Balduzzi). Essa, inoltre, individua un sistema equilibrato, come rilevato da parte della dottrina.

Se è vero, infatti, che la natura aquiliana della responsabilità aggrava l’onere probatorio del paziente, è anche vero che il sistema è coerente in quanto questi può agire contro la struttura (su cui grava una responsabilità oggettiva ex art. 1228 c.c.), la quale, inoltre, ha oggi un obbligo assicurativo proprio a tal fine ed ha un diritto di rivalsa nei confronti del medico. Inoltre la legge ha oggi previsto la possibilità per il paziente di agire direttamente nei confronti dell’assicuratore beneficiando anche di un regime amministrativo delle eccezioni. Se questi sono i pregi della legge va dato atto, però, di alcuni profili dubbi e di altri sui quali cala un’ombra di illegittimità.

8. Eventuali profili di dubbio e di illegittimità della Legge Gelli Bianco

Un primo dubbio che si pone è se oggi la teoria del contatto sociale possa trovare ancora applicazione nel nostro ordinamento. Si tratta, infatti, di una teoria accolta proprio per spiegare la natura della responsabilità del medico. Nella Relazione alla Legge Gelli si legge, infatti, che è dubbia l’applicabilità della teoria del contatto sociale in quanto essa è di matrice tedesca e non appartiene alla nostra tradizione giuridica. Essendo il campo medico, accanto a quello della responsabilità degli insegnanti e dei mediatori, uno dei principali campi di applicazione di tale teoria risulta dubbia la sua effettiva applicazione odierna nel nostro sistema. Tali problemi derivano dal fatto che si tratta di una teoria che ormai fa parte del “diritto vivente”[17], accolta per la prima volta nel 1999 ma ribadita da varie pronunce anche della Corte di Cassazione a Sezioni Unite[18].  La previsione di una responsabilità  extracontrattuale, inoltre, se vede bilanciato il maggior onere probatorio del paziente dall’intero sistema previsto, come sopra succintamente rilevato, rischia, però, di contrastare con il principio della c.d. vicinanza o prossimità della prova che trova il suo fondamento nell’art. 24 Cost. In virtù di esso, infatti, la prova deve essere data dalla parte che può accedere più facilmente alla fonte[19], il che è ancor più vero nel caso di prestazioni particolarmente qualificate. Un profilo particolarmente criticato in dottrina è, poi,  quello evidenziato dall’art. 5 della legge 24 del 2017. La norma, infatti, prevede che il Ministro della salute regolamenti l’iscrizione delle Società e delle Associazioni tecnico-scientifiche negli appositi albi e che stabilisca con decreto i requisiti minimi di rappresentatività delle medesime sul territorio nazionale, le varie garanzie da inserire nello statuto ecc. Tale potere di controllo, tuttavia, unitamente alla necessità di preventiva iscrizione dei soggetti in un apposito albo, è stato criticato da parte della dottrina[20]

Il problema è che la medicina non è una scienza esatta, mentre il diritto tende alla certezza. Nell’intento del legislatore, il rispetto delle linee guida esclude, di regola, la responsabilità del sanitario per imperizia, ma è anche vero -come affermato più volte dalla giurisprudenza- che le linee guida non possono essere invocate per escludere la responsabilità del medico, quando il paziente presenti un quadro clinico che imponga al sanitario una condotta diversa da quella raccomandata dalle linee guida (basti pensare ai pazienti pluripatologici, che obbligano il medico a seguire più linee guida).

Se la legge Gelli ha il pregio di proporre una positivizzazione ed una istituzionalizzazione delle linee guida, la qualificazione giuridica di queste raccomandazioni terapeutiche e cliniche desta ancora qualche perplessità. Si è infatti rilevato come in tal modo il rischio sia quello di dar vita ad una “medicina di Stato” che può limitare il progresso scientifico a scapito dei pazienti.  Se, ad esempio, il sanitario sia a conoscenza di una tecnica innovativa salvifica ma non recepita dalle linee guida sarà comunque portato a seguire le linee guida esistenti per non incorrere in responsabilità. Infine, si pone un dubbio di legittimità costituzionale della norma per contrasto con l’art. 3 Cost. che fonda il principio di uguaglianza e ragionevolezza. Nel caso in cui vi sia un contratto espresso, infatti, il medico risponde per inadempimento ex art. 1218, mentre nel caso in cui tale contratto manchi risponde ex art. 2043 cc. Si rischia, in tal modo, una difformità di trattamento rispetto alla stessa attività. In relazione ad uno stesso fatto può cambiare la responsabilità del medico e, quindi, l’onere probatorio del paziente. Tale previsione, dunque, “getta ombre di incostituzionalità” per contrasto con l’art. 3 Cost. Si rileva, infatti, come la prestazione del medico sia sempre la stessa vi sia o meno un contratto, dato che l’esercizio della professione medica è un servizio di pubblica necessità e richiede in ogni caso una diligenza professionale. Si rileva, altresì, come potrebbe derivare un effetto perverso anche dal doppio regime di responsabilità della struttura sanitaria e del medico. Per lo stesso sinistro, infatti, il medico e la struttura sanitaria potrebbero essere citati in giudizio separatamente con il rischio per il medico dipendente di essere condannato a titolo extracontrattuale e di doversi difendere, anche, da una eventuale rivalsa dell’azienda[21].  Il che potrebbe costringere il personale sanitario a dover stipulare oltre ad una polizza per colpa grave, anche una polizza per la responsabilità professionale extracontrattuale, con notevole aggravio di spesa.

Va infine rilevato, a fini di esaustività, come non manchi chi critica la riforma in punto di ragionevolezza anche nella parte in cui questa consente alle strutture la rivalsa nei confronti del medico solo nei casi di dolo e colpa grave e non anche nelle ipotesi di negligenza o imprudenza. In tal modo, infatti, vi è una disparità di trattamento della struttura e del medico dato che essa risponde in via oggettiva[22].

 

[1] Art. 1176 co. 2 c.c. “Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata”.

[2] Art. 2236 c.c. “Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà , il prestatore d'opera non risponde dei danni , se non in caso di dolo o di colpa grave”.

[3] R. De Matteis, La responsabilità medica. Un sottosistema della responsabilità civile, 1995, Torino.

[4] Tra le altre vedi Cassazione, 26 gennaio 2006, n. 1698.

[5] Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 9556/2002 e Corte di cassazione a Sezioni Unite n.577/2008.

[6] Art. 1228 c.c. Responsabilità per fatto degli ausiliari “Salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro”.

[7] Cassazione penale, SS.UU., sentenza 21/01/2009 n° 2437.

[8] Vedi tra le altre Cass., Sez. un., 6 maggio 1971 n. 1282; Cass. 18 novembre 1997 n. 11440.

[9] La prima ad aver accolto la teoria del contatto sociale è stata Corte di Cassazione Sez. III ,22 gennaio 1999 n. 589.

[10] Art. 3 L. 189/2012 “L’esercente le professioni sanitarie che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”.

[11] Tra le altre Corte di Cassazione Sez. III Civile , Sentenza 5 novembre 2013 n. 24801.

[12] Art. 5 Buone pratiche clinico-assistenziali e raccomandazioni previste dalle linee guida “ 1. Gli esercenti le professioni  sanitarie, nell'esecuzione  delle prestazioni  sanitarie  con   finalità   preventive,   diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative  e  di  medicina  legale,  si attengono,  salve   le   specificità   del   caso   concreto,   alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate  ai  sensi  del comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco  istituito  e regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente  legge, e da aggiornare con cadenza  biennale.  In  mancanza  delle  suddette raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si  attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali [..]“.

[13] Art. 6 L. 24 del 2017 “1. Dopo l'articolo 590-quinquies del codice penale è inserito  il seguente: «Art. 590-sexies  (Responsabilità  colposa  per  morte  o  lesioni personali in ambito sanitario). - Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell'esercizio della  professione  sanitaria,  si applicano le pene ivi previste  salvo  quanto  disposto  dal  secondo comma.  Qualora l'evento  si  sia  verificato  a  causa  di  imperizia,  la punibilità  è esclusa  quando  sono  rispettate  le  raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e  pubblicate  ai  sensi di legge  ovvero,   in   mancanza   di   queste,   le   buone   pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni  previste  dalle predette linee guida risultino adeguate alle  specificità  del  caso concreto».

[14] Art. 5 legge 24/2017 “1. Gli esercenti le professioni sanitarie, nell'esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da aggiornare con cadenza biennale. In mancanza delle suddette raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali. 2. Nel regolamentare l'iscrizione in apposito elenco delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche di cui al comma 1, il decreto del Ministro della salute stabilisce: a) i requisiti minimi di rappresentatività sul territorio nazionale; b) la costituzione mediante atto pubblico e le garanzie da prevedere nello statuto in riferimento al libero accesso dei professionisti aventi titolo e alla loro partecipazione alle decisioni, all'autonomia e all'indipendenza, all'assenza di scopo di lucro, alla pubblicazione nel sito istituzionale dei bilanci preventivi, dei consuntivi e degli incarichi retribuiti, alla dichiarazione e regolazione dei conflitti di interesse e all'individuazione di sistemi di verifica e controllo della qualità della produzione tecnico-scientifica; c) le procedure di iscrizione all'elenco nonché le verifiche sul mantenimento dei requisiti e le modalità di sospensione o cancellazione dallo stesso. 3. Le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse elaborati dai soggetti di cui al comma 1 sono integrati nel Sistema nazionale per le linee guida (SNLG), il quale è disciplinato nei compiti e nelle funzioni con decreto del Ministro della salute, da emanare, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con la procedura di cui all'articolo 1, comma 28, secondo periodo, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. L'Istituto superiore di sanità pubblica nel proprio sito internet le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse indicati dal SNLG, previa verifica della conformità della metodologia adottata a standard definiti e resi pubblici dallo stesso Istituto, nonché della rilevanza delle evidenze scientifiche dichiarate a supporto delle raccomandazioni. 4. Le attività di cui al comma 3 sono svolte nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

[15] Hanno cercato di dirimere i dubbi interpretativi, tra le altre, Cass., n. 11494/2013, n.16237/2013, n. 23283/2016.

[16] Corte di cassazione a Sezioni Unite sentenza n. 8770/2018.

[17] Mengoni, “Il diritto vivente come categoria ermeneutica”, in Ermeneutica e dogmatica giuridica, Milano, 1996.

[18] M.Santise, “La responsabilità medica tra contatto sociale e responsabilità del passante e del nessuno. L’incidenza della legge n. 189/2012”, in Coordinate ermeneutiche di diritto civile, Torino, 2015, p. 115e ss.

[19] Corte di Cassazione n. 13533/2001.

[20] Poli, “Il DDL Gelli-Bianco: verso una ennesima occasione persa di adeguamento della responsabilità penale del medico ai principi costituzionali?”  Diritto Penale Contemporaneo, 20 febbraio 2017 e Nicola Enrichens - 13 marzo 2018 in riv. Responsabilità medica, diritto e pratica clinica.

[21] S. Rossi, “Sulla legge sul rischio sanitario pende il rischio di incostituzionalità”, lacostituzione.info, 19 febbraio 2017.

[22] Art. 9 Legge 24/2017 “1. L'azione di rivalsa nei confronti dell'esercente la  professione sanitaria può essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave”.