Pubbl. Ven, 1 Mar 2019
Trust: l´applicazione dell´imposta sulla successione e donazione alla luce della recente giurisprudenza di legittimità
Modifica paginaLa Suprema Corte, con sentenza n. 15468/2018, ritiene applicabile l´imposta ove si provi che il ”disponente”, trasferendo i beni e i relativi diritti al ”trustee”, abbia in concreto determinato un arricchimento del beneficiario.
Sommario: 1. Premessa; 2. Struttura, natura giuridica del trust e i soggetti coinvolti; 3. Sottoponibilità del trust alla tassa sulla successione e donazione.
1. Premessa
La fattispecie su cui la Cassazione è chiamata a pronunciarsi riguarda la controversia promossa da una Società che aveva disposto in trust alcuni beni immobili e relativamente al quale l’Agenzia delle Entrate, ritenendo applicabile l’imposta sulle successioni e donazioni, aveva emesso il relativo avviso di liquidazione. La Società, in qualità di disponente, promuoveva ricorso davanti alla competente Commissione Provinciale Tributaria, che accoglieva il ricorso; contro tale decisione l’Ente promuoveva appello, all’esito del quale la Commissione Tributaria Regionale competente rigettava il ricorso, in ragione del fatto che il vincolo di destinazione dei beni sotteso al trasferimento della proprietà dei medesimi non determina, almeno con riferimento al momento costitutivo del trust, alcun incremento patrimoniale in termini di attualità; avverso tale decisione, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione, adducendo l’irrilevanza della non attualità del beneficio economico.
2. Struttura, natura giuridica del trust e i soggetti coinvolti
Attraverso il trust, un soggetto (“disponente” o “settlor”) trasferisce la proprietà di uno o più beni ad un soggetto fiduciario (“trustee”), con la previsione - quale condizione necessaria e imprescindibile - di un vincolo di destinazione da imprimere ai beni medesimi. Il dovere del trustee è, per contro, quello di amministrarli attenendosi alle prescrizioni e alle direttive impartite dal settlor.
Prescrizioni e direttive tese a perseguire e a realizzare lo scopo indicato nell’atto istitutivo (in tale ipotesi il trust viene denominato “di scopo”), oppure dirette a realizzare l’interesse di un beneficiario all’uopo individuato dallo stesso settlor (trust “con beneficiario”); in capo al trustee sorgono, quindi, obbligazioni di mezzi (amministrare i beni) e di risultato (salvaguardare gli interessi del beneficiario). Avendo riguardo alla struttura del trust con beneficiario, si distinguono beneficiari di reddito e beneficiari di capitali, a seconda che ricevano, rispettivamente, la distribuzione dei redditi oppure la distribuzione del capitale del trust durante o al termine dello stesso.
In entrambi i modelli il settlor, pur spogliandosi formalmente del diritto di proprietà, mantiene il potere di orientare in maniera vincolante il fiduciario nella amministrazione, gestione e disposizione dei beni vincolati in trust. E’ facoltà del disponente, inoltre, scegliere un soggetto ("guardiano" o "protector") cui potrà essere affidato l’incarico di vigilare sulla gestione dei beni, in funzione della realizzazione degli scopi sottesi al trust e/o nell’interesse e a tutela del beneficiario. Al protector si potranno attribuire diritti e poteri più o meno ampi - destinati, in ogni caso, a condizionare in concreto l’operato del trustee - quali: operare verifiche sulla condotta di questi, esser sentito in occasione del compimento di particolari operazioni, rimuovere e sostituire il trustee nel caso, per esempio, di violazione degli obblighi nascenti dal trust.
In Italia il trust non ha una disciplina civilistica interna, ma trova piena legittimazione a seguito dell’adesione e integrale ratifica da parte del nostro Paese della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985. Il nostro sistema, pertanto, riconosce l’istituto del trust, sempreché presenti tutte le caratteristiche richieste dalla Convenzione stessa: in primis, che i beni vincolati in trust siano considerati una massa distinta rispetto al patrimonio del trustee e, pertanto, non rientranti in esso; che essi siano intestati al trustee o ad altro soggetto per conto di questi; che il beneficiario amministri e gestisca i beni in trust secondo le indicazioni e prescrizioni imposte dal disponente e contenute nell’atto istitutivo (Art. 2 della Convenzione.).
Seppur riconosciuto nel nostro ordinamento, il trust, tuttavia, non è regolamentato dalla legge italiana; ad esso si applicherà, quindi, la legislazione voluta dal settlor e da questi scelta nell’ambito degli ordinamenti che lo prevedono e regolamentano in maniera specifica (Art. 6 della Convenzione).
Tra i tratti fondamentali dell’istituto delineati dalla Convenzione dell'Aja, infine, merita richiamare la previsione della facoltà, concessa al trustee, di registrare il trust; e ciò al fine di ottenerne la pubblicità e, quindi, rendere pubblica la sua qualità di fiduciario, con conseguente opponibilità ai terzi del negozio che ha dato vita all’istituto in esame (Art. 12)
Quanto alla natura giuridica del trust, è fuor di dubbio che esso rientri nella categoria dei contratti: in capo al trustee gravano, infatti, obblighi e le incombenze in relazione ai quali non si può non presupporre il necessario consenso.
In conclusione, il trust - figura negoziale che trae origine dal sistema anglosassone, introdotto in Europa con la Convenzione dell’Aja del 1985, ammesso e riconosciuto in Italia attraverso la ratifica di tale accordo ad opera della Legge 364 /1989 - ha suscitato crescente interesse, anche e specialmente per la semplicità e flessibilità che offre nell’amministrazione e gestione dei patrimoni dei cosiddetti “soggetti deboli” (è il caso, per esempio, di un soggetto che presenti minorazioni psichiche ed al quale i genitori intendano assicurare per il futuro i mezzi necessari al sostentamento, al fine di garantirgli adeguati livelli di qualità della vita: attraverso il ricorso al trust, i genitori potranno attribuire al trustee parte del loro patrimonio immobiliare allo scopo di soddisfare i futuri bisogni abitativi del figlio disabile).
3. Sottoponibilità del trust alla tassa sulla successione e donazione
L’atto dispositivo – sia esso contenuto in testamento piuttosto che in atto tra vivi - attraverso il quale il settlor vincola i beni in trust è un negozio a titolo gratuito; pertanto, dal momento che il trasferimento della proprietà dei beni avviene, per l’appunto, in modo gratuito, esso, a rigor di logica, andrebbe assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni.
La questione, tuttavia, in assenza di esplicita previsione normativa, è fortemente dibattuta, tanto che, ad oggi, si è ancora lontani dall’approdare ad una soluzione che possa esser considerata univoca e tale da indirizzare l’Amministrazione finanziaria verso un criterio impositivo chiaro ed intellegibile.
La Suprema Corte, già in una recente pronuncia (Sentenza n. 21614/2016) aveva affermato che la tassa sulle successioni e donazioni non è applicabile al trust, dal momento che nella fattispecie in parola manca il presupposto impositivo della liberalità (presupposto, al contrario, necessario ex lege: il D. lgs 346/90 prevede, infatti, quale requisito dell’imposta in parola il “trasferimento di beni o diritti per successione a causa di morte o per donazione o altra liberalità tra i vivi”). E a nulla rileva, secondo le motivazioni addotte dai Giudici della Corte, che la Legge 286/2006 preveda l’imposta, seppur nella misura di un’aliquota particolare, anche in ipotesi di costituzione di vincoli di destinazione: il vincolo non determina, infatti, alcun arricchimento in favore del trustee al momento della costituzione del trust. (In senso conforme: Cassazione, Sent. n. 975/2018. In senso contrario: Cassazione, Sent. n. 4482/20016, in cui la Corte esprime il principio secondo il quale l’imposta sulla donazione è dovuta al momento del passaggio dei beni dal disponente al trustee, in quanto è in tale momento che si realizza quel vincolo di destinazione dei beni che integra gli estremi del presupposto impositivo contemplato dall’artico 2, comma 49, della Legge 286/2006).
Con la Sentenza n. 15468/2018 la Cassazione ritorna sul tema della sottoponibilità del trust all’imposta sulla donazione e successione: i Giudici della Corte, ispirandosi alle motivazioni della pronuncia della stessa Corte del 2016 – e di cui sopra - e richiamandone le conclusioni, esprimono il criterio dell’inapplicabilità, in via di principio, dell’imposta sulle successioni e donazioni al trust, sul rilievo che in esso manca il presupposto impositivo della liberalità, con l’eccezione, tuttavia, dell’applicabile della stessa “ove si provi che il disponente ha trasferito al trustee i beni e i relativi diritti pervenendo al reale arricchimento del beneficiario”.