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Pubbl. Dom, 23 Dic 2018

Non luogo a procedere: il GUP non può fare una verifica anticipata sull´innocenza dell´imputato

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Ivan Clarice


Analisi dei limiti del potere di cognizione del G.U.P., in relazione alla emissione di una sentenza di non luogo a procedere, secondo quanto previsto dall´art. 425 comma 3 c.p.p. e alla luce dalla recente sentenza n. 24073 del 27/02/2018.


Sommario: 1. Premessa; 2. La natura della valutazione prognostica secondo l'interpretazione fornita dalla Giurisprudenza di legittimità; 3. Caso concreto sottoposto al vaglio di legittimità della Suprema Corte: analisi della Sentenza N. 24073 del 27/02/2018.

1. Premessa

L'udienza preliminare costituisce uno snodo processuale obbligato per tutti i procedimenti penali, nei quali venga contestato all'imputato un reato per il quale non debba procedersi con citazione diretta a giudizio. Le fattispecie incriminatrici per le quali è previsto lo svolgimento di detta udienza si ricavano, a contrario, dall'art. 550 c.p.p., che disciplina i casi in cui il Pubblico Ministero esercita l'azione penale mediante citazione diretta. L'Udienza preliminare viene dunque celebrata per tutti i reati puniti con la pena della reclusione superiore nel massimo a quattro anni, eccezion fatta per quelli espressamente previsti dal comma 2 dell'art. 550 c.p.p., i quali, pur puniti con un massimo edittale superiore ai quattro anni di reclusione, confluiscono nel giudizio dibattimentale mediante citazione diretta a giudizio.

Tale udienza, nei casi in cui non venga richiesta la definizione del procedimento attraverso uno dei riti alternativi disciplinati dal vigente Codice di rito, può avere un duplice esito.

Il Decreto che dispone il giudizio, disciplinato dall'art. 429 c.p.p., è il provvedimento con il quale il G.U.P., ritenendo necessario lo scrutinio dibattimentale della vicenda processuale, trasferisce gli atti al Giudice del dibattimento per la celebrazione del processo, previa formazione, nel contraddittorio delle parti, del fascicolo per il dibattimento.

La Sentenza di non luogo a procedere costituisce, invece, il provvedimento conclusivo della vicenda processuale con il quale il GUP, con provvedimento speculare alla Sentenza di proscioglimento emessa all'esito del giudizio dibattimentale, chiude l'iter procedimentale. In particolare, secondo quanto disposto dal comma 1 dell'art. 425 c.p.p. "Se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o proseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero quando risulta che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere indicandone la causa nel dispositivo".

2. La natura della valutazione prognostica secondo l'interpretazione fornita dalla Giurisprudenza di legittimità.

I poteri di cognizione del G.U.P. sono certamente divenuti più penetranti a seguito dell'entrata in vigore della L. 16 dicembre 1999 n. 479, c.d. Legge Carotti, la quale, intervenendo nel corpus dell'art. 425 c.p.p., vi ha inserito l'attuale comma 3, secondo cui "il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio".

Prima facie, il testo di cui al comma 3 dell'art. 425 c.p.p. sembra in buona parte analogo a quello di cui all'art. 530 comma 2 c.p.p., il quale, come noto, disciplina la Sentenza di assoluzione emessa nei casi di "lacunosità" della prova. In entrambe le norme, infatti, si fa riferimento ai concetti di "contraddittorietà" ed "insufficienza", degli elementi di prova, per quel che riguarda la Sentenza di non luogo a procedere pronunciata all'esito dell'Udienza preliminare; della prova, per quel che invece attiene alla Sentenza di assoluzione emessa all'esito dell'istruttoria dibattimentale.

Sembrerebbe, dunque, che con l'entrata in vigore della Legge Carotti, il Legislatore abbia dilatato il potere discrezionale del Giudice in ordine alla disamina - nel merito - del materiale probatorio raccolto dal Pubblico Ministero nella fase investigativa, potendo egli emettere Sentenza di non luogo a procedere anche nei casi in cui gli elementi probatori vengano giudicati carenti o farraginosi.

La Giurisprudenza di legittimità si è più volte occupata del tema ed è pervenuta, nel corso degli anni, ad un indirizzo assolutamente uniforme. Oggetto di analisi è stato, in particolare, il potere di cognizione del G.U.P. in relazione alla possibilità, riconosciutagli dal comma 3 dell'art. 425 c.p.p., di emettere Sentenza di non luogo a procedere all'esito dell'udienza preliminare

La Suprema Corte ha operato, in tal senso, una netta distinzione tra la valutazione prognostica relativa all'innocenza/colpevolezza dell'imputato e quella, significativamente difforme, avente ad oggetto la sostenibilità dell'accusa in giudizio. In tale ottica è stato evidenziato che il G.U.P. non può e non deve operare una anticipata verifica sull'eventuale innocenza dell'imputato, ma, al contrario, deve limitarsi a verificare se gli elementi probatori raccolti nella fase delle indagini siano sufficienti a sostenere l'accusa nell'eventuale e futura istruttoria dibattimentale.

L'art. 425 c.p.p., secondo quanto sostenuto dalle Sezioni Unite, non conferisce al Giudice "il potere di giudicare in termini di anticipata verifica della innocenza/colpevolezza dell'imputato, poiché la valutazione critica di sufficienza, non contraddittorietà e comunque di idoneità degli elementi probatori, secondo il dato letterale del novellato terzo comma dell'art. 425 c.p.p., è sempre comunque diretta a determinare, all'esito di una delibazione di tipo prognostico, divenuta oggi più stabile per la tendenziale completezza delle indagini, la sostenibilità dell'accusa in giudizio e, con essa, l'effettiva, potenziale, utilità del dibattimento in ordine alla regiudicanda. (1)

La Giurisprudenza di legittimità successiva a quella delle Sezioni Unite ha riproposto la su citata distinzione, specificando che la disposizione di cui al comma 3 dell'art. 425 c.p.p. è qualificata dall'ultima parte della norma, che fa riferimento alla non idoneità degli elementi raccolti a sostenere l'accusa in giudizio. Conseguentemente, la Sentenza di non luogo a procedere potrebbe essere emessa solo ove il G.U.P., in ragione della inidoneità degli elementi di prova, ritenga sostanzialmente inutile la celebrazione del dibattimento, in quanto l'esito, secondo la sua valutazione prognostica, non potrebbe ad ogni modo essere favorevole all'accusa (2).

La "stella polare" che deve guidare il Giudice nella valutazione degli elementi di prova raccolti non è, quindi, l'innocenza del prevenuto, ma solo ed esclusivamente il giudizio prognostico sull'inutilità del dibattimento. Viceversa, al Giudice sarà inibita la possibilità di emettere Sentenza di proglioscioglimento laddove gli elementi di prova raccolti si prestino a soluzioni alternative o aperte, e ciò perché, come facilmente intuibile, l'istruttoria dibattimentale, lungi dal poter essere ritenuta superlflua, costituisce in tali casi momento imprescindibile per l'accertamento del fatto.

3. Caso concreto sottoposto al vaglio di legittimità della Suprema Corte: analisi della Sentenza N. 24073 del 27/02/2018.

I principi giurisprudenziali citati sono stati recentemente richiamati dalla Suprema Corte, la quale, con la Sentenza N. 24073 del 27.02.2018, emessa dalla quarta Sezione, ha annullato con rinvio una Sentenza di non luogo a procedere pronunciata dal G.U.P. di Lecce ai sensi dell'art. 425 c.p.p.. 

Nel caso di specie il G.U.P. pronunciava Sentenza di non luogo a procedere in relazione ad una vicenda processuale che vedeva l'imputato dover rispondere del reato di omicidio colposo, ex art. 589, commi 1, 3 e 4 c.p., nella sua qualità di dirigente del servizio viabilità della provincia di Lecce. All'imputato veniva contestata la mancata gestione e manutenzione di una strada provinciale e, in particolare, la mancata predisposizione di una adeguata protezione di un ulivo secolare posto alla distanza di 1,5 metri dal ciglio stradale contro il quale collideva un'autovettura nella quale viaggiavano tre persone, tutte decedute a seguito del sinistro.

Il Giudice dell'udienza preliminare aveva escluso la responsabilità colposa omissiva dell'imputato per due ordini di ragioni. Anzitutto, egli aveva ritenuto non provata la conoscenza, da parte dell'imputato, della specifica situazione di rischio e, conseguentemente, manchevole il presupposto fattuale dell'attivazione della posizione di garanzia del prevenuto. In secondo luogo, quanto alla efficacia della condotta doverosa omessa in relazione all'evitabilità dell'evento, egli aveva argomentato in termini di una "apparente non esaustività della prova sul punto, in quanto la velocità dell'autovettura non è stata accertata con certezza ed è probabile che fosse tale da superare la capacità di resistenza dei presidi indicati dal consulente tecnico".

La Suprema Corte, riproponendo gli arresti giurisprudenziali poc'anzi analizzati, ha ritenuto che il percorso motivazionale del G.U.P. abbia travalicato i poteri di cognizione ad esso conferiti dalla norma, in quanto egli avrebbe operato un giudizio di merito attinente alla anticipata valutazione della innocenza/colpevolezza dell'imputato, in tal modo esorbitando dalla natura dell'apprezzamento consentito, che è limitato, come precisato, alla valutazione sulla sostenibilità dell'accusa in giudizio.

Il Giudice, in altri termini, avrebbe "operato una chiara valutazione di merito in termini di anticipata verifica della innocenza/colpevolezza dell'imputato, poiché l'apprezzamento critico di sufficienza degli elementi probatori, secondo il dato letterale del terzo comma dell'art. 425 c.p.p., è sempre e comunque diretto a determinare, all'esito di una delibazione di tipo prognostico, la sostenibilità dell'accusa in giudizio".

Sulla scorta di tali argomentazioni la Corte, in linea con la Giurisprudenza di legittimità esistente sul punto ed esaminata in tale sede, ha conseguentemente annullato il provvedimento impugnato e rinviato per un nuovo esame della vicenda processuale al Tribunale compentente.

 

(1) cfr. Cass., S.U., N. 25695 del 29.5.2008, D'Eramo, Rv. 239701;

(2) cfr. ex multis, Cass. Pen., Sez. V, N. 22864 del 3.6.2009, Rv. 24402; Sez. IV, N. 43483 del 13.11.2019, Rv. 245464; Sez. VI, N. 10849 del 20.3.2012, Rv. 252280;